giovedì 26 giugno 2014

Feriti a morte...

di  Andrea Balìa
Fonte: Partito del Sud-Napoli

Chi legge questo titolo e non è di ultimo pelo, come il sottoscritto, ricorderà il famoso libro d’un grande scrittore napoletano, Raffaele La Capria, intitolato “Ferito a morte”, e penserà ad un facile furto dell’idea di questo best seller. Così non è anche se è innegabile che lo spunto arrivi da là. 

Il libro di La Capria si contraddistinse per la mirabile descrizione della “bella giornata” e dell’arpionamento d’un pesce nel golfo di Napoli, per l’appunto “ferito a morte”, come allegoria di quanto un’ammaliatrice città come Napoli possa marchiare indelebilmente, ferire un suo cittadino, inebriandolo ma condannarlo, in un certo senso tarpandogli le ali con un’appartenenza struggente ma vincolante.

Ben altre motivazioni meno liriche ma più “terrene” e drammatiche ci spingono a questa titolazione. 
Una brutta parte finale del mese di Giugno ha colpito chi ama il Sud con due tristi eventi. Prima la dipartita d’un ragazzone, dal peso improponibile ma comunque non sufficiente a contenere il suo grande e semplice cuore : Gennaro Brandolini Palumbo. Innamorato della sua terra, in modo nostalgico ma genuino. Aveva compreso che il segreto sta nel darsi da fare, superando la fase del “lamento”. Aveva messo su una piccola società con relativo marchio con cui confezionava e 
distribuiva prodotti alimentari del meridione. Questo lo distingueva da un certo “borbonismo” di maniera, talvolta solo pesante, folklorico e carente in propositività. Era rispettoso e semplice nei rapporti, e ciò lo rendeva simpatico tanto da lasciare molto amareggiati e con un vuoto notevole per la sua prematura dipartita. Non sarà semplice ritrovare e ricreare un altro Brandolini. Non a caso gli abbiamo fatto una dedica : “Addio Gennaro…riposa in pace, e che un cavallo bianco ti porti dal tuo Re, come alfiere della nostra terra”.
Il secondo triste evento è stata la morte di Ciro Esposito, il tifoso napoletano deceduto dopo 53 giorni per essere stato sparato a Roma, prima della finale di Coppa Italia. Un odio e una violenza inaccettabile che contraddistinguono il tifo calcistico in tutt’Italia, con un’aggravante insopportabile : l’odio perpetrato in modo costante e diffuso ovunque contro i napoletani e la sua tifoseria. Liquidare ciò solo con una deriva generica della violenza nello sport, ci sembra insufficiente, parziale e poco onesto e rispettoso in primis per questo povero ragazzo e per Napoli. Che anche nel calcio, in un tifo violento, Napoli, il Sud, debbano costituire la vittima prefigurata e designata è inaccettabile. E poichè la reazione con altra violenza non è ipotizzabile, si adoperi una giustizia celere e ferma che individui e punisca colpevoli e inadempienti come monito e doveroso risarcimento alla famiglia di Ciro Esposito e alla sua città; così come, puntualmente e doverosamente, ha richiesto Napoli col suo sindaco.

Insomma che non siano sottratte ai napoletani, ai meridionali tutti, le ragioni – storicamente già faticose – per, se non intonare, ma almeno ascoltare con sofferenza ma quantomeno senza vergogna un “fratelli d’italia…”

E che sia chiaro…..”feriti a morte”….ma non ancora morti!

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di  Andrea Balìa
Fonte: Partito del Sud-Napoli

Chi legge questo titolo e non è di ultimo pelo, come il sottoscritto, ricorderà il famoso libro d’un grande scrittore napoletano, Raffaele La Capria, intitolato “Ferito a morte”, e penserà ad un facile furto dell’idea di questo best seller. Così non è anche se è innegabile che lo spunto arrivi da là. 

Il libro di La Capria si contraddistinse per la mirabile descrizione della “bella giornata” e dell’arpionamento d’un pesce nel golfo di Napoli, per l’appunto “ferito a morte”, come allegoria di quanto un’ammaliatrice città come Napoli possa marchiare indelebilmente, ferire un suo cittadino, inebriandolo ma condannarlo, in un certo senso tarpandogli le ali con un’appartenenza struggente ma vincolante.

Ben altre motivazioni meno liriche ma più “terrene” e drammatiche ci spingono a questa titolazione. 
Una brutta parte finale del mese di Giugno ha colpito chi ama il Sud con due tristi eventi. Prima la dipartita d’un ragazzone, dal peso improponibile ma comunque non sufficiente a contenere il suo grande e semplice cuore : Gennaro Brandolini Palumbo. Innamorato della sua terra, in modo nostalgico ma genuino. Aveva compreso che il segreto sta nel darsi da fare, superando la fase del “lamento”. Aveva messo su una piccola società con relativo marchio con cui confezionava e 
distribuiva prodotti alimentari del meridione. Questo lo distingueva da un certo “borbonismo” di maniera, talvolta solo pesante, folklorico e carente in propositività. Era rispettoso e semplice nei rapporti, e ciò lo rendeva simpatico tanto da lasciare molto amareggiati e con un vuoto notevole per la sua prematura dipartita. Non sarà semplice ritrovare e ricreare un altro Brandolini. Non a caso gli abbiamo fatto una dedica : “Addio Gennaro…riposa in pace, e che un cavallo bianco ti porti dal tuo Re, come alfiere della nostra terra”.
Il secondo triste evento è stata la morte di Ciro Esposito, il tifoso napoletano deceduto dopo 53 giorni per essere stato sparato a Roma, prima della finale di Coppa Italia. Un odio e una violenza inaccettabile che contraddistinguono il tifo calcistico in tutt’Italia, con un’aggravante insopportabile : l’odio perpetrato in modo costante e diffuso ovunque contro i napoletani e la sua tifoseria. Liquidare ciò solo con una deriva generica della violenza nello sport, ci sembra insufficiente, parziale e poco onesto e rispettoso in primis per questo povero ragazzo e per Napoli. Che anche nel calcio, in un tifo violento, Napoli, il Sud, debbano costituire la vittima prefigurata e designata è inaccettabile. E poichè la reazione con altra violenza non è ipotizzabile, si adoperi una giustizia celere e ferma che individui e punisca colpevoli e inadempienti come monito e doveroso risarcimento alla famiglia di Ciro Esposito e alla sua città; così come, puntualmente e doverosamente, ha richiesto Napoli col suo sindaco.

Insomma che non siano sottratte ai napoletani, ai meridionali tutti, le ragioni – storicamente già faticose – per, se non intonare, ma almeno ascoltare con sofferenza ma quantomeno senza vergogna un “fratelli d’italia…”

E che sia chiaro…..”feriti a morte”….ma non ancora morti!

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