sabato 31 marzo 2012

Politica anzi assicurazione sulla vita


di Lino Patruno

Sarà un’impressione, ma Bari in questi giorni sembra più sporca. Magari un po’ di vento che fa volare cartacce. Ma più sporca di fiducia perduta, come quando da qualche parte ci sono i vetri rotti e così rimangono sempre: allora uno va e ne rompe un altro. La sensazione di eterno ritorno indietro che è la peggiore malattia del Sud. E la delusione di una città che si illudeva di una diversità di finestre aperte a un nuovo sole.

Prima l’Edilizia Sporca e l’arresto dei due fratelli Degennaro, con corredo insignificante di cozze pelose regalate al sindaco Emiliano.Poi le Fatture Sporche e l’arresto dei due fratelli Antro, con corredo molto significante di una sessantina di case sequestrate, da Cortina a Vietri sul Mare passando per un terreno in Costa Smeralda. Tengono famiglia e sono per ora accusati e non condannati. Ma a Bari almeno i politici del Comune sono vittime, per quanto disattente. Alla Provincia sono stati addirittura essi stessi a denunciare e incastrare.

Invece c’è di diverso e di peggio rispetto a Bari. Alligna tutto un Paese di pubblici amministratori a occhi chiusi e tasche rigonfie, quanto di imprenditori dalla truffa facile e dalla fame continua. Tanto da non distinguere più corruttori e corrotti. Come se stare in politica significasse automaticamente privilegio, abuso, arroganza, arricchimento. Come se fosse naturale il diritto a case di favore, a parenti e amici sistemati, a posti gratis ovunque, a gettoni di presenza, a incarichi e consulenze. E non perché debbano pensare ai figli anche loro: il regno delle tangenti è la Lombardia, la regione più ricca di tutte. Ingordigia e convinzione dell’immunità. E poi, per stare proprio al sicuro, 30 mila aziende pubbliche in Italia, pronte a sistemare anche le seconde e terze linee, non eletti ed ex vari: hanno famiglia pure loro.

E’ l’eterno scambio nazionale. Da un lato una imprenditoria troppo spesso più capace di conoscenze giuste che di produrre uno spillo. Dall’altro lato una politica troppo spesso più brava a ingrassare se stessa che a non ridurre a pelle e ossa la gente. Una politica che non ha diritto a lamentarsi di chi l’attacca finché non troverà in se stessa il rigurgito di dignità per cacciare i mercanti dal tempio prima che ci arrivino la Finanza e il pubblico ministero. Finché non sarà più il sistema rapido per sistemarsi a spese dei fessi che credono ancòra alla befana.

In questo al Nord più sporcaccioni che al Sud, essendo roba loro tutti i Grandi Furti nazionali da Tangentopoli in poi. Il Sud soffred’altro, un po’ condannato un po’ autocondannato com’è all’assistenza dello Stato. Cosicché il politico migliore, si fa per dire, è quello più capace di far arrivare più soldi. Il migliore è cioè il più traffichino. qualifica che a fatica fa rima con onestà e capacità. Né con disinteresse personale. Per spezzare il meccanismo, il Sud dovrebbe essere messo (e si dovrebbe mettere) in grado di fare da solo senza assistenza. I politici non dovrebbero, mettiamo, rimanere in carica più di due volte. E gli imprenditori che partecipano ad appalti pubblici non dovrebbero poter fare i politici per assegnarli a se stessi. Invece, la politica è un’assicurazione sulla bella vita. Anzi, nelle campagne elettorali parte l’appello a consiglieri comunali, assessori, presidenti vari a sacrificarsi per candidarsi (senza che occorra troppo pregarli per il sacrificio). La casta.

Né, a quanto pare, i giovani sono di altra razza. Stanno sempre a inventarsi movimenti e associazioni culturali (culturali, ci mancherebbe) per far sentire la loro ansia più che la loro voce: scostatevi e fateci posto. Non meraviglia allora che a Bari, nei giorni caldi delle cozze pelose, abbiano convocato una maxi riunione per battere (e battersi) il petto tutti. E non meraviglia che non si sia visto un solo cittadino: il cittadino avrebbe voluto battere loro.

Ecco perché il successo del governo cosiddetto tecnico: per l’Italia la vera Primavera, la rinascita della natura. Magari qualche decisione sempre a carico di chi paga già, magari qualche parola di troppo, magari una inutile guerra santa sull’articolo 18. Ma decisioni, vivaddio, non prese per decenni, e in gran parte giuste. E a tambur battente, mica solo inedia e risse in tv (se solo si riuscisse a tener un po’ buono il sottosegretario Polillo). A conferma che non è vero che sia difficile o addirittura inutile governare gli italiani. I quali, quando suona la campana, ci sono sempre, anche a costo di prendersi la lezione del prof. Monti. Governo politico, altro che tecnico. Addirittura pedagogico.

Tornando a Bari, non bisogna, come si dice, buttare l’acqua con tutto il bambino. Un incidente di percorso ci può stare. Anzi due. Ma si riparino al più presto quei vetri rotti. E si stia lontani dai mercanti (e dai fratelli). Sono un’allergia, e non solo di stagione.

da: La Gazzetta del Mezzogiorno del 30 marzo 2012


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di Lino Patruno

Sarà un’impressione, ma Bari in questi giorni sembra più sporca. Magari un po’ di vento che fa volare cartacce. Ma più sporca di fiducia perduta, come quando da qualche parte ci sono i vetri rotti e così rimangono sempre: allora uno va e ne rompe un altro. La sensazione di eterno ritorno indietro che è la peggiore malattia del Sud. E la delusione di una città che si illudeva di una diversità di finestre aperte a un nuovo sole.

Prima l’Edilizia Sporca e l’arresto dei due fratelli Degennaro, con corredo insignificante di cozze pelose regalate al sindaco Emiliano.Poi le Fatture Sporche e l’arresto dei due fratelli Antro, con corredo molto significante di una sessantina di case sequestrate, da Cortina a Vietri sul Mare passando per un terreno in Costa Smeralda. Tengono famiglia e sono per ora accusati e non condannati. Ma a Bari almeno i politici del Comune sono vittime, per quanto disattente. Alla Provincia sono stati addirittura essi stessi a denunciare e incastrare.

Invece c’è di diverso e di peggio rispetto a Bari. Alligna tutto un Paese di pubblici amministratori a occhi chiusi e tasche rigonfie, quanto di imprenditori dalla truffa facile e dalla fame continua. Tanto da non distinguere più corruttori e corrotti. Come se stare in politica significasse automaticamente privilegio, abuso, arroganza, arricchimento. Come se fosse naturale il diritto a case di favore, a parenti e amici sistemati, a posti gratis ovunque, a gettoni di presenza, a incarichi e consulenze. E non perché debbano pensare ai figli anche loro: il regno delle tangenti è la Lombardia, la regione più ricca di tutte. Ingordigia e convinzione dell’immunità. E poi, per stare proprio al sicuro, 30 mila aziende pubbliche in Italia, pronte a sistemare anche le seconde e terze linee, non eletti ed ex vari: hanno famiglia pure loro.

E’ l’eterno scambio nazionale. Da un lato una imprenditoria troppo spesso più capace di conoscenze giuste che di produrre uno spillo. Dall’altro lato una politica troppo spesso più brava a ingrassare se stessa che a non ridurre a pelle e ossa la gente. Una politica che non ha diritto a lamentarsi di chi l’attacca finché non troverà in se stessa il rigurgito di dignità per cacciare i mercanti dal tempio prima che ci arrivino la Finanza e il pubblico ministero. Finché non sarà più il sistema rapido per sistemarsi a spese dei fessi che credono ancòra alla befana.

In questo al Nord più sporcaccioni che al Sud, essendo roba loro tutti i Grandi Furti nazionali da Tangentopoli in poi. Il Sud soffred’altro, un po’ condannato un po’ autocondannato com’è all’assistenza dello Stato. Cosicché il politico migliore, si fa per dire, è quello più capace di far arrivare più soldi. Il migliore è cioè il più traffichino. qualifica che a fatica fa rima con onestà e capacità. Né con disinteresse personale. Per spezzare il meccanismo, il Sud dovrebbe essere messo (e si dovrebbe mettere) in grado di fare da solo senza assistenza. I politici non dovrebbero, mettiamo, rimanere in carica più di due volte. E gli imprenditori che partecipano ad appalti pubblici non dovrebbero poter fare i politici per assegnarli a se stessi. Invece, la politica è un’assicurazione sulla bella vita. Anzi, nelle campagne elettorali parte l’appello a consiglieri comunali, assessori, presidenti vari a sacrificarsi per candidarsi (senza che occorra troppo pregarli per il sacrificio). La casta.

Né, a quanto pare, i giovani sono di altra razza. Stanno sempre a inventarsi movimenti e associazioni culturali (culturali, ci mancherebbe) per far sentire la loro ansia più che la loro voce: scostatevi e fateci posto. Non meraviglia allora che a Bari, nei giorni caldi delle cozze pelose, abbiano convocato una maxi riunione per battere (e battersi) il petto tutti. E non meraviglia che non si sia visto un solo cittadino: il cittadino avrebbe voluto battere loro.

Ecco perché il successo del governo cosiddetto tecnico: per l’Italia la vera Primavera, la rinascita della natura. Magari qualche decisione sempre a carico di chi paga già, magari qualche parola di troppo, magari una inutile guerra santa sull’articolo 18. Ma decisioni, vivaddio, non prese per decenni, e in gran parte giuste. E a tambur battente, mica solo inedia e risse in tv (se solo si riuscisse a tener un po’ buono il sottosegretario Polillo). A conferma che non è vero che sia difficile o addirittura inutile governare gli italiani. I quali, quando suona la campana, ci sono sempre, anche a costo di prendersi la lezione del prof. Monti. Governo politico, altro che tecnico. Addirittura pedagogico.

Tornando a Bari, non bisogna, come si dice, buttare l’acqua con tutto il bambino. Un incidente di percorso ci può stare. Anzi due. Ma si riparino al più presto quei vetri rotti. E si stia lontani dai mercanti (e dai fratelli). Sono un’allergia, e non solo di stagione.

da: La Gazzetta del Mezzogiorno del 30 marzo 2012


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