lunedì 15 settembre 2025

Mezzogiorno tra nuove gabbie salariali e desertificazione demografica

 



di Natale Cuccurese

L’aumento dei prezzi dei generi alimentari negli ultimi anni ha raggiunto vette superiori al 90%. Tenendo conto anche dell’aumento delle bollette energetiche, dei carburanti e del peso che queste voci hanno sulle spese di una famiglia media, è lecito supporre che l’inflazione sia stata molto più alta di quella comunicata dall’ISTAT.

Si può quindi ragionevolmente supporre che i salari reali siano crollati molto di più di quanto comunicato, almeno il doppio. Come se non bastasse e come da tabella apparsa sul “Sole24ore” nei giorni scorsi i prezzi del carrello della spesa sono aumentati in percentuale molto di più al Sud e al Centro che al Nord.

Eppure, come se non bastasse alcuni politici attualmente al governo, sostenuti dalla grancassa dei media di regime, ciclicamente ripropongono l’idea, a dir poco sorpassata, di rispolverare le nefaste “gabbie salariali”.

I salari differenziati fra Nord e Sud non a caso li chiede da sempre la Lega, ora anche con il sostegno della maggioranza dei “sovranisti” che hanno sostenuto l’Autonomia differenziata.

Fra l’altro in questo disgraziato paese le gabbie salariali esistono già, infatti al Sud a parità di lavoro si guadagna in media il 30% meno che al Nord. In più al Sud si pagano le stesse tasse del Nord, e come detto è aumentato molto di più che al Nord il costo della spesa, in più i servizi mancano! Ma è poi vero che al Sud “la vita costa meno”? No!

Come dimostrava già una indagine di Altroconsumo qualche mese fa Calabria, Molise, Puglia, Sardegna, Basilicata, Sicilia e Abruzzo sono le regioni con il rapporto meno conveniente tra reddito familiare e peso del carrello della spesa che incide per il 16-17%.

Non parliamo poi della scarsità di servizi sanitari, scolastici, culturali e ricreativi, impiantistica sportiva, mercato (energetici assicurativi), pubblici essenziali, collegamenti. Inoltre i mutui per privati ed aziende al Sud costano fino al 2,5% in più che al Nord. Di conseguenza si impennano i costi da sopportare, anche perché spesso si è obbligati a rivolgersi ai privati, molto di più rispetto al Nord, per assoluta scarsità quando non mancanza di servizi a partire dalla Sanità.

Ricordo che nel 2023 solo 13 Regioni rispettano gli standard essenziali di cura. PugliaCampania e Sardegna le uniche promosse al Sud.

La Puglia ha registrato punteggi simili a quelli di alcune Regioni del Nord, mentre Campania e Sardegna si collocano al di sopra della sufficienza anche se di poco. Guarda caso sono le uniche tre Regioni del Sud (considerando anche la Sardegna) in mano al centrosinistra.

Sono i dati del Ministero della Salute che valuta annualmente l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), ovvero le prestazioni sanitarie che tutte le Regioni e Province Autonome devono garantire gratuitamente o previo il pagamento del ticket.

Tra le prime 10 Regioni 6 sono del Nord, 3 del Centro e solo 1 del Sud. Nelle ultime 7 posizioni, fatta eccezione per la Valle d’Aosta, si trovano esclusivamente Regioni del Mezzogiorno.

A ciò si aggiunge che la tassazione regionale e comunale che grava sui cittadini del Sud è molto più alta in percentuale, anche a causa degli scarsi trasferimenti dello Stato che mai raggiungono la quota del 34%, cioè la quota riferita alla ripartizione della sola percentuale della popolazione residente.

Non a caso, con l’eccezione della Guyana francese – territorio d’oltremare in America del sud – le due regioni col maggior rischio di povertà dell’Unione europea sono la Calabria e la Sicilia. In Calabria la percentuale di abitanti a rischio supera il 40%, quota sfiorata anche sull’altra sponda dello Stretto di Messina (38%). E non vanno molto meglio le cose in Campania, dove la percentuale è del 36,1%.

Eppure, ciclicamente come la marea, qualche politico interessato tira fuori dal cappello a cilindro l’idea delle “gabbie salariali”, cioè pagare ancora meno di oggi i salariati del Sud. Sono poi gli stessi politicantiche successivamente si chiedono stupiti come mai i giovani emigrano a centinaia di migliaia ogni anno verso l’estero, con il Sud che lentamente sta scivolando verso la desertificazione demografica.

Inutile stupirsi, questo è il governo di “prima il Nord”, chi al Sud continua a votare per i partiti che lo sostengono o è disinformato, o è masochista, o è complice esclusivamente per propri interessi personali o di clientela.

Fonte: Meridione/Meridiani. I Sud oltre il Sud. [ISSN 3103-1927].




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di Natale Cuccurese

L’aumento dei prezzi dei generi alimentari negli ultimi anni ha raggiunto vette superiori al 90%. Tenendo conto anche dell’aumento delle bollette energetiche, dei carburanti e del peso che queste voci hanno sulle spese di una famiglia media, è lecito supporre che l’inflazione sia stata molto più alta di quella comunicata dall’ISTAT.

Si può quindi ragionevolmente supporre che i salari reali siano crollati molto di più di quanto comunicato, almeno il doppio. Come se non bastasse e come da tabella apparsa sul “Sole24ore” nei giorni scorsi i prezzi del carrello della spesa sono aumentati in percentuale molto di più al Sud e al Centro che al Nord.

Eppure, come se non bastasse alcuni politici attualmente al governo, sostenuti dalla grancassa dei media di regime, ciclicamente ripropongono l’idea, a dir poco sorpassata, di rispolverare le nefaste “gabbie salariali”.

I salari differenziati fra Nord e Sud non a caso li chiede da sempre la Lega, ora anche con il sostegno della maggioranza dei “sovranisti” che hanno sostenuto l’Autonomia differenziata.

Fra l’altro in questo disgraziato paese le gabbie salariali esistono già, infatti al Sud a parità di lavoro si guadagna in media il 30% meno che al Nord. In più al Sud si pagano le stesse tasse del Nord, e come detto è aumentato molto di più che al Nord il costo della spesa, in più i servizi mancano! Ma è poi vero che al Sud “la vita costa meno”? No!

Come dimostrava già una indagine di Altroconsumo qualche mese fa Calabria, Molise, Puglia, Sardegna, Basilicata, Sicilia e Abruzzo sono le regioni con il rapporto meno conveniente tra reddito familiare e peso del carrello della spesa che incide per il 16-17%.

Non parliamo poi della scarsità di servizi sanitari, scolastici, culturali e ricreativi, impiantistica sportiva, mercato (energetici assicurativi), pubblici essenziali, collegamenti. Inoltre i mutui per privati ed aziende al Sud costano fino al 2,5% in più che al Nord. Di conseguenza si impennano i costi da sopportare, anche perché spesso si è obbligati a rivolgersi ai privati, molto di più rispetto al Nord, per assoluta scarsità quando non mancanza di servizi a partire dalla Sanità.

Ricordo che nel 2023 solo 13 Regioni rispettano gli standard essenziali di cura. PugliaCampania e Sardegna le uniche promosse al Sud.

La Puglia ha registrato punteggi simili a quelli di alcune Regioni del Nord, mentre Campania e Sardegna si collocano al di sopra della sufficienza anche se di poco. Guarda caso sono le uniche tre Regioni del Sud (considerando anche la Sardegna) in mano al centrosinistra.

Sono i dati del Ministero della Salute che valuta annualmente l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), ovvero le prestazioni sanitarie che tutte le Regioni e Province Autonome devono garantire gratuitamente o previo il pagamento del ticket.

Tra le prime 10 Regioni 6 sono del Nord, 3 del Centro e solo 1 del Sud. Nelle ultime 7 posizioni, fatta eccezione per la Valle d’Aosta, si trovano esclusivamente Regioni del Mezzogiorno.

A ciò si aggiunge che la tassazione regionale e comunale che grava sui cittadini del Sud è molto più alta in percentuale, anche a causa degli scarsi trasferimenti dello Stato che mai raggiungono la quota del 34%, cioè la quota riferita alla ripartizione della sola percentuale della popolazione residente.

Non a caso, con l’eccezione della Guyana francese – territorio d’oltremare in America del sud – le due regioni col maggior rischio di povertà dell’Unione europea sono la Calabria e la Sicilia. In Calabria la percentuale di abitanti a rischio supera il 40%, quota sfiorata anche sull’altra sponda dello Stretto di Messina (38%). E non vanno molto meglio le cose in Campania, dove la percentuale è del 36,1%.

Eppure, ciclicamente come la marea, qualche politico interessato tira fuori dal cappello a cilindro l’idea delle “gabbie salariali”, cioè pagare ancora meno di oggi i salariati del Sud. Sono poi gli stessi politicantiche successivamente si chiedono stupiti come mai i giovani emigrano a centinaia di migliaia ogni anno verso l’estero, con il Sud che lentamente sta scivolando verso la desertificazione demografica.

Inutile stupirsi, questo è il governo di “prima il Nord”, chi al Sud continua a votare per i partiti che lo sostengono o è disinformato, o è masochista, o è complice esclusivamente per propri interessi personali o di clientela.

Fonte: Meridione/Meridiani. I Sud oltre il Sud. [ISSN 3103-1927].




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