venerdì 30 ottobre 2009

L’Italia ha il sistema ferroviario più moderno d’Europa. Dalle Alpi alla Campania, poi c’è il profondo Sud




(essepì) Il sistema ferroviario italiano è fra i più avanzati al mondo, sostengono oggi coloro che dirigono il settore. E ne sono, legittimamente, compiaciuti. Sono partite infatti le tratte veloci che collegano il centro della Penisola con il Nord. Puntualità e tempi competitivi perfino con gli aerei. Per chi vive nel centro-nord del Paese è più conveniente salire su un treno che utilizzare il trasporto aereo. Un risultato impensabile, se si osserva che gli aerei sono naturalmente il mezzo di trasporto più veloce.

Questa situazione fa felice i cittadini del centro e del Nord Italia e non può che rallegrare tutti coloro, ovunque abitino, che auspicano lo sviluppo del trasporto nazionale. Tuttavia ciò pone alcune interrogativi, suscita recriminazione, rammarico, frustrazioni e fa dire a più d’uno che il Paese è diviso in due in tutto e per tutto, che il Meridione è figlio di un Dio minore, che tutto ciò che di buono arriva riguarda una parte dell’Italia e non l’altra. Questa considerazione se ne porta appresso un’altra, che i meridionali – pur incapaci, brutti e cattivi – non hanno avuto un ruolo decisivo nella politica dei trasporti, nel senso che non hanno potuto metterci naso. Sicché si è stabilito una specie di confine ideale fra l’Italia che funziona, anche nel campo del trasporto ferroviario, e il resto.

I collegamenti veloci sui binari non sono solo mezzi utili a rendere più piacevole un viaggio: tagliare i tempi di percorrenza, permettendo di raggiungere rapidamente la località desiderata, favorisce i collegamenti, e quindi lo sviluppo di ogni attività: economica, culturale, turistica ecc. Nel Mezzogiorno, il governo punta sul Ponte sullo Stretto. Che si sia d’accordo o meno sulla realizzazione di questa opera, resta il fatto che essa non è preceduta da un investimento poderoso – non può essere altrimenti – nel trasporto ferroviario. Che significa altrimenti spendere un sacco di soldi per accorciare di un’ora l’attraversamento dello Stretto se i treni vanno lenti sulla terraferma? E’ una buggeratura, una incongruenza, una stupidità colossale. E’ come prendersi in giro facendo il solitario: si scelgono le carte giuste per vincere la partita del consenso e perdere quella dei fatti.

Prima o poi queste furbizie si pagano. Il Ponte, del resto, viene avversato da tanti proprio perché si ritiene che esso non debba costituire una priorità rispetto ad altre opere più urgenti. E che l’investimento sul sistema ferroviario siciliani e nel Sud d’Italia sia complementare necessario quanto il Ponte è indubbio. I meridionali non guasteranno la festa al resto dell’Italia con le loro lamentazioni, ma vivranno di sicuro come una ingiustizia questo balzo in avanti realizzato dall’altra metà del Paese. Infine, un’annotazione. Riguarda la competitività del treno con l’aereo. Se è più conveniente salire su un treno perché si arriva prima, si viaggia meglio e si rispettano gli orari, c’è un problema strutturale da affrontare e ci sono errori che vanno analizzati. Nel Nord il numero degli aeroporti è cresciuto in modo esponenziale, attorno a Milano ne sono nati quattro (o cinque?). Il sistema aeroportuale è nato secondo logiche clientelari e campanilistiche, le qualità che vengono riconosciute ai meridionali. E ci sono scali aerei, come Malpensa, che sono malamente serviti. Si impiega più tempo (e si spende di più) ad andare a Malpensa, che compiere la tratta scelta per il volo.

Un’incongruenza, ancora una. La moltiplicazione degli aeroporti, al contrario di quella dei pani, non rende un servigio ad alcuno, aumenta le spese di gestione, complica il traffico aereo, pretende investimenti ingenti per i collegamenti con le aree urbane. Le guerre fra Milano e Roma, quelle fra Pisa e Firenze, tanto per fare alcuni esempi, non hanno certo favorito il trasporto aereo. Le compagnie di bandiera, mal gestite, si sono indebitate anche per stare appresso alle scelte politiche di basso profilo. Ora il trasporto aereo paga i suoi ritardi. Così come il Mezzogiorno. E’ la prova che accanto i due pesi e le due misure non sono il frutto, solo il frutto, degli egoismi nordisti, ma anche il bel risultato delle scelte di piccolo cabotaggio, clientelari e disastrose, compite dalle teste pensanti del nostro Paese.

Fonte:
Italiainformazioni
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(essepì) Il sistema ferroviario italiano è fra i più avanzati al mondo, sostengono oggi coloro che dirigono il settore. E ne sono, legittimamente, compiaciuti. Sono partite infatti le tratte veloci che collegano il centro della Penisola con il Nord. Puntualità e tempi competitivi perfino con gli aerei. Per chi vive nel centro-nord del Paese è più conveniente salire su un treno che utilizzare il trasporto aereo. Un risultato impensabile, se si osserva che gli aerei sono naturalmente il mezzo di trasporto più veloce.

Questa situazione fa felice i cittadini del centro e del Nord Italia e non può che rallegrare tutti coloro, ovunque abitino, che auspicano lo sviluppo del trasporto nazionale. Tuttavia ciò pone alcune interrogativi, suscita recriminazione, rammarico, frustrazioni e fa dire a più d’uno che il Paese è diviso in due in tutto e per tutto, che il Meridione è figlio di un Dio minore, che tutto ciò che di buono arriva riguarda una parte dell’Italia e non l’altra. Questa considerazione se ne porta appresso un’altra, che i meridionali – pur incapaci, brutti e cattivi – non hanno avuto un ruolo decisivo nella politica dei trasporti, nel senso che non hanno potuto metterci naso. Sicché si è stabilito una specie di confine ideale fra l’Italia che funziona, anche nel campo del trasporto ferroviario, e il resto.

I collegamenti veloci sui binari non sono solo mezzi utili a rendere più piacevole un viaggio: tagliare i tempi di percorrenza, permettendo di raggiungere rapidamente la località desiderata, favorisce i collegamenti, e quindi lo sviluppo di ogni attività: economica, culturale, turistica ecc. Nel Mezzogiorno, il governo punta sul Ponte sullo Stretto. Che si sia d’accordo o meno sulla realizzazione di questa opera, resta il fatto che essa non è preceduta da un investimento poderoso – non può essere altrimenti – nel trasporto ferroviario. Che significa altrimenti spendere un sacco di soldi per accorciare di un’ora l’attraversamento dello Stretto se i treni vanno lenti sulla terraferma? E’ una buggeratura, una incongruenza, una stupidità colossale. E’ come prendersi in giro facendo il solitario: si scelgono le carte giuste per vincere la partita del consenso e perdere quella dei fatti.

Prima o poi queste furbizie si pagano. Il Ponte, del resto, viene avversato da tanti proprio perché si ritiene che esso non debba costituire una priorità rispetto ad altre opere più urgenti. E che l’investimento sul sistema ferroviario siciliani e nel Sud d’Italia sia complementare necessario quanto il Ponte è indubbio. I meridionali non guasteranno la festa al resto dell’Italia con le loro lamentazioni, ma vivranno di sicuro come una ingiustizia questo balzo in avanti realizzato dall’altra metà del Paese. Infine, un’annotazione. Riguarda la competitività del treno con l’aereo. Se è più conveniente salire su un treno perché si arriva prima, si viaggia meglio e si rispettano gli orari, c’è un problema strutturale da affrontare e ci sono errori che vanno analizzati. Nel Nord il numero degli aeroporti è cresciuto in modo esponenziale, attorno a Milano ne sono nati quattro (o cinque?). Il sistema aeroportuale è nato secondo logiche clientelari e campanilistiche, le qualità che vengono riconosciute ai meridionali. E ci sono scali aerei, come Malpensa, che sono malamente serviti. Si impiega più tempo (e si spende di più) ad andare a Malpensa, che compiere la tratta scelta per il volo.

Un’incongruenza, ancora una. La moltiplicazione degli aeroporti, al contrario di quella dei pani, non rende un servigio ad alcuno, aumenta le spese di gestione, complica il traffico aereo, pretende investimenti ingenti per i collegamenti con le aree urbane. Le guerre fra Milano e Roma, quelle fra Pisa e Firenze, tanto per fare alcuni esempi, non hanno certo favorito il trasporto aereo. Le compagnie di bandiera, mal gestite, si sono indebitate anche per stare appresso alle scelte politiche di basso profilo. Ora il trasporto aereo paga i suoi ritardi. Così come il Mezzogiorno. E’ la prova che accanto i due pesi e le due misure non sono il frutto, solo il frutto, degli egoismi nordisti, ma anche il bel risultato delle scelte di piccolo cabotaggio, clientelari e disastrose, compite dalle teste pensanti del nostro Paese.

Fonte:
Italiainformazioni
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