domenica 1 marzo 2009

Gli orrori della Cina svenduti dall'Occidente per un po' di riso


Stiamo parlando di niente, non accade nulla. Non c'è solo il dipartimento di Stato americano a convogliare le solite informazioni sui diritti inumani in Cina: ci sono e c'erano i rapporti di ChinaAid, di Laogai Research, di Amnesty International, di Human Rights Watch, di Nessuno tocchi Caino, di Reporter senza frontiere, del Centro tibetano per i diritti umani, tanti altri: e convergono più o meno tutti, era già quasi tutto nei rapporti reperibili in rete. Oggi potreste tranquillamente acquistare «Il Libro nero della Cina» (Guerini e associati) che è risalente al 2004 e che è la fotocopia differita di quanto accade oggi: del resto i veri inasprimenti del regime ebbero inizio dal 2003.

La situazione semmai è peggiorata perché c'è stato l'inasprimento ulteriore legato alle Olimpiadi. Ma oggi di fatto non c'è un casus belli, non c'entrano i tre cinesi che si sono incendiati in piazza Tienanmen o il capodanno tibetano blindato dall'esercito: di peculiare c'è semmai che queste notizie siamo venuti a saperle, o meglio c'è che siamo venuti a saperle nel momento in cui potevano casualmente relazionarsi a una questione economica che riguarda Cina e Stati Uniti. Non c'è niente di nuovo nel rapporto del Dipartimento di Stato americano: soprattutto perché non esiste nessuna questione cinese sui diritti umani. Non-esiste. Non con gli Usa. Non con l'Europa.

L'Italia, poi: gli ultimi due governi hanno fatto a gara su chi fosse più ossequiente. A Pechino perciò hanno ragione: sono solo affari interni della Cina. Tutti. Non è cinismo paradossale: invocare i diritti umani in Cina equivale a un rilancio qualsiasi all'interno di una trattativa d'affari, così come a suo tempo poteva esserlo organizzare delle Olimpiadi. Ha ragione il New York Times a ricordare come sia stato Bill Clinton, nel 1994, il primo a separare diritti umani e politica estera: la quale a sua volta non è mai stata separata da ogni politica economica. Il miglioramento dei rapporti tra Paesi, ergo, è indipendente dal peggioramento dei rapporti di ogni dipartimento di questa Terra. La presunta polemica nasce perché Hillary Clinton è stata in visita ufficiale a Pechino, una settimana fa, e al ritorno ha fatto spallucce sui diritti umani: ma c'è mai stato qualcuno che abbia fatto altrimenti? Forse, paradossalmente, solo George Bush qualche mese prima di rimangiarsi tutto: le Olimpiadi si avvicinavano e il carrozzone affaristico del Comitato Olimpiaco era infarcito di multinazionali interessatissime al mercato asiatico. Gli Stati Uniti dipendono dalla Cina più di chiunque altro: l’economia d’oltreoceano non può certo rinunciare ai prodotti cinesi a basso costo e gli investitori cinesi tengono letteralmente in piedi il Paese. Sappiamo che l'Europa ha nella Cina il principale partner commerciale e che la Germania è prima per interscambio: ecco perché la più coraggiosa, semmai, è stata Angela Merkel quando due anni orsono ricevette il Dalai Lama nonostante le solite minacce di ritorsioni che in genere agitano tanto la nostra Farnesina.

Da allora a oggi, dalle Olimpiadi a oggi, le organizzazioni umanitarie non hanno mai smesso di documentare come Pechino sia venuta meno a ogni sua promessa. Il Tibet neppure nominiamolo: è in stato di guerra e la gente è praticamente prigioniera. Ma sappiamo che è peggiorata la persecuzione degli attivisti per i diritti umani, la detenzione senza processo, la censura, ovviamente l’applicazione della pena di morte: e se i dati non sempre convergono è perché in Cina sono considerati segreto di Stato. Di fatto la pena di morte era e resta prevista per 68 reati (anche se le autorità negano) e in ogni caso annovera più esecuzioni che in tutte le altre nazioni del mondo messe insieme. Per il resto, secondo i vari rapporti e loro specializzazioni, potete apprendere degli organi espiantati e rivenduti senza il consenso dei familiari, delle torture, dei dissidenti imbottiti di psicofarmaci, dei milioni di cattolici cinesi che rischiano persecuzioni ogni giorno: ai cattolici va ricordato che in Cina la libertà religiosa in fin dei conti non c’è, essere cattolici non autorizzati è proibito, pregare è proibito, preti e monache spesso finiscono male, l'aborto viene praticato sino al nono mese, l'infanticidio della progenie femminile è praticamente una legge dello Stato. Nessuno ha seriamente condannato la Repubblica Popolare Cinese per la sua produzione industriale e manifatturiera operata nei Laogai, ossia i lager. E nessuno ha da dire neppure sui lavoratori non forzati: nelle imprese private cinesi, a fronte di paghe ridicole e di ferie praticamente inesistenti, le ore straordinarie sono obbligatorie e forfetizzate. Sono cose che si sanno. Sono cose che non si sanno. Stiamo parlando di niente, sinché non succederà davvero qualcosa.

Fonte:
Il Giornale
Leggi tutto »

Stiamo parlando di niente, non accade nulla. Non c'è solo il dipartimento di Stato americano a convogliare le solite informazioni sui diritti inumani in Cina: ci sono e c'erano i rapporti di ChinaAid, di Laogai Research, di Amnesty International, di Human Rights Watch, di Nessuno tocchi Caino, di Reporter senza frontiere, del Centro tibetano per i diritti umani, tanti altri: e convergono più o meno tutti, era già quasi tutto nei rapporti reperibili in rete. Oggi potreste tranquillamente acquistare «Il Libro nero della Cina» (Guerini e associati) che è risalente al 2004 e che è la fotocopia differita di quanto accade oggi: del resto i veri inasprimenti del regime ebbero inizio dal 2003.

La situazione semmai è peggiorata perché c'è stato l'inasprimento ulteriore legato alle Olimpiadi. Ma oggi di fatto non c'è un casus belli, non c'entrano i tre cinesi che si sono incendiati in piazza Tienanmen o il capodanno tibetano blindato dall'esercito: di peculiare c'è semmai che queste notizie siamo venuti a saperle, o meglio c'è che siamo venuti a saperle nel momento in cui potevano casualmente relazionarsi a una questione economica che riguarda Cina e Stati Uniti. Non c'è niente di nuovo nel rapporto del Dipartimento di Stato americano: soprattutto perché non esiste nessuna questione cinese sui diritti umani. Non-esiste. Non con gli Usa. Non con l'Europa.

L'Italia, poi: gli ultimi due governi hanno fatto a gara su chi fosse più ossequiente. A Pechino perciò hanno ragione: sono solo affari interni della Cina. Tutti. Non è cinismo paradossale: invocare i diritti umani in Cina equivale a un rilancio qualsiasi all'interno di una trattativa d'affari, così come a suo tempo poteva esserlo organizzare delle Olimpiadi. Ha ragione il New York Times a ricordare come sia stato Bill Clinton, nel 1994, il primo a separare diritti umani e politica estera: la quale a sua volta non è mai stata separata da ogni politica economica. Il miglioramento dei rapporti tra Paesi, ergo, è indipendente dal peggioramento dei rapporti di ogni dipartimento di questa Terra. La presunta polemica nasce perché Hillary Clinton è stata in visita ufficiale a Pechino, una settimana fa, e al ritorno ha fatto spallucce sui diritti umani: ma c'è mai stato qualcuno che abbia fatto altrimenti? Forse, paradossalmente, solo George Bush qualche mese prima di rimangiarsi tutto: le Olimpiadi si avvicinavano e il carrozzone affaristico del Comitato Olimpiaco era infarcito di multinazionali interessatissime al mercato asiatico. Gli Stati Uniti dipendono dalla Cina più di chiunque altro: l’economia d’oltreoceano non può certo rinunciare ai prodotti cinesi a basso costo e gli investitori cinesi tengono letteralmente in piedi il Paese. Sappiamo che l'Europa ha nella Cina il principale partner commerciale e che la Germania è prima per interscambio: ecco perché la più coraggiosa, semmai, è stata Angela Merkel quando due anni orsono ricevette il Dalai Lama nonostante le solite minacce di ritorsioni che in genere agitano tanto la nostra Farnesina.

Da allora a oggi, dalle Olimpiadi a oggi, le organizzazioni umanitarie non hanno mai smesso di documentare come Pechino sia venuta meno a ogni sua promessa. Il Tibet neppure nominiamolo: è in stato di guerra e la gente è praticamente prigioniera. Ma sappiamo che è peggiorata la persecuzione degli attivisti per i diritti umani, la detenzione senza processo, la censura, ovviamente l’applicazione della pena di morte: e se i dati non sempre convergono è perché in Cina sono considerati segreto di Stato. Di fatto la pena di morte era e resta prevista per 68 reati (anche se le autorità negano) e in ogni caso annovera più esecuzioni che in tutte le altre nazioni del mondo messe insieme. Per il resto, secondo i vari rapporti e loro specializzazioni, potete apprendere degli organi espiantati e rivenduti senza il consenso dei familiari, delle torture, dei dissidenti imbottiti di psicofarmaci, dei milioni di cattolici cinesi che rischiano persecuzioni ogni giorno: ai cattolici va ricordato che in Cina la libertà religiosa in fin dei conti non c’è, essere cattolici non autorizzati è proibito, pregare è proibito, preti e monache spesso finiscono male, l'aborto viene praticato sino al nono mese, l'infanticidio della progenie femminile è praticamente una legge dello Stato. Nessuno ha seriamente condannato la Repubblica Popolare Cinese per la sua produzione industriale e manifatturiera operata nei Laogai, ossia i lager. E nessuno ha da dire neppure sui lavoratori non forzati: nelle imprese private cinesi, a fronte di paghe ridicole e di ferie praticamente inesistenti, le ore straordinarie sono obbligatorie e forfetizzate. Sono cose che si sanno. Sono cose che non si sanno. Stiamo parlando di niente, sinché non succederà davvero qualcosa.

Fonte:
Il Giornale

Nessun commento:

 
[Privacy]
Design by Free WordPress Themes | Bloggerized by Lasantha - Premium Blogger Themes | Hot Sonakshi Sinha, Car Price in India