giovedì 16 febbraio 2023

LA TRUFFA DEL PNRR (9) ”…dalla Rivoluzione del ricco al ritorno di Bava Beccaris…"


Di Natale Cuccurese*

La maggior parte dei poveri in Italia risiede al Sud, come certificato da Eurostat. Ora oltre alla povertà devono combattere contro l’ennesimo governo classista ed antimeridionale della storia della Repubblica.

Le politiche dei Governi dell’ultimo trentennio, che ha visto cieca obbedienza ad ogni ordine di Bruxelles, privatizzazioni a pioggia, modifica del Titolo V, politiche ultra liberiste, pareggio di bilancio ecc., hanno prodotto, anno dopo anno, i loro frutti avvelenati, fra cui un aumento sempre maggiore della povertà assoluta della popolazione oggi arrivata al record di 5,6 milioni di cittadini, in larga maggioranza nel Mezzogiorno, la macroarea più povera di tutto il continente, con Sicilia e Campania ai primi due posti per rischio povertà della classifica Eurostat, seguite da Calabria, Puglia, Basilicata e Molise.

L’Italia, governata da sempre sulla base di un feroce razzismo di Stato contro il Sud, ha letteralmente spolpato la propria colonia interna massacrandone senza ritegno i cittadini, senza nessun rispetto per la Costituzione nata dalla Resistenza. Una Costituzione comunque più volte modificata in senso antipopolare in questi anni. Abbiamo così assistito in questi ultimi trent’anni a una vera e propria “Rivoluzione del ricco”, dalla definizione del grande meridionalista Gaetano Salvemini.

Sembra impossibile eppure anche con il governo Meloni, si vuole continuare su di una strada classista ed oligarchica che porterà inevitabilmente a gravi problemi sociali. Dopo aver spolpato il Sud ora passano inevitabilmente alle classi più deboli anche del Nord, come infatti rivelato dagli ultimi dati Istat che dimostrano come la povertà sia in deciso aumento anche nel Centro-Nord.
In questa direzione va la decisione governativa, non di correggere, il RdC, magari migliorarlo, ma cancellarlo del tutto, lasciando le persone più in difficoltà senza un sostegno, letteralmente alla fame ed in balia di una classe imprenditoriale senza scrupoli e pronta a sfruttare i cittadini in modo bestiale.

Cittadini lasciati così in balia del ricatto occupazionale da parte di prenditori senza scrupoli che pretendono di sfruttare per i loro soli interessi manovalanza a basso costo e senza diritti. Le parole scelte da alcuni politicanti negli ultimi due anni nei confronti delle classi più povere di cittadini, bollati come “gente che deve soffrire”, e sul carattere “diseducativo” del RdC, sono a dir poco disgustose e classiste. Indice di un ritorno ad una oligarchia dei “migliori” come nell’Italietta monarchica.
Si chiedeva Salvemini a proposito di questa “Rivoluzione del ricco”: l’Italia prefascista fu una democrazia?! La risposta è negativa! “Non esiste una democrazia dove non vi è uguaglianza di diritti”.

Era un’oligarchia ancorata al potere con le classi popolari ridotte a masse informi di salariati a basso costo e nel caso di proteste era sempre pronto il Bava Beccaris di turno, non a caso decorato per la sua “bella impresa”. Il governo, grazie anche ad una legge elettorale ad hoc, era così bloccato nelle mani dei soli “migliori”. Completamente traditi gli ideali del Risorgimento che appunto si era rivelato essere stato, nei fatti, una Rivoluzione del ricco, utile solo ad alcune classi sociali e a danno totale delle classi popolari.
Se analizziamo la situazione dell’Italia attuale, con al governo la destra classista, con i lavoratori sempre più precari e quindi a rischio o meglio certezza di sfruttamento, con poche regole e solo a vantaggio dei ricchi, con la repressione che si prepara a colpire sempre più duro i pochi che protestano e le elezioni bloccate da una legge elettorale sicuramente non rappresentativa dell’intero Paese e che vede, addirittura, la riduzione dei parlamentari a danno della rappresentanza democratica dei territori, ci rendiamo facilmente conto come l’Italia del 2023 è più vicina a quella del 1921 che non alla modernità e soprattutto alla democrazia. Il dato dell’altissimo astensionismo alle ultime elezioni regionali di pochi giorni fa, ci fa capire come ormai la trasmutazione della nostra democrazia in una democratura oligarchica sia ormai compiuta. Molti elettori hanno smesso di turarsi il naso e, semplicemente, restano a casa. Il richiamo del cosiddetto centrosinistra al voto utile, che però negli ultimi trent’anni si è sempre rilevato un voto inutile per i bisogni dei cittadini delle classi popolari, li ha lasciati senza nessuna speranza in una proposta politica sempre più consociativa, allontanandoli dalle urne. Così in pochissimi decidono per tutti.

Ma soprattutto l’altissimo livello di astensione, unito ai pochi rappresentanti eletti in Consiglio regionale, restituisce un conclamato problema di legittimazione e funzionalità democratica dell’istituto regionale, altro che Autonomia differenziata, funzionale solo a cambiare l’assetto dello Stato in senso sempre più autoritario.
In questa stessa direzione va anche lo sblocco dei licenziamenti voluto da Confindustria, ottenuto più di un anno fa senza colpo ferire, grazie alla complicità sindacale e della politica politicante. Era inevitabile che ottenuto lo sblocco i camerieri politici in servizio permanente effettivo delle classi più agiate passassero all’attacco del RdC, unico strumento che impediva alle aziende di riuscire a ricattare del tutto cittadini e lavoratori.
Il Sud, già in enorme difficoltà e in preda anche ad un calo demografico pauroso, truffato e depredato dei fondi che gli spettavano nel Pnrr, come sempre a favore del Nord, ne uscirà letteralmente distrutto e, una volta spolpato da questi “divoratori di carne cruda”, sarà abbandonato al suo destino e con la ratifica dell’autonomia differenziata si passerà all’inevitabile separazione del Paese.
Serve costruire rapidamente un’opposizione vera e popolare altrimenti l’Italia vivrà un massacro sociale di proporzioni inaudite e mai viste prima.
Tutto questo mentre già sui fondi del PNRR si avventano le regioni del Nord, virtuose coi soldi degli altri, e così anche il 40% promesso dei fondi al Mezzogiorno appare come una chimera visto che la stringente attualità ci consegna un cambio radicale nella governance dei Fondi Europei. Più potere a Palazzo Chigi e al Ministero (leghista) dell’Economia e delle Finanze, con gli enti territoriali che non avranno alcun diritto di veto, nemmeno sulla ennesima sottrazione di risorse in preparazione ai danni del Sud.

(*) Presidente del Partito del Sud, Aderente Carta di Venosa



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Di Natale Cuccurese*

La maggior parte dei poveri in Italia risiede al Sud, come certificato da Eurostat. Ora oltre alla povertà devono combattere contro l’ennesimo governo classista ed antimeridionale della storia della Repubblica.

Le politiche dei Governi dell’ultimo trentennio, che ha visto cieca obbedienza ad ogni ordine di Bruxelles, privatizzazioni a pioggia, modifica del Titolo V, politiche ultra liberiste, pareggio di bilancio ecc., hanno prodotto, anno dopo anno, i loro frutti avvelenati, fra cui un aumento sempre maggiore della povertà assoluta della popolazione oggi arrivata al record di 5,6 milioni di cittadini, in larga maggioranza nel Mezzogiorno, la macroarea più povera di tutto il continente, con Sicilia e Campania ai primi due posti per rischio povertà della classifica Eurostat, seguite da Calabria, Puglia, Basilicata e Molise.

L’Italia, governata da sempre sulla base di un feroce razzismo di Stato contro il Sud, ha letteralmente spolpato la propria colonia interna massacrandone senza ritegno i cittadini, senza nessun rispetto per la Costituzione nata dalla Resistenza. Una Costituzione comunque più volte modificata in senso antipopolare in questi anni. Abbiamo così assistito in questi ultimi trent’anni a una vera e propria “Rivoluzione del ricco”, dalla definizione del grande meridionalista Gaetano Salvemini.

Sembra impossibile eppure anche con il governo Meloni, si vuole continuare su di una strada classista ed oligarchica che porterà inevitabilmente a gravi problemi sociali. Dopo aver spolpato il Sud ora passano inevitabilmente alle classi più deboli anche del Nord, come infatti rivelato dagli ultimi dati Istat che dimostrano come la povertà sia in deciso aumento anche nel Centro-Nord.
In questa direzione va la decisione governativa, non di correggere, il RdC, magari migliorarlo, ma cancellarlo del tutto, lasciando le persone più in difficoltà senza un sostegno, letteralmente alla fame ed in balia di una classe imprenditoriale senza scrupoli e pronta a sfruttare i cittadini in modo bestiale.

Cittadini lasciati così in balia del ricatto occupazionale da parte di prenditori senza scrupoli che pretendono di sfruttare per i loro soli interessi manovalanza a basso costo e senza diritti. Le parole scelte da alcuni politicanti negli ultimi due anni nei confronti delle classi più povere di cittadini, bollati come “gente che deve soffrire”, e sul carattere “diseducativo” del RdC, sono a dir poco disgustose e classiste. Indice di un ritorno ad una oligarchia dei “migliori” come nell’Italietta monarchica.
Si chiedeva Salvemini a proposito di questa “Rivoluzione del ricco”: l’Italia prefascista fu una democrazia?! La risposta è negativa! “Non esiste una democrazia dove non vi è uguaglianza di diritti”.

Era un’oligarchia ancorata al potere con le classi popolari ridotte a masse informi di salariati a basso costo e nel caso di proteste era sempre pronto il Bava Beccaris di turno, non a caso decorato per la sua “bella impresa”. Il governo, grazie anche ad una legge elettorale ad hoc, era così bloccato nelle mani dei soli “migliori”. Completamente traditi gli ideali del Risorgimento che appunto si era rivelato essere stato, nei fatti, una Rivoluzione del ricco, utile solo ad alcune classi sociali e a danno totale delle classi popolari.
Se analizziamo la situazione dell’Italia attuale, con al governo la destra classista, con i lavoratori sempre più precari e quindi a rischio o meglio certezza di sfruttamento, con poche regole e solo a vantaggio dei ricchi, con la repressione che si prepara a colpire sempre più duro i pochi che protestano e le elezioni bloccate da una legge elettorale sicuramente non rappresentativa dell’intero Paese e che vede, addirittura, la riduzione dei parlamentari a danno della rappresentanza democratica dei territori, ci rendiamo facilmente conto come l’Italia del 2023 è più vicina a quella del 1921 che non alla modernità e soprattutto alla democrazia. Il dato dell’altissimo astensionismo alle ultime elezioni regionali di pochi giorni fa, ci fa capire come ormai la trasmutazione della nostra democrazia in una democratura oligarchica sia ormai compiuta. Molti elettori hanno smesso di turarsi il naso e, semplicemente, restano a casa. Il richiamo del cosiddetto centrosinistra al voto utile, che però negli ultimi trent’anni si è sempre rilevato un voto inutile per i bisogni dei cittadini delle classi popolari, li ha lasciati senza nessuna speranza in una proposta politica sempre più consociativa, allontanandoli dalle urne. Così in pochissimi decidono per tutti.

Ma soprattutto l’altissimo livello di astensione, unito ai pochi rappresentanti eletti in Consiglio regionale, restituisce un conclamato problema di legittimazione e funzionalità democratica dell’istituto regionale, altro che Autonomia differenziata, funzionale solo a cambiare l’assetto dello Stato in senso sempre più autoritario.
In questa stessa direzione va anche lo sblocco dei licenziamenti voluto da Confindustria, ottenuto più di un anno fa senza colpo ferire, grazie alla complicità sindacale e della politica politicante. Era inevitabile che ottenuto lo sblocco i camerieri politici in servizio permanente effettivo delle classi più agiate passassero all’attacco del RdC, unico strumento che impediva alle aziende di riuscire a ricattare del tutto cittadini e lavoratori.
Il Sud, già in enorme difficoltà e in preda anche ad un calo demografico pauroso, truffato e depredato dei fondi che gli spettavano nel Pnrr, come sempre a favore del Nord, ne uscirà letteralmente distrutto e, una volta spolpato da questi “divoratori di carne cruda”, sarà abbandonato al suo destino e con la ratifica dell’autonomia differenziata si passerà all’inevitabile separazione del Paese.
Serve costruire rapidamente un’opposizione vera e popolare altrimenti l’Italia vivrà un massacro sociale di proporzioni inaudite e mai viste prima.
Tutto questo mentre già sui fondi del PNRR si avventano le regioni del Nord, virtuose coi soldi degli altri, e così anche il 40% promesso dei fondi al Mezzogiorno appare come una chimera visto che la stringente attualità ci consegna un cambio radicale nella governance dei Fondi Europei. Più potere a Palazzo Chigi e al Ministero (leghista) dell’Economia e delle Finanze, con gli enti territoriali che non avranno alcun diritto di veto, nemmeno sulla ennesima sottrazione di risorse in preparazione ai danni del Sud.

(*) Presidente del Partito del Sud, Aderente Carta di Venosa



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