martedì 21 luglio 2015

Crolla l’export pugliese verso la Grecia. Le politiche contro Atene non giovano a nessuno

Bari – Crolla l’export pugliese verso la Grecia. Per la prima volta, si ribalta la bilancia commerciale: importiamo più di quanto esportiamo.
La crisi ellenica sta penalizzando le aziende della Puglia più di quelle greche. Tant’è che nel primo trimestre di quest’anno le esportazioni si sono ridotte del 34 per cento rispetto al primo trimestre del 2014 (da 67 a 44 milioni), mentre le importazioni sono addirittura cresciute del 200 per cento (da 28 a 85 milioni).
Il saldo commerciale è negativo per 41 milioni.
E’ quanto rileva il Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia che ha elaborato gli ultimi dati Istat. Senza dubbio, la più volte minacciata «Grexit» e le discussioni delle ultime settimane che hanno visto protagonista Alexis Tsipras e l’Unione Europea hanno contribuito a questa sorprendente inversione.
Basti pensare che nel 2007 l’export pugliese verso la Grecia valeva ben 386 milioni di euro; ancor di più l’anno dopo, quando si raggiunse l’apice di 394 milioni. Al contempo, la Puglia importava prodotti per un valore complessivo inferiore ai cento milioni.
Nel 2009, a causa della grande crisi finanziaria mondiale, le esportazioni si fermarono a 274 milioni, pari ad un tasso negativo del 30 per cento. L’anno successivo si registrò un importante recupero del 34 per cento, tornando sopra i 360 milioni. Parallelamente, le importazioni dalla Grecia salirono a 133 milioni, per un saldo commerciale di 234 milioni.
Nel 2011, l’export scese a 317 milioni (-14 per cento), mentre l’import raggiunse i 194 milioni (+46 per cento). Il saldo si ridusse, così, a 123 milioni. L’anno dopo, le esportazioni crollarono del 27 per cento (a 232 milioni). Valori negativi anche per le importazioni, diminuite del 23 per cento (148 milioni). Il saldo commerciale scendeva ancora nel 2013 a 73 milioni. In quell’anno l’export valeva 230 milioni, mentre l’import 158.
L’anno scorso le esportazioni sono salite del 9 per cento (251 milioni), mentre le importazioni del 15 per cento (181 milioni). Comunque, il saldo era ancora positivo per la Puglia per 70 milioni. Quest’anno, invece, la situazione è diametralmente opposta: importiamo beni più di quanto ne esportiamo.
Certamente, la caduta del Pil greco, sceso finora del 25 per cento rispetto all’inizio della crisi, ha tolto potere d’acquisto ai cittadini ellenici, facendo crollare le esportazioni pugliesi. Dal 2009 in poi le cose sono costantemente peggiorate.
Nel frattempo, però, l’import pugliese dalla Grecia ha continuato a crescere, con la sola eccezione del 2008 e del 2012 (rispettivamente -12,5 per cento e -23 per cento). In dettaglio, +6 per cento nel 2009, 35 per cento l’anno dopo, 46 nel 2011, 6 nel 2013 e 15 nel 2014. E purtroppo nel 2015, con l’entrata della Grecia in un nuovo tunnel, le cose sono peggiorate a vista d’occhio. Non c’è dubbio: anche la Puglia ha sofferto e soffre per la crisi greca.
Le nostre imprese, oltre ad imprimere forti crescite dell’export nel corso dei primi anni del nuovo secolo, erano arrivate in loco aprendo delle filiali o comprando delle partecipazioni di controllo sull’onda del boom economico del dopo-ingresso nell’euro. Oggi lo scenario è completamente diverso e si è innescata la marcia indietro, perché continua il trend discendente.
La Grecia era un buon acquirente di beni di consumo dall’Italia: ai primi posti prodotti alimentari e bevande, sostanze chimiche e farmaceutiche, abbigliamento e meccanica. Noi importiamo, soprattutto, prodotti petroliferi raffinati, metalli non ferrosi, olio e prodotti da pesca.
Riguardo al turismo, dopo l’annuncio del referendum, si sono registrate alcune cancellazioni e cambi di meta, oltre al rallentamento delle prenotazioni, ma nella realtà non ci sono scenari apocalittici. I turisti, infatti, non hanno limitazioni nei prelievi bancomat.
«Da sempre la nostra regione ha un rapporto privilegiato con la Grecia – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia. Per ragioni di prossimità geografica ma anche per i legami culturali che risalgono alla notte dei tempi, la Puglia è senza dubbio la regione italiana più influenzata dalle vicende della penisola ellenica.
Proprio per questi motivi dovevamo aspettarci che l’economia locale non passasse indenne gli eventi degli ultimi mesi. Eppure i dati elaborati dal nostro Centro Studi sorprendono ugualmente per ordine di grandezza. Le esportazioni pugliesi sono crollate da 394 a soli 44 milioni di euro nel giro di pochi anni: una caduta pesante e ripidissima.
Le ultime vicende hanno addirittura condotto al capovolgimento della bilancia commerciale: una situazione mai verificatasi prima, su cui ha pesato anche l’ affidabilità finanziaria del sistema produttivo ellenico, ridotta al punto da essere considerata un rischio per gli scambi.
Insomma, non solo i nostri imprenditori hanno perso un mercato di riferimento ma hanno purtroppo guadagnato la concorrenza di un agguerrito competitor, perlomeno in alcuni settori produttivi, in forza della svalutazione dei beni prodotti ad Atene. Dopo la restrizione delle esportazioni in Russia – conclude il presidente – è questa un’altra circostanza estremamente negativa di cui le imprese pugliesi, specie con un mercato interno ancora stagnante, avrebbero fatto volentieri a meno».

Fonte: Con il Sud si Riparte

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Bari – Crolla l’export pugliese verso la Grecia. Per la prima volta, si ribalta la bilancia commerciale: importiamo più di quanto esportiamo.
La crisi ellenica sta penalizzando le aziende della Puglia più di quelle greche. Tant’è che nel primo trimestre di quest’anno le esportazioni si sono ridotte del 34 per cento rispetto al primo trimestre del 2014 (da 67 a 44 milioni), mentre le importazioni sono addirittura cresciute del 200 per cento (da 28 a 85 milioni).
Il saldo commerciale è negativo per 41 milioni.
E’ quanto rileva il Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia che ha elaborato gli ultimi dati Istat. Senza dubbio, la più volte minacciata «Grexit» e le discussioni delle ultime settimane che hanno visto protagonista Alexis Tsipras e l’Unione Europea hanno contribuito a questa sorprendente inversione.
Basti pensare che nel 2007 l’export pugliese verso la Grecia valeva ben 386 milioni di euro; ancor di più l’anno dopo, quando si raggiunse l’apice di 394 milioni. Al contempo, la Puglia importava prodotti per un valore complessivo inferiore ai cento milioni.
Nel 2009, a causa della grande crisi finanziaria mondiale, le esportazioni si fermarono a 274 milioni, pari ad un tasso negativo del 30 per cento. L’anno successivo si registrò un importante recupero del 34 per cento, tornando sopra i 360 milioni. Parallelamente, le importazioni dalla Grecia salirono a 133 milioni, per un saldo commerciale di 234 milioni.
Nel 2011, l’export scese a 317 milioni (-14 per cento), mentre l’import raggiunse i 194 milioni (+46 per cento). Il saldo si ridusse, così, a 123 milioni. L’anno dopo, le esportazioni crollarono del 27 per cento (a 232 milioni). Valori negativi anche per le importazioni, diminuite del 23 per cento (148 milioni). Il saldo commerciale scendeva ancora nel 2013 a 73 milioni. In quell’anno l’export valeva 230 milioni, mentre l’import 158.
L’anno scorso le esportazioni sono salite del 9 per cento (251 milioni), mentre le importazioni del 15 per cento (181 milioni). Comunque, il saldo era ancora positivo per la Puglia per 70 milioni. Quest’anno, invece, la situazione è diametralmente opposta: importiamo beni più di quanto ne esportiamo.
Certamente, la caduta del Pil greco, sceso finora del 25 per cento rispetto all’inizio della crisi, ha tolto potere d’acquisto ai cittadini ellenici, facendo crollare le esportazioni pugliesi. Dal 2009 in poi le cose sono costantemente peggiorate.
Nel frattempo, però, l’import pugliese dalla Grecia ha continuato a crescere, con la sola eccezione del 2008 e del 2012 (rispettivamente -12,5 per cento e -23 per cento). In dettaglio, +6 per cento nel 2009, 35 per cento l’anno dopo, 46 nel 2011, 6 nel 2013 e 15 nel 2014. E purtroppo nel 2015, con l’entrata della Grecia in un nuovo tunnel, le cose sono peggiorate a vista d’occhio. Non c’è dubbio: anche la Puglia ha sofferto e soffre per la crisi greca.
Le nostre imprese, oltre ad imprimere forti crescite dell’export nel corso dei primi anni del nuovo secolo, erano arrivate in loco aprendo delle filiali o comprando delle partecipazioni di controllo sull’onda del boom economico del dopo-ingresso nell’euro. Oggi lo scenario è completamente diverso e si è innescata la marcia indietro, perché continua il trend discendente.
La Grecia era un buon acquirente di beni di consumo dall’Italia: ai primi posti prodotti alimentari e bevande, sostanze chimiche e farmaceutiche, abbigliamento e meccanica. Noi importiamo, soprattutto, prodotti petroliferi raffinati, metalli non ferrosi, olio e prodotti da pesca.
Riguardo al turismo, dopo l’annuncio del referendum, si sono registrate alcune cancellazioni e cambi di meta, oltre al rallentamento delle prenotazioni, ma nella realtà non ci sono scenari apocalittici. I turisti, infatti, non hanno limitazioni nei prelievi bancomat.
«Da sempre la nostra regione ha un rapporto privilegiato con la Grecia – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia. Per ragioni di prossimità geografica ma anche per i legami culturali che risalgono alla notte dei tempi, la Puglia è senza dubbio la regione italiana più influenzata dalle vicende della penisola ellenica.
Proprio per questi motivi dovevamo aspettarci che l’economia locale non passasse indenne gli eventi degli ultimi mesi. Eppure i dati elaborati dal nostro Centro Studi sorprendono ugualmente per ordine di grandezza. Le esportazioni pugliesi sono crollate da 394 a soli 44 milioni di euro nel giro di pochi anni: una caduta pesante e ripidissima.
Le ultime vicende hanno addirittura condotto al capovolgimento della bilancia commerciale: una situazione mai verificatasi prima, su cui ha pesato anche l’ affidabilità finanziaria del sistema produttivo ellenico, ridotta al punto da essere considerata un rischio per gli scambi.
Insomma, non solo i nostri imprenditori hanno perso un mercato di riferimento ma hanno purtroppo guadagnato la concorrenza di un agguerrito competitor, perlomeno in alcuni settori produttivi, in forza della svalutazione dei beni prodotti ad Atene. Dopo la restrizione delle esportazioni in Russia – conclude il presidente – è questa un’altra circostanza estremamente negativa di cui le imprese pugliesi, specie con un mercato interno ancora stagnante, avrebbero fatto volentieri a meno».

Fonte: Con il Sud si Riparte

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