mercoledì 29 luglio 2020

Dall’Europa soldi Sud…ati


Cuccurese

L’ultimo Consiglio Europeo, il più lungo della storia, si è concluso con un compromesso che ha accontentato tutti. Il super sconto ha placato i Paesi “frugali” che si sono accontentati del “freno” al posto del veto. Si sono evidenziate una serie di contraddizioni ed egoismi di carattere nazionale che fan ben capire che dell’idea originaria di Unione Europea dei “padri fondatori” è rimasto ben poco.

In questo quadro giocato tutto sulle politiche neoliberiste ci sono comunque aspetti positivi per il Mezzogiorno, visto anche che la ribadita centralità delle politiche di coesione pare fatta su misura per colmare i divari del Sud.Un’opportunità storica per provare realmente a invertire il divario e ridurre le disuguaglianze territoriali. In quest’ottica è assolutamente indispensabile quanto previsto l’applicazione della clausola 34%, che attende il decreto attuativo dal 2016, che obbliga ad investire nelle regioni del Sud il 34% (la percentuale sul totale dei cittadini del Sud) di tutti gli investimenti ordinari nazionali, prevedendo almeno la stessa quota per i fondi in arrivo dall’Europa, visto inoltre che la Ministra per le Infrastrutture De Micheli pochi giorni fa ha dichiarato: «Il governo ha già deciso: al Sud il 40% del Recovery fund», e visto che L’Europa dice che se non cresce il Sud, non cresce l’Italia.

La quale, senza il Sud, si trascina in una stagnazione costante; altro che crescita!

Guardando il bicchiere mezzo pieno, di positivo c’è anche che il Ministro Boccia, dopo che negli ultimi mesi non ha fermato il progetto leghista, sposato dal Pd emiliano, di Autonomia differenziata e dopo aver presentato mesi fa bozze di discussione di “ Legge Cornice” ancora sulla base della “spesa storica”, “almeno per un anno” in attesa della definizione dei Lep, ha specificato in una intervista di pochi giorni fa sul Messaggero “che bisogna definire i Lep e finanziarli integralmente. Non ci sono più alibi e non si deve più perdere tempo”, avviando così il percorso che dovrebbe, finalmente, portare alla definizione dei Lep.

La svolta, oltre che dalla spinta dell’Europa, è arrivata anche dal Sose, società del Mef e Banca d’Italia, che mercoledì scorso ha consegnato in Parlamento la “ricognizione dei livelli delle prestazioni garantite nei territori delle Regioni a Statuto ordinario e i relativi costi”. Le valutazioni del Sose sono nell’ordine di grandezza di finanziamenti aggiuntivi per 9 miliardi di euro annui, per le sei Regioni meridionali a statuto ordinario, solo per raggiungere i diritti sociali minimi. Dal conteggio è esclusa la Sanità dove sono attivi i Lea e il trasporto pubblico locale. Per il resto l’analisi Sose mette in rilievo gli attuali divari notevolissimi fra le Regioni del Sud e del Nord. Purtroppo i Lep non sono la panacea per ogni attuale differenza, ma solo un argine all’eccesso di diseguaglianze e la cui mancata definizione dal 2001 ha contribuito allo scippo di risorse a solo vantaggio delle Regioni “virtuose” del Nord dal 2000 al 2017 per ben 840 miliardi di euro come evidenziato dal rapporto Eurispes dello scorso gennaio, scippo che continua al ritmo di 61,3 miliardi all’anno come da conteggi del QdS. Boccia inoltre propone, a mio avviso giustamente, di escludere sanità, organizzazione scuola, trasporto pubblico dal tavolo della Autonomia differenziata, ma ovviamente, soprattutto sulla sanità, alcuni governatori, a partire da quelli leghisti e protoleghisti, hanno alzato le barricate, troppo ghiotto il piatto.

Per quanto riguarda la Sanità è inoltre assolutamente necessario cambiare i criteri del riparto del fondo sanitario nazionale che da sempre penalizzano il Mezzogiorno, basandosi sulla quota paritaria pesata solo con la ponderazione per età e che privilegiano così le regioni con una maggiore popolazione anziana, cioè quelle del Nord. In questa babele di fregature ai danni del Sud anche l’arrivo dei fondi europei non potrà invertire la situazione sul lungo periodo.

È inoltre assolutamente doveroso vigilare su possibili e nuove sottrazioni di fondi al Sud e e ricordare che al momento tutto prosegue con le solite logiche a vantaggio di solo una parte del territorio nazionale: il Nord.

Infatti nel recentissimo DL Semplificazioni, l’art. 47 prevede, ancora una volta, che le risorse destinate al Mezzogiorno possono essere usate per risolvere le emergenze dell’intero Paese. Purtroppo al momento, in attesa dell’ arrivo dei fondi del Ricovey Fund, che non saranno rapidissimi, le uniche risorse disponibili sono quelle del Fondo di Coesione e Sviluppo e la paura è che in assenza, nel breve periodo, di altre risorse il Mezzogiorno assista, ancora una volta, ad un trasferimento dei fondi verso altre finalità e altri territori come già accaduto più volte in passato. In conclusione, detto che è positivo il linguaggio deciso usato da Boccia, anche al fine di riportare la “Questione meridionale” al centro dell’agenda del governo, è giusto ricordare che la definizione dei Lep non mette al riparo dalla possibile frammentazione del Paese in Regioni e di conseguenza cittadini di serie A al Nord e serie B al Sud, in barba a decenza e dettato costituzionale.

Fonte:Transform!italia


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Cuccurese

L’ultimo Consiglio Europeo, il più lungo della storia, si è concluso con un compromesso che ha accontentato tutti. Il super sconto ha placato i Paesi “frugali” che si sono accontentati del “freno” al posto del veto. Si sono evidenziate una serie di contraddizioni ed egoismi di carattere nazionale che fan ben capire che dell’idea originaria di Unione Europea dei “padri fondatori” è rimasto ben poco.

In questo quadro giocato tutto sulle politiche neoliberiste ci sono comunque aspetti positivi per il Mezzogiorno, visto anche che la ribadita centralità delle politiche di coesione pare fatta su misura per colmare i divari del Sud.Un’opportunità storica per provare realmente a invertire il divario e ridurre le disuguaglianze territoriali. In quest’ottica è assolutamente indispensabile quanto previsto l’applicazione della clausola 34%, che attende il decreto attuativo dal 2016, che obbliga ad investire nelle regioni del Sud il 34% (la percentuale sul totale dei cittadini del Sud) di tutti gli investimenti ordinari nazionali, prevedendo almeno la stessa quota per i fondi in arrivo dall’Europa, visto inoltre che la Ministra per le Infrastrutture De Micheli pochi giorni fa ha dichiarato: «Il governo ha già deciso: al Sud il 40% del Recovery fund», e visto che L’Europa dice che se non cresce il Sud, non cresce l’Italia.

La quale, senza il Sud, si trascina in una stagnazione costante; altro che crescita!

Guardando il bicchiere mezzo pieno, di positivo c’è anche che il Ministro Boccia, dopo che negli ultimi mesi non ha fermato il progetto leghista, sposato dal Pd emiliano, di Autonomia differenziata e dopo aver presentato mesi fa bozze di discussione di “ Legge Cornice” ancora sulla base della “spesa storica”, “almeno per un anno” in attesa della definizione dei Lep, ha specificato in una intervista di pochi giorni fa sul Messaggero “che bisogna definire i Lep e finanziarli integralmente. Non ci sono più alibi e non si deve più perdere tempo”, avviando così il percorso che dovrebbe, finalmente, portare alla definizione dei Lep.

La svolta, oltre che dalla spinta dell’Europa, è arrivata anche dal Sose, società del Mef e Banca d’Italia, che mercoledì scorso ha consegnato in Parlamento la “ricognizione dei livelli delle prestazioni garantite nei territori delle Regioni a Statuto ordinario e i relativi costi”. Le valutazioni del Sose sono nell’ordine di grandezza di finanziamenti aggiuntivi per 9 miliardi di euro annui, per le sei Regioni meridionali a statuto ordinario, solo per raggiungere i diritti sociali minimi. Dal conteggio è esclusa la Sanità dove sono attivi i Lea e il trasporto pubblico locale. Per il resto l’analisi Sose mette in rilievo gli attuali divari notevolissimi fra le Regioni del Sud e del Nord. Purtroppo i Lep non sono la panacea per ogni attuale differenza, ma solo un argine all’eccesso di diseguaglianze e la cui mancata definizione dal 2001 ha contribuito allo scippo di risorse a solo vantaggio delle Regioni “virtuose” del Nord dal 2000 al 2017 per ben 840 miliardi di euro come evidenziato dal rapporto Eurispes dello scorso gennaio, scippo che continua al ritmo di 61,3 miliardi all’anno come da conteggi del QdS. Boccia inoltre propone, a mio avviso giustamente, di escludere sanità, organizzazione scuola, trasporto pubblico dal tavolo della Autonomia differenziata, ma ovviamente, soprattutto sulla sanità, alcuni governatori, a partire da quelli leghisti e protoleghisti, hanno alzato le barricate, troppo ghiotto il piatto.

Per quanto riguarda la Sanità è inoltre assolutamente necessario cambiare i criteri del riparto del fondo sanitario nazionale che da sempre penalizzano il Mezzogiorno, basandosi sulla quota paritaria pesata solo con la ponderazione per età e che privilegiano così le regioni con una maggiore popolazione anziana, cioè quelle del Nord. In questa babele di fregature ai danni del Sud anche l’arrivo dei fondi europei non potrà invertire la situazione sul lungo periodo.

È inoltre assolutamente doveroso vigilare su possibili e nuove sottrazioni di fondi al Sud e e ricordare che al momento tutto prosegue con le solite logiche a vantaggio di solo una parte del territorio nazionale: il Nord.

Infatti nel recentissimo DL Semplificazioni, l’art. 47 prevede, ancora una volta, che le risorse destinate al Mezzogiorno possono essere usate per risolvere le emergenze dell’intero Paese. Purtroppo al momento, in attesa dell’ arrivo dei fondi del Ricovey Fund, che non saranno rapidissimi, le uniche risorse disponibili sono quelle del Fondo di Coesione e Sviluppo e la paura è che in assenza, nel breve periodo, di altre risorse il Mezzogiorno assista, ancora una volta, ad un trasferimento dei fondi verso altre finalità e altri territori come già accaduto più volte in passato. In conclusione, detto che è positivo il linguaggio deciso usato da Boccia, anche al fine di riportare la “Questione meridionale” al centro dell’agenda del governo, è giusto ricordare che la definizione dei Lep non mette al riparo dalla possibile frammentazione del Paese in Regioni e di conseguenza cittadini di serie A al Nord e serie B al Sud, in barba a decenza e dettato costituzionale.

Fonte:Transform!italia


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