mercoledì 29 maggio 2013

Le donne di Calabria. La violenza non ha Nord e Sud…


La dirigente di una multinazionale – scappata, a suo dire, dalla Calabria – ha scritto una lettera al Corriere della Sera per denunciare che in Calabria le donne sono atavicamente vittime della cultura maschilista. Lo spunto per tale considerazione le è stato fornito dalla barbara uccisione di Fabiana Luzzi a Corigliano Calabro.



Si signora, è vero. Com’è vero che le donne sono sottomesse ad un’atavica cultura maschilista in Europa, negli Stati Uniti d’America e finanche in Sudafrica. Non se n’è accorta? Eppure le donne hanno tenuto ben cinque conferenze mondiali per denunciare la fenomenologia: Città del Messico (1975), Copenaghen (1980), Nairobi (1985), Pechino (1995) e New York (2000).
Il celebre pugile argentino Carlos Monzon ha ucciso Alicia Muñiz, modella uruguaiana, al culmine di un furioso litigio.
La modella sudafricana Reeva Steenkamp è stata assassinata alle quattro di mattina da Oscar Pistorius, l’atleta “diversamente abile” che ha conquistato le simpatie planetarie a suon di vittorie, con quattro colpi di pistola nella sua casa di Pretoria in Sudafrica.
Christian Brando, figlio dell’attore Marlon, ha ammazzato Leebonny Bakley, moglie dell’attore Robert Blake. Brando era stato fidanzato con la donna prima che lei convolasse a nozze, ma probabilmente la relazione non era ancora finita.
L’atleta O.J. Simpson è responsabile dell’omicidio dell’ex moglie Nicole Brown e dell’amico di lei Ronald Goldman.
Quattro storie che hanno fatto il giro del mondo. Quattro posizioni geografiche diverse. Quattro femminicidi che alla dirigente di una multinazionale non credo possano essere sfuggiti. Cosa li distingue dall’omicidio di Fabiana Luzzi a Corigliano Calabro? Quattro soprusi maschili nei confronti delle donne. Quattro vicende che esaltano la cultura maschile – globale, nel senso mondiale – della sopraffazione, della risoluzione dei problemi e degli isterismi a suon di colpi d’arma da fuoco o fendenti.



Da sociologo “cum sudata laude” potrei inoltrarmi in dissertazioni e comparazioni che richiederebbero uno spazio infinito, paragonabile ad un’opera enciclopedica, per dimostrare empiricamente come il maschilismo violento non abbia locazione di sorta, ma sarebbe dispersivo e non centrerei l’obiettivo. Per cui, limito le mie osservazioni – ripeto, osservazioni – a poco accademici rilievi.
Se un omicidio viene perpetrato a Milano si tratta di delinquenza. Se un assassinio avviene a Roma si segue la pista politica. Se succede a Corigliano Calabro è sottocultura, sottosviluppo, sotto del più sotto del sotto degli inferi.
Sa cosa c’è signora? Che concordo con le sue tesi, se lei accetta di estenderle ad una territorialità senza confini. Direi che in ogni latitudine c’è da lottare per sconfiggere la sopraffazione, l’impeto irrefrenabile di uomini che credono di risolvere ogni questione alzando la voce, menando le mani o cliccando un grilletto. C’è da lavorare per far capire, a quanti ancora non lo hanno capito, che la dignità di un essere umano prescinde dal sesso. C’è da opporre alla cultura della violenza il culto della pace.
Ma c’è, infine signora, che sono stanco di ascoltare o leggere critiche – luoghi comuni – rivolte alla Calabria gratuitamente, peggio se provengono da qualcuno dei suoi figli. Anch’io, come lei, sono andato via – non scappato – dalla Calabria, perché non trovavo posto per inserirmi nel mondo del lavoro, ma ci torno sempre e guardo alla mia terra natia con assoluta voglia di fare qualcosa per lei, con assoluto orgoglio di sentirmi e dirmi per quello che sono, un calabrese.
Ho lasciato Taurianova (RC), che ho vissuto e finanche amministrato, 23 anni orsono per raggiungere Milano, che dal canto suo mi ha eletto “figlio” conferendomi l’Ambrogino d’Oro – massima onorificenza cittadina – e alla quale guardo come ad una mamma che mi ha permesso di sviluppare le mie idee e le mie capacità. Ma, non ho trovato il paradiso terrestre. Mi scuso per la banalità: tutto il mondo è paese…
Antonio Marziale (sociologo)
Fonte: Calabriaonweb



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La dirigente di una multinazionale – scappata, a suo dire, dalla Calabria – ha scritto una lettera al Corriere della Sera per denunciare che in Calabria le donne sono atavicamente vittime della cultura maschilista. Lo spunto per tale considerazione le è stato fornito dalla barbara uccisione di Fabiana Luzzi a Corigliano Calabro.



Si signora, è vero. Com’è vero che le donne sono sottomesse ad un’atavica cultura maschilista in Europa, negli Stati Uniti d’America e finanche in Sudafrica. Non se n’è accorta? Eppure le donne hanno tenuto ben cinque conferenze mondiali per denunciare la fenomenologia: Città del Messico (1975), Copenaghen (1980), Nairobi (1985), Pechino (1995) e New York (2000).
Il celebre pugile argentino Carlos Monzon ha ucciso Alicia Muñiz, modella uruguaiana, al culmine di un furioso litigio.
La modella sudafricana Reeva Steenkamp è stata assassinata alle quattro di mattina da Oscar Pistorius, l’atleta “diversamente abile” che ha conquistato le simpatie planetarie a suon di vittorie, con quattro colpi di pistola nella sua casa di Pretoria in Sudafrica.
Christian Brando, figlio dell’attore Marlon, ha ammazzato Leebonny Bakley, moglie dell’attore Robert Blake. Brando era stato fidanzato con la donna prima che lei convolasse a nozze, ma probabilmente la relazione non era ancora finita.
L’atleta O.J. Simpson è responsabile dell’omicidio dell’ex moglie Nicole Brown e dell’amico di lei Ronald Goldman.
Quattro storie che hanno fatto il giro del mondo. Quattro posizioni geografiche diverse. Quattro femminicidi che alla dirigente di una multinazionale non credo possano essere sfuggiti. Cosa li distingue dall’omicidio di Fabiana Luzzi a Corigliano Calabro? Quattro soprusi maschili nei confronti delle donne. Quattro vicende che esaltano la cultura maschile – globale, nel senso mondiale – della sopraffazione, della risoluzione dei problemi e degli isterismi a suon di colpi d’arma da fuoco o fendenti.



Da sociologo “cum sudata laude” potrei inoltrarmi in dissertazioni e comparazioni che richiederebbero uno spazio infinito, paragonabile ad un’opera enciclopedica, per dimostrare empiricamente come il maschilismo violento non abbia locazione di sorta, ma sarebbe dispersivo e non centrerei l’obiettivo. Per cui, limito le mie osservazioni – ripeto, osservazioni – a poco accademici rilievi.
Se un omicidio viene perpetrato a Milano si tratta di delinquenza. Se un assassinio avviene a Roma si segue la pista politica. Se succede a Corigliano Calabro è sottocultura, sottosviluppo, sotto del più sotto del sotto degli inferi.
Sa cosa c’è signora? Che concordo con le sue tesi, se lei accetta di estenderle ad una territorialità senza confini. Direi che in ogni latitudine c’è da lottare per sconfiggere la sopraffazione, l’impeto irrefrenabile di uomini che credono di risolvere ogni questione alzando la voce, menando le mani o cliccando un grilletto. C’è da lavorare per far capire, a quanti ancora non lo hanno capito, che la dignità di un essere umano prescinde dal sesso. C’è da opporre alla cultura della violenza il culto della pace.
Ma c’è, infine signora, che sono stanco di ascoltare o leggere critiche – luoghi comuni – rivolte alla Calabria gratuitamente, peggio se provengono da qualcuno dei suoi figli. Anch’io, come lei, sono andato via – non scappato – dalla Calabria, perché non trovavo posto per inserirmi nel mondo del lavoro, ma ci torno sempre e guardo alla mia terra natia con assoluta voglia di fare qualcosa per lei, con assoluto orgoglio di sentirmi e dirmi per quello che sono, un calabrese.
Ho lasciato Taurianova (RC), che ho vissuto e finanche amministrato, 23 anni orsono per raggiungere Milano, che dal canto suo mi ha eletto “figlio” conferendomi l’Ambrogino d’Oro – massima onorificenza cittadina – e alla quale guardo come ad una mamma che mi ha permesso di sviluppare le mie idee e le mie capacità. Ma, non ho trovato il paradiso terrestre. Mi scuso per la banalità: tutto il mondo è paese…
Antonio Marziale (sociologo)
Fonte: Calabriaonweb



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