venerdì 28 agosto 2015

L’industria italiana che va

Di Antonio Rosato

PIL, Spred, taglio dei tassi, costo del denaro e tante altre belle parole legate all’economia ascoltiamo o leggiamo ogni giorno. Spesso sono parole legate alla crisi o alla disoccupazione o alla ripresa italiana. Molte volte sono parole che hanno il sapore del peccato originale, a cui serve l’acqua Santa del battesimo per togliere la macchia che le lega alla disoccupazione piuttosto che al crollo delle borse o ad altre disgrazie economiche.
Ad aprire un giornale o ascoltare un telegiornale sembrerebbe proprio che siamo messi malino. Ma non sempre è tutto marcio o tutto negativo. C’è un’industria italiana che va. Sembra strano vero? Eppure è così. 
Starete pensando all’industria del made in italy o dei grandi marchi del lusso. Si il lusso non è in crisi verissimo, ma ci sono altre industrie che fanno bei fatturati di cui nessuno ne parla. Con un po’ di critico e leggero sarcasmo ne scegliamo due che sono sotto gli occhi di tutti ma che fatturano grandissime somme passando quasi inosservate.

Il Calcio è tra le top ten ad esempio. Si proprio il calcio è tra le prime industrie del nostro paese. Ogni anno muove circa 10 miliardi di euro, si capito benissimo 10 miliardi di euro, spicciolo più, spicciolo meno. Da lavoro a mezzo milione di persone in Italia e versa allo stato italiano un contributo fiscale che sfiora il miliardo e mezzo all’anno. Numeri da paura, che se poi li sommiamo all’indotto ci ritroviamo un giro d’affari pari al 5,7% del Prodotto Interno Lordo (PIL) del paese. 
Se ci fermiamo a riflettere un attimo e non pensiamo solo a Juve, Napoli, Milan, Roma eccetera eccetera, ma scendiamo alla retta pagata alla scuola calcio del nostro piccolo paesello, o del quartiere della nostra metropoli, iniziamo a capire meglio di cosa parliamo. Se aggiungiamo le scommesse, il merchandising , diritti televisivi e qualche volta anche quote azionarie di grosse società quotate in borsa non si fa più fatica a comprendere quei grandi numeri citati prima. 
Un’industria che non da segni di flessioni e che ogni anno si conferma come tra le prime grande industrie del nostro bel paese.
Ma c’è ancora un’altra industria che ha le vele gonfie e graziata anche del vento favorevole e viaggia bene. Anche questa non è qualcosa di nascosto, anzi e sotto gli occhi di tutti, ma per quanto visibile sembra quasi un’industria ombra, fastidiosa forse, di cui meglio non vantarsi e quindi taciuta.

E’ l’industria delle armi e delle munizioni. E si, anche questa viaggia alla grande, e come se viaggia. Un made in italy di altissima qualità che non conosce crisi, anzi il paradosso che proprio la dove la crisi e più nera lei fa affari. Solo nel 2014 ha esportato nel nord Africa (dati dell’istituto “Archivio Disarmo”) circa 30 milioni di euro in armi leggere. Sebbene i più grandi clienti sono nel nord America  ed Europa, a me preoccupa soprattutto questo mercato senza controllo verso paesi come Libia (solo per citarne uno), armi vendute con assoluta disinvoltura alla faccia di Talebani o ISIS che sia.

La cosa che mi fa rabbrividire e che si paventa un’intervento armato a guida presumibilmente italiana in questo paese. E pensare che un operaio della Val Trompia che lavora per la costruzione di una carabina o una granata che potrebbe uccidere il suo vicino di casa, o suo figlio arruolatosi ed impegnato in quell’area a me fa accapponare la pelle. Si perché questo rischio non è ipotetico, ma reale e crudele allo stesso tempo. 

Allora mi domando e dico: “ come può il governo italiano o l’Europa permettere una vendita di armi da guerra, munizionamento o granate senza interessarsi nelle mani di chi vanno a finire?”. Solo per il fatturato? Solo per dare un colpo al PIL? Pensiamo che i dati parlano di quasi mezzo miliardo di euro legati alla sola esportazioni di armi leggere. 

Come Partito del Sud abbiamo radicato nel DNA e nello Statuto, così come da Costituzione italiana, il no alla guerra pur sapendo che la battaglia politica e culturale per questa nostra convinzione è impari e molto difficile da conseguire. Ed e facile dire no senza fare proposte o trovare soluzioni. Ma noi non siamo il partito dei no, noi diciamo la nostra opinione, facciamo proposte concrete e denunce. 

Chiediamo al Governo italiano di vietare esportazioni di armi e munizioni destinati a quei paesi dove i diritti umani vengono violati, dove infuriano guerre, dove ci sono gruppi terroristici riconosciuti internazionalmente come tali, divieto di esportazione verso quei paesi europei in fase di conflitto o tensioni etniche (es.Balcani e Ucraina), divieto di esportazione in quei paesi dove e prevista la pena di morte o torture, divieto la dove queste armi possano essere impiegate come strumento di offesa e non difesa. 
Chiediamo al governo Italiano che si faccia promotore per cambiare anche le normative internazionali sulla vendita libera di armi, e farsi promotore della formazione di uno strumento/organo internazionale/neutrale  adibito al controllo, alla verifica e il rispetto di quelle  normative dai contenuti sopracitati , per le esportazioni di armi ed esplosivi da noi. Non possiamo sentirci responsabili della morte di innocenti nel mondo, e non possiamo tollerare che armi italiane possano essere puntate contro i nostri cittadini e soldati sparsi nel mondo. 

Non è quel Made in italy di cui noi andiamo orgogliosi e fieri, ma se non possiamo sopprimere questa industria per ovvi motivi, almeno possiamo e vogliamo limitarne i danni.

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Di Antonio Rosato

PIL, Spred, taglio dei tassi, costo del denaro e tante altre belle parole legate all’economia ascoltiamo o leggiamo ogni giorno. Spesso sono parole legate alla crisi o alla disoccupazione o alla ripresa italiana. Molte volte sono parole che hanno il sapore del peccato originale, a cui serve l’acqua Santa del battesimo per togliere la macchia che le lega alla disoccupazione piuttosto che al crollo delle borse o ad altre disgrazie economiche.
Ad aprire un giornale o ascoltare un telegiornale sembrerebbe proprio che siamo messi malino. Ma non sempre è tutto marcio o tutto negativo. C’è un’industria italiana che va. Sembra strano vero? Eppure è così. 
Starete pensando all’industria del made in italy o dei grandi marchi del lusso. Si il lusso non è in crisi verissimo, ma ci sono altre industrie che fanno bei fatturati di cui nessuno ne parla. Con un po’ di critico e leggero sarcasmo ne scegliamo due che sono sotto gli occhi di tutti ma che fatturano grandissime somme passando quasi inosservate.

Il Calcio è tra le top ten ad esempio. Si proprio il calcio è tra le prime industrie del nostro paese. Ogni anno muove circa 10 miliardi di euro, si capito benissimo 10 miliardi di euro, spicciolo più, spicciolo meno. Da lavoro a mezzo milione di persone in Italia e versa allo stato italiano un contributo fiscale che sfiora il miliardo e mezzo all’anno. Numeri da paura, che se poi li sommiamo all’indotto ci ritroviamo un giro d’affari pari al 5,7% del Prodotto Interno Lordo (PIL) del paese. 
Se ci fermiamo a riflettere un attimo e non pensiamo solo a Juve, Napoli, Milan, Roma eccetera eccetera, ma scendiamo alla retta pagata alla scuola calcio del nostro piccolo paesello, o del quartiere della nostra metropoli, iniziamo a capire meglio di cosa parliamo. Se aggiungiamo le scommesse, il merchandising , diritti televisivi e qualche volta anche quote azionarie di grosse società quotate in borsa non si fa più fatica a comprendere quei grandi numeri citati prima. 
Un’industria che non da segni di flessioni e che ogni anno si conferma come tra le prime grande industrie del nostro bel paese.
Ma c’è ancora un’altra industria che ha le vele gonfie e graziata anche del vento favorevole e viaggia bene. Anche questa non è qualcosa di nascosto, anzi e sotto gli occhi di tutti, ma per quanto visibile sembra quasi un’industria ombra, fastidiosa forse, di cui meglio non vantarsi e quindi taciuta.

E’ l’industria delle armi e delle munizioni. E si, anche questa viaggia alla grande, e come se viaggia. Un made in italy di altissima qualità che non conosce crisi, anzi il paradosso che proprio la dove la crisi e più nera lei fa affari. Solo nel 2014 ha esportato nel nord Africa (dati dell’istituto “Archivio Disarmo”) circa 30 milioni di euro in armi leggere. Sebbene i più grandi clienti sono nel nord America  ed Europa, a me preoccupa soprattutto questo mercato senza controllo verso paesi come Libia (solo per citarne uno), armi vendute con assoluta disinvoltura alla faccia di Talebani o ISIS che sia.

La cosa che mi fa rabbrividire e che si paventa un’intervento armato a guida presumibilmente italiana in questo paese. E pensare che un operaio della Val Trompia che lavora per la costruzione di una carabina o una granata che potrebbe uccidere il suo vicino di casa, o suo figlio arruolatosi ed impegnato in quell’area a me fa accapponare la pelle. Si perché questo rischio non è ipotetico, ma reale e crudele allo stesso tempo. 

Allora mi domando e dico: “ come può il governo italiano o l’Europa permettere una vendita di armi da guerra, munizionamento o granate senza interessarsi nelle mani di chi vanno a finire?”. Solo per il fatturato? Solo per dare un colpo al PIL? Pensiamo che i dati parlano di quasi mezzo miliardo di euro legati alla sola esportazioni di armi leggere. 

Come Partito del Sud abbiamo radicato nel DNA e nello Statuto, così come da Costituzione italiana, il no alla guerra pur sapendo che la battaglia politica e culturale per questa nostra convinzione è impari e molto difficile da conseguire. Ed e facile dire no senza fare proposte o trovare soluzioni. Ma noi non siamo il partito dei no, noi diciamo la nostra opinione, facciamo proposte concrete e denunce. 

Chiediamo al Governo italiano di vietare esportazioni di armi e munizioni destinati a quei paesi dove i diritti umani vengono violati, dove infuriano guerre, dove ci sono gruppi terroristici riconosciuti internazionalmente come tali, divieto di esportazione verso quei paesi europei in fase di conflitto o tensioni etniche (es.Balcani e Ucraina), divieto di esportazione in quei paesi dove e prevista la pena di morte o torture, divieto la dove queste armi possano essere impiegate come strumento di offesa e non difesa. 
Chiediamo al governo Italiano che si faccia promotore per cambiare anche le normative internazionali sulla vendita libera di armi, e farsi promotore della formazione di uno strumento/organo internazionale/neutrale  adibito al controllo, alla verifica e il rispetto di quelle  normative dai contenuti sopracitati , per le esportazioni di armi ed esplosivi da noi. Non possiamo sentirci responsabili della morte di innocenti nel mondo, e non possiamo tollerare che armi italiane possano essere puntate contro i nostri cittadini e soldati sparsi nel mondo. 

Non è quel Made in italy di cui noi andiamo orgogliosi e fieri, ma se non possiamo sopprimere questa industria per ovvi motivi, almeno possiamo e vogliamo limitarne i danni.

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