venerdì 12 febbraio 2016

Referendum anti trivelle, una data scelta contro l'interesse del popolo e della democrazia, intervenga il Presidente Mattarella.

Di Natale Cuccurese

Dopo la rinuncia della Petroceltic a cercare petrolio al largo delle Isole Tremiti, accompagnata dalla nota del ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi che sperava nella fine di “alcune strumentalizzazioni sul tema delle attività di ricerca in mare”, dimenticando però di dire che nessun merito ha la ministra sulla rinuncia, visto che questa è dovuta solo una decisione commerciale della Petroceltic  avendo anzi il ministero già concesso a suo tempo le autorizzazioni per trenta denari, ecco che il Governo, mostrando l’implicita volontà di continuare col concedere per il futuro autorizzazioni a trivellare il nostro mare, ha la bella pensata di fissare al 17 aprile il referendum anti-trivelle. Viene così bocciata l’ipotesi di accorpamento con le elezioni amministrative e viene mostrato al contempo poco rispetto per le Regioni, che da tempo si sono coalizzate nel fronte del NO alle trivellazioni. Fronte capeggiato dal Presidente della Puglia Michele Emiliano che sta ben operando su questo e altri fronti a vantaggio della Puglia e del Sud e che non a caso è da sempre sostenuto dal Partito del Sud.

Gli italiani, quindi, saranno chiamati in tempi strettissimi a votare il referendum. La decisione del Governo Renzi è uno schiaffo alla democrazia motivato dalla consapevolezza di poter perdere la battaglia contro le trivelle che va contro il comune sentire delle popolazione coinvolte. La data infatti pare scelta apposta per ridurre i partecipanti al referendum, nell’evidente intento di boicottare la consultazione popolare, rifuggendo l'Election Day, cioè un'unica giornata in cui far votare per il referendum e le elezioni comunali.
Quanto sopra avviene fra l’altro in un periodo di grave crisi economica, con un aggravio insensato di spesa di più di 300 milioni di euro, in un paese dove mancano i soldi persino per le necessità più elementari, ad iniziare dalle scuole. Un ulteriore sberleffo a tutti gli italiani da parte di un Governo mai eletto e che sta dimostrando nei fatti di non tenere in nessun conto il parere degli elettori.
Due mesi di tempo prima del voto del referendum non bastano nemmeno per aprire la discussione, figuriamoci per la mobilitazione degli elettori nel tentativo di raggiungere il quorum. 

Fra l’altro come scrive sul Fatto Quotidiano il costituzionalista Enzo Di Salvatore “È evidente il tentativo di boicottare il referendum ‘spacchettando’ i quesiti” spiega. Dinanzi alla Corte Costituzionale pendono ancora due conflitti di attribuzione promossi dalle Regioni nei confronti del Parlamento e dell’Ufficio Centrale per il Referendum (Cassazione), che la Legge di Stabilità non aveva soddisfatto. Entro le prossime settimane dovrebbe arrivare una risposta. “Nel caso l’esito del conflitto fosse positivo – dice Di Salvatore – si voterebbe per altri due quesiti, uno relativo al piano delle aree e l’altro alla durata dei titoli in terraferma”. Quindi il referendum potrebbe svolgersi su tre quesiti e non solo su uno. Stando alla decisione presa dal consiglio dei ministri un quesito verrebbe presentato il 17 aprile e per l’altro bisognerebbe rinviare. “Vorrebbe dire – conclude Di Salvatore – che nel 2016 gli italiani saranno chiamati alle urne ben quattro volte”.

La scelta referendaria è fra un governo che avvalendosi di abili scorciatoie ripropone il saccheggio dell'ambiente e fra i cittadini sui territori che vogliono immaginare un futuro diverso per il nostro ambiente, per la nostra economia, per la nostra salute, per il nostro futuro.
L’esito del referendum potrebbe poi impattare in modo drammatico sul Sud, che si vedrebbe persino negare la possibilità di poter progettare un futuro di sviluppo diverso per i nostri mari, per le nostre risorse ambientali, per il nostro turismo, per la nostra bellezza.
È un referendum sul modello di vita che vogliamo per noi e le nuove generazioni e quindi necessita della massima mobilitazione, della massima informazione, del massimo coinvolgimento delle popolazioni.
Due mesi sono pochi e l’atteggiamento decisionista del governo è ancora una volta poco democratico e a vantaggio di interessi che non solo certo quelli collettivi.

Su questo facciamo appello come Partito del Sud al Capo dello Stato Sergio Mattarella, affinchè intervenga nell’interesse di tutti i cittadini per poter far rivalutare questa scelta.


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Di Natale Cuccurese

Dopo la rinuncia della Petroceltic a cercare petrolio al largo delle Isole Tremiti, accompagnata dalla nota del ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi che sperava nella fine di “alcune strumentalizzazioni sul tema delle attività di ricerca in mare”, dimenticando però di dire che nessun merito ha la ministra sulla rinuncia, visto che questa è dovuta solo una decisione commerciale della Petroceltic  avendo anzi il ministero già concesso a suo tempo le autorizzazioni per trenta denari, ecco che il Governo, mostrando l’implicita volontà di continuare col concedere per il futuro autorizzazioni a trivellare il nostro mare, ha la bella pensata di fissare al 17 aprile il referendum anti-trivelle. Viene così bocciata l’ipotesi di accorpamento con le elezioni amministrative e viene mostrato al contempo poco rispetto per le Regioni, che da tempo si sono coalizzate nel fronte del NO alle trivellazioni. Fronte capeggiato dal Presidente della Puglia Michele Emiliano che sta ben operando su questo e altri fronti a vantaggio della Puglia e del Sud e che non a caso è da sempre sostenuto dal Partito del Sud.

Gli italiani, quindi, saranno chiamati in tempi strettissimi a votare il referendum. La decisione del Governo Renzi è uno schiaffo alla democrazia motivato dalla consapevolezza di poter perdere la battaglia contro le trivelle che va contro il comune sentire delle popolazione coinvolte. La data infatti pare scelta apposta per ridurre i partecipanti al referendum, nell’evidente intento di boicottare la consultazione popolare, rifuggendo l'Election Day, cioè un'unica giornata in cui far votare per il referendum e le elezioni comunali.
Quanto sopra avviene fra l’altro in un periodo di grave crisi economica, con un aggravio insensato di spesa di più di 300 milioni di euro, in un paese dove mancano i soldi persino per le necessità più elementari, ad iniziare dalle scuole. Un ulteriore sberleffo a tutti gli italiani da parte di un Governo mai eletto e che sta dimostrando nei fatti di non tenere in nessun conto il parere degli elettori.
Due mesi di tempo prima del voto del referendum non bastano nemmeno per aprire la discussione, figuriamoci per la mobilitazione degli elettori nel tentativo di raggiungere il quorum. 

Fra l’altro come scrive sul Fatto Quotidiano il costituzionalista Enzo Di Salvatore “È evidente il tentativo di boicottare il referendum ‘spacchettando’ i quesiti” spiega. Dinanzi alla Corte Costituzionale pendono ancora due conflitti di attribuzione promossi dalle Regioni nei confronti del Parlamento e dell’Ufficio Centrale per il Referendum (Cassazione), che la Legge di Stabilità non aveva soddisfatto. Entro le prossime settimane dovrebbe arrivare una risposta. “Nel caso l’esito del conflitto fosse positivo – dice Di Salvatore – si voterebbe per altri due quesiti, uno relativo al piano delle aree e l’altro alla durata dei titoli in terraferma”. Quindi il referendum potrebbe svolgersi su tre quesiti e non solo su uno. Stando alla decisione presa dal consiglio dei ministri un quesito verrebbe presentato il 17 aprile e per l’altro bisognerebbe rinviare. “Vorrebbe dire – conclude Di Salvatore – che nel 2016 gli italiani saranno chiamati alle urne ben quattro volte”.

La scelta referendaria è fra un governo che avvalendosi di abili scorciatoie ripropone il saccheggio dell'ambiente e fra i cittadini sui territori che vogliono immaginare un futuro diverso per il nostro ambiente, per la nostra economia, per la nostra salute, per il nostro futuro.
L’esito del referendum potrebbe poi impattare in modo drammatico sul Sud, che si vedrebbe persino negare la possibilità di poter progettare un futuro di sviluppo diverso per i nostri mari, per le nostre risorse ambientali, per il nostro turismo, per la nostra bellezza.
È un referendum sul modello di vita che vogliamo per noi e le nuove generazioni e quindi necessita della massima mobilitazione, della massima informazione, del massimo coinvolgimento delle popolazioni.
Due mesi sono pochi e l’atteggiamento decisionista del governo è ancora una volta poco democratico e a vantaggio di interessi che non solo certo quelli collettivi.

Su questo facciamo appello come Partito del Sud al Capo dello Stato Sergio Mattarella, affinchè intervenga nell’interesse di tutti i cittadini per poter far rivalutare questa scelta.


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