mercoledì 6 aprile 2011

Solo la città di Napoli «brucerà» le immondizie dell’intera Austria


Il report di Osservasalute 2011 della Cattolica

NAPOLI — «Bisognerà soffrire per tre anni in attesa degli impianti» che ridurranno la quasi totalità dei rifiuti campani in cenere, ammonisce la Regione. Ma intanto, perché le discariche si esauriscono prima del previsto? E perché non si fanno anche gli impianti di compostaggio? Cosa hanno, di tanto speciale, gli inceneritori? La portata complessiva dei soli inceneritori di Napoli (1000 tonnellate al giorno) e Acerra (2000 tonnellate quotidiane a pieno regime nei tre forni tarati per bruciare 650.000 tonnellate annue) è pari alla portata giornaliera di tutti e nove gli inceneritori che servono l’Austria e maggiore dei ben otto impianti che servono l’Emilia Romagna, secondo elaborazioni Ispra su dati Eurostat. Perché, in Campania, se ne vogliono costruire altri tre? Se ne è discusso al convegno Ambiente e Salute con l’esperto oncologo Antonio Marfella, già perito di parte sui casi di Pianura e Acerra. La Campania punta ad incenerire 2.5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani l’anno esclusi gli inceneritori a biomasse e dei cementifici, quando complessivamente in Italia, oggi, se ne bruciano 3.5 tonnellate.

Secondo il rapporto Osservasalute 2011 della Cattolica, i campani producono 2 milioni e 723 mila tonnellate di rifiuti urbani l’anno e la produzione procapite diminuisce da 500 a 468 chili annui per abitante. Sempre secondo la Cattolica, la Campania tratterebbe «solo» 2.300 tonnellate di rifiuti speciali l’anno delle quali «appena» 107 pericolose. E qui i conti cominciano a non tornare. La Campania è anche l’unica regione del report che alla voce «speciali smaltiti in discarica» risulta «n.d.», non determinati. Dove saranno trattati questi rifiuti «legali» , non è dato di saperlo. Forse in parte ad Acerra, dove reflui industriali «trattati» finiscono nella famigerata località Omomorto ai Regi Lagni? Le Regioni formalmente virtuose, le zone d’ombra le presentano invece fuori-report: il sito dell’Arpa Veneto, ad esempio, comunica che «alcune tipologie di rifiuti pericolosi per i quali non vi è possibilità di smaltimento in ambito regionale sono destinate a discariche per rifiuti pericolosi ubicate in altre regioni o all’estero». Ebbene il pm Donato Ceglie della Procura di Santa Maria Capua Vetere ha trovato i fanghi di Porto Marghera «smaltiti illecitamente» a Castelvolturno, prima ancora che a Bacoli. E quando già quelli piemontesi dell’Acna di Cengio erano entrati a Pianura ma con una palese «tracciabilità» che oggi manca e, sospeso il sistema Sistri, mancherà del tutto per un anno ancora. Invece l’Arpac stima la quantità di rifiuti speciali complessiva «prodotta» in Campania in 4 milioni di tonnellate, e la produzione includerebbe il 38% di aziende in nero, ad esempio di borse o vernici, che non smaltiscono certo legalmente.

E c’è anche un import export. La Regione Campania il 23 marzo 2010 ha deliberato il Programma di gestione dei rifiuti speciali (Burc del 7/4/2010), mille pagine di ricerche e soluzioni operative prodotte in una manciata di giorni subito dopo la minaccia di sanzioni europee. Qui si apprende che la Campania importa, legalmente, scarti industriali (secondo l’Arpac da fonte Mud) da Lombardia, Veneto, Toscana, Abruzzo, Lazio, Molise, Calabria e Sicilia e dall’ «estero» , soprattutto residui di raffinazioni petroli o gas e scarti da processi chimici inorganici. Ora, la gestione dei rifiuti industriali è di competenza privata, ma in Campania diventa un problema pubblico e spesso di rilevanza penale. La Regione nella delibera del 2010 scrive che legalmente importiamo non meno di 260 mila tonnellate l'anno di rifiuti industriali anche pericolosi «che dovrebbero essere smaltiti in Campania e di questi non meno di 50 mila tonnellate l'anno di pneumatici usati, il famoso combustibile della Terra dei Fuochi — spiega l’esperto, Marfella —. Il punto è che i nostri terminali ufficiali non sono in grado di smaltire una tale quantità di speciali. Ne esportiamo infatti 900 mila tonnellate l’anno. Facile per la camorra, in questo giro, gestire flussi paralleli di tossici o fanghi che si confondono con l’umido senza gli impianti di compostaggio» . Nel 2006 la Regione addirittura sovrastimava le «biomasse disponibili» in Campania, pari a 3.4 milioni di tonnellate annue (il 50% della produzione della Germania) scriveva il consulente dell’assessore Cozzolino, Tombolillo, poi arrestato con le indagini sull’inceneritore a biomasse di Pignataro Maggiore.

Luca Marconi

Fonte:Corriere del Mezzogiorno


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Il report di Osservasalute 2011 della Cattolica

NAPOLI — «Bisognerà soffrire per tre anni in attesa degli impianti» che ridurranno la quasi totalità dei rifiuti campani in cenere, ammonisce la Regione. Ma intanto, perché le discariche si esauriscono prima del previsto? E perché non si fanno anche gli impianti di compostaggio? Cosa hanno, di tanto speciale, gli inceneritori? La portata complessiva dei soli inceneritori di Napoli (1000 tonnellate al giorno) e Acerra (2000 tonnellate quotidiane a pieno regime nei tre forni tarati per bruciare 650.000 tonnellate annue) è pari alla portata giornaliera di tutti e nove gli inceneritori che servono l’Austria e maggiore dei ben otto impianti che servono l’Emilia Romagna, secondo elaborazioni Ispra su dati Eurostat. Perché, in Campania, se ne vogliono costruire altri tre? Se ne è discusso al convegno Ambiente e Salute con l’esperto oncologo Antonio Marfella, già perito di parte sui casi di Pianura e Acerra. La Campania punta ad incenerire 2.5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani l’anno esclusi gli inceneritori a biomasse e dei cementifici, quando complessivamente in Italia, oggi, se ne bruciano 3.5 tonnellate.

Secondo il rapporto Osservasalute 2011 della Cattolica, i campani producono 2 milioni e 723 mila tonnellate di rifiuti urbani l’anno e la produzione procapite diminuisce da 500 a 468 chili annui per abitante. Sempre secondo la Cattolica, la Campania tratterebbe «solo» 2.300 tonnellate di rifiuti speciali l’anno delle quali «appena» 107 pericolose. E qui i conti cominciano a non tornare. La Campania è anche l’unica regione del report che alla voce «speciali smaltiti in discarica» risulta «n.d.», non determinati. Dove saranno trattati questi rifiuti «legali» , non è dato di saperlo. Forse in parte ad Acerra, dove reflui industriali «trattati» finiscono nella famigerata località Omomorto ai Regi Lagni? Le Regioni formalmente virtuose, le zone d’ombra le presentano invece fuori-report: il sito dell’Arpa Veneto, ad esempio, comunica che «alcune tipologie di rifiuti pericolosi per i quali non vi è possibilità di smaltimento in ambito regionale sono destinate a discariche per rifiuti pericolosi ubicate in altre regioni o all’estero». Ebbene il pm Donato Ceglie della Procura di Santa Maria Capua Vetere ha trovato i fanghi di Porto Marghera «smaltiti illecitamente» a Castelvolturno, prima ancora che a Bacoli. E quando già quelli piemontesi dell’Acna di Cengio erano entrati a Pianura ma con una palese «tracciabilità» che oggi manca e, sospeso il sistema Sistri, mancherà del tutto per un anno ancora. Invece l’Arpac stima la quantità di rifiuti speciali complessiva «prodotta» in Campania in 4 milioni di tonnellate, e la produzione includerebbe il 38% di aziende in nero, ad esempio di borse o vernici, che non smaltiscono certo legalmente.

E c’è anche un import export. La Regione Campania il 23 marzo 2010 ha deliberato il Programma di gestione dei rifiuti speciali (Burc del 7/4/2010), mille pagine di ricerche e soluzioni operative prodotte in una manciata di giorni subito dopo la minaccia di sanzioni europee. Qui si apprende che la Campania importa, legalmente, scarti industriali (secondo l’Arpac da fonte Mud) da Lombardia, Veneto, Toscana, Abruzzo, Lazio, Molise, Calabria e Sicilia e dall’ «estero» , soprattutto residui di raffinazioni petroli o gas e scarti da processi chimici inorganici. Ora, la gestione dei rifiuti industriali è di competenza privata, ma in Campania diventa un problema pubblico e spesso di rilevanza penale. La Regione nella delibera del 2010 scrive che legalmente importiamo non meno di 260 mila tonnellate l'anno di rifiuti industriali anche pericolosi «che dovrebbero essere smaltiti in Campania e di questi non meno di 50 mila tonnellate l'anno di pneumatici usati, il famoso combustibile della Terra dei Fuochi — spiega l’esperto, Marfella —. Il punto è che i nostri terminali ufficiali non sono in grado di smaltire una tale quantità di speciali. Ne esportiamo infatti 900 mila tonnellate l’anno. Facile per la camorra, in questo giro, gestire flussi paralleli di tossici o fanghi che si confondono con l’umido senza gli impianti di compostaggio» . Nel 2006 la Regione addirittura sovrastimava le «biomasse disponibili» in Campania, pari a 3.4 milioni di tonnellate annue (il 50% della produzione della Germania) scriveva il consulente dell’assessore Cozzolino, Tombolillo, poi arrestato con le indagini sull’inceneritore a biomasse di Pignataro Maggiore.

Luca Marconi

Fonte:Corriere del Mezzogiorno


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