Di Nicola Zitara :
Tra il sottoscritto e Marco Travaglio ci sono incolmabili differenze. In primo luogo politiche. Lui propugna la legalità dello Stato e della vita sociale, è un discepolo di Enzo Biagi. Quel che conta per me è la liberazione del popolo meridionale dall'odioso, parassitario, colonialista capitalismo padano. C'è poi la differenza di statura professionale. La sua attività è diretta a milioni di telespettatori, la mia, se tutto va bene, raggiunge sì e no qualche centinaio di lettori. C'è però nelle persone, al di là del loro ruolo sociale, come una bilancia interna che ti permette di pesare te stesso in relazione ai tuoi simili, e i tuoi simili in rapporto a te.
Da giornalista so che Marco Travaglio è un vero giornalista. Ma si dice: è partigiano, i suoi articoli e interventi televisivi tendono a demonizzare chi sta dall'opposta parte politica. Le sue, sono accuse, non spiegazioni.
Nessun giornalista è stato mai Salomone, nessuno è - o vuole essere - l'ago di una bilancia fermo sulla perpendicolare con lo Zenit. Un giornalista è spesso un combattente. I migliori giornalisti combattono una battaglia. Il fatto che Travaglio ci abbia ricordato che il presidente del senato va a spasso con i mafiosi non mi fa né caldo né freddo. Qui, al Sud, chi mai non ha un conoscente fra i mafiosi? D'altra parte, pure a Milano! No, non è questo che conta per me. Conta che Travaglio ha colto nel segno per una cosa diversa: ha additato ai telespettatori come immeritevole di rispetto e come assolutamente non credibile un personaggio fra i più non credibili politici del Sud, che vengono foraggiati dallo Stato italiano per tradire le popolazioni meridionali. A livello di sistema cosiddetto nazionale, l'unica volta che un meridionale pesa quanto un toscopadano è quando vota. Vota per portare zavorra, una sentina di maleodoranti liquami, in parlamento. Vendere onorevoli consensi all'Italia una e indivisibile è il mestiere più lucroso che esista nel Meridione.
Da giornalista so che Marco Travaglio è un vero giornalista. Ma si dice: è partigiano, i suoi articoli e interventi televisivi tendono a demonizzare chi sta dall'opposta parte politica. Le sue, sono accuse, non spiegazioni.
Nessun giornalista è stato mai Salomone, nessuno è - o vuole essere - l'ago di una bilancia fermo sulla perpendicolare con lo Zenit. Un giornalista è spesso un combattente. I migliori giornalisti combattono una battaglia. Il fatto che Travaglio ci abbia ricordato che il presidente del senato va a spasso con i mafiosi non mi fa né caldo né freddo. Qui, al Sud, chi mai non ha un conoscente fra i mafiosi? D'altra parte, pure a Milano! No, non è questo che conta per me. Conta che Travaglio ha colto nel segno per una cosa diversa: ha additato ai telespettatori come immeritevole di rispetto e come assolutamente non credibile un personaggio fra i più non credibili politici del Sud, che vengono foraggiati dallo Stato italiano per tradire le popolazioni meridionali. A livello di sistema cosiddetto nazionale, l'unica volta che un meridionale pesa quanto un toscopadano è quando vota. Vota per portare zavorra, una sentina di maleodoranti liquami, in parlamento. Vendere onorevoli consensi all'Italia una e indivisibile è il mestiere più lucroso che esista nel Meridione.
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