giovedì 14 agosto 2008

Ad ognuno la propria storia


Il critico d’arte milanese Philippe Daverio, già in grande spolvero col precedente governo Berlusconi nonché amico e consulente di Letizia Moratti, oltre che autore di svariate trasmissioni d’ arte in Tv ha in questi giorni dato il meglio delle sue elucubrazioni filo nordiste:

“ l’abolizione del presepe sarebbe, in particolare per Milano, una conquista laica che definirei eccelsa”.

Ebbene chi scrive, pur avendo rispetto del personale approccio di chiunque a posizioni e coinvolgimenti religiosi, non ha con la fede un rapporto così intenso da fervente credente e praticante. Mi riservo però la libertà di ritenere l’ affermazione di cui sopra quel che si può definire, senza ombra di alcun dubbio o errore, “una emerita stronzata” che una certa frequentazione leghista di questo signore fa sì che quest’ultima perla vada ad inanellarsi alle tante altre che hanno costellato il panorama di citazioni dei suoi amici.

1) Il presepe è non precisamente, o almeno non solo, un fatto religioso e conseguentemente la sua eventuale abolizione come usanza non ha a che fare “il cosiddetto ficosecco” con le conquiste laiche.

2) Il presepe è cultura, tradizione popolare, memoria tramandata d’un artigianato antico che affonda le sue radici nei secoli trascorsi e racconto di mestieri che sono la storia d’un popolo.

Che poi la tradizionale usanza di questo manufatto ed il suo annuale rinnovarsi denoti la sua forza intrinseca e che sia nato sì con San Francesco ma esaltato e riproposto principalmente a Napoli, ci dispiace per lui, ma anche ciò va ad inserirsi nel lungo elenco di fatti che designano il pregnante spessore delle nostre tradizioni e del nostro costume.

Ora, ci rendiamo conto che per il signor Daverio e, forse molti milanesi, di tradizioni autoctone non ve ne siano molte d’annoverare, in quanto lo stesso albero è per noi tutti un simbolo importato dall’America, ma se tale assenza, unitamente all’auspicata abolizione del presepe, fa assurgere la sua persona e i suoi conterranei ad una condizione eccelsa ne prendiamo atto.

Ognuno può godersi del proprio status : chi di presenze e simboli a testimonianza dell’appartenenza ad una cultura consistente, e chi bearsi delle proprie assenze e di memorabili citazioni che stanno a testimoniarle.

www.iocolibri.it/
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Il critico d’arte milanese Philippe Daverio, già in grande spolvero col precedente governo Berlusconi nonché amico e consulente di Letizia Moratti, oltre che autore di svariate trasmissioni d’ arte in Tv ha in questi giorni dato il meglio delle sue elucubrazioni filo nordiste:

“ l’abolizione del presepe sarebbe, in particolare per Milano, una conquista laica che definirei eccelsa”.

Ebbene chi scrive, pur avendo rispetto del personale approccio di chiunque a posizioni e coinvolgimenti religiosi, non ha con la fede un rapporto così intenso da fervente credente e praticante. Mi riservo però la libertà di ritenere l’ affermazione di cui sopra quel che si può definire, senza ombra di alcun dubbio o errore, “una emerita stronzata” che una certa frequentazione leghista di questo signore fa sì che quest’ultima perla vada ad inanellarsi alle tante altre che hanno costellato il panorama di citazioni dei suoi amici.

1) Il presepe è non precisamente, o almeno non solo, un fatto religioso e conseguentemente la sua eventuale abolizione come usanza non ha a che fare “il cosiddetto ficosecco” con le conquiste laiche.

2) Il presepe è cultura, tradizione popolare, memoria tramandata d’un artigianato antico che affonda le sue radici nei secoli trascorsi e racconto di mestieri che sono la storia d’un popolo.

Che poi la tradizionale usanza di questo manufatto ed il suo annuale rinnovarsi denoti la sua forza intrinseca e che sia nato sì con San Francesco ma esaltato e riproposto principalmente a Napoli, ci dispiace per lui, ma anche ciò va ad inserirsi nel lungo elenco di fatti che designano il pregnante spessore delle nostre tradizioni e del nostro costume.

Ora, ci rendiamo conto che per il signor Daverio e, forse molti milanesi, di tradizioni autoctone non ve ne siano molte d’annoverare, in quanto lo stesso albero è per noi tutti un simbolo importato dall’America, ma se tale assenza, unitamente all’auspicata abolizione del presepe, fa assurgere la sua persona e i suoi conterranei ad una condizione eccelsa ne prendiamo atto.

Ognuno può godersi del proprio status : chi di presenze e simboli a testimonianza dell’appartenenza ad una cultura consistente, e chi bearsi delle proprie assenze e di memorabili citazioni che stanno a testimoniarle.

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