domenica 17 maggio 2009

Nel silenzio generale dell"informazione" di stato, viene sgominato un traffico di rifiuti pericolosi prodotti in Puglia presso la Centrale ENEL

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In Calabria i rifiuti tossici dell´Enel

Gare d´appalto e certificati truccati
In una cava sullo Ionio 100mila tonnellate di fanghi

REGGIO CALABRIA - Mischiavano i rifiuti pericolosi con quelli innocui, falsificavano i certificati sanitari e taroccavano le gare d´appalto. Così migliaia di tir partivano dalla centrale a carbone Federico II di Brindisi, per scaricare i veleni dell´Enel in una cava di Motta San Giovanni, a pochi chilometri da Reggio Calabria. Fanghi che ammorbavano la terra finendo poi in mare. Materiali «altamente nocivi», da far sparire tra le argille calabresi invece che in costose discariche autorizzate. Con l´accusa di disastro ambientale e associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti pericolosi, ieri mattina sono state arrestate dieci persone. Sette pugliesi e 3 calabresi (16 complessivamente gli indagati).
La procura di Reggio Calabria ritiene di aver scoperto un giro da almeno 100mila tonnellate negli ultimi due anni. Una montagna nera, del valore di diversi milioni di euro. Ai domiciliari sono finiti quattro funzionari dell´Enel: Diego Baio, responsabile di ambiente e sicurezza; Francesco Lemma, responsabile dell´ufficio appalti dell´area meridionale; Michele Palermo e Carlo Aiello, responsabile movimentazione materiali.
Nelle carte affiorano pure i nomi dei manager Antonio Ascione e Luciano Mirko Pistillo. Nel vortice anche alcuni imprenditori come Giuseppe Marraffa e Giovanni Monna della «Ikos Puglia spa» e Antonio Caserta, dell´omonima azienda calabrese, specializzata nella fabbricazione di laterizi.

Semplice il meccanismo scoperto dall´inchiesta del pm Sara Ombra, che ha coordinato le indagini del Corpo forestale dello stato della Calabria. L´Enel bandiva le gare per lo smaltimento di rifiuti dichiarati, con tanto di certificazioni, falsamente non pericolosi. L´appalto era poi assegnato a società collegate tra di loro, disponibili a ulteriori trattamenti per la trasformazione in materiale inerte con cui costruire mattoni e tegole.
I carichi tossici, trasportati in Calabria su autoarticolati, finivano in realtà in una cava a poche centinaia di metri dal mare Jonio, in zona di interesse comunitario. Per il procuratore Giuseppe Pignatone «purtroppo ancora una volta ci si trova dinanzi a un fenomeno di entità massiccia in cui il sud e la Calabria in modo specifico, finiscono per essere il punto di discarica di scarti industriali prodotti altrove». Dal canto suo L´Enel ha ribadito «piena disponibilità a collaborare con gli inquirenti anche a tutela della propria reputazione».

Fonte: L'Espresso

Nel ricordare che, nonostante le privatizzazioni, l'azionista di riferimento di Enel è ancora lo stato italiano (...) inseriamo il link al sito Melito on line dove sono presenti i particolari dell'intera brillante operazione condotta dal Corpo Forestale dello Stato e dalla Procura di Reggio Calabria a cui vanno i nostri ringraziamenti.
Link Melito on line
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In Calabria i rifiuti tossici dell´Enel

Gare d´appalto e certificati truccati
In una cava sullo Ionio 100mila tonnellate di fanghi

REGGIO CALABRIA - Mischiavano i rifiuti pericolosi con quelli innocui, falsificavano i certificati sanitari e taroccavano le gare d´appalto. Così migliaia di tir partivano dalla centrale a carbone Federico II di Brindisi, per scaricare i veleni dell´Enel in una cava di Motta San Giovanni, a pochi chilometri da Reggio Calabria. Fanghi che ammorbavano la terra finendo poi in mare. Materiali «altamente nocivi», da far sparire tra le argille calabresi invece che in costose discariche autorizzate. Con l´accusa di disastro ambientale e associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti pericolosi, ieri mattina sono state arrestate dieci persone. Sette pugliesi e 3 calabresi (16 complessivamente gli indagati).
La procura di Reggio Calabria ritiene di aver scoperto un giro da almeno 100mila tonnellate negli ultimi due anni. Una montagna nera, del valore di diversi milioni di euro. Ai domiciliari sono finiti quattro funzionari dell´Enel: Diego Baio, responsabile di ambiente e sicurezza; Francesco Lemma, responsabile dell´ufficio appalti dell´area meridionale; Michele Palermo e Carlo Aiello, responsabile movimentazione materiali.
Nelle carte affiorano pure i nomi dei manager Antonio Ascione e Luciano Mirko Pistillo. Nel vortice anche alcuni imprenditori come Giuseppe Marraffa e Giovanni Monna della «Ikos Puglia spa» e Antonio Caserta, dell´omonima azienda calabrese, specializzata nella fabbricazione di laterizi.

Semplice il meccanismo scoperto dall´inchiesta del pm Sara Ombra, che ha coordinato le indagini del Corpo forestale dello stato della Calabria. L´Enel bandiva le gare per lo smaltimento di rifiuti dichiarati, con tanto di certificazioni, falsamente non pericolosi. L´appalto era poi assegnato a società collegate tra di loro, disponibili a ulteriori trattamenti per la trasformazione in materiale inerte con cui costruire mattoni e tegole.
I carichi tossici, trasportati in Calabria su autoarticolati, finivano in realtà in una cava a poche centinaia di metri dal mare Jonio, in zona di interesse comunitario. Per il procuratore Giuseppe Pignatone «purtroppo ancora una volta ci si trova dinanzi a un fenomeno di entità massiccia in cui il sud e la Calabria in modo specifico, finiscono per essere il punto di discarica di scarti industriali prodotti altrove». Dal canto suo L´Enel ha ribadito «piena disponibilità a collaborare con gli inquirenti anche a tutela della propria reputazione».

Fonte: L'Espresso

Nel ricordare che, nonostante le privatizzazioni, l'azionista di riferimento di Enel è ancora lo stato italiano (...) inseriamo il link al sito Melito on line dove sono presenti i particolari dell'intera brillante operazione condotta dal Corpo Forestale dello Stato e dalla Procura di Reggio Calabria a cui vanno i nostri ringraziamenti.
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