La lettera del giorno Lunedi' 13 Luglio 2009 - Sergio Romano
In questi giorni si sono potute
ammirare le «first ladies» a colazione al Quirinale, a pranzo in bellissimi hotel della capitale oppure mentre visitavano le rovine nelle zone terremotate con al seguito sempre un poderoso servizio di scorta, di forze dell’ordine, di autorità, di giornalisti e tanti altri ancora. Chi e che cosa rappresentano? Sono indispensabili queste sfilate di borse di pitone, scarpe di coccodrillo e abiti eleganti?
Rimango molto perplesso di tutto ciò.
Marco Piselli
Caro Piselli, La sua perplessità è giustificata.
Queste consuetudini sono relativamente recenti e vanno di pari passo con la personalizzazione della vita politica e delle relazioni internazionali. Come ho raccontato in altre occasioni, il primo vertice dei Paesi maggiormente industrializzati, al castello di Rambouillet nel 1975, fu un evento riservato e discreto senza sfoggio di lussuosi festeggiamenti. Ma dall’inizio degli anni Ottanta questi incontri cominciarono a diventare sempre più fastosi e ingombranti. Oltre a farsi accompagnare da un numero spropositato di collaboratori, i leader portano con sé «i loro cari», come disse Giulio Andreotti di Bettino Craxi durante un viaggio in Cina. Per le gentili signore occorre predisporre un programma speciale con un po’ di shopping, qualche visita a istituzioni di beneficenza e un pizzico di cultura. Comincia a diffondersi così l’abitudine dei regali, molti pagati dagli sponsor, altri dal contribuente. A mano a mano che le minacce terroristiche esigono misure di sicurezza sempre più severe, questa folla di dignitari e famigli costringe il Paese ospitante a bloccare la circolazione lungo il passaggio dei cortei, chiudere spazi pubblici all’uso dei cittadini e beninteso garantire a ogni ospite il beneficio di un guardaspalle.
È stato osservato più volte in questi anni che molti sistemi politici sono diventati «monarchie repubblicane».
Non sorprende quindi che i presidenti abbiano preso abitudini regali. Come ai tempi in cui i re e gli imperatori erano tutti cugini e si scrivevano lettere affettuose anche quando stavano per farsi la guerra, i presidenti repubblicani si abbracciano, si baciano sulle guance, si chiamano familiarmente per nome. È inevitabile che in un tale andazzo Carla Bruni diventi la regina di Francia, Svetlana Medvedeva la zarina di Russia, Michelle Obama abbia diritto a onori regali e i suoi figli siano trattati come principi del sangue.
Per i loro svaghi e capricci si aprono negozi in ore di chiusura (è accaduto a Parigi per Michelle) e si precettano ristoranti.
I re debbono lavorare, naturalmente, ma la loro regale persona non può essere privata delle sue abitudini quotidiane. Per re Barack è stato attrezzato all’Aquila un campo di baseball.
L’aspetto più paradossale di questo fenomeno è il ruolo delle mogli. Viviamo in un’epoca in cui le donne hanno conquistato il diritto a un’esistenza autonoma, indipendente da quella del marito o del compagno. Ma le monarchie repubblicane le costringono a recitare, sia pure con tutti gli onori del caso, la parte della «consorte»: un ruolo pieno di omaggi e privilegi, ma pur sempre, in una prospettiva femminista, servile.
Fonte:Corriere della Sera
ammirare le «first ladies» a colazione al Quirinale, a pranzo in bellissimi hotel della capitale oppure mentre visitavano le rovine nelle zone terremotate con al seguito sempre un poderoso servizio di scorta, di forze dell’ordine, di autorità, di giornalisti e tanti altri ancora. Chi e che cosa rappresentano? Sono indispensabili queste sfilate di borse di pitone, scarpe di coccodrillo e abiti eleganti?
Rimango molto perplesso di tutto ciò.
Marco Piselli
Caro Piselli, La sua perplessità è giustificata.
Queste consuetudini sono relativamente recenti e vanno di pari passo con la personalizzazione della vita politica e delle relazioni internazionali. Come ho raccontato in altre occasioni, il primo vertice dei Paesi maggiormente industrializzati, al castello di Rambouillet nel 1975, fu un evento riservato e discreto senza sfoggio di lussuosi festeggiamenti. Ma dall’inizio degli anni Ottanta questi incontri cominciarono a diventare sempre più fastosi e ingombranti. Oltre a farsi accompagnare da un numero spropositato di collaboratori, i leader portano con sé «i loro cari», come disse Giulio Andreotti di Bettino Craxi durante un viaggio in Cina. Per le gentili signore occorre predisporre un programma speciale con un po’ di shopping, qualche visita a istituzioni di beneficenza e un pizzico di cultura. Comincia a diffondersi così l’abitudine dei regali, molti pagati dagli sponsor, altri dal contribuente. A mano a mano che le minacce terroristiche esigono misure di sicurezza sempre più severe, questa folla di dignitari e famigli costringe il Paese ospitante a bloccare la circolazione lungo il passaggio dei cortei, chiudere spazi pubblici all’uso dei cittadini e beninteso garantire a ogni ospite il beneficio di un guardaspalle.
È stato osservato più volte in questi anni che molti sistemi politici sono diventati «monarchie repubblicane».
Non sorprende quindi che i presidenti abbiano preso abitudini regali. Come ai tempi in cui i re e gli imperatori erano tutti cugini e si scrivevano lettere affettuose anche quando stavano per farsi la guerra, i presidenti repubblicani si abbracciano, si baciano sulle guance, si chiamano familiarmente per nome. È inevitabile che in un tale andazzo Carla Bruni diventi la regina di Francia, Svetlana Medvedeva la zarina di Russia, Michelle Obama abbia diritto a onori regali e i suoi figli siano trattati come principi del sangue.
Per i loro svaghi e capricci si aprono negozi in ore di chiusura (è accaduto a Parigi per Michelle) e si precettano ristoranti.
I re debbono lavorare, naturalmente, ma la loro regale persona non può essere privata delle sue abitudini quotidiane. Per re Barack è stato attrezzato all’Aquila un campo di baseball.
L’aspetto più paradossale di questo fenomeno è il ruolo delle mogli. Viviamo in un’epoca in cui le donne hanno conquistato il diritto a un’esistenza autonoma, indipendente da quella del marito o del compagno. Ma le monarchie repubblicane le costringono a recitare, sia pure con tutti gli onori del caso, la parte della «consorte»: un ruolo pieno di omaggi e privilegi, ma pur sempre, in una prospettiva femminista, servile.
Fonte:Corriere della Sera
Nessun commento:
Posta un commento