mercoledì 12 gennaio 2022

Ferrovie e asili nido al Sud, l’ultima beffa del Pnrr

 

Di Natale Cuccurese

Fonte: Left

Gran parte degli investimenti previsti del Piano nazionale di ripresa e resilienza per il Mezzogiorno non sono «territorializzabili». Così l'Alta velocità si allontana. E nei servizi all'infanzia rimangono le disuguaglianze rispetto al resto del Paese

Sui giornali di inizio anno è apparsa la notizia che per l’Alta Velocità, «salta la riserva del 40% dei fondi del Pnrr al Sud perché non è “territorializzabile”».
Peccato che è dal luglio scorso, da quando cioè si è scoperto l’inganno semplicemente leggendo il testo presentato dal governo alla Commissione europea, che è risaputo che larga parte degli investimenti previsti del Pnrr non sono territorializzati.
Ricordo che avevamo subito denunciato con forza che in realtà solo 35 miliardi, degli 82 annunciati dal governo, erano effettivamente allocati nel Mezzogiorno, mentre dei restanti 47 miliardi promessi, nel testo ufficiale inviato in Europa, controllando misura per misura, semplicemente non c’è traccia.

La scorsa estate, di fronte alle polemiche sorte la ministra per il Sud, Mara Carfagna, aveva risposto dalle pagine del Mattino che la restante parte degli investimenti non sarebbe andata persa per il Mezzogiorno, ma sarebbe poi stata ripartita attraverso bandi con quote territoriali con monitoraggio. Durante il question time al Senato del 15 luglio, la ministra del Sud aveva poi rafforzato il concetto sino a spingersi a garantire l’introduzione di un “vincolo di destinazione territoriale” utile ad evitare il pericolo di una sensibile riduzione degli investimenti previsti nel Mezzogiorno.
Ora come allora ripetiamo che questo aspetto sarebbe stato meglio scriverlo subito nel Piano, visto che su molti bandi allora come oggi non c’era e non c’è alcuna quota minima territoriale e comunque, se mai sarà attivato questo vincolo, cosa che ad oggi con tutta evidenza per l’AV non c’è, i fondi arriveranno solo se gli aiuti forniti a chi non ne ha bisogno finiscono.

Ricapitolando: secondo le indicazioni della Commissione europea (pag.8 e 9 del regolamento) l’Italia ha ricevuto la quota di fondi del Pnnr più alta di tutti i Paesi d’Europa (191,5 miliardi di euro) soprattutto per risolvere la situazione drammatica (maggiore disoccupazione e Pil inferiore) del Mezzogiorno. Al Sud quindi seguendo tali parametri doveva andare il 65% del Pnrr, il governo ha retrocesso a suo insindacabile giudizio con un tratto di penna questa quota al 40% (pag. 37 Pnrr), ma anche questa rischia di rimanere sulla carta senza target territoriali riducendosi così ulteriormente al 16%, così come scritto nero su bianco nel Piano inviato in Europa. Purtroppo senza un supporto alle amministrazioni con minore capacità progettuale soprattutto per scarsità di personale visti i continui tagli imposti da Roma negli anni precedenti in nome della spending review che discende dall’Europa, le amministrazioni del Sud, che su questo non hanno colpe, rischiano di andare seriamente in difficoltà e non riuscire a rispettare i tempi richiesti (2026) per cui questa quota del 16% potrebbe diminuire ulteriormente, come sempre a favore di territori più ricchi come la Lombardia dove, non a caso, i sindaci Sala e Gori già si sono fatti avanti pochi giorni fa pronti ad intercettare anche quel 16% di fondi solo teoricamente destinati al Sud, ovviamente al fine di non perderli a livello nazionale totale.

Come se tutto questo non bastasse nei provvedimenti attuativi riguardanti i finanziamenti di 2,4 miliardi di euro per gli asili nido dello scorso 30 novembre, invece di correggere il bando di pochi mesi fa che già aveva suscitato proteste, visto che finanziava chi più aveva e cioè Milano, Torino, Bolzano a danno di chi non ha nulla come Venafro, non solo non riequilibra nulla, ma nel tentativo di rendere la predazione meno evidente sposta al 2035 in base ai dati Istat, che fotografano solo la proiezione dell’attuale situazione senza interventi, nascite e residenze future di 50.000 bambini del Sud al Nord, in base ad una ipotetica futura emigrazione interna. Per cui i finanziamenti del Pnrr non sono modulati in base alla situazione di oggi, ma in base all’ipotetica situazione nel 2035. Così da poter anticipare i fondi per nuovi asili al Nord subito, comunque entro il 2026, per rientrare fra quelli del Pnrr.

Di conseguenza si evince che il problema degli asili al Sud non si risolverà nemmeno questa volta, mentre il governo prevede e certifica, scritto nero su bianco, che l’emigrazione interna continuerà, dato che con tutta evidenza sa benissimo che nulla farà per riequilibrare le differenze territoriali come l’Europa aveva richiesto per i fondi del Pnrr, ed anzi già prevede che l’emigrazione con l’Autonomia differenziata, che evidentemente avrà il via libera, risulterà addirittura maggiore dell’attuale, dando così implicitamente ragione ai dubbi e timori che solleviamo da anni sull’argomento, e che il Sud sarà sempre più desertificato, mentre l’Europa, a questo punto silente e complice, resterà a guardare.
Da un punto di vista costituzionale non sembra proprio accettabile un governo che con ben 13 anni di anticipo destini risorse a favore di un solo territorio e nei fatti programmi l’emigrazione interna, ma a questo punto forse sarebbe più corretto parlare di “deportazione programmata”, di decine di migliaia di cittadini, dal Sud al Nord del Paese, invece di operare per risolvere le disparità territoriali affinchè l’emigrazione nel 2035 non ci sia più o almeno in proporzioni sempre minori e non maggiori come si prevede e quindi vuole.

Il Sud quindi alla fine di questa commedia, gestita dal governo più antimeridionale della storia della Repubblica, ben supportato nell’inganno da politici del Sud evidentemente interessati al mantenimento dello status quo, si ritroverà se va bene e come sempre con un’elemosina, ma i suoi cittadini, o comunque quelli che rimarranno, e qui si evidenzia l’ennesima truffa, al pari di quelli dei territori che avranno la stragrande quota dei fondi si troveranno a dover ripagare con le tasse i debiti contratti dal governo con l’Europa per i prossimi decenni, nella stessa identica percentuale, pur avendo ricevuto poco o nulla.
Se a questo aggiungiamo anche l’Autonomia differenziata in dirittura d’arrivo e la situazione drammatica in cui versa la democrazia nel nostro Paese è facile capire come la prevista balcanizzazione sia dietro l’angolo, se non si interviene rapidamente per eliminare le sempre più insopportabili differenze ed iniquità territoriali.

L’autore: Natale Cuccurese è presidente del Partito del Sud

Nella foto: il ministro dell’Economia Daniele Franco e il presidente del Consiglio alla Camera per le comunicazioni sul Recovery Plan, Roma, 26 aprile 2021



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Di Natale Cuccurese

Fonte: Left

Gran parte degli investimenti previsti del Piano nazionale di ripresa e resilienza per il Mezzogiorno non sono «territorializzabili». Così l'Alta velocità si allontana. E nei servizi all'infanzia rimangono le disuguaglianze rispetto al resto del Paese

Sui giornali di inizio anno è apparsa la notizia che per l’Alta Velocità, «salta la riserva del 40% dei fondi del Pnrr al Sud perché non è “territorializzabile”».
Peccato che è dal luglio scorso, da quando cioè si è scoperto l’inganno semplicemente leggendo il testo presentato dal governo alla Commissione europea, che è risaputo che larga parte degli investimenti previsti del Pnrr non sono territorializzati.
Ricordo che avevamo subito denunciato con forza che in realtà solo 35 miliardi, degli 82 annunciati dal governo, erano effettivamente allocati nel Mezzogiorno, mentre dei restanti 47 miliardi promessi, nel testo ufficiale inviato in Europa, controllando misura per misura, semplicemente non c’è traccia.

La scorsa estate, di fronte alle polemiche sorte la ministra per il Sud, Mara Carfagna, aveva risposto dalle pagine del Mattino che la restante parte degli investimenti non sarebbe andata persa per il Mezzogiorno, ma sarebbe poi stata ripartita attraverso bandi con quote territoriali con monitoraggio. Durante il question time al Senato del 15 luglio, la ministra del Sud aveva poi rafforzato il concetto sino a spingersi a garantire l’introduzione di un “vincolo di destinazione territoriale” utile ad evitare il pericolo di una sensibile riduzione degli investimenti previsti nel Mezzogiorno.
Ora come allora ripetiamo che questo aspetto sarebbe stato meglio scriverlo subito nel Piano, visto che su molti bandi allora come oggi non c’era e non c’è alcuna quota minima territoriale e comunque, se mai sarà attivato questo vincolo, cosa che ad oggi con tutta evidenza per l’AV non c’è, i fondi arriveranno solo se gli aiuti forniti a chi non ne ha bisogno finiscono.

Ricapitolando: secondo le indicazioni della Commissione europea (pag.8 e 9 del regolamento) l’Italia ha ricevuto la quota di fondi del Pnnr più alta di tutti i Paesi d’Europa (191,5 miliardi di euro) soprattutto per risolvere la situazione drammatica (maggiore disoccupazione e Pil inferiore) del Mezzogiorno. Al Sud quindi seguendo tali parametri doveva andare il 65% del Pnrr, il governo ha retrocesso a suo insindacabile giudizio con un tratto di penna questa quota al 40% (pag. 37 Pnrr), ma anche questa rischia di rimanere sulla carta senza target territoriali riducendosi così ulteriormente al 16%, così come scritto nero su bianco nel Piano inviato in Europa. Purtroppo senza un supporto alle amministrazioni con minore capacità progettuale soprattutto per scarsità di personale visti i continui tagli imposti da Roma negli anni precedenti in nome della spending review che discende dall’Europa, le amministrazioni del Sud, che su questo non hanno colpe, rischiano di andare seriamente in difficoltà e non riuscire a rispettare i tempi richiesti (2026) per cui questa quota del 16% potrebbe diminuire ulteriormente, come sempre a favore di territori più ricchi come la Lombardia dove, non a caso, i sindaci Sala e Gori già si sono fatti avanti pochi giorni fa pronti ad intercettare anche quel 16% di fondi solo teoricamente destinati al Sud, ovviamente al fine di non perderli a livello nazionale totale.

Come se tutto questo non bastasse nei provvedimenti attuativi riguardanti i finanziamenti di 2,4 miliardi di euro per gli asili nido dello scorso 30 novembre, invece di correggere il bando di pochi mesi fa che già aveva suscitato proteste, visto che finanziava chi più aveva e cioè Milano, Torino, Bolzano a danno di chi non ha nulla come Venafro, non solo non riequilibra nulla, ma nel tentativo di rendere la predazione meno evidente sposta al 2035 in base ai dati Istat, che fotografano solo la proiezione dell’attuale situazione senza interventi, nascite e residenze future di 50.000 bambini del Sud al Nord, in base ad una ipotetica futura emigrazione interna. Per cui i finanziamenti del Pnrr non sono modulati in base alla situazione di oggi, ma in base all’ipotetica situazione nel 2035. Così da poter anticipare i fondi per nuovi asili al Nord subito, comunque entro il 2026, per rientrare fra quelli del Pnrr.

Di conseguenza si evince che il problema degli asili al Sud non si risolverà nemmeno questa volta, mentre il governo prevede e certifica, scritto nero su bianco, che l’emigrazione interna continuerà, dato che con tutta evidenza sa benissimo che nulla farà per riequilibrare le differenze territoriali come l’Europa aveva richiesto per i fondi del Pnrr, ed anzi già prevede che l’emigrazione con l’Autonomia differenziata, che evidentemente avrà il via libera, risulterà addirittura maggiore dell’attuale, dando così implicitamente ragione ai dubbi e timori che solleviamo da anni sull’argomento, e che il Sud sarà sempre più desertificato, mentre l’Europa, a questo punto silente e complice, resterà a guardare.
Da un punto di vista costituzionale non sembra proprio accettabile un governo che con ben 13 anni di anticipo destini risorse a favore di un solo territorio e nei fatti programmi l’emigrazione interna, ma a questo punto forse sarebbe più corretto parlare di “deportazione programmata”, di decine di migliaia di cittadini, dal Sud al Nord del Paese, invece di operare per risolvere le disparità territoriali affinchè l’emigrazione nel 2035 non ci sia più o almeno in proporzioni sempre minori e non maggiori come si prevede e quindi vuole.

Il Sud quindi alla fine di questa commedia, gestita dal governo più antimeridionale della storia della Repubblica, ben supportato nell’inganno da politici del Sud evidentemente interessati al mantenimento dello status quo, si ritroverà se va bene e come sempre con un’elemosina, ma i suoi cittadini, o comunque quelli che rimarranno, e qui si evidenzia l’ennesima truffa, al pari di quelli dei territori che avranno la stragrande quota dei fondi si troveranno a dover ripagare con le tasse i debiti contratti dal governo con l’Europa per i prossimi decenni, nella stessa identica percentuale, pur avendo ricevuto poco o nulla.
Se a questo aggiungiamo anche l’Autonomia differenziata in dirittura d’arrivo e la situazione drammatica in cui versa la democrazia nel nostro Paese è facile capire come la prevista balcanizzazione sia dietro l’angolo, se non si interviene rapidamente per eliminare le sempre più insopportabili differenze ed iniquità territoriali.

L’autore: Natale Cuccurese è presidente del Partito del Sud

Nella foto: il ministro dell’Economia Daniele Franco e il presidente del Consiglio alla Camera per le comunicazioni sul Recovery Plan, Roma, 26 aprile 2021



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