giovedì 13 agosto 2009

Roberto Saviano:"Oramai odio Gomorra"


di Germano Milite


Roberto Saviano Inizia in maniera brutale ed eloquente la sua intervista sul giornale inglese "The Times". "I hate Gomorra. I abort it", si sfoga senza più alcun freno il giornalista Campano che non esita a definire il suo capolavoro (2 milioni di copie vendute e traduzioni in 40 paesi diversi) "una eterna spina nel fianco" e "un libro maledetto". Del resto numeri, statistiche e successi mediatici sono solo anoressiche consolazioni che non t'aiutano a sentirti meno solo nelle lunghe sere d'iverno quando, steso sul letto di un piccolo appartamento di perferia senza finestre o verande, tenti di prendere sonno e di trovare un po' di tregua da paure, angosce e pentimenti.

Pentimenti; già: fino ad oggi Saviano aveva risposto alla fatidica domanda: "Ti sei pentito di aver scritto Gomorra" con un ambiguo: "Come uomo si, come scrittore no di certo". Faceva appello ad un senso civico e ad una cura dell'immagine verso i suoi lettori/estimatori che, oggi, dopo tre anni di "vita di merda" passata tra casupole di perferia e solidutine anogosciante, non può e non vuole più esibire.
Così lo scrittore non ancora trentenne si lascia andare e confessa tutte le sue paure e le sue sofferenze; ammettendo senza mezzi termini che, se avesse conosciuto le conseguenze prima, avrebbe lasciato Gomorra tra gli antri più inarrivabili della propria volontà di denuncia. L'intervista a Roberto continua con i racconti delle privazioni di libertà individuale che egli subisce giornalmente e si intenerisce con il raconto di una piccola parentesi postiva: quella di una donna che, giornalmente, bussava alla sua porta e gli portava un pranzo di quelli cucinati "dalle madri per i figli soldati". Parentesi poi chiusasi a causa dell'ennesimo cambio di residenza imposto.

L'epilogo sul The Times però torna ad essere amaro e, partendo da un attacco severo nei confronti del paese nel quale è nato ("Un paese dove la verità ha cessato di esistere" cit), Saviano arriva a confessare il suo più grande incubo: "Temo di finire sporcato dalla Camorra" -dice- e dalla diffamazione che la malavita organizzata sta già organizzando e che, in passato, è riuscita ad affossare personaggi come Peppino Diana, Federico Del Prete e Salvatore Nuvoletta"


Fonte:Julienews
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di Germano Milite


Roberto Saviano Inizia in maniera brutale ed eloquente la sua intervista sul giornale inglese "The Times". "I hate Gomorra. I abort it", si sfoga senza più alcun freno il giornalista Campano che non esita a definire il suo capolavoro (2 milioni di copie vendute e traduzioni in 40 paesi diversi) "una eterna spina nel fianco" e "un libro maledetto". Del resto numeri, statistiche e successi mediatici sono solo anoressiche consolazioni che non t'aiutano a sentirti meno solo nelle lunghe sere d'iverno quando, steso sul letto di un piccolo appartamento di perferia senza finestre o verande, tenti di prendere sonno e di trovare un po' di tregua da paure, angosce e pentimenti.

Pentimenti; già: fino ad oggi Saviano aveva risposto alla fatidica domanda: "Ti sei pentito di aver scritto Gomorra" con un ambiguo: "Come uomo si, come scrittore no di certo". Faceva appello ad un senso civico e ad una cura dell'immagine verso i suoi lettori/estimatori che, oggi, dopo tre anni di "vita di merda" passata tra casupole di perferia e solidutine anogosciante, non può e non vuole più esibire.
Così lo scrittore non ancora trentenne si lascia andare e confessa tutte le sue paure e le sue sofferenze; ammettendo senza mezzi termini che, se avesse conosciuto le conseguenze prima, avrebbe lasciato Gomorra tra gli antri più inarrivabili della propria volontà di denuncia. L'intervista a Roberto continua con i racconti delle privazioni di libertà individuale che egli subisce giornalmente e si intenerisce con il raconto di una piccola parentesi postiva: quella di una donna che, giornalmente, bussava alla sua porta e gli portava un pranzo di quelli cucinati "dalle madri per i figli soldati". Parentesi poi chiusasi a causa dell'ennesimo cambio di residenza imposto.

L'epilogo sul The Times però torna ad essere amaro e, partendo da un attacco severo nei confronti del paese nel quale è nato ("Un paese dove la verità ha cessato di esistere" cit), Saviano arriva a confessare il suo più grande incubo: "Temo di finire sporcato dalla Camorra" -dice- e dalla diffamazione che la malavita organizzata sta già organizzando e che, in passato, è riuscita ad affossare personaggi come Peppino Diana, Federico Del Prete e Salvatore Nuvoletta"


Fonte:Julienews

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