(di D.D.C. da il Mattino)
Viaggio a Scampia dove i residenti ammettono di essere stati contattati «Qui ogni lotto ha il suo candidato»
«Hanno avvicinato perfino mio figlio per comprargli il voto. Poi quando hanno capito chi era sono scappati»: Mario è un sindacalista con una storia lunga alle spalle. A Scampia lo conoscono in tanti e sanno che la sua scheda non è in vendita. Ma gli incidenti di percorso, quando l’apertura delle urne è vicina e i soldi in ballo sono tanti, può capitare a tutti.
Anche ai vecchi professionisti delle elezioni truccate, quelli che in queste ore battono il rione palmo a palmo per comprare, a prezzi modici, voti di lista e, sopratutto, preferenze. Chi sono? Gli stessi di sempre, quelli che elezione dopo elezione vanno ad offrire i propri servizi ai candidati. Non conta il partito, conta la cifra che l’aspirante consigliere regionale è pronto a spendere. Cifre a diversi zeri. Se si calcola che un eletto dal popolo guadagnerà, tra stipendi e rimborsi vari, intorno ai diecimila euro per cinque anni, è evidente che l’investimento può essere fruttuoso.
A Scampia funziona così: il «capobastone», quello che controlla uno o più lotti di fabbricati, offre i propri servizi ai candidati. La legge è quella del libero mercato, vince chi spende di più. Una volta chiuso il contratto, stabilita la cifra e le prebende varie che andranno al portatore di voti, questo scende in campo. Si tratta generalmente di una persona che vive ai margini della legalità, ma che non fa organicamente parte del clan: i boss curano gli affari grossi, quelli della droga che frutta milioni di euro. Ai pesci piccoli lasciano le briciole. Elettorali.
«Stanno avvicinando soprattutto i più giovani – racconta Gino – quelli che non conoscono bene il meccanismo del voto. Gli offrono tra i venti e i cinquanta euro, fotocopiano carta d’identità e certificato elettorale e fissano l’appuntamento nei pressi dei seggi. Il ragazzo è convinto che il voto verrà verificato. Quando esce dalla cabina elettorale riceve la cifra pattuita». E poi c’è il sistema del telefonino, già collaudato in precedenti occasioni.
Il capobastone e le sue vedette aspettano nei pressi dei seggi e forniscono telefonini supersilenziosi a chi va ad esprimere la sua preferenza. Il «clientes» fotografa la scheda, esce e riceve i soldi. «Ogni capo-bastone controlla i voti di un certo numero di fabbricati, tra i cento e i duecento, e viene pagato in base al numero di preferenze che può portare», racconta Antonio, che di elezioni ne ha viste tante.
E così ogni lotto ha il suo candidato: chi va per la maggiore nelle vele non conta niente nei palazzoni delle poste o a Miano. I nomi li sanno tutti, qualcuno anche li sussurra, nessuno li denuncia. Ma non sono solo i soldi a orientare il voto: un’altra merce di scambio è il posto di lavoro. O meglio la promessa di un posto di lavoro. O di una postazione più o meno privilegiata, ammesso che esista, in una delle tante liste dei disoccupati.
Se hai passato qualche mese in carcere a Poggioreale, ti possono promettere una corsia preferenziale tra gli ex detenuti o, meglio tra gli indultati, categoria più ristretta e quindi ritenuta più fortunata. A volte si tratta solo di promesse. Altre volte no. Uniti nella lotta? Meglio nelle clientele, sembrarlo pensare in molti. Una situazione ad alto rischio: la Digos sta organizzando una stretta sorveglianza nelle aree ritenute più «pericolose».
Ed è già partita un’indagine nei confronti dell’ingenuo candidato di Pianura che tramite Facebook chiedeva ai potenziali elettori: «Contattatemi perché posso offrire importanti possibilità lavorative».
Fonte:Napolionline
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Viaggio a Scampia dove i residenti ammettono di essere stati contattati «Qui ogni lotto ha il suo candidato»
«Hanno avvicinato perfino mio figlio per comprargli il voto. Poi quando hanno capito chi era sono scappati»: Mario è un sindacalista con una storia lunga alle spalle. A Scampia lo conoscono in tanti e sanno che la sua scheda non è in vendita. Ma gli incidenti di percorso, quando l’apertura delle urne è vicina e i soldi in ballo sono tanti, può capitare a tutti.
Anche ai vecchi professionisti delle elezioni truccate, quelli che in queste ore battono il rione palmo a palmo per comprare, a prezzi modici, voti di lista e, sopratutto, preferenze. Chi sono? Gli stessi di sempre, quelli che elezione dopo elezione vanno ad offrire i propri servizi ai candidati. Non conta il partito, conta la cifra che l’aspirante consigliere regionale è pronto a spendere. Cifre a diversi zeri. Se si calcola che un eletto dal popolo guadagnerà, tra stipendi e rimborsi vari, intorno ai diecimila euro per cinque anni, è evidente che l’investimento può essere fruttuoso.
A Scampia funziona così: il «capobastone», quello che controlla uno o più lotti di fabbricati, offre i propri servizi ai candidati. La legge è quella del libero mercato, vince chi spende di più. Una volta chiuso il contratto, stabilita la cifra e le prebende varie che andranno al portatore di voti, questo scende in campo. Si tratta generalmente di una persona che vive ai margini della legalità, ma che non fa organicamente parte del clan: i boss curano gli affari grossi, quelli della droga che frutta milioni di euro. Ai pesci piccoli lasciano le briciole. Elettorali.
«Stanno avvicinando soprattutto i più giovani – racconta Gino – quelli che non conoscono bene il meccanismo del voto. Gli offrono tra i venti e i cinquanta euro, fotocopiano carta d’identità e certificato elettorale e fissano l’appuntamento nei pressi dei seggi. Il ragazzo è convinto che il voto verrà verificato. Quando esce dalla cabina elettorale riceve la cifra pattuita». E poi c’è il sistema del telefonino, già collaudato in precedenti occasioni.
Il capobastone e le sue vedette aspettano nei pressi dei seggi e forniscono telefonini supersilenziosi a chi va ad esprimere la sua preferenza. Il «clientes» fotografa la scheda, esce e riceve i soldi. «Ogni capo-bastone controlla i voti di un certo numero di fabbricati, tra i cento e i duecento, e viene pagato in base al numero di preferenze che può portare», racconta Antonio, che di elezioni ne ha viste tante.
E così ogni lotto ha il suo candidato: chi va per la maggiore nelle vele non conta niente nei palazzoni delle poste o a Miano. I nomi li sanno tutti, qualcuno anche li sussurra, nessuno li denuncia. Ma non sono solo i soldi a orientare il voto: un’altra merce di scambio è il posto di lavoro. O meglio la promessa di un posto di lavoro. O di una postazione più o meno privilegiata, ammesso che esista, in una delle tante liste dei disoccupati.
Se hai passato qualche mese in carcere a Poggioreale, ti possono promettere una corsia preferenziale tra gli ex detenuti o, meglio tra gli indultati, categoria più ristretta e quindi ritenuta più fortunata. A volte si tratta solo di promesse. Altre volte no. Uniti nella lotta? Meglio nelle clientele, sembrarlo pensare in molti. Una situazione ad alto rischio: la Digos sta organizzando una stretta sorveglianza nelle aree ritenute più «pericolose».
Ed è già partita un’indagine nei confronti dell’ingenuo candidato di Pianura che tramite Facebook chiedeva ai potenziali elettori: «Contattatemi perché posso offrire importanti possibilità lavorative».
Fonte:Napolionline
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