venerdì 12 marzo 2010

«Settati, piccì». Supplente licenziato a Pordenone perché parla campano

Solo pochi giorni fa l'amico De Franciscis, nel suo post "Attenzione", aveva già profeticamente previsto quello che si sta puntualmente e per gradi avverando..


Espressione dialettale in aula: il ragazzino non capisce e scoppia il caso. Alcuni bambini avevano raccontato a casa: «Il maestro si rivolge a noi utilizzando una lingua strana». Avesse parlato in friulano? «La “marilenghe” appartiene alla nostra tradizione».


di Chiara Benotti

PORDENONE - «Settati piccì». Due parole bastano per essere licenziati, in aula. Il maestro A.B. supplente nel secondo circolo didattico di Pordenone è stato licenziato in tronco: non parlava italiano, dicono. Invitava il bambino in piedi a sedersi dietro il banco dicendo: “settati”. Nel terzo millennio sembra una storia alla Edmondo De Amicis, soltanto che non c’è il cuore a salvare il finale. Il maestro che parlava un mix di campano e toscano è finito disoccupato.

«Brava persona, supplente a 40 anni compiuti da un pezzo, in arrivo dalla Campania - hanno detto i colleghi sotto la coltre di silenzio e anonimato che avvolge la vicenda in aula -. Il suo peccato originale: talvolta parlava dialetto stretto del Sud».

Nelle due classi dei plessi primari di Vallenoncello e via Vesalio dal secondo giorno di scuola, in settembre la questione era rimbalzata come un anacronismo storico. «Il maestro ci parla in una lingua strana - dicevano i bambini ai genitori, ridendo e motteggiandolo -. Parlammo uguale così».

Allarmati i genitori, avevano bussato alla porta della dirigente Nadia Poletto nella sede centrale della Rosmini. Il meccanismo dei controlli era partito: attente visite in classe dell’ispettore inviato dall’Ufficio scolastico regionale e provinciale con supervisione dei quaderni e quello che è venuto fuori, sono stati refusi linguistici e peggio. Errori di grammatica e di lessico dei bambini, in tanti compiti ed esercizi.

«Gli abbiamo consigliato di fare punteggio fino a gennaio per avere un risultato professionale in graduatoria - hanno detto dalla cattedra del secondo circolo con la promessa dell’anonimato - e di andarsene da questa scuola. Niente da fare: dispiace perché è una brava persona. Non parla sempre l’italiano corrente. Buon rapporto con i bambini, ma se il maestro non ha un idioma corretto che docente è?».

Avesse parlato friulano? «La “marilenghe” è un’altra cosa - dicono le esperte di lingua -. Questo non appartiene alla nostra tradizione».

Il caso ha creato qualche imbarazzo. «Il sindacato deve fare qualcosa - hanno suggerito alcuni colleghi -. Lo hanno silurato con pregiudizio. Non hanno usato lo stesso metodo in Provincia, per scegliere l’insegnante nella trasmissione “Parlare italiano si può” dedicata agli stranieri immigrati e da alfabetizzare, su TelePordenone? Il primo candidato di grande professionalità aveva una inflessione sicula: è stato silurato».

Fonte:IlMessaggeroVeneto
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Solo pochi giorni fa l'amico De Franciscis, nel suo post "Attenzione", aveva già profeticamente previsto quello che si sta puntualmente e per gradi avverando..


Espressione dialettale in aula: il ragazzino non capisce e scoppia il caso. Alcuni bambini avevano raccontato a casa: «Il maestro si rivolge a noi utilizzando una lingua strana». Avesse parlato in friulano? «La “marilenghe” appartiene alla nostra tradizione».


di Chiara Benotti

PORDENONE - «Settati piccì». Due parole bastano per essere licenziati, in aula. Il maestro A.B. supplente nel secondo circolo didattico di Pordenone è stato licenziato in tronco: non parlava italiano, dicono. Invitava il bambino in piedi a sedersi dietro il banco dicendo: “settati”. Nel terzo millennio sembra una storia alla Edmondo De Amicis, soltanto che non c’è il cuore a salvare il finale. Il maestro che parlava un mix di campano e toscano è finito disoccupato.

«Brava persona, supplente a 40 anni compiuti da un pezzo, in arrivo dalla Campania - hanno detto i colleghi sotto la coltre di silenzio e anonimato che avvolge la vicenda in aula -. Il suo peccato originale: talvolta parlava dialetto stretto del Sud».

Nelle due classi dei plessi primari di Vallenoncello e via Vesalio dal secondo giorno di scuola, in settembre la questione era rimbalzata come un anacronismo storico. «Il maestro ci parla in una lingua strana - dicevano i bambini ai genitori, ridendo e motteggiandolo -. Parlammo uguale così».

Allarmati i genitori, avevano bussato alla porta della dirigente Nadia Poletto nella sede centrale della Rosmini. Il meccanismo dei controlli era partito: attente visite in classe dell’ispettore inviato dall’Ufficio scolastico regionale e provinciale con supervisione dei quaderni e quello che è venuto fuori, sono stati refusi linguistici e peggio. Errori di grammatica e di lessico dei bambini, in tanti compiti ed esercizi.

«Gli abbiamo consigliato di fare punteggio fino a gennaio per avere un risultato professionale in graduatoria - hanno detto dalla cattedra del secondo circolo con la promessa dell’anonimato - e di andarsene da questa scuola. Niente da fare: dispiace perché è una brava persona. Non parla sempre l’italiano corrente. Buon rapporto con i bambini, ma se il maestro non ha un idioma corretto che docente è?».

Avesse parlato friulano? «La “marilenghe” è un’altra cosa - dicono le esperte di lingua -. Questo non appartiene alla nostra tradizione».

Il caso ha creato qualche imbarazzo. «Il sindacato deve fare qualcosa - hanno suggerito alcuni colleghi -. Lo hanno silurato con pregiudizio. Non hanno usato lo stesso metodo in Provincia, per scegliere l’insegnante nella trasmissione “Parlare italiano si può” dedicata agli stranieri immigrati e da alfabetizzare, su TelePordenone? Il primo candidato di grande professionalità aveva una inflessione sicula: è stato silurato».

Fonte:IlMessaggeroVeneto
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