Aumentano in Europa le banche rispettose dei principi coranici. Le obbligazioni islamiche (sukuk) crescono di giorno in giorno.
Non sono ammessi nè interessi nè speculazioni.
Proprio nel momento in cui il mondo finanziario occidentale è in ginocchio per gli effetti della crisi dei mutui sub prime, la finanza islamica dimostra una vitalità senza precedenti: a rivelarlo è “World & Pleasure”, il mensile dedicato al mondo del business e del lusso
Aumentano in Europa le banche rispettose dei principi coranici. Una tendenza messa in evidenza dal mensile dedicato al mondo del business e del lusso “World & Pleasure” che osserva come le obbligazioni e i fondi fedeli ai principi coranici stiano crescendo in modo esponenziale.
Negli ultimi 6 mesi gli asset degli istituti di credito in linea con i principi musulmani sono aumentati del 20%, raggiungendo quota 500 miliardi di dollari. E se nel 2007 sono stati emessi 206 bond per quasi 47 miliardi di dollari, nel 2008 questa cifra si è ulteriormente incrementata di altri 10 miliardi.
«Le obbligazioni islamiche, denominate sukuk, crescono di giorno in giorno. Il primo bond fu emesso nel 1990, il secondo 10 anni dopo nel 2000. Quell’anno sono state realizzate solo 3 emissioni, per un totale di 366 milioni di dollari. Tre anni dopo sono aumentate a 37, per un ammontare di 5,7 miliardi, e nel 2006 sono stati emessi 199 bond, per un valore di 27,17 miliardi, saliti nel 2007 a quota 206 per complessivi 47 miliardi di dollari» commenta il professore Stefano Masullo, responsabile della sezione Economia & Finanza del mensile “World & Pleasure” e grande esperto di finanza islamica.
«Nel primo trimestre del 2008 —prosegue il professor Masullo— sono invece stati emessi 44 bond per 2,3 miliardi. Una crescita analoga è stata registrata per i fondi, dato che attualmente ne esistono 410, quasi 100 in più rispetto a quelli esistenti solo 4 mesi fa».
Ma oltre al volume delle transazioni, a crescere a vista d’occhio è anche il numero delle banche islamiche osserva il mensile “World & Pleasure”. Perfino la National Bank of Kuwait, una delle maggiori del Medio Oriente, ha annunciato il progetto di aprire una banca islamica in Svizzera in partnership con una istituzione Saudita. Nel Paese elvetico esistono già altre 2 banche islamiche, che si sommano alle 4 presenti in Gran Bretagna e alle 5 operative negli Usa. E mentre si espandono in Occidente, le banche islamiche sono in crescita anche nei Paesi Arabi. È il caso della Siria dove solo nel mese di marzo di quest’anno sono state autorizzate dalla Syrian Commission of Financial Markets and Securities 2 nuove banche private, che salgono così a 11. Tra queste la Audi Bank Syria, una delle prime istituzioni non statali, che ha chiuso il 2007 con un attivo di bilancio pari a 758 milioni di dollari.
«Le prospettive di crescita per i prossimi 5 anni della finanza Sharia compatibile sono stimate oltre il 15% annuo, il doppio rispetto a quelli della finanza tradizionale» assicura il professor Masullo. Anche perché entro i prossimi 5 anni l’islamic banking sarà regolato uniformemente in tutta l’area Euro, così un nuovo importante canale europeo verrà aperto per la finanza internazionale, creando un ruolo chiave nei rapporti tra le istituzioni finanziarie islamiche e quelle occidentali.
Dalle osservazioni realizzate dal professor Masullo per “World & Pleasure” emergono i seguenti numeri che danno l’idea dell’importanza prospettica del settore:
a) 1.400 miliardi di dollari è la cifra stimata nel 2010 dei capitali amministrati dai servizi finanziari che osservano le regole coraniche sulla gestione dei capitali;
b) 300 miliardi di dollari la capitalizzazione annua di Borsa dei titoli conformi alla Sharia sui mercati mobiliari dei Paesi islamici;
c) 70 gli indici azionari compilati sulla base della compatibilità con la norma coranica;
d) 300 le istituzioni finanziarie presenti in 65 Paesi che osservano la Sharia.
Ma quali sono le regole della finanza islamica? Gli strumenti finanziari islamico-osservanti sono prodotti che non prevedano la corresponsione di Riba (interessi) ed escludano comportamenti economici di Gharar (irragionevole incertezza), Maisir (speculazione) e Haram (ciò che è esplicitamente proibito dal Corano). A questo tema è dedicato uno speciale a cura del professor Masullo pubblicato sul numero attualmente in edicola del mensile “World & Pleasure”.
«Le regole ruotano tutte intorno al divieto della Riba, proibita perché non può esservi guadagno deciso a priori e senza rischio: quindi si spartiscono gli utili, ma non si remunera il denaro. È anche proibita la Gharar, termine che sta ad indicare il trarre vantaggio dalla mancanza di informazioni altrui, ed è proibito tra l’altro stipulare un contratto legandolo ad eventi ignoti. Mentre è altamente incoraggiata la Mudaraba, una sorta di venture capitalism ante litteram dove chi fornisce il capitale corre il rischio di perdite se l’affare va male e chi partecipa con il lavoro corre il rischio di lavorare senza guadagni, ma non di finire sommerso dai debiti» spiega il professore Masullo.
Fonte:Reggio NelWeb n. 299 del 6/01/2009
Proprio nel momento in cui il mondo finanziario occidentale è in ginocchio per gli effetti della crisi dei mutui sub prime, la finanza islamica dimostra una vitalità senza precedenti: a rivelarlo è “World & Pleasure”, il mensile dedicato al mondo del business e del lusso
Aumentano in Europa le banche rispettose dei principi coranici. Una tendenza messa in evidenza dal mensile dedicato al mondo del business e del lusso “World & Pleasure” che osserva come le obbligazioni e i fondi fedeli ai principi coranici stiano crescendo in modo esponenziale.
Negli ultimi 6 mesi gli asset degli istituti di credito in linea con i principi musulmani sono aumentati del 20%, raggiungendo quota 500 miliardi di dollari. E se nel 2007 sono stati emessi 206 bond per quasi 47 miliardi di dollari, nel 2008 questa cifra si è ulteriormente incrementata di altri 10 miliardi.
«Le obbligazioni islamiche, denominate sukuk, crescono di giorno in giorno. Il primo bond fu emesso nel 1990, il secondo 10 anni dopo nel 2000. Quell’anno sono state realizzate solo 3 emissioni, per un totale di 366 milioni di dollari. Tre anni dopo sono aumentate a 37, per un ammontare di 5,7 miliardi, e nel 2006 sono stati emessi 199 bond, per un valore di 27,17 miliardi, saliti nel 2007 a quota 206 per complessivi 47 miliardi di dollari» commenta il professore Stefano Masullo, responsabile della sezione Economia & Finanza del mensile “World & Pleasure” e grande esperto di finanza islamica.
«Nel primo trimestre del 2008 —prosegue il professor Masullo— sono invece stati emessi 44 bond per 2,3 miliardi. Una crescita analoga è stata registrata per i fondi, dato che attualmente ne esistono 410, quasi 100 in più rispetto a quelli esistenti solo 4 mesi fa».
Ma oltre al volume delle transazioni, a crescere a vista d’occhio è anche il numero delle banche islamiche osserva il mensile “World & Pleasure”. Perfino la National Bank of Kuwait, una delle maggiori del Medio Oriente, ha annunciato il progetto di aprire una banca islamica in Svizzera in partnership con una istituzione Saudita. Nel Paese elvetico esistono già altre 2 banche islamiche, che si sommano alle 4 presenti in Gran Bretagna e alle 5 operative negli Usa. E mentre si espandono in Occidente, le banche islamiche sono in crescita anche nei Paesi Arabi. È il caso della Siria dove solo nel mese di marzo di quest’anno sono state autorizzate dalla Syrian Commission of Financial Markets and Securities 2 nuove banche private, che salgono così a 11. Tra queste la Audi Bank Syria, una delle prime istituzioni non statali, che ha chiuso il 2007 con un attivo di bilancio pari a 758 milioni di dollari.
«Le prospettive di crescita per i prossimi 5 anni della finanza Sharia compatibile sono stimate oltre il 15% annuo, il doppio rispetto a quelli della finanza tradizionale» assicura il professor Masullo. Anche perché entro i prossimi 5 anni l’islamic banking sarà regolato uniformemente in tutta l’area Euro, così un nuovo importante canale europeo verrà aperto per la finanza internazionale, creando un ruolo chiave nei rapporti tra le istituzioni finanziarie islamiche e quelle occidentali.
Dalle osservazioni realizzate dal professor Masullo per “World & Pleasure” emergono i seguenti numeri che danno l’idea dell’importanza prospettica del settore:
a) 1.400 miliardi di dollari è la cifra stimata nel 2010 dei capitali amministrati dai servizi finanziari che osservano le regole coraniche sulla gestione dei capitali;
b) 300 miliardi di dollari la capitalizzazione annua di Borsa dei titoli conformi alla Sharia sui mercati mobiliari dei Paesi islamici;
c) 70 gli indici azionari compilati sulla base della compatibilità con la norma coranica;
d) 300 le istituzioni finanziarie presenti in 65 Paesi che osservano la Sharia.
Ma quali sono le regole della finanza islamica? Gli strumenti finanziari islamico-osservanti sono prodotti che non prevedano la corresponsione di Riba (interessi) ed escludano comportamenti economici di Gharar (irragionevole incertezza), Maisir (speculazione) e Haram (ciò che è esplicitamente proibito dal Corano). A questo tema è dedicato uno speciale a cura del professor Masullo pubblicato sul numero attualmente in edicola del mensile “World & Pleasure”.
«Le regole ruotano tutte intorno al divieto della Riba, proibita perché non può esservi guadagno deciso a priori e senza rischio: quindi si spartiscono gli utili, ma non si remunera il denaro. È anche proibita la Gharar, termine che sta ad indicare il trarre vantaggio dalla mancanza di informazioni altrui, ed è proibito tra l’altro stipulare un contratto legandolo ad eventi ignoti. Mentre è altamente incoraggiata la Mudaraba, una sorta di venture capitalism ante litteram dove chi fornisce il capitale corre il rischio di perdite se l’affare va male e chi partecipa con il lavoro corre il rischio di lavorare senza guadagni, ma non di finire sommerso dai debiti» spiega il professore Masullo.
Fonte:Reggio NelWeb n. 299 del 6/01/2009
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