sabato 4 aprile 2020

Forum per il Diritto alla Salute-Appello per il ritiro della proposta di regionalismo differenziato della Regione Emilia-Romagna-Fra i primi firmatari, ovviamente, il Partito del Sud

Forum per il Diritto alla Salute-Appello per il ritiro della proposta di regionalismo differenziato della Regione Emilia-Romagna con particolare riferimento alla sanità e il potenziamento strutturale del Servizio Sanitario Nazionale (non solo per l’emergenza #Covid19)
Fra i primi firmatari, ovviamente, il Partito del Sud...


Appello per il ritiro della proposta di regionalismo differenziato della Regione Emilia-Romagna

Appello per il ritiro della proposta di regionalismo differenziato della Regione Emilia-Romagna con particolare riferimento alla sanità e il potenziamento strutturale del Servizio Sanitario Nazionale (non solo per l’emergenza Covid-19)

Il “Forum per il Diritto alla Salute”, nato nel 2017 e composto da cittadini e soggetti della società civile, politica e sindacale con lo scopo di rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale nel suo carattere essenziale di servizio pubblico, sancito dalla 833/’78 in attuazione dell’art.32 della Costituzione;

ESPRIME
Solidarietà e vicinanza a quanti in queste ore e giorni sono affetti da Covid-19; Gratitudine a quanti, professionisti della Salute delle varie discipline e professinalità, di dedicano con passione competenza ed abnegazione alla loro cura in condizioni non raramente inadeguate ed a quanti sono impegnati negli apparati pubblici e nel volontariato allo stesso fine ed a rendere possibili le misure di distanziamento sociale individuale in essere;
Preoccupazione e solidarietà per quanti nel mondo del lavoro dipendente, precario delle varie tipologie e delle “partite IVA” in queste ore e giorni sono stati e sono esposti al rischio di infezione da SARS-CoV-2 per sovraffollate ed in genere inadeguate condizioni di lavoro e/o vedono a rischio i loro redditi;
Denuncia delle condizioni di sovraffollamento del sistema carcerario italiano e regionale già inumano in se ma oggi incociliabile con le esigenge di distanzialmente sociale necessario a prevenire il rischio si infezione da coronavirus e quindi oggettiva condanna.
CONSTATA E SEGNALA
Che la epidemia in corso di Covid-19 ha portato alla luce in manirera inconfutabile sia l’inutilità ed i rischi connessi alla richiesta delle regione Emilia-Romagna di ulteriori forme di autonomia regionale in sanità, sia le insufficienze strutturali nelle quali è venuto a trovarsi il servizio Sanitario Nazionalele pubblico a cuasa delle politiche di austerity adottate negli ultimi due decenni in forma di tagli al Fondo Sanitario Nazionale e privatizzazione del finanziamento e dell’erogazione delle prestazioni assistenziali ed anche della ricerca e della didattica e formazione biomedicale,
universitaria e non;
CHIEDE
al Presidente S. Bonaccini, alla vice Presidente E. Schlein ed alla Giunta dell’Emilia Romagna:
➢ Ritiro della proposta di regionalismo differenziato con particolare riferimento alla Sanità avanzata dalla precedente Assemblea Regionale;
➢ Ritornare alla dizione “Rapporti Stato Regioni” della delega che il presidente Bonaccini si è assegnato e abbandonare la dizione “Autonomia Regionale”;
➢ Rinunciare alla istituzione di fondi integrativi regionali, ed agli appalti e l’esternalizzazione dei servizi sanitari, non sanitari di supporto e socio-sanitari;
➢ Chiedere al Governo ed alla maggioranza parlamentare che lo sostiene di:
➢ Respingere le richieste di regionalismo differenziato già avanzate e di togliere tale tema dalla loro agenda politica
➢ Aprire un processo nuovo, non secessionista, che consenta di potenziare un servizio sanitario nazionale pubblico universalistico, equo e solidale, come previsto dalla 833/78, in tutte le regioni, tramite un regionalismo basato sul principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, e attuato tramite Patti per la Salute, senza alcuna modifica della Costituzione vigente né formale né di fatto.
➢ Definire un piano di potenziamento strutturale del Servizio Sanitario Nazionale Pubblico incrementando il Fondo Sanitario Nazionale di almeno 40 miliardi nei prossimi 4 anni e di assegnare i finanziamenti alle Regioni e in base alla rilevazione dei reali bisogni dei cittadini e non su stime derivanti da spese storicamente effettuate, come da anni si sta operando, eludendo le esigenze della popolazione.
➢ Abbandonare ed invertire il processo di privatizzazione in atto, a cominciare dalla eliminazione del “welfare fiscale”, cioè delle agevolazioni fiscali per la spesa sanitaria privata diretta ed intermediata dalle assicurazioni;
➢ Eliminare il numero chiuso a Medicina e Chirurgia ed a tutti i corsi di Laurea delle professioni Sanitarie e di interesse Sanitario;
➢ Finanziare con 20 miliardi nei prossimi 4 anni la ricerca e la attività di docenza in forma congiunta Università e Servizio Sanitario Nazionale
➢ Realizzare una Industria pubblica del Farmaco per liberarsi delle speculazioni e dei ricatti del settore privato in mano alla speculazione finanziaria
➢ Adottare il “modello Patto per la Salute” per tutte le materie a legislazione concorrente previste dall’art. 117 della Costituzione!
➢ Non regionalizzare la funzione legislativa per le materie, come l’istruzione, di competenza esclusiva del Parlamento


LE PRIME ADESIONI
Coalizione Civica Bologna
Civicamente Samoggia
Modena Volta Pagina
SGB Emilia Romagna
Altra Emilia Romagna
Forum Salute Valsamoggia Valpanaro
Comitato Bolognese Scuola e Costituzione
Medicina Democratica Onlus
Rifondazione Comunista
Diritti Senza Barriere Ass. Volontariato
Cobas Pubblico Impiego Sanità Emilia Romagna
Commissione Audit Debito Pubblico
Partito del Sud
Libera Cittadinanza Parma
USB Confederale Emilia-Romagna

ALCUNI PERCHE’
L’INSEGNAMENTO DELLA COVID-19
Un sistema sanitario efficace deve essere nazionale e mai come oggi, con l’epidemia da Coronavirus, ne abbiamo avuto la prova concreta. Nazionale sia sul piano del finanziamento che sul piano legislativo (e della normativa tecnica) e decentrato a livello regionale, solo, sul piano dei suoi momenti amministrativi, come del resto prevede la legge 833/’78 attuativa della Costituzione. La caratteristica della epidemia di Covid-19 che ci interessa segnalare è che le conoscenze scientifiche e le tecnologie di prevenzione e di cura, necessarie per tutelare la salute non hanno confini regionali, e neppure nazionali, e che la conseguente attuazione dell’appropriato uso delle tecnologie disponibili in termini di efficacia tecnica e di sostenibilità economica è possibile solo, come minimo, a livello nazionale. E talora anche questa dimensione nazionale, come dimostra la diffusione del virus, è insufficiente ed è necessaria una collaborazione internazionale globale e solidale. La discrepanza tra la dimensione nazionale/globale e le potenzialità ridotta delle singole regioni che si va dimostrando con l’epidemia da Coronavirus è la stessa caratteristica che connota tutti gli ambiti per i quali Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, hanno concordato con il Governo Gentiloni nel 2018 e chiedono oggi la attribuzione di “ulteriori competenze legislative ed amministrative nella materia della “tutela della salute”.

LA QUESTIONE REGIONALE: EMILIA ROMAGNA, VENETO, LOMBARDIA
Il limite di queste pretese riguardanti la tutela della salute è proprio in una caratteristica comune a tutte le materie per le quali sono state richieste: l’essere, tutte, ambiti di politica sanitaria a dimensione nazionale e cioè comuni sia alle 3 regioni a statuto ordinario (Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna) che a tutte le altre.
Infatti le richieste si riferiscono a:
1. Personale con rimozione di vincoli di spesa (il Veneto anche libera professione!)
2. Scuole di specializzazione, borse di studio, contratti di formazione lavoro per medici, inserimento nelle attività assistenziali;
3. Sistema tariffario, di rimborso, di remunerazione e di compartecipazione alla spesa;
4. Sistema di governance con riferimento ad integrazione e continuità ospedale territorio;
5. Equivalenza terapeutica fra medicinali con differenti principi attivi, in luogo dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA),
6. Distribuzione diretta dei Farmaci ai pazienti che richiedono un controllo ricorrente, in assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale, per il periodo immediatamente successivo alla dimissione dal ricovero ospedaliero o alla visita specialistica ambulatoriale;
7. Patrimonio edilizio e tecnologico: propri percorsi autorizzativi e risorse certe;
8. Fondi integrativi regionali: misure di semplificazione, agevolazione e ampliamento. Proprio queste regioni attualmente sono le più colpite dall’epidemia Covid-19 e bisognose dell’intervento dello Stato centrale, del suo governo e del suo Parlamento, e quindi la validità delle loro richieste di autonomia o regionalismo differenziato viene smentita dalle vicende che si svolgono in questi giorni nei rispettivi territori ed a carico dei rispettivi servizi sanitari regionali. Lo ha riconosciuto relativamente al “sistema tariffario”, ai farmaci ed alla formazione degli specialisti lo stesso ministro Speranza nel novembre scorso di fronte alla Commissione Parlamentare per le regioni!
LA PRIVATIZZAZIONE DEL SERVIZIO PUBBLICO TRAMITE FONDI SANITARI REGIONALI
Francamente inaccettabile è la richiesta di autonomia legislativa per procedere a costituire fondi sanitari assicurativi regionali, parzialmente pubblici poiché necessiterebbero di riassicurazioni con i grandi gruppi finanziari ed assicurativi italiani, a cominciare da Intesa San Paolo, che nello scorso dicembre è diventato il più importante player del mondo assicurativo sanitario avendo acquistato “RBM Assicurazione Salute”, e da Unipol. Questi fondi regionali sono da rigettarsi per quattro ragioni almeno:
● la prima perché costituirebbero un esborso aggiuntivo alle tasse che, da quanti non evadono o non eludono, già vengono pagate per il SSN
● la seconda perché non sarebbero accessibili ai più socialmente ed economicamente deboli,
● la terza perché sfruttando le agevolazioni fiscali, intorno al 19% per la spesa privata diretta ed intermediata già oggi in vigore, consentirebbero a chi vi accede di ridurre il proprio contributo al Fondo Sanitario Nazionale,  definanziandolo ulteriormente a scapito di tutti, non solo dei  meno abbienti, di norma i più bisognosi.
● la quarta perché andrebbero ad integrarsi a quel sistema definito di welfare aziendale e territoriale finanziato a scapito dei salari e delle pensioni future dei lavoratori e dei dipendenti che li accettano.
I TAGLI ALLA SPESA PUBBLICA
Tutti i problemi citati, inoltre, sono generati dalle politiche di austerity (tagli della spesa pubblica) e dalla privatizzazione strisciante e progressiva del SSN, comprese le agevolazioni fiscali per i fondi sanitari integrativi privati e regionali, adottate dai governi e dalle maggioranze parlamentari che si sono alternate negli anni e mai contestate decisamente dai presidenti e dalle assemblee regionali. L’impatto delle politiche di austerity è stato quantificato nel dicembre 2019 dallo stesso Ufficio Parlamentare di Bilancio in una riduzione del Fondo Sanitario Nazionale, tra il 2010 ed il 2019, di ben 37 miliardi di euro. La maggior voce di spesa tagliata, naturalmente, è stata quella del personale con una riduzione di ben  8.000 medici e di oltre 40.000 altre figure professionali, avviata con il blocco del turn over iniziato dalla finanziaria del 2006 che impone a regioni, enti locali e al SSN di non superare nella spesa per il personale “il corrispondente ammontare dell’anno 2004 diminuito dell’1 per cento”, solo lievemente attenuato sino ad oggi.  E ciò senza tener conto delle esigenze di maggior personale legate allo sviluppo delle tecnologie assistenziali, della giusta legislazione europea a tutela del lavoro in sanità che comporta più personale a parità di attività assistenziali, della sottodotazione storica rispetto agli altri paesi europei, del blocco per circa dieci anni dei contratti, del precariato e delle esternalizzazioni dei servizi di supporto all’assistenza diretta (vitto, pulizie, trasporti). Il recente decreto del governo per le assunzioni di 20.000 tra medici e personale sanitario per l’epidemia Covid-19 ne è la prova.



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Forum per il Diritto alla Salute-Appello per il ritiro della proposta di regionalismo differenziato della Regione Emilia-Romagna con particolare riferimento alla sanità e il potenziamento strutturale del Servizio Sanitario Nazionale (non solo per l’emergenza #Covid19)
Fra i primi firmatari, ovviamente, il Partito del Sud...


Appello per il ritiro della proposta di regionalismo differenziato della Regione Emilia-Romagna

Appello per il ritiro della proposta di regionalismo differenziato della Regione Emilia-Romagna con particolare riferimento alla sanità e il potenziamento strutturale del Servizio Sanitario Nazionale (non solo per l’emergenza Covid-19)

Il “Forum per il Diritto alla Salute”, nato nel 2017 e composto da cittadini e soggetti della società civile, politica e sindacale con lo scopo di rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale nel suo carattere essenziale di servizio pubblico, sancito dalla 833/’78 in attuazione dell’art.32 della Costituzione;

ESPRIME
Solidarietà e vicinanza a quanti in queste ore e giorni sono affetti da Covid-19; Gratitudine a quanti, professionisti della Salute delle varie discipline e professinalità, di dedicano con passione competenza ed abnegazione alla loro cura in condizioni non raramente inadeguate ed a quanti sono impegnati negli apparati pubblici e nel volontariato allo stesso fine ed a rendere possibili le misure di distanziamento sociale individuale in essere;
Preoccupazione e solidarietà per quanti nel mondo del lavoro dipendente, precario delle varie tipologie e delle “partite IVA” in queste ore e giorni sono stati e sono esposti al rischio di infezione da SARS-CoV-2 per sovraffollate ed in genere inadeguate condizioni di lavoro e/o vedono a rischio i loro redditi;
Denuncia delle condizioni di sovraffollamento del sistema carcerario italiano e regionale già inumano in se ma oggi incociliabile con le esigenge di distanzialmente sociale necessario a prevenire il rischio si infezione da coronavirus e quindi oggettiva condanna.
CONSTATA E SEGNALA
Che la epidemia in corso di Covid-19 ha portato alla luce in manirera inconfutabile sia l’inutilità ed i rischi connessi alla richiesta delle regione Emilia-Romagna di ulteriori forme di autonomia regionale in sanità, sia le insufficienze strutturali nelle quali è venuto a trovarsi il servizio Sanitario Nazionalele pubblico a cuasa delle politiche di austerity adottate negli ultimi due decenni in forma di tagli al Fondo Sanitario Nazionale e privatizzazione del finanziamento e dell’erogazione delle prestazioni assistenziali ed anche della ricerca e della didattica e formazione biomedicale,
universitaria e non;
CHIEDE
al Presidente S. Bonaccini, alla vice Presidente E. Schlein ed alla Giunta dell’Emilia Romagna:
➢ Ritiro della proposta di regionalismo differenziato con particolare riferimento alla Sanità avanzata dalla precedente Assemblea Regionale;
➢ Ritornare alla dizione “Rapporti Stato Regioni” della delega che il presidente Bonaccini si è assegnato e abbandonare la dizione “Autonomia Regionale”;
➢ Rinunciare alla istituzione di fondi integrativi regionali, ed agli appalti e l’esternalizzazione dei servizi sanitari, non sanitari di supporto e socio-sanitari;
➢ Chiedere al Governo ed alla maggioranza parlamentare che lo sostiene di:
➢ Respingere le richieste di regionalismo differenziato già avanzate e di togliere tale tema dalla loro agenda politica
➢ Aprire un processo nuovo, non secessionista, che consenta di potenziare un servizio sanitario nazionale pubblico universalistico, equo e solidale, come previsto dalla 833/78, in tutte le regioni, tramite un regionalismo basato sul principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, e attuato tramite Patti per la Salute, senza alcuna modifica della Costituzione vigente né formale né di fatto.
➢ Definire un piano di potenziamento strutturale del Servizio Sanitario Nazionale Pubblico incrementando il Fondo Sanitario Nazionale di almeno 40 miliardi nei prossimi 4 anni e di assegnare i finanziamenti alle Regioni e in base alla rilevazione dei reali bisogni dei cittadini e non su stime derivanti da spese storicamente effettuate, come da anni si sta operando, eludendo le esigenze della popolazione.
➢ Abbandonare ed invertire il processo di privatizzazione in atto, a cominciare dalla eliminazione del “welfare fiscale”, cioè delle agevolazioni fiscali per la spesa sanitaria privata diretta ed intermediata dalle assicurazioni;
➢ Eliminare il numero chiuso a Medicina e Chirurgia ed a tutti i corsi di Laurea delle professioni Sanitarie e di interesse Sanitario;
➢ Finanziare con 20 miliardi nei prossimi 4 anni la ricerca e la attività di docenza in forma congiunta Università e Servizio Sanitario Nazionale
➢ Realizzare una Industria pubblica del Farmaco per liberarsi delle speculazioni e dei ricatti del settore privato in mano alla speculazione finanziaria
➢ Adottare il “modello Patto per la Salute” per tutte le materie a legislazione concorrente previste dall’art. 117 della Costituzione!
➢ Non regionalizzare la funzione legislativa per le materie, come l’istruzione, di competenza esclusiva del Parlamento


LE PRIME ADESIONI
Coalizione Civica Bologna
Civicamente Samoggia
Modena Volta Pagina
SGB Emilia Romagna
Altra Emilia Romagna
Forum Salute Valsamoggia Valpanaro
Comitato Bolognese Scuola e Costituzione
Medicina Democratica Onlus
Rifondazione Comunista
Diritti Senza Barriere Ass. Volontariato
Cobas Pubblico Impiego Sanità Emilia Romagna
Commissione Audit Debito Pubblico
Partito del Sud
Libera Cittadinanza Parma
USB Confederale Emilia-Romagna

ALCUNI PERCHE’
L’INSEGNAMENTO DELLA COVID-19
Un sistema sanitario efficace deve essere nazionale e mai come oggi, con l’epidemia da Coronavirus, ne abbiamo avuto la prova concreta. Nazionale sia sul piano del finanziamento che sul piano legislativo (e della normativa tecnica) e decentrato a livello regionale, solo, sul piano dei suoi momenti amministrativi, come del resto prevede la legge 833/’78 attuativa della Costituzione. La caratteristica della epidemia di Covid-19 che ci interessa segnalare è che le conoscenze scientifiche e le tecnologie di prevenzione e di cura, necessarie per tutelare la salute non hanno confini regionali, e neppure nazionali, e che la conseguente attuazione dell’appropriato uso delle tecnologie disponibili in termini di efficacia tecnica e di sostenibilità economica è possibile solo, come minimo, a livello nazionale. E talora anche questa dimensione nazionale, come dimostra la diffusione del virus, è insufficiente ed è necessaria una collaborazione internazionale globale e solidale. La discrepanza tra la dimensione nazionale/globale e le potenzialità ridotta delle singole regioni che si va dimostrando con l’epidemia da Coronavirus è la stessa caratteristica che connota tutti gli ambiti per i quali Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, hanno concordato con il Governo Gentiloni nel 2018 e chiedono oggi la attribuzione di “ulteriori competenze legislative ed amministrative nella materia della “tutela della salute”.

LA QUESTIONE REGIONALE: EMILIA ROMAGNA, VENETO, LOMBARDIA
Il limite di queste pretese riguardanti la tutela della salute è proprio in una caratteristica comune a tutte le materie per le quali sono state richieste: l’essere, tutte, ambiti di politica sanitaria a dimensione nazionale e cioè comuni sia alle 3 regioni a statuto ordinario (Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna) che a tutte le altre.
Infatti le richieste si riferiscono a:
1. Personale con rimozione di vincoli di spesa (il Veneto anche libera professione!)
2. Scuole di specializzazione, borse di studio, contratti di formazione lavoro per medici, inserimento nelle attività assistenziali;
3. Sistema tariffario, di rimborso, di remunerazione e di compartecipazione alla spesa;
4. Sistema di governance con riferimento ad integrazione e continuità ospedale territorio;
5. Equivalenza terapeutica fra medicinali con differenti principi attivi, in luogo dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA),
6. Distribuzione diretta dei Farmaci ai pazienti che richiedono un controllo ricorrente, in assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale, per il periodo immediatamente successivo alla dimissione dal ricovero ospedaliero o alla visita specialistica ambulatoriale;
7. Patrimonio edilizio e tecnologico: propri percorsi autorizzativi e risorse certe;
8. Fondi integrativi regionali: misure di semplificazione, agevolazione e ampliamento. Proprio queste regioni attualmente sono le più colpite dall’epidemia Covid-19 e bisognose dell’intervento dello Stato centrale, del suo governo e del suo Parlamento, e quindi la validità delle loro richieste di autonomia o regionalismo differenziato viene smentita dalle vicende che si svolgono in questi giorni nei rispettivi territori ed a carico dei rispettivi servizi sanitari regionali. Lo ha riconosciuto relativamente al “sistema tariffario”, ai farmaci ed alla formazione degli specialisti lo stesso ministro Speranza nel novembre scorso di fronte alla Commissione Parlamentare per le regioni!
LA PRIVATIZZAZIONE DEL SERVIZIO PUBBLICO TRAMITE FONDI SANITARI REGIONALI
Francamente inaccettabile è la richiesta di autonomia legislativa per procedere a costituire fondi sanitari assicurativi regionali, parzialmente pubblici poiché necessiterebbero di riassicurazioni con i grandi gruppi finanziari ed assicurativi italiani, a cominciare da Intesa San Paolo, che nello scorso dicembre è diventato il più importante player del mondo assicurativo sanitario avendo acquistato “RBM Assicurazione Salute”, e da Unipol. Questi fondi regionali sono da rigettarsi per quattro ragioni almeno:
● la prima perché costituirebbero un esborso aggiuntivo alle tasse che, da quanti non evadono o non eludono, già vengono pagate per il SSN
● la seconda perché non sarebbero accessibili ai più socialmente ed economicamente deboli,
● la terza perché sfruttando le agevolazioni fiscali, intorno al 19% per la spesa privata diretta ed intermediata già oggi in vigore, consentirebbero a chi vi accede di ridurre il proprio contributo al Fondo Sanitario Nazionale,  definanziandolo ulteriormente a scapito di tutti, non solo dei  meno abbienti, di norma i più bisognosi.
● la quarta perché andrebbero ad integrarsi a quel sistema definito di welfare aziendale e territoriale finanziato a scapito dei salari e delle pensioni future dei lavoratori e dei dipendenti che li accettano.
I TAGLI ALLA SPESA PUBBLICA
Tutti i problemi citati, inoltre, sono generati dalle politiche di austerity (tagli della spesa pubblica) e dalla privatizzazione strisciante e progressiva del SSN, comprese le agevolazioni fiscali per i fondi sanitari integrativi privati e regionali, adottate dai governi e dalle maggioranze parlamentari che si sono alternate negli anni e mai contestate decisamente dai presidenti e dalle assemblee regionali. L’impatto delle politiche di austerity è stato quantificato nel dicembre 2019 dallo stesso Ufficio Parlamentare di Bilancio in una riduzione del Fondo Sanitario Nazionale, tra il 2010 ed il 2019, di ben 37 miliardi di euro. La maggior voce di spesa tagliata, naturalmente, è stata quella del personale con una riduzione di ben  8.000 medici e di oltre 40.000 altre figure professionali, avviata con il blocco del turn over iniziato dalla finanziaria del 2006 che impone a regioni, enti locali e al SSN di non superare nella spesa per il personale “il corrispondente ammontare dell’anno 2004 diminuito dell’1 per cento”, solo lievemente attenuato sino ad oggi.  E ciò senza tener conto delle esigenze di maggior personale legate allo sviluppo delle tecnologie assistenziali, della giusta legislazione europea a tutela del lavoro in sanità che comporta più personale a parità di attività assistenziali, della sottodotazione storica rispetto agli altri paesi europei, del blocco per circa dieci anni dei contratti, del precariato e delle esternalizzazioni dei servizi di supporto all’assistenza diretta (vitto, pulizie, trasporti). Il recente decreto del governo per le assunzioni di 20.000 tra medici e personale sanitario per l’epidemia Covid-19 ne è la prova.



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