giovedì 28 marzo 2013

HO SOGNATO CHE…

di Bruno Pappalardo


AVVISO: si avvertono i lettori (qualora ce ne fossero) che l’autore non è responsabile di eventuali disturbi o accidenti generati  dalla lunghezza della sua nota! 

Se fossi irrazionale direi d’essere simpatico; ...ma se razionale fosse stato Cristoforo Colombo non avremmo mai visto l’America, … giunse alle Bahamas.  Se fosse stato razionale  non le avrebbe mai lasciate!     
La razionalità non è affatto, allora, l’unica  strada dritta e sicura della esistenza e, poi, sopravvivenza umana!! I sogni, ad esempio, dicono siano costruzioni, proiezioni, di immagini d’apparenza reali. In quanto  irreali, allora, tautologicamente “irrazionali”. Emozioni, angosce o desideri, interiori e mentali che si confrontano, si combattono e s’accordano per generare, una amalgama irragionevole e non contigua con la vita reale.  Ma anche Colombo aveva un sogno!
Non lo aveva lo scienziato del “serendip”; (serendipità, oggi è un neologismo) ossia il Viagra. Senza alcuna volontà, se lo trovò tra le mani e ne restò colpito quanto le donne. Il ricercatore Julius H. Comroe disse: “La serendipità è cercare un ago in un pagliaio e trovarci la figlia del contadino”.   ùù
Beh,..ho imparato da tempo che dovevo guardare dietro le cose dritte e trovare, in quelle storte,   stupefacenti verità.
Ecco che, come Cristoforo, l’altro giorno, forse ad occhi aperti, ho sognato anch’io!
Mi sono rivisto ragazzo, in camice grigio, a lavorar la creta. Si lavorava per le ceramiche come per il modellato di un busto o per un bassorilievo su lastre di lavagna.  Spessissimo sezionavamo forme di argilla con un filo sottile di ferro. Il taglio era perfetto e univa due punti estremi della massa.
Poi, d’un tratto, mi son trovato a guardar dall’alto la mia città. Era anch’essa grigia come l’argilla!  
Avevo tra le mani non più una sottilissima filaccia ma una grossa lama che affondavo sulla docile materia degli edifici che si lasciava penetrare.
Spesso ho pensato che il Padreterno avesse usato, con spasimi atroci, lo stesso bisturi per fessurare stretti vicoli come tagli profondi, oggi esangui. Stavolta ero io!  Guardavo due punti, … due estremi, due opposti!
Erano Palazzo Reale in piazza del plebiscito, ovvero la piazza della vergogna, e Palazzo Reale di Capodimonte. Era facile individuarli perché una linea praticamente dritta è già esistente sulle planimetrie. Esiste ed è chiara! E’ il vecchio tracciato francese, voluto da Murat per raggiungere e collegare i due siti. Ancora viene chiamata dalla gente del luogo foraavianova (fuori la strada nuova) una sola parola! Su quel segmento sono nato e vissuto e quando uscivo dal vicolo perpendicolare sboccando sulla “ViaNova”, m’abbacinavo di luce perché larga. Toponomasticamente Santa Teresa degli Scalzi si legava a Via Toledomediante il ginocchio largo di piazza Dante!
Ma, brusco, affondo la punta della lama su Capodimonte e raggiungo, strisciando la lama come per segnare una fetta di torta, Largo Palazzo. Perché unirli ancora? Forse, uscendo dall’anodina sospensione di quel momento, credetti di capire.  Avevo unito due siti simbolo della città, due corpi storici e identitari uniti dal segmento AB.  
Quel taglio, pensai, potrebbe diventare, un giorno, la“ Via della Nova Memoria”!
…Se i vicoli che s’aggrovigliano intorno come matasse impazzite, sbrogliate all’interno della sua stessa sfericità, potessero avere nomi come “Francesco II” al posto di ”II traversa Fonseca”? E se l’attuale corso Amedeo di Savoia, si chiamasse anche “Gia’ regina Sofia? E su, dopo il Tondo di Capodimonte, un tratto senza un vero nome come “o’ spasso ‘e Ferdinando”? Beh, allora, sarebbe un filo rosso di un racconto non più celato e non interrotto ma posto alla luce del sole. Perché si direbbe? Perché sono i nostri luoghi e da qui scesero i briganti nascosti nei valloni di San Rocco a difendere la loro patria.
Ci ripensai da sveglio. Mi dissi, basta con la fissa della Storia Patria, …è sacrosanta! Ma l’inconscio forse nasceva dalla negazione d’essa?? Era solo un sogno di una città che non ci guadagna mai, manco in sonno… già era solo un sogno!

PS: Trav. Fonseca non allude a Eleonora Pimentel Fonseca. Non bisogna mai cancellare i simboli, i nomi, le iscrizioni che hanno segnato le mura o ponti o piazze. Non bisogna cancellare le tracce della storia sia essa dei vinti o vincitori perché la città deve essere letta come testo urbano. Si trattava di un certo Ugo Fonseca, proprietario del terreno dove vennero erette i primi grossi palazzoni del fine ‘700.  
Per il PdelSud questo sogno potrebbe diventare un modulo di intervento negli innumerevoli paesi del Sud.

Bruno Pappalardo   -   Partito del Sud  Napoli


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di Bruno Pappalardo


AVVISO: si avvertono i lettori (qualora ce ne fossero) che l’autore non è responsabile di eventuali disturbi o accidenti generati  dalla lunghezza della sua nota! 

Se fossi irrazionale direi d’essere simpatico; ...ma se razionale fosse stato Cristoforo Colombo non avremmo mai visto l’America, … giunse alle Bahamas.  Se fosse stato razionale  non le avrebbe mai lasciate!     
La razionalità non è affatto, allora, l’unica  strada dritta e sicura della esistenza e, poi, sopravvivenza umana!! I sogni, ad esempio, dicono siano costruzioni, proiezioni, di immagini d’apparenza reali. In quanto  irreali, allora, tautologicamente “irrazionali”. Emozioni, angosce o desideri, interiori e mentali che si confrontano, si combattono e s’accordano per generare, una amalgama irragionevole e non contigua con la vita reale.  Ma anche Colombo aveva un sogno!
Non lo aveva lo scienziato del “serendip”; (serendipità, oggi è un neologismo) ossia il Viagra. Senza alcuna volontà, se lo trovò tra le mani e ne restò colpito quanto le donne. Il ricercatore Julius H. Comroe disse: “La serendipità è cercare un ago in un pagliaio e trovarci la figlia del contadino”.   ùù
Beh,..ho imparato da tempo che dovevo guardare dietro le cose dritte e trovare, in quelle storte,   stupefacenti verità.
Ecco che, come Cristoforo, l’altro giorno, forse ad occhi aperti, ho sognato anch’io!
Mi sono rivisto ragazzo, in camice grigio, a lavorar la creta. Si lavorava per le ceramiche come per il modellato di un busto o per un bassorilievo su lastre di lavagna.  Spessissimo sezionavamo forme di argilla con un filo sottile di ferro. Il taglio era perfetto e univa due punti estremi della massa.
Poi, d’un tratto, mi son trovato a guardar dall’alto la mia città. Era anch’essa grigia come l’argilla!  
Avevo tra le mani non più una sottilissima filaccia ma una grossa lama che affondavo sulla docile materia degli edifici che si lasciava penetrare.
Spesso ho pensato che il Padreterno avesse usato, con spasimi atroci, lo stesso bisturi per fessurare stretti vicoli come tagli profondi, oggi esangui. Stavolta ero io!  Guardavo due punti, … due estremi, due opposti!
Erano Palazzo Reale in piazza del plebiscito, ovvero la piazza della vergogna, e Palazzo Reale di Capodimonte. Era facile individuarli perché una linea praticamente dritta è già esistente sulle planimetrie. Esiste ed è chiara! E’ il vecchio tracciato francese, voluto da Murat per raggiungere e collegare i due siti. Ancora viene chiamata dalla gente del luogo foraavianova (fuori la strada nuova) una sola parola! Su quel segmento sono nato e vissuto e quando uscivo dal vicolo perpendicolare sboccando sulla “ViaNova”, m’abbacinavo di luce perché larga. Toponomasticamente Santa Teresa degli Scalzi si legava a Via Toledomediante il ginocchio largo di piazza Dante!
Ma, brusco, affondo la punta della lama su Capodimonte e raggiungo, strisciando la lama come per segnare una fetta di torta, Largo Palazzo. Perché unirli ancora? Forse, uscendo dall’anodina sospensione di quel momento, credetti di capire.  Avevo unito due siti simbolo della città, due corpi storici e identitari uniti dal segmento AB.  
Quel taglio, pensai, potrebbe diventare, un giorno, la“ Via della Nova Memoria”!
…Se i vicoli che s’aggrovigliano intorno come matasse impazzite, sbrogliate all’interno della sua stessa sfericità, potessero avere nomi come “Francesco II” al posto di ”II traversa Fonseca”? E se l’attuale corso Amedeo di Savoia, si chiamasse anche “Gia’ regina Sofia? E su, dopo il Tondo di Capodimonte, un tratto senza un vero nome come “o’ spasso ‘e Ferdinando”? Beh, allora, sarebbe un filo rosso di un racconto non più celato e non interrotto ma posto alla luce del sole. Perché si direbbe? Perché sono i nostri luoghi e da qui scesero i briganti nascosti nei valloni di San Rocco a difendere la loro patria.
Ci ripensai da sveglio. Mi dissi, basta con la fissa della Storia Patria, …è sacrosanta! Ma l’inconscio forse nasceva dalla negazione d’essa?? Era solo un sogno di una città che non ci guadagna mai, manco in sonno… già era solo un sogno!

PS: Trav. Fonseca non allude a Eleonora Pimentel Fonseca. Non bisogna mai cancellare i simboli, i nomi, le iscrizioni che hanno segnato le mura o ponti o piazze. Non bisogna cancellare le tracce della storia sia essa dei vinti o vincitori perché la città deve essere letta come testo urbano. Si trattava di un certo Ugo Fonseca, proprietario del terreno dove vennero erette i primi grossi palazzoni del fine ‘700.  
Per il PdelSud questo sogno potrebbe diventare un modulo di intervento negli innumerevoli paesi del Sud.

Bruno Pappalardo   -   Partito del Sud  Napoli


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