Prima udienza per la vendita del monumento che fu tenuta di caccia. L'appello delle associazioni| Video
NAPOLI - Uno dei gioielli borbonici va all'asta. Si terrà oggi la prima udienza per la vendita del Real Sito di Carditello - a San Tammaro, tra Napoli e Caserta - complesso architettonico settecentesco «vanvitelliano», nel senso che è stato realizzato da Francesco Collecini che di Luigi Vanvitelli era allievo.
Il monumento neoclassico, impreziosito da affreschi di Hackert, è abbandonato a se stesso da anni ed è in condizioni di degrado.
La «reale delizia» sarà venduta all’asta con una base di partenza di 25 milioni di euro. La «piccola reggia», molto simile per architettura a quella di Caserta, finora è stata patrimonio del Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno, un ente strumentale della Regione Campania.
Il Real Sito di Carditello può essere considerato la «Venaria del Sud» e faceva parte di un patrimonio di ben 22 residenze borboniche che avevano la doppia funzione di aziende e di luogo ameno per battute di cacce e passeggiate a cavallo. In particolare fu Carlo di Borbone (1716-1788) ad eleggerlo luogo privilegiato per la caccia e l'allevamento di cavalli di razza. Ferdinando IV di Borbone (1751-1752), invece, lo trasformò in una fattoria di tipo illuminista, destinata alla coltivazione del grano e all'allevamento anche di bovini.
Di tutto questo oggi rimane l'imponente complesso architettonico tra i boschi e da anni i casertani e non solo loro ne aspettavano il restauro e la riapertura.
L'ufficio esecuzioni immobiliari del tribunale di Santa Maria Capua Vetere intanto ha nominato l’incaricato della procedura di vendita, l’avvocato Meinardi: si aggiudicherà il sito chi soddisfarà l'ente creditore Sga, società di recupero crediti del Banco di Napoli.
Italia Nostra e il coordinamento associazioni casertane lanciano un appello alle istituzioni affinché acquistino il monumento e provvedano al suo restauro. «Sarebbe veramente tragico - spiegano Italia Nostra e Coasca - celebrare i 150 anni dall’Unità d’Italia perdendo un così straordinario patrimonio storico artistico, testimonianza del glorioso passato produttivo di Terra di Lavoro».
Marco Perillo
Fonte: Corriere del Mezzogiorno del 27 gennaio 2011
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