Riceviamo e postiamo:
Di Franco Gallo
Il 19 luglio a.d. 2013 mi telefona mia madre, di anni 81 ma piuttosto arzilla e capace, e mi balbetta terrorizzata che l’INPS ha mandato una lettera di sei pagine e che le vogliono togliere la pensione.
Mi dice anche che la dannata lettera l’ha ricevuta quella stessa mattina, 19 luglio 2013, e che è disperata e non sa cosa fare.
Mi precipito a casa di mamma e comincio a leggere la missiva.
E’ datata 20 maggio 2013.
E che cxxxo ! Dal 20 di maggio gliela recapitano il 19 luglio cioè dopo due mesi? Che capolavoro di puntualità.
E’ piena di codici, anche a barre, di numeri di sigle: WWW, PIN, PEC, CUD, MODELLO OBIS M, ISTRUZIONI CUD, CNS, 730, UNICO, PEC, RED, DETR, CONTACT CENTER; e poi tante leggi con articoli e date.
Dopo averla letta almeno cinque volte capisco che l’INPS vuole sapere quanto guadagna mamma e che tutta la questione si può risolvere collegandosi al sito WWW.INPS.IT ma che però bisogna avere un PIN che è facilissimo da scaricare e che loro, l’INPS, gliene scrivono la metà sulla lettera e poi mamma, a 81 anni, si collega al sito e scarica l’altra metà. Ma, deve fare attenzione! Perché il PIN a 16 cifre poi si trasforma in uno a 8 cifre che notoriamente è meglio!
Minchia! Penso io, ma questi sono proprio dei geni della comunicazione oltre che molto puntuali e tempestivi nelle consegne dei dispacci.
Però, per fortuna, si può andare al CAF e infatti mamma ci va subito perché non si fida della mia “consulenza” e lì trova almeno un centinaio di pensionati muniti della stessa lettera e preoccupati per la loro pensione.
E sì, perché gli stessi "geni" di cui sopra minacciano la sospensione delle prestazioni collegate al reddito nel caso non si ottemperasse a tutto ciò prescrive la lettera compresi i WWW, che, letto da una pensionata di una certa età equivale a dire: mi levano la pensione!
Mi vengono da fare alcune tristi osservazioni di cui la prima è che se lo stato italiano vuole che i pensionati, i cittadini, le imprese, i lavoratori si servano di internet per gestire i rapporti con la nostra elefantiaca macchina pubblica, perché l’accesso a internet non è gratuito e perché non è mai abbastanza veloce e stabile e perché è difficilissimo navigare in Calabria piuttosto che a Milano?
L’accesso alla rete è stato reso a pagamento (tra l’altro piuttosto salato) e poi la casta ci obbliga a usare internet per accedere alla pubblica amministrazione; per carità, è una cosa comodissima, ma, considerata la propensione truffaldina dei nostri politicanti, mi viene da pensare che tutti i servizi internet siano stati concepiti non tanto per facilitare il cittadino ma per arricchire le società che gestiscono la rete.
Chissà magari i politicanti si collegano gratis o forse i gestori regalano il tablet alla moglie o ai figli. No! non può essere così! E’ una cattivo pensiero mio.
L’altra osservazione è questa: caro INPS, ma se i pensionati li paghi tu, se hai a disposizione l’agenzia delle entrate, la finanza, le forze dell’ordine, computer potentissimi, non dovresti già essere a conoscenza delle cose che chiedi con una lunghissima, complicatissima, costosa (a spese dei contribuenti) lettera?
E da ultimo: per chiedere ad un pensionato di 80 anni se ha fatto o meno la dichiarazione dei redditi e che se non l’avesse fatta la deve fare, c’è bisogno di scrivere un papello di 6 (dico sei) pagine?
Questa burocrazia è stranissima.
Ogni tanto, nel posto dove lavoro da 30 anni, vogliono sapere come mi chiamo, il codice fiscale, quanto mi pagano, che lavoro faccio. Ed io non so mai se mi trovo in un incubo kafkiano oppure in una realtà parallela o chissà dove.
Vi allego la lettera dell’INPS e chi riuscirà a capire tutto alla prima lettura, da quel momento sarà il mio mito.
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