domenica 24 agosto 2008

Sicilia: autonomia fiscale? Un paravento per l’incapacità di amministrare


Il Presidente della regione Lombardo folgorato sulla via di Palazzo D’Orleans a Palermo, ha riscoperto lo statuto siciliano che fino a qualche mese fa aveva intenzione di cambiare seguendo il pensiero di un altro grande siciliano, l’ex presidente dell’ARS Gianfranco Miccichè.

Parla di attuazione dello statuto ma evita accuratamente di entrare nel merito dello statuto stesso e soprattutto, evita accuratamente di iniziare la vera battaglia per la sua applicazione così come è stato inserito nel testo costituzionale italiano.
Evita di parlare della truffa dell’Alta Corte paritetica Stato/Sicilia perpetrata dalla Corte Costituzionale che con una sentenza politica, unico caso al mondo, ha modificato la Costituzione invece di “tutelarla”.
Le sentenze sull’Alta Corte sono l’essenza della truffa italiana ai danni della Sicilia e dei Siciliani.Ma se Roma, con l’aiuto della classe politica siciliana, ha potuto e continua a disattendere i patti del 1946, non è che gli insipienti governanti siciliani sono stati a guardare.

Per garantirsi un gran numero di posti di potere cancellati con l’abolizione delle province in Sicilia, nel 1986, dopo ben 30 anni di proroghe, con una legge regionale inventano le province “regionali” con il più classico dei raggiri politici. I liberi consorzi dei comuni sono denominati “province regionali” (art 3 - l.r. 9/1986).
Con la semplice aggiunta di un aggettivo “regionali”, la casta siciliana, complice la Corte Costituzionale e il Parlamento italiano, ha truffato ancora una volta i siciliani e salvaguardato gli interessi della casta “monarchica repubblica”.
La legge non essendo costituzionale non può variare lo Statuto e nelle norme è ancora ben visibile, a perenne ricordo della truffa perpetrata ai danni dei siciliani, l’art. 15 dello Statuto la prescrizione ” Le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi nell’ ambito della Regione siciliana”.
L’ ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria.
Nel quadro di tali principi generali spetta alla Regione la legislazione esclusiva e l’ esecuzione diretta in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali.La truffa politica per il mantenimento di centinaia di posti di potere appare più evidente ove si consideri l’etimologia del termine “consorzio”. Infatti consorzio viene definito come unione di più individui (o istituzioni) con doveri e diritti uguali e per un fine determinato.
Di conseguenza, il consorzio (provincia regionale) è rappresentativo degli stessi soggetti che lo istituiscono, ha i soci (comuni) con i propri rappresentanti (espressione dei soci), i rappresentanti sono gli stessi rappresentati, tutte le cariche sono decise ed approvate dall’assemblea e sono espressione diretta dei soci (comuni) e quindi non sono eletti a suffragio universale, di conseguenza i costi degli stipendi dei politici (eletti invece a suffragio a suffragio) sarebbero azzerati! di conseguenza: ………..la legge 9/86 è incostituzionale perché non è rispettosa “del quadro dei principi generali costituzionali”
Però, le province regionali garantiscono una infinità di posti di potere, hanno un giro vorticoso di finanziamenti, nel solo anno 1987 la somma globale di contributi per il loro funzionamento distolta incostituzionalmente dalle casse regionali e quindi dalle tasche dei contribuenti per le province regionali è stata di 150 milioni di euro (trecento miliardi delle vecchie lire).
Oggi si parla di quasi un miliardo di euro l’anno!
Una fetta enorme di finanziamento pubblico per mantenere in vita solo posti di potere.
Nove presidenti di provincia, nove vice presidenti, nove capi di gabinetto, nove uffici stampa, decine di dirigenti, enti provinciali, uffici, un centinaio di assessori e qualche centinaio di consiglieri.
Un esercito che vive e prospera con i soldi pubblici.

Le province “regionali” in Sicilia sono un’offesa alla Costituzione ma soprattutto un’offesa al popolo Siciliano, ma… nessuno se ne cura.

La Sicilia è la madre di tutti gli sprechi e delle illegalità: sanità, personale regionale, enti inutili, associazionismo, antimafia, gestione del personale degli enti pubblici, appalti, collusione politica e mafia, conflitti di interessi, etc..

E adesso il presidente Lombardo ci viene a parlare di “federalismo fiscale”!
E’ fin troppo facile far credere che con il federalismo fiscale tutti i mali della Sicilia scompaiano e che la classe dirigente e politica dell’Isola divenga maggiorenne nel breve volgere di una legislatura.

Secoli di storia, manipolata ad uso e consumo dell’unità, ci dimostrano che la classe politica siciliana è stata sempre gestire ed utilizzata da Torino prima, Firenze dopo, e Roma adesso.
Applicando lo statuto la Sicilia sarebbe uno stato indipendente federato all’Italia, ma proprio questo la casta politica siciliana non lo vuole.
Dovrebbe dimostrare di saper governare, dovrebbe dimostrare di saper gestire il denaro pubblico con oculatezza e correttezza, dovrebbe operare senza creare lobby e centri di potere economico e politico, dovrebbe infine smettere, dopo oltre 140 anni, di essere autonoma da Roma e dai poteri romani.Troppo per una casta politica insipiente come quella siciliana, né più né meno dei loro predecessori, troppo impegnati a tutelare i propri interessi e quelli delle lobby di potere.
E per fare ciò la casta ha necessità di un tutore: il prefetto.
Figura rappresentativa del potere nazionale non prevista dallo Statuto perché il rappresentante dello Stato in Sicilia è il presidente della Regione da cui “dovrebbero statutariamente” dipendere le Forze dell’Ordine.

Come si può parlare nel terzo millennio di legalità, giustizia ed autonomia quando si assiste a truffe statali e politiche di questa portata ai danni di un popolo?
Autonomia fiscale o autonomia per lo spreco e per nascondere responsabilità politiche e personali?

osservatorio-sicilia.it
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Il Presidente della regione Lombardo folgorato sulla via di Palazzo D’Orleans a Palermo, ha riscoperto lo statuto siciliano che fino a qualche mese fa aveva intenzione di cambiare seguendo il pensiero di un altro grande siciliano, l’ex presidente dell’ARS Gianfranco Miccichè.

Parla di attuazione dello statuto ma evita accuratamente di entrare nel merito dello statuto stesso e soprattutto, evita accuratamente di iniziare la vera battaglia per la sua applicazione così come è stato inserito nel testo costituzionale italiano.
Evita di parlare della truffa dell’Alta Corte paritetica Stato/Sicilia perpetrata dalla Corte Costituzionale che con una sentenza politica, unico caso al mondo, ha modificato la Costituzione invece di “tutelarla”.
Le sentenze sull’Alta Corte sono l’essenza della truffa italiana ai danni della Sicilia e dei Siciliani.Ma se Roma, con l’aiuto della classe politica siciliana, ha potuto e continua a disattendere i patti del 1946, non è che gli insipienti governanti siciliani sono stati a guardare.

Per garantirsi un gran numero di posti di potere cancellati con l’abolizione delle province in Sicilia, nel 1986, dopo ben 30 anni di proroghe, con una legge regionale inventano le province “regionali” con il più classico dei raggiri politici. I liberi consorzi dei comuni sono denominati “province regionali” (art 3 - l.r. 9/1986).
Con la semplice aggiunta di un aggettivo “regionali”, la casta siciliana, complice la Corte Costituzionale e il Parlamento italiano, ha truffato ancora una volta i siciliani e salvaguardato gli interessi della casta “monarchica repubblica”.
La legge non essendo costituzionale non può variare lo Statuto e nelle norme è ancora ben visibile, a perenne ricordo della truffa perpetrata ai danni dei siciliani, l’art. 15 dello Statuto la prescrizione ” Le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi nell’ ambito della Regione siciliana”.
L’ ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria.
Nel quadro di tali principi generali spetta alla Regione la legislazione esclusiva e l’ esecuzione diretta in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali.La truffa politica per il mantenimento di centinaia di posti di potere appare più evidente ove si consideri l’etimologia del termine “consorzio”. Infatti consorzio viene definito come unione di più individui (o istituzioni) con doveri e diritti uguali e per un fine determinato.
Di conseguenza, il consorzio (provincia regionale) è rappresentativo degli stessi soggetti che lo istituiscono, ha i soci (comuni) con i propri rappresentanti (espressione dei soci), i rappresentanti sono gli stessi rappresentati, tutte le cariche sono decise ed approvate dall’assemblea e sono espressione diretta dei soci (comuni) e quindi non sono eletti a suffragio universale, di conseguenza i costi degli stipendi dei politici (eletti invece a suffragio a suffragio) sarebbero azzerati! di conseguenza: ………..la legge 9/86 è incostituzionale perché non è rispettosa “del quadro dei principi generali costituzionali”
Però, le province regionali garantiscono una infinità di posti di potere, hanno un giro vorticoso di finanziamenti, nel solo anno 1987 la somma globale di contributi per il loro funzionamento distolta incostituzionalmente dalle casse regionali e quindi dalle tasche dei contribuenti per le province regionali è stata di 150 milioni di euro (trecento miliardi delle vecchie lire).
Oggi si parla di quasi un miliardo di euro l’anno!
Una fetta enorme di finanziamento pubblico per mantenere in vita solo posti di potere.
Nove presidenti di provincia, nove vice presidenti, nove capi di gabinetto, nove uffici stampa, decine di dirigenti, enti provinciali, uffici, un centinaio di assessori e qualche centinaio di consiglieri.
Un esercito che vive e prospera con i soldi pubblici.

Le province “regionali” in Sicilia sono un’offesa alla Costituzione ma soprattutto un’offesa al popolo Siciliano, ma… nessuno se ne cura.

La Sicilia è la madre di tutti gli sprechi e delle illegalità: sanità, personale regionale, enti inutili, associazionismo, antimafia, gestione del personale degli enti pubblici, appalti, collusione politica e mafia, conflitti di interessi, etc..

E adesso il presidente Lombardo ci viene a parlare di “federalismo fiscale”!
E’ fin troppo facile far credere che con il federalismo fiscale tutti i mali della Sicilia scompaiano e che la classe dirigente e politica dell’Isola divenga maggiorenne nel breve volgere di una legislatura.

Secoli di storia, manipolata ad uso e consumo dell’unità, ci dimostrano che la classe politica siciliana è stata sempre gestire ed utilizzata da Torino prima, Firenze dopo, e Roma adesso.
Applicando lo statuto la Sicilia sarebbe uno stato indipendente federato all’Italia, ma proprio questo la casta politica siciliana non lo vuole.
Dovrebbe dimostrare di saper governare, dovrebbe dimostrare di saper gestire il denaro pubblico con oculatezza e correttezza, dovrebbe operare senza creare lobby e centri di potere economico e politico, dovrebbe infine smettere, dopo oltre 140 anni, di essere autonoma da Roma e dai poteri romani.Troppo per una casta politica insipiente come quella siciliana, né più né meno dei loro predecessori, troppo impegnati a tutelare i propri interessi e quelli delle lobby di potere.
E per fare ciò la casta ha necessità di un tutore: il prefetto.
Figura rappresentativa del potere nazionale non prevista dallo Statuto perché il rappresentante dello Stato in Sicilia è il presidente della Regione da cui “dovrebbero statutariamente” dipendere le Forze dell’Ordine.

Come si può parlare nel terzo millennio di legalità, giustizia ed autonomia quando si assiste a truffe statali e politiche di questa portata ai danni di un popolo?
Autonomia fiscale o autonomia per lo spreco e per nascondere responsabilità politiche e personali?

osservatorio-sicilia.it

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