Protesta meridionalista al museo Lombroso: chiudetelo, è razzista
di LUCIANO BORGHESAN
TORINO
In piazza Vittorio riecco Roberto Gremmo. Arrivò in consiglio comunale e provinciale nel 1990 per Piemont, prima della Lega Nord. Che c’entra con il Sud? «Ho simpatia per chi combatte l’Italia centralista e la Padania». Anche la moglie, Anna Sartoris, visse una tornata da «autonomista» in consiglio regionale fino al 1995.
In precedenza la loro Union Piemontèisa si era alleata per le elezioni politiche del 1987 con la Lega Lombarda di Umberto Bossi, ma non era riuscita a conquistare seggi. Poi ci fu la concorrenza del movimento leghista di Gipo Farassino, e Gremmo tornò ai suoi libri: «Sono stato il primo a scrivere dei lager dei Savoia - dice - a Lombardore e a Fenestrelle».
Sulla targa d’ingresso del Museo Lombroso c’è un mazzo di gigli color... «borbone», dice l’avvocato Gianluca Bozzelli che li ha deposti ieri, alle 18, al termine della prima manifestazione contro le celebrazioni del Centocinquantenario. Sono partiti venerdì sera in pullman da Napoli per raggiungere l’ex capitale del 1861: alcune tappe per raccogliere gruppi provenienti da altre città meridionali, 14 ore di viaggio ed eccoli in piazza Vittorio Veneto con le bandiere del «Regno delle Due Sicilie», del «Partito del Sud» e di «Insorgenza». Oltre un centinaio di persone che in un corteo variopinto (al «borbone» si sono aggiunti il rosso e il giallo «aragonese») ha sciorinato i canti dei briganti e slogan contro i «colpevoli» dell’Unità d’Italia.
«Lombroso razzista, Mazzini terrorista», «Lombroso boia, riprenditi i Savoia»... perché questi cori? L’idea della manifestazione è di Bozzelli: nel dicembre scorso visitò il museo, in via Pietro Giuria, e rimase scosso: «Cesare Lombroso - spiega - teorizzò l’inferiorità della “razza meridionale” che sarebbe stata geneticamente portata alla delinquenza, sulla base di misurazioni di centinaia di resti e di crani prelevati al seguito delle truppe piemontesi che invasero il Regno delle Due Sicilie e massacrarono migliaia di meridionali che si erano ribellati a quell’invasione cancellandoli come “briganti”».
Al grido «Siamo tutti briganti» gli organizzatori hanno invocato la chiusura dell’esposizione e annunciato altre iniziative: a Roma, a Teano. In prima fila Nando Dicè (architetto di Napoli) e Michele Iannelli (medico di Caserta, vive a Roma), di Insorgenza, un movimento che si è presentato alle elezioni provinciali dell’anno scorso (risultato: 0,1%): «Abbiamo 800 adesioni su Facebook - dicono -. Non vogliamo mettere in contrapposizione il Nord contro il Sud. Operiamo affinché tutto il popolo meridionale si riappropri della propria dignità e della propria identità». Per l’occasione, solo al ritrovo, è ricomparso Roberto Gremmo, ex consigliere comunale di Piemont, mentre il medico di colore Mario Parker (che negli Anni 70 accusò Torino di razzismo) ha proseguito col corteo fino a pronunciare dinanzi al Lombroso una preghiera contro il colonianismo di ogni parte della terra.
Davanti al monumento di Garibaldi, in corso Cairoli, si è svolta la prima «condanna» al «generale dei Mille» per avere «consegnato il Sud ai Savoia, ai massoni, alla mafia imprenditoriale». Per la verità un’accusa non nuova sotto la Mole: Nord e Sud uniti e divisi lo sono stati nella città più meridionale d’Italia per l’immigrazione degli Anni Sessanta.
Che cosa vuole il plotone di Bozzelli, Dicè, Iannelli? Di tutto tranne che lo Stato-Italia: autonomia, indipendenza, c’è chi sogna il ritorno alle «due Sicilie» e c’è chi ipotizza il «federalismo svizzero». Hanno sfilato, pacificamente, gente che lavora a Torino come gli ingegneri Eduardo Marrone, 33 anni (da 3 in Piemonte) e Ferdinando Mallamaci (68 anni, è stato anche docente al D’Azeglio e al Volta) o come l’avvocato campano Francesca Galateri di Genola che ha avi illustri originari del Cuneese. La battuta finale a un giovane napoletano sulla porta del Lombroso: «Un euro e mezzo per vedere il razzismo: è davvero poca cosa!».
Fonte:La Stampa
In piazza Vittorio riecco Roberto Gremmo. Arrivò in consiglio comunale e provinciale nel 1990 per Piemont, prima della Lega Nord. Che c’entra con il Sud? «Ho simpatia per chi combatte l’Italia centralista e la Padania». Anche la moglie, Anna Sartoris, visse una tornata da «autonomista» in consiglio regionale fino al 1995.
In precedenza la loro Union Piemontèisa si era alleata per le elezioni politiche del 1987 con la Lega Lombarda di Umberto Bossi, ma non era riuscita a conquistare seggi. Poi ci fu la concorrenza del movimento leghista di Gipo Farassino, e Gremmo tornò ai suoi libri: «Sono stato il primo a scrivere dei lager dei Savoia - dice - a Lombardore e a Fenestrelle».
Sulla targa d’ingresso del Museo Lombroso c’è un mazzo di gigli color... «borbone», dice l’avvocato Gianluca Bozzelli che li ha deposti ieri, alle 18, al termine della prima manifestazione contro le celebrazioni del Centocinquantenario. Sono partiti venerdì sera in pullman da Napoli per raggiungere l’ex capitale del 1861: alcune tappe per raccogliere gruppi provenienti da altre città meridionali, 14 ore di viaggio ed eccoli in piazza Vittorio Veneto con le bandiere del «Regno delle Due Sicilie», del «Partito del Sud» e di «Insorgenza». Oltre un centinaio di persone che in un corteo variopinto (al «borbone» si sono aggiunti il rosso e il giallo «aragonese») ha sciorinato i canti dei briganti e slogan contro i «colpevoli» dell’Unità d’Italia.
«Lombroso razzista, Mazzini terrorista», «Lombroso boia, riprenditi i Savoia»... perché questi cori? L’idea della manifestazione è di Bozzelli: nel dicembre scorso visitò il museo, in via Pietro Giuria, e rimase scosso: «Cesare Lombroso - spiega - teorizzò l’inferiorità della “razza meridionale” che sarebbe stata geneticamente portata alla delinquenza, sulla base di misurazioni di centinaia di resti e di crani prelevati al seguito delle truppe piemontesi che invasero il Regno delle Due Sicilie e massacrarono migliaia di meridionali che si erano ribellati a quell’invasione cancellandoli come “briganti”».
Al grido «Siamo tutti briganti» gli organizzatori hanno invocato la chiusura dell’esposizione e annunciato altre iniziative: a Roma, a Teano. In prima fila Nando Dicè (architetto di Napoli) e Michele Iannelli (medico di Caserta, vive a Roma), di Insorgenza, un movimento che si è presentato alle elezioni provinciali dell’anno scorso (risultato: 0,1%): «Abbiamo 800 adesioni su Facebook - dicono -. Non vogliamo mettere in contrapposizione il Nord contro il Sud. Operiamo affinché tutto il popolo meridionale si riappropri della propria dignità e della propria identità». Per l’occasione, solo al ritrovo, è ricomparso Roberto Gremmo, ex consigliere comunale di Piemont, mentre il medico di colore Mario Parker (che negli Anni 70 accusò Torino di razzismo) ha proseguito col corteo fino a pronunciare dinanzi al Lombroso una preghiera contro il colonianismo di ogni parte della terra.
Davanti al monumento di Garibaldi, in corso Cairoli, si è svolta la prima «condanna» al «generale dei Mille» per avere «consegnato il Sud ai Savoia, ai massoni, alla mafia imprenditoriale». Per la verità un’accusa non nuova sotto la Mole: Nord e Sud uniti e divisi lo sono stati nella città più meridionale d’Italia per l’immigrazione degli Anni Sessanta.
Che cosa vuole il plotone di Bozzelli, Dicè, Iannelli? Di tutto tranne che lo Stato-Italia: autonomia, indipendenza, c’è chi sogna il ritorno alle «due Sicilie» e c’è chi ipotizza il «federalismo svizzero». Hanno sfilato, pacificamente, gente che lavora a Torino come gli ingegneri Eduardo Marrone, 33 anni (da 3 in Piemonte) e Ferdinando Mallamaci (68 anni, è stato anche docente al D’Azeglio e al Volta) o come l’avvocato campano Francesca Galateri di Genola che ha avi illustri originari del Cuneese. La battuta finale a un giovane napoletano sulla porta del Lombroso: «Un euro e mezzo per vedere il razzismo: è davvero poca cosa!».
Fonte:La Stampa
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