venerdì 4 febbraio 2011

Federalismo, le 7 bugie a danno del Sud


di LINO PATRUNO

Il pareggio in Commissione significa che mezza Italia vuole il federalismo e mezza no. Mezzo Paese può fare una riforma del genere contro l’altro mezzo? Una riforma che è un nuovo Risorgimento, un’altra Italia 150 anni dopo? E si può farla come allora, con mezza Italia che conquista l’altra e l’assoggetta? E si possono ripetere tutte le belle conseguenze che ancòra oggi subiamo? Si può condizionare il domani con una riforma che non sia quanto più condivisa possibile? E come si comporterebbero dopo le due Italie una verso l’altra? E si può dividere l’Italia proprio mentre si celebra il compleanno della sua Unità? E può diventare il federalismo un mercato arabo in cui ciascuno tenta di strappare quanto più possibile a danno degli altri? E come funzionerebbe un siffatto nuovo Paese, cioè una Repubblica fondata sul colpo di mano?

Vedremo cosa succederà ora, voto non voto e dintorni. Il direttore De Tomaso ha spiegato ieri perché questo federalismo è un futuro peggiore del passato. Essenziale è però sapere che il Sud non teme il . Ma teme un nuovo Risorgimento tradito. E soprattutto respinge le bugie sulle quali il Nord della Lega vuole imporglielo. Senza le bugie, si può discutere quanto si vuole.

Anzitutto, non è vero che il Sud non sa utilizzare i soldi a sua disposizione. Questi soldi sono i Fas (Fondo aree sottoutilizzate) e i Fondi europei. I Fas li gestisce il governo: se sono stati inutilizzati, utilizzati male, utilizzati non per il Sud, prego rivolgersi allo stesso governo. I fondi europei sono a compartecipazione dei privati e dello Stato. Quindi per i progetti occorre una quota dei privati e una dello Stato. Questa molto spesso è mancata, o ha ritardato fino a far perdere il finanziamento. Se a utilizzarli male sono state le Regioni, vedere quante volte non si sono aggiunti alla spesa ordinaria dello Stato (quella fatta sia al Nord che al Sud) ma l’hanno dovuta sostituire. E quanto agli sprechi, che pure ci sono, prego controllare l’aumento continuo della spesa pubblica da parte di quello stesso Stato che bacchetta il Sud.

Due. Non è vero che tanti soldi passano dal Nord al Sud, quindi . E’ vero che ogni anno 50 miliardi scendono dal Nord al Sud, ma non da un territorio all’altro, bensì da chi più può a chi meno può: come in tutti gli Stati civili moderni. Passano anche dall’industriale all’operaio lombardo (sempre che l’industriale dichiari più dell’operaio). Ma poi la Banca d’Italia rivela che ogni anno tornano dal Sud al Nord 70 miliardi per prodotti e servizi del Nord acquistati dai meridionali. Quindi Sud in credito di 20 miliardi l’anno.

Tre. Non è vero che il federalismo fiscale costringa alla responsabilità: chi spende male e troppo, è giudicato dai suoi cittadini e non più rieletto. Un sindaco può spendere male al secondo mandato quando non è rieleggibile e quindi fregarsene. Ma due capisaldi del federalismo municipale sono la tassa sulla seconda casa e la tassa di soggiorno. La seconda casa ce l’ha in genere chi viene da fuori. E anche la tassa di soggiorno la paga il non residente. Entrambi cioè non votano lì. E quanto alla responsabilità, una cosa è sprecare, un’altra è dover spendere se troppe sono le necessità della gente, come normalmente avviene al Sud. E infine in Italia non si è mai visto (purtroppo) nessuno cacciato per eccesso di spesa più che di risparmio.

Quattro. Non è vero che il federalismo non farà aumentare le tasse e la spesa. Con meno di fondi da parte dello Stato, i Comuni dovranno aumentare le loro tasse. Però lo Stato dovrebbe diminuire le sue. Ma chi pagherà i 70 miliardi l’anno di soli interessi sul debito pubblico? E come potrà rinunciare a parte delle sue entrate uno Stato schiacciato dal peso di due Camere uguali, di quattro Polizie, delle Province, di un numero infinito di Authority (dalla concorrenza alla trasparenza), di quattro sistemi giudiziari (civile, penale, Tar, Consiglio di Stato), di migliaia di enti inutili, delle casse integrazione, del buco pensionistico? E quanti dipendenti pubblici passeranno dallo Stato alle Regioni e ai Comuni, distribuendo le funzioni invece di raddoppiarle?

Cinque. Non è vero che il divario fra Sud e Nord ( meno 33% di reddito, meno 30% di infrastrutture, il triplo della disoccupazione) potrà essere compensato dal fondo di perequazione. Nessuno ha finora saputo di quanto sarà. E se la perequazione non ha funzionato finora, figuriamoci dopo. Nessuno conosce neanche quanti saranno gli investimenti in infrastrutture al Sud. E il federalismo fiscale non può partire da basi così diseguali, i ricchi saranno sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

Sei. Non è vero che lo Stato spenda più al Sud. E che se il Sud nonostante questo non è cresciuto, sono problemi suoi ma ora basta. Cliccare su Internet, ministero di Tremonti: spesa dello Stato più al Nord che al Sud, cioè l’anti-perequazione. E dal governo Amato in poi, mai rispettata la percentuale stabilita del 45% della spesa al Sud, non andata oltre il 36-37 per cento.

Sette. Non è vero che i sono il mezzo per evitare che una siringa costi 5 in Lombardia e 10 al Sud. I costi li fa il mercato. E possono dipendere dalla quantità di siringhe acquistate, dai fornitori, dal sistema di pagamento, dall’efficienza dei trasporti. Se ci sono abusi, li giudica la magistratura non un piano di tipo sovietico che fissa i prezzi per tutti.

Sette. Detto questo, non è vero che il federalismo fiscale risolverebbe tutti i problemi italiani. Risolverebbe al massimo quelli del Nord. Appunto.


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di LINO PATRUNO

Il pareggio in Commissione significa che mezza Italia vuole il federalismo e mezza no. Mezzo Paese può fare una riforma del genere contro l’altro mezzo? Una riforma che è un nuovo Risorgimento, un’altra Italia 150 anni dopo? E si può farla come allora, con mezza Italia che conquista l’altra e l’assoggetta? E si possono ripetere tutte le belle conseguenze che ancòra oggi subiamo? Si può condizionare il domani con una riforma che non sia quanto più condivisa possibile? E come si comporterebbero dopo le due Italie una verso l’altra? E si può dividere l’Italia proprio mentre si celebra il compleanno della sua Unità? E può diventare il federalismo un mercato arabo in cui ciascuno tenta di strappare quanto più possibile a danno degli altri? E come funzionerebbe un siffatto nuovo Paese, cioè una Repubblica fondata sul colpo di mano?

Vedremo cosa succederà ora, voto non voto e dintorni. Il direttore De Tomaso ha spiegato ieri perché questo federalismo è un futuro peggiore del passato. Essenziale è però sapere che il Sud non teme il . Ma teme un nuovo Risorgimento tradito. E soprattutto respinge le bugie sulle quali il Nord della Lega vuole imporglielo. Senza le bugie, si può discutere quanto si vuole.

Anzitutto, non è vero che il Sud non sa utilizzare i soldi a sua disposizione. Questi soldi sono i Fas (Fondo aree sottoutilizzate) e i Fondi europei. I Fas li gestisce il governo: se sono stati inutilizzati, utilizzati male, utilizzati non per il Sud, prego rivolgersi allo stesso governo. I fondi europei sono a compartecipazione dei privati e dello Stato. Quindi per i progetti occorre una quota dei privati e una dello Stato. Questa molto spesso è mancata, o ha ritardato fino a far perdere il finanziamento. Se a utilizzarli male sono state le Regioni, vedere quante volte non si sono aggiunti alla spesa ordinaria dello Stato (quella fatta sia al Nord che al Sud) ma l’hanno dovuta sostituire. E quanto agli sprechi, che pure ci sono, prego controllare l’aumento continuo della spesa pubblica da parte di quello stesso Stato che bacchetta il Sud.

Due. Non è vero che tanti soldi passano dal Nord al Sud, quindi . E’ vero che ogni anno 50 miliardi scendono dal Nord al Sud, ma non da un territorio all’altro, bensì da chi più può a chi meno può: come in tutti gli Stati civili moderni. Passano anche dall’industriale all’operaio lombardo (sempre che l’industriale dichiari più dell’operaio). Ma poi la Banca d’Italia rivela che ogni anno tornano dal Sud al Nord 70 miliardi per prodotti e servizi del Nord acquistati dai meridionali. Quindi Sud in credito di 20 miliardi l’anno.

Tre. Non è vero che il federalismo fiscale costringa alla responsabilità: chi spende male e troppo, è giudicato dai suoi cittadini e non più rieletto. Un sindaco può spendere male al secondo mandato quando non è rieleggibile e quindi fregarsene. Ma due capisaldi del federalismo municipale sono la tassa sulla seconda casa e la tassa di soggiorno. La seconda casa ce l’ha in genere chi viene da fuori. E anche la tassa di soggiorno la paga il non residente. Entrambi cioè non votano lì. E quanto alla responsabilità, una cosa è sprecare, un’altra è dover spendere se troppe sono le necessità della gente, come normalmente avviene al Sud. E infine in Italia non si è mai visto (purtroppo) nessuno cacciato per eccesso di spesa più che di risparmio.

Quattro. Non è vero che il federalismo non farà aumentare le tasse e la spesa. Con meno di fondi da parte dello Stato, i Comuni dovranno aumentare le loro tasse. Però lo Stato dovrebbe diminuire le sue. Ma chi pagherà i 70 miliardi l’anno di soli interessi sul debito pubblico? E come potrà rinunciare a parte delle sue entrate uno Stato schiacciato dal peso di due Camere uguali, di quattro Polizie, delle Province, di un numero infinito di Authority (dalla concorrenza alla trasparenza), di quattro sistemi giudiziari (civile, penale, Tar, Consiglio di Stato), di migliaia di enti inutili, delle casse integrazione, del buco pensionistico? E quanti dipendenti pubblici passeranno dallo Stato alle Regioni e ai Comuni, distribuendo le funzioni invece di raddoppiarle?

Cinque. Non è vero che il divario fra Sud e Nord ( meno 33% di reddito, meno 30% di infrastrutture, il triplo della disoccupazione) potrà essere compensato dal fondo di perequazione. Nessuno ha finora saputo di quanto sarà. E se la perequazione non ha funzionato finora, figuriamoci dopo. Nessuno conosce neanche quanti saranno gli investimenti in infrastrutture al Sud. E il federalismo fiscale non può partire da basi così diseguali, i ricchi saranno sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

Sei. Non è vero che lo Stato spenda più al Sud. E che se il Sud nonostante questo non è cresciuto, sono problemi suoi ma ora basta. Cliccare su Internet, ministero di Tremonti: spesa dello Stato più al Nord che al Sud, cioè l’anti-perequazione. E dal governo Amato in poi, mai rispettata la percentuale stabilita del 45% della spesa al Sud, non andata oltre il 36-37 per cento.

Sette. Non è vero che i sono il mezzo per evitare che una siringa costi 5 in Lombardia e 10 al Sud. I costi li fa il mercato. E possono dipendere dalla quantità di siringhe acquistate, dai fornitori, dal sistema di pagamento, dall’efficienza dei trasporti. Se ci sono abusi, li giudica la magistratura non un piano di tipo sovietico che fissa i prezzi per tutti.

Sette. Detto questo, non è vero che il federalismo fiscale risolverebbe tutti i problemi italiani. Risolverebbe al massimo quelli del Nord. Appunto.


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1 commento:

uniroma.tv ha detto...

Al seguente link potrete visionare il servizio sull’incontro del federalismo a RomaTre http://www.uniroma.tv/?id_video=18333

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