lunedì 12 luglio 2010

Una ribellione sacrosanta contro il venditore di fumo che ora snobba il terremoto


Chef Camilleri di Saverio Lodato

Camilleri, «l’Aquila sta morendo». Quasi un dispaccio militare da una città accerchiata da sovrastanti forze nemiche, con viveri e munizioni che scarseggiano, il morale degli abitanti a pezzi. Guidano la protesta Stefania Pezzopane, già presidente della Provincia, e Stefano Cialente, il sindaco. Dall’Aquila, sono scappati tutti, come ladri nella notte. È scappato Papi che, sfoggiando il casco del muratore, arricchì la sua collezione di copricapo acconci alla bisogna. E i ministri che affollavano il parterre. Dove sarà finita l’inviata di Porta a Porta che sfoggiava il cappellino da alpino quando andare per macerie faceva tanto chic? E i mattacchioni della cricca, che la notte del sisma si scompisciavano? E il Bertolaso, dove presta oggi i suoi servigi? Cifre: in 58mila vivono fuori dalle loro case; sedicimila i disoccupati; zero euro per la ricostruzione. La beffa: i cittadini devono pagare al più presto le tasse. E siccome Roma non va più all’Aquila, gli aquilani sono andati a Roma. Hanno trovato i poliziotti che li hanno caricati. E il Minzolini? Ha seppellito la notizia nel suo Tg. Nel cono d’ombra dei terremoti, piccoli servi crescono...




Lei, caro Lodato, m’invita a risponderle su un’amara questione che a me sta particolarmente a cuore. Potrei dire per fatto personale. Amo l’Aquila, ci ho vissuto lunghi periodi per il mio lavoro di regista, ho avuto modo di conoscerne le bellezze artistiche, d’apprezzare il carattere degli aquilani che è come uno scrigno chiuso dentro il quale si trova un tesoro. La sua Università mi ha insignito di una laurea honoris causa. Quando ho sentito del terremoto è stato come se fosse stata colpita una città che un po’ m’apparteneva. E come subito mi fu dolorosamente presente nella memoria, con la sue strade percorse da centinaia di giovani... Devo dire che provai un’immediata repulsione per le passerelle che si scatenarono dopo il terremoto. Facilmente lasciavano intravedere che Berlusconi e i suoi accoliti erano lì solo per farsi propaganda elettorale, per riconquistare una popolarità che si era un poco appannata. Più solenni promesse venivano fatte da un Berlusconi ora in elmetto ora in funzione di capogru e più m’intristivo al pensiero della triste fine che egli riservava a quei disgraziati. E la volgarità agghiacciante di certe affermazioni! «Andate per un po’ in villeggiatura al mare», detto agli aquilani che avevano perso casa e cose e che erano stati trasferiti negli alberghi di Pescara. E apparve subito chiaro che con la costruzione della newtown si sarebbe compiuto un ulteriore sfregio, vale a dire la cancellazione di una città ricca di storia e d’arte a favore di una sorta di brutta copia di Milano2. E anche in questa occasione, quanta repulsione ho provata davanti al sorriso di Berlusconi quando disse che gli abitanti delle nuove case avrebbero trovato il frigorifero rifornito di ogni bel di Dio! Che gesto di arrogante elemosina! Il frigorifero pieno per una settimana e poi... E poi lo si è visto, quello che è accaduto. Gli aquilani, dopo inutili attese, hanno dato mano alle carriole e alle pale per sgombrare le macerie, hanno fatto manifestazioni e cortei e, per tutta risposta, si son sentiti definire potenziali assassini da Berlusconi. E l’incredibile è che ancora in troppi, in Italia, continuano a credere in questo venditore di fumo. Ma attenzione governatori di destra e di sinistra gli abruzzesi, o meglio gli Aquilani sono gente tosta e caparbia. Ce ne hanno dato dimostrazione con il loro contegno durante i giorni seguenti al terremoto e ce ne stanno dando ancora non permettendo che la memoria dei loro teatri e delle chiese sia cancellata da una volgare puntata de Il prezzo è giusto. Quanto è accaduto l’altro giorno a Roma, è l’epilogo inqualificabile di una vicenda triste.

Fonte: L'Unità del 11/07/2010
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Chef Camilleri di Saverio Lodato

Camilleri, «l’Aquila sta morendo». Quasi un dispaccio militare da una città accerchiata da sovrastanti forze nemiche, con viveri e munizioni che scarseggiano, il morale degli abitanti a pezzi. Guidano la protesta Stefania Pezzopane, già presidente della Provincia, e Stefano Cialente, il sindaco. Dall’Aquila, sono scappati tutti, come ladri nella notte. È scappato Papi che, sfoggiando il casco del muratore, arricchì la sua collezione di copricapo acconci alla bisogna. E i ministri che affollavano il parterre. Dove sarà finita l’inviata di Porta a Porta che sfoggiava il cappellino da alpino quando andare per macerie faceva tanto chic? E i mattacchioni della cricca, che la notte del sisma si scompisciavano? E il Bertolaso, dove presta oggi i suoi servigi? Cifre: in 58mila vivono fuori dalle loro case; sedicimila i disoccupati; zero euro per la ricostruzione. La beffa: i cittadini devono pagare al più presto le tasse. E siccome Roma non va più all’Aquila, gli aquilani sono andati a Roma. Hanno trovato i poliziotti che li hanno caricati. E il Minzolini? Ha seppellito la notizia nel suo Tg. Nel cono d’ombra dei terremoti, piccoli servi crescono...




Lei, caro Lodato, m’invita a risponderle su un’amara questione che a me sta particolarmente a cuore. Potrei dire per fatto personale. Amo l’Aquila, ci ho vissuto lunghi periodi per il mio lavoro di regista, ho avuto modo di conoscerne le bellezze artistiche, d’apprezzare il carattere degli aquilani che è come uno scrigno chiuso dentro il quale si trova un tesoro. La sua Università mi ha insignito di una laurea honoris causa. Quando ho sentito del terremoto è stato come se fosse stata colpita una città che un po’ m’apparteneva. E come subito mi fu dolorosamente presente nella memoria, con la sue strade percorse da centinaia di giovani... Devo dire che provai un’immediata repulsione per le passerelle che si scatenarono dopo il terremoto. Facilmente lasciavano intravedere che Berlusconi e i suoi accoliti erano lì solo per farsi propaganda elettorale, per riconquistare una popolarità che si era un poco appannata. Più solenni promesse venivano fatte da un Berlusconi ora in elmetto ora in funzione di capogru e più m’intristivo al pensiero della triste fine che egli riservava a quei disgraziati. E la volgarità agghiacciante di certe affermazioni! «Andate per un po’ in villeggiatura al mare», detto agli aquilani che avevano perso casa e cose e che erano stati trasferiti negli alberghi di Pescara. E apparve subito chiaro che con la costruzione della newtown si sarebbe compiuto un ulteriore sfregio, vale a dire la cancellazione di una città ricca di storia e d’arte a favore di una sorta di brutta copia di Milano2. E anche in questa occasione, quanta repulsione ho provata davanti al sorriso di Berlusconi quando disse che gli abitanti delle nuove case avrebbero trovato il frigorifero rifornito di ogni bel di Dio! Che gesto di arrogante elemosina! Il frigorifero pieno per una settimana e poi... E poi lo si è visto, quello che è accaduto. Gli aquilani, dopo inutili attese, hanno dato mano alle carriole e alle pale per sgombrare le macerie, hanno fatto manifestazioni e cortei e, per tutta risposta, si son sentiti definire potenziali assassini da Berlusconi. E l’incredibile è che ancora in troppi, in Italia, continuano a credere in questo venditore di fumo. Ma attenzione governatori di destra e di sinistra gli abruzzesi, o meglio gli Aquilani sono gente tosta e caparbia. Ce ne hanno dato dimostrazione con il loro contegno durante i giorni seguenti al terremoto e ce ne stanno dando ancora non permettendo che la memoria dei loro teatri e delle chiese sia cancellata da una volgare puntata de Il prezzo è giusto. Quanto è accaduto l’altro giorno a Roma, è l’epilogo inqualificabile di una vicenda triste.

Fonte: L'Unità del 11/07/2010
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