sabato 5 luglio 2008

L'IMPERO - UNO STATUS REPORT


DI WILLIAM BLUM

Killing hope


Esistono espressioni e slogan associati con il regime nazista in Germania che sono diventate comuni in inglese. "Sieg Heil!" – Salve vittoria!"Arbeit macht frei" – Il lavoro rende liberi. "Denn heute gehört uns Deutschland und morgen die ganze Welt" – Oggi la Germania e domani il mondo intero Ma nessuna forse è più nota di "Deutschland über alles" – La Germania sopra tutti. Così sono stato preso di sorpresa quando mi sono imbattuto nel sito dell’aviazione americana – www.airforce.com/ - e ho visto sulla sua prima pagina l’intestazione “Sopra tutti”. Perché non pensiate che questo si riferisce semplicemente e innocentemente ad aerei su per aria, questa pagina è linkata a un’altra – www.airforce.com/achangingworld/ - dove “Sopra tutti” viene ripetuto con maggior rilievo, con link a siti per “Dominio aereo”, “Dominio spaziale” e “Cyber-Dominio”, ciascuno dei quali ripete a sua volta “Sopra tutti”. Questi non cazzeggiano. Non sono i guerrafondai imperialisti di vostro padre. Se stanno progettando un nuovo “Reich millenario”, speriamo che il loro destino non sia migliore di quello dell’originale, che durò 12 anni.
Gli eventi degli ultimi anni indicano che il mondo sta aprendo gli occhi sull’ambizione centrale di Washington di dominare il mondo, e sta diventando meno intimidito. L’America latina cerca di sfuggire sempre di più alle grinfie dell’impero. Leader vivamente consapevoli di come funziona l’imperialismo USA e determinati a tenerlo fuori dal proprio paese sono al potere in Venezuela, Uruguay, Ecuador, Bolivia, Argentina, Brasile, Cuba, Guatemala, Nicaragua, Panama, e forse l’ultima aggiunta, il Paraguay. E ora l’Africa ha respinto l’offerta di Washington di far parte della famiglia imperiale. I governi africani hanno rifiutato di ospitare Africom, il comando africano USA. Il Washington Post ha riferito che “nel continente si è diffusa la preoccupazione che gli Stati Uniti progettino nuove grosse installazioni militari in Africa”, e malgrado la promessa di nuove partnership per sviluppo e sicurezza molti africani hanno concluso che Africom era in primo luogo un’estensione della politica antiterrorismo USA, pensata per tenere d’occhio la grossa popolazione musulmana africana.
Gli Stati Uniti “identificano terrorismo e Islam”, ha detto un esperto diplomatico keniota, e pochi governi africani desideravano che li si vedesse invitare la sorveglianza americana sul proprio popolo. [Nota dal vostro redattore: sarebbe più istruttivo identificare il terrorismo antiamericano con la politica estera americana, compresa la costruzione di basi militari nei paesi degli altri.] Quando Bush in febbraio ha visitato l’Africa, il presidente del Ghana gli ha detto: “Non costruirai basi nel Ghana”. Gruppi di assistenza finanziati dagli Stati Uniti hanno protestato contro i piani di espandere il ruolo dei militari americani nello sviluppo economico dell’Africa, opponendosi aspramente a lavorare a fianco dei soldati USA. Dice un ufficiale di Africom: “[Africom] è stato visto come una massiccia infusione di potenza militare in un continente che era abbastanza orgoglioso di aver rimosso dal proprio suolo le potenze straniere.”[1]
C’è anche il fattore petrolifero. Gli USA importano più petrolio dalle nazioni africane che dall’Arabia Saudita, e il continente ha enormi aree inesplorate. Senza dubbio questa è una delle maggiori motivazioni alla base del desiderio americano di una presenza militare estesa nella regione. Gli Stati Uniti non prenderanno il rifiuto africano di Africom come l’ultima parola; anzi, parte della dura retorica dei funzionari africani potrebbe essere a uso e consumo interno, dato che gli USA già hanno una certa presenza militare sul continente. Sarà interessante osservare il braccio di ferro in corso fra Washington e i nazionalisti/antimperialisti africani sull’espansione della presenza americana.

William Blum (The Anti-Empire Report n°58)
[1] Washington Post, 1 giugno 2008, p. 18.
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DI WILLIAM BLUM

Killing hope


Esistono espressioni e slogan associati con il regime nazista in Germania che sono diventate comuni in inglese. "Sieg Heil!" – Salve vittoria!"Arbeit macht frei" – Il lavoro rende liberi. "Denn heute gehört uns Deutschland und morgen die ganze Welt" – Oggi la Germania e domani il mondo intero Ma nessuna forse è più nota di "Deutschland über alles" – La Germania sopra tutti. Così sono stato preso di sorpresa quando mi sono imbattuto nel sito dell’aviazione americana – www.airforce.com/ - e ho visto sulla sua prima pagina l’intestazione “Sopra tutti”. Perché non pensiate che questo si riferisce semplicemente e innocentemente ad aerei su per aria, questa pagina è linkata a un’altra – www.airforce.com/achangingworld/ - dove “Sopra tutti” viene ripetuto con maggior rilievo, con link a siti per “Dominio aereo”, “Dominio spaziale” e “Cyber-Dominio”, ciascuno dei quali ripete a sua volta “Sopra tutti”. Questi non cazzeggiano. Non sono i guerrafondai imperialisti di vostro padre. Se stanno progettando un nuovo “Reich millenario”, speriamo che il loro destino non sia migliore di quello dell’originale, che durò 12 anni.
Gli eventi degli ultimi anni indicano che il mondo sta aprendo gli occhi sull’ambizione centrale di Washington di dominare il mondo, e sta diventando meno intimidito. L’America latina cerca di sfuggire sempre di più alle grinfie dell’impero. Leader vivamente consapevoli di come funziona l’imperialismo USA e determinati a tenerlo fuori dal proprio paese sono al potere in Venezuela, Uruguay, Ecuador, Bolivia, Argentina, Brasile, Cuba, Guatemala, Nicaragua, Panama, e forse l’ultima aggiunta, il Paraguay. E ora l’Africa ha respinto l’offerta di Washington di far parte della famiglia imperiale. I governi africani hanno rifiutato di ospitare Africom, il comando africano USA. Il Washington Post ha riferito che “nel continente si è diffusa la preoccupazione che gli Stati Uniti progettino nuove grosse installazioni militari in Africa”, e malgrado la promessa di nuove partnership per sviluppo e sicurezza molti africani hanno concluso che Africom era in primo luogo un’estensione della politica antiterrorismo USA, pensata per tenere d’occhio la grossa popolazione musulmana africana.
Gli Stati Uniti “identificano terrorismo e Islam”, ha detto un esperto diplomatico keniota, e pochi governi africani desideravano che li si vedesse invitare la sorveglianza americana sul proprio popolo. [Nota dal vostro redattore: sarebbe più istruttivo identificare il terrorismo antiamericano con la politica estera americana, compresa la costruzione di basi militari nei paesi degli altri.] Quando Bush in febbraio ha visitato l’Africa, il presidente del Ghana gli ha detto: “Non costruirai basi nel Ghana”. Gruppi di assistenza finanziati dagli Stati Uniti hanno protestato contro i piani di espandere il ruolo dei militari americani nello sviluppo economico dell’Africa, opponendosi aspramente a lavorare a fianco dei soldati USA. Dice un ufficiale di Africom: “[Africom] è stato visto come una massiccia infusione di potenza militare in un continente che era abbastanza orgoglioso di aver rimosso dal proprio suolo le potenze straniere.”[1]
C’è anche il fattore petrolifero. Gli USA importano più petrolio dalle nazioni africane che dall’Arabia Saudita, e il continente ha enormi aree inesplorate. Senza dubbio questa è una delle maggiori motivazioni alla base del desiderio americano di una presenza militare estesa nella regione. Gli Stati Uniti non prenderanno il rifiuto africano di Africom come l’ultima parola; anzi, parte della dura retorica dei funzionari africani potrebbe essere a uso e consumo interno, dato che gli USA già hanno una certa presenza militare sul continente. Sarà interessante osservare il braccio di ferro in corso fra Washington e i nazionalisti/antimperialisti africani sull’espansione della presenza americana.

William Blum (The Anti-Empire Report n°58)
[1] Washington Post, 1 giugno 2008, p. 18.

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