martedì 1 febbraio 2011

E Pompei continua a crollare

di Emiliano Fittipaldi e Claudio Pappaianni

Macerie, cani randagi, puntelli provvisori, domus chiuse: Bondi avrà pure sfangato la sfiducia, ma il sito archeologico più importante del mondo è sempre più abbandonato. Metafora di un Paese a pezzi

(31 gennaio 2011)
"Allora! This is the Foro". I due turisti californiani sorridono dell'inglese approssimativo della guida, che si rivolge con la stessa disinvoltura a un'altra coppia spagnola. "Esto es el centro de la città". Andrea il tesserino di riconoscimento non ce l'ha. "No no, lo tengo, è sotto il giubbino: fa freddo. Non vede che neve sul Vesuvio? Ma sono autorizzato, glielo giuro". Il siparietto va in scena a Pompei, a tre mesi dal crollo della Casa dei gladiatori. Lo scandalo finito sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo è passato senza insegnare nulla. "Gli abusivi? Certo che ci sono. Non è cambiato nulla qui, tre mesi sono pochi. Dovete avere pazienza, voi giornalisti", chiosa un guardiano.

Nel sito archeologico la piazza degli Scavi è quasi deserta. Ci sono più cani randagi che visitatori. Già: nonostante il progetto "Cave Canem" e i 100 mila euro versati dall'ex commissario Marcello Fiori per contrastare il randagismo, i quadrupedi continuano a scorrazzare tra le case. Intanto il numero delle domus aperte all'accesso dei turisti dal giorno della distruzione della Schola Armaturarum è diminuito.

La domus di Pansa e quella della Fontana Piccola sono state chiuse al pubblico a "scopo precauzionale", mentre quella dei Casti Amanti e quella di Polibio - che era stata attrezzata con schermi al plasma ed effetti speciali, grazie a un progetto multimediale da un milione di euro - sono aperte solo sabato e domenica per mancanza di risorse: per pagare gli straordinari dei custodi non c'è un euro. Il cancelletto è chiuso, la catena blindata e il catenaccio antiscasso non lasciano molte speranze ai turisti. Ai californiani non resta altro che fotografare, 50 metri più in là, le pietre della Schola. Sono ancora lì, sotto il tendone bianco che copre il mucchio.

La foto non è solo l'immagine dell'immobilismo di un Paese, ma pure l'istantanea del fallimento della gestione commissariale voluta da Silvio Berlusconi e dal ministro Sandro Bondi: 80 milioni di euro impegnati in progetti spesso inutili. Le spese denunciate a novembre da "L'espresso" sono ora finite dentro alcuni fascicoli della procura della Repubblica di Torre Annunziata, che indaga su presunte uscite "allegre". Anche la Corte dei conti ci ha buttato l'occhio. Al lavoro ci sono i finanzieri della città campana, guidati dal colonnello Fabrizio Giaccone, che stanno spulciando tutta la documentazione acquisita in queste settimane.

Delibere, consulenze, spese di rappresentanza, appalti, mandanti di pagamento. Tutto viene passato al setaccio. Da una parte gli investigatori, dall'altra gli uffici della Soprintendenza, al cui vertice si è appena insediata Teresa Elena Cinquantaquattro. Anche le operazioni degli ultimi due giorni di gestione di Fiori sono sotto la lente d'ingrandimento: in 48 ore sono stati impegnati 15 milioni di euro, cioè il 20 per cento dell'intera dotazione. Ben 54 voci di spesa al ritmo di 5.200 euro al minuto.

In questa valanga finale di contratti, ci sono i 3 milioni 164 mila euro destinati alla Wind per la progettazione e la realizzazione di una serie di servizi, come il sito Web di PompeiViva, curiosamente consegnato appena una settimana dopo la stipula del contratto. Una sorta di miracolo multimediale. Un episodio singolare, come quello che riguarda l'appalto per il nuovo sistema di videosorveglianza. Originariamente i lavori sarebbero dovuti essere effettuati dalla Elsag Datamat, società del gruppo Finmeccanica coinvolta in un'inchiesta della procura di Napoli. Nei fascicoli rimasti in soprintendenza c'è ancora traccia di una bozza di incarico (datata 3 febbraio 2010) e di un piano di fattibilità approntato dall'azienda. Ma alla fine Fiori cambia idea, e decide di stipulare quegli appalti con la Wind. Nulla di strano se non fosse che, ancora oggi, i consulenti esterni che seguono quei progetti sono dipendenti incaricati proprio dalla Elsag.

Mentre vengono piazzate telecamere, Pompei continua a sgretolarsi. Dal ministero, occupato da 90 giorni nella strenua difesa della poltrona di Bondi, non si annunciano aiuti. Secondo gli studi degli esperti, per mettere in sicurezza il sito archeologico più celebre del pianeta servirebbero 270 milioni di euro, ma finora non è stato messo sul tavolo nemmeno un centesimo. Gli altri muri crollati dopo la Schola restano a terra, il terrapieno sopra via dell'Abbondanza continua a franare, nel tunnel sotto gli spalti dell'Anfiteatro c'è ancora una discarica.

Se il governo è immobile, Pompei punta allora sugli industriali partenopei. Che non hanno promesso miracoli (non metteranno mano ai portafogli), ma hanno annunciato progetti per attrarre investitori dall'estero, magari arabi, sulla falsariga di quel che sta accadendo a Roma, dove Diego Della Valle investirà milioni per il restauro del Colosseo. Tra loro c'è pure Aurelio De Laurentiis. "Guardi va bene tutto", afferma la guida infreddolita, "basta che il prossimo cinepanettone non s'intitoli "Natale a Pompei", perché qui non c'è niente da ridere".
Fonte: L'Espresso

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di Emiliano Fittipaldi e Claudio Pappaianni

Macerie, cani randagi, puntelli provvisori, domus chiuse: Bondi avrà pure sfangato la sfiducia, ma il sito archeologico più importante del mondo è sempre più abbandonato. Metafora di un Paese a pezzi

(31 gennaio 2011)
"Allora! This is the Foro". I due turisti californiani sorridono dell'inglese approssimativo della guida, che si rivolge con la stessa disinvoltura a un'altra coppia spagnola. "Esto es el centro de la città". Andrea il tesserino di riconoscimento non ce l'ha. "No no, lo tengo, è sotto il giubbino: fa freddo. Non vede che neve sul Vesuvio? Ma sono autorizzato, glielo giuro". Il siparietto va in scena a Pompei, a tre mesi dal crollo della Casa dei gladiatori. Lo scandalo finito sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo è passato senza insegnare nulla. "Gli abusivi? Certo che ci sono. Non è cambiato nulla qui, tre mesi sono pochi. Dovete avere pazienza, voi giornalisti", chiosa un guardiano.

Nel sito archeologico la piazza degli Scavi è quasi deserta. Ci sono più cani randagi che visitatori. Già: nonostante il progetto "Cave Canem" e i 100 mila euro versati dall'ex commissario Marcello Fiori per contrastare il randagismo, i quadrupedi continuano a scorrazzare tra le case. Intanto il numero delle domus aperte all'accesso dei turisti dal giorno della distruzione della Schola Armaturarum è diminuito.

La domus di Pansa e quella della Fontana Piccola sono state chiuse al pubblico a "scopo precauzionale", mentre quella dei Casti Amanti e quella di Polibio - che era stata attrezzata con schermi al plasma ed effetti speciali, grazie a un progetto multimediale da un milione di euro - sono aperte solo sabato e domenica per mancanza di risorse: per pagare gli straordinari dei custodi non c'è un euro. Il cancelletto è chiuso, la catena blindata e il catenaccio antiscasso non lasciano molte speranze ai turisti. Ai californiani non resta altro che fotografare, 50 metri più in là, le pietre della Schola. Sono ancora lì, sotto il tendone bianco che copre il mucchio.

La foto non è solo l'immagine dell'immobilismo di un Paese, ma pure l'istantanea del fallimento della gestione commissariale voluta da Silvio Berlusconi e dal ministro Sandro Bondi: 80 milioni di euro impegnati in progetti spesso inutili. Le spese denunciate a novembre da "L'espresso" sono ora finite dentro alcuni fascicoli della procura della Repubblica di Torre Annunziata, che indaga su presunte uscite "allegre". Anche la Corte dei conti ci ha buttato l'occhio. Al lavoro ci sono i finanzieri della città campana, guidati dal colonnello Fabrizio Giaccone, che stanno spulciando tutta la documentazione acquisita in queste settimane.

Delibere, consulenze, spese di rappresentanza, appalti, mandanti di pagamento. Tutto viene passato al setaccio. Da una parte gli investigatori, dall'altra gli uffici della Soprintendenza, al cui vertice si è appena insediata Teresa Elena Cinquantaquattro. Anche le operazioni degli ultimi due giorni di gestione di Fiori sono sotto la lente d'ingrandimento: in 48 ore sono stati impegnati 15 milioni di euro, cioè il 20 per cento dell'intera dotazione. Ben 54 voci di spesa al ritmo di 5.200 euro al minuto.

In questa valanga finale di contratti, ci sono i 3 milioni 164 mila euro destinati alla Wind per la progettazione e la realizzazione di una serie di servizi, come il sito Web di PompeiViva, curiosamente consegnato appena una settimana dopo la stipula del contratto. Una sorta di miracolo multimediale. Un episodio singolare, come quello che riguarda l'appalto per il nuovo sistema di videosorveglianza. Originariamente i lavori sarebbero dovuti essere effettuati dalla Elsag Datamat, società del gruppo Finmeccanica coinvolta in un'inchiesta della procura di Napoli. Nei fascicoli rimasti in soprintendenza c'è ancora traccia di una bozza di incarico (datata 3 febbraio 2010) e di un piano di fattibilità approntato dall'azienda. Ma alla fine Fiori cambia idea, e decide di stipulare quegli appalti con la Wind. Nulla di strano se non fosse che, ancora oggi, i consulenti esterni che seguono quei progetti sono dipendenti incaricati proprio dalla Elsag.

Mentre vengono piazzate telecamere, Pompei continua a sgretolarsi. Dal ministero, occupato da 90 giorni nella strenua difesa della poltrona di Bondi, non si annunciano aiuti. Secondo gli studi degli esperti, per mettere in sicurezza il sito archeologico più celebre del pianeta servirebbero 270 milioni di euro, ma finora non è stato messo sul tavolo nemmeno un centesimo. Gli altri muri crollati dopo la Schola restano a terra, il terrapieno sopra via dell'Abbondanza continua a franare, nel tunnel sotto gli spalti dell'Anfiteatro c'è ancora una discarica.

Se il governo è immobile, Pompei punta allora sugli industriali partenopei. Che non hanno promesso miracoli (non metteranno mano ai portafogli), ma hanno annunciato progetti per attrarre investitori dall'estero, magari arabi, sulla falsariga di quel che sta accadendo a Roma, dove Diego Della Valle investirà milioni per il restauro del Colosseo. Tra loro c'è pure Aurelio De Laurentiis. "Guardi va bene tutto", afferma la guida infreddolita, "basta che il prossimo cinepanettone non s'intitoli "Natale a Pompei", perché qui non c'è niente da ridere".
Fonte: L'Espresso

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