Bellissimo post di Pino Aprile dedicato al premio internazionale che sarà consegnato ad Antonio Ciano il 24 Agosto dall'Associazione Radici.
Noi del Partito del Sud non possiamo che condividere ogni singola parola usata nel post dall'autore di "Terroni" e ringraziare.
Grazie Pino, grazie Antonio.
Di Pino Aprile
Non poteva essere attribuito un premio più meritato ed evocativo ad Antonio Ciano: “Radici”.
Averle riscoperte, nella riacquisizione di verità taciute su come fu unificata l'Italia, a spese del Sud, è stato un lavoro collettivo, ancora in corso, che ha visto all'opera dei solitari, poi lievitate in piccole pattuglie di pionieri, poi dilagato in una fame di consapevolezza, di conoscenza di sé, che stanno dando vita a un movimento di massa, un popolo in marcia verso la riconquista della propria storia e della propria dignità, all'interno di quella storia. Ed era una storia negata, per negarne la dignità conseguente; perché quella del vinto, spesso, è più nobile di quella del vincitore.
Il percorso a cui Ciano ha dato un contributo così alto non è stato lineare: nel secolo e mezzo di creazione, a mano armata, della Questione Meridionale e del suo mantenimento con un governo del Paese teso a favorire solo una sua parte, a danno dell'altra (infatti le autostrade, gli aeroporti, le ferrovie si fanno sono a Centronord, ma anche con i soldi del Sud), molte voci si sono levate per raccontare come le cose andarono veramente, nel Risorgimento e per pretendere equità, nel trattamento degli italiani e dei loro territori. Ci sono stati momenti in cui a queste voci se ne sono aggiunte altre e, insieme, sono riuscite a farsi ascoltare; anche se di rado si sono avute azioni coerenti con quelle dichiarazioni di principio (solo due brevi periodi nei primi del Novecento e nel secondo dopoguerra).
Ma a scuola, dalle elementari all'università, hanno continuato a proprinarci la fiabetta del biondo eroe che con i suoi Mille abbatte in tre mesi un Paese di nove milioni di abitanti e oltre centomila soldati ben addestrati (come si vide sul Volturno). Chi doveva farci sapere come stavano davvero le cose non lo ha fatto. E, per legge fisica, i vuoti sono stati riempiti da altri: da Carlo Alianello a Nicola Zitara, da don Capobianco ad Angelo Manna. Con gli ultimi due, Antonio Ciano si incontrava a Gaeta.
E da dove, se non dalla città che fino all'ultimo difese l'onore del Sud, poteva partire la riconquista di quella parte di verità che dovevamo continuare a non sapere? Le biografie di questi cacciatori di documenti sono diversissime: un prete, don Capobianco, figlio dell'ultimo nato duosiciliano, prima dell'annessione di Gaeta all'Italia piemontese; Angelo Manna, giornalista di raro talento, eletto deputato con il Movimento sociale di Almirante; Antonio Ciano, ex ufficiale di Marina, comunista gramsciano.
Antonio è di carattere irruente, generoso, onestissimo; la veemenza con cui racconta le storie taciute, ricostruite con i documenti che trova, lo rendono inconfondibile. Una passione che il tempo non attenua, né sfiancano le giornate passate a scavare negli archi nazionali, parrocchiali, comunali, nelle librerie. I suoi libri sui massacri compiuti al Sud dalle truppe dei Savoia venute a liberare il Sud (da chi, se non era occupato da nessuno?), specie sulla spaventosa mattanza dei bersaglieri a Pontelandolfo e Casalduni, sono stati un pugno nello stomaco e restano un punto di riferimento per chiunque voglia dedicarsi a queste ricerche.
Curiosamente, gli storici di professione, invece di giustificarsi per il loro ultrasecolare silenzio sul massacro del Sud, hanno avviato un fuoco di sbarramento contro chi, privo della targhetta accademica, si permette di raccontare quello che loro hanno deciso di tacere. Antonio Ciano ha dovuto difendere il suo lavoro anche in tribunale, persino da chi riteneva di veder diffamati i propri avi. Ma alla divulgazione di quanto via via scopriva e conseguenti iniziative politiche, ormai Ciano aveva deciso di dedicare la vita; da questo deriva la creazione di una televisione da strada, la prima in Italia, Telemonteorlando, che alimentava di contenuti praticamente da solo, armato di videocamera; da questo deriva la fondazione del Partito del Sud e poi la sua candidatura alle elezioni comunali, vinte contro centrodestra e centrosinistra: Gaeta fu l'unica città sopra i 20mila abitanti, non governata da uno dei due poli.
A quel punto, la politica “grossa” si rese conto del pericolo e, in un Paese che paga ogni giorno dell'anno una salata multa all'Unione Europea, per lo scandalo di una rete nazionale (ma appartenente a noto piduista, puttaniere e presidente del Consiglio), Rete4, che trasmette su una frequenza assegnata ad altri, i controllori dell'etere mettono sotto attacco Telemonteorlando, sino a che, esausto e privo di risorse, Ciano deve chiuderla. E alle elezioni successive, contro la lista dei poveri ma belli di Ciano e del sindaco uscente, il centrosinistra e il centrodestra schierano forze e mezzi sproporzionati alla posta in gioco; e il Comune va al centrodestra, che il centrosinistra, di fatto, preferisce alla lista civica del gramsciano Ciano.
Non è uno che cerca di compiacere gli interlocutori, Antonio: dice quello che c'è da dire e lo dice con il suo carattere. Quando andammo insieme in Canada, per un convegno con la comunità meridionale di Toronto, la veemenza con espose i suoi argomenti fu tale (ogni volta, è come se scoprisse per la prima volta le violenze subite dal Sud, per la conquista e l'annessione), che i traduttori ebbero qualche difficoltà a stargli dietro.
Un premio chiamato “Radici”, è coerente con l'assegnazione a chi, quelle radici, ha portato alla luce.
“Radici” merita Ciano e viceversa. Vorrei che questo premio fosse inteso come il segno di quanto dobbiamo, ad Antonio Ciano, tutti noi che ci dedichiamo a quest'opera di ricostruzione e divulgazione. Il direttivo di "Radici" e l sua Presidentessa, Francesca Gallello, hanno avuto il merito di premiare Antonio Ciano.Un premio internazionale, addirittura. Ciano lo merita tutto. Ha dedicato la sua vita alle radici del male che ha distrutto economicamente e fisicamente il Sud: il Risorgimento piemontese.
Il premio sarà ritirato a Cirò Marina il 24 di agosto. Sarà dedicato allo storico gaetano una intera serata.Molti saranno gli ospiti.
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domenica 21 luglio 2013
Articolo di Pino Aprile sul premio internazionale "Radici" che il direttivo dell'Associazione Culturale calabrese ha conferito ad Antonio Ciano
Bellissimo post di Pino Aprile dedicato al premio internazionale che sarà consegnato ad Antonio Ciano il 24 Agosto dall'Associazione Radici.
Noi del Partito del Sud non possiamo che condividere ogni singola parola usata nel post dall'autore di "Terroni" e ringraziare.
Grazie Pino, grazie Antonio.
Di Pino Aprile
Non poteva essere attribuito un premio più meritato ed evocativo ad Antonio Ciano: “Radici”.
Averle riscoperte, nella riacquisizione di verità taciute su come fu unificata l'Italia, a spese del Sud, è stato un lavoro collettivo, ancora in corso, che ha visto all'opera dei solitari, poi lievitate in piccole pattuglie di pionieri, poi dilagato in una fame di consapevolezza, di conoscenza di sé, che stanno dando vita a un movimento di massa, un popolo in marcia verso la riconquista della propria storia e della propria dignità, all'interno di quella storia. Ed era una storia negata, per negarne la dignità conseguente; perché quella del vinto, spesso, è più nobile di quella del vincitore.
Il percorso a cui Ciano ha dato un contributo così alto non è stato lineare: nel secolo e mezzo di creazione, a mano armata, della Questione Meridionale e del suo mantenimento con un governo del Paese teso a favorire solo una sua parte, a danno dell'altra (infatti le autostrade, gli aeroporti, le ferrovie si fanno sono a Centronord, ma anche con i soldi del Sud), molte voci si sono levate per raccontare come le cose andarono veramente, nel Risorgimento e per pretendere equità, nel trattamento degli italiani e dei loro territori. Ci sono stati momenti in cui a queste voci se ne sono aggiunte altre e, insieme, sono riuscite a farsi ascoltare; anche se di rado si sono avute azioni coerenti con quelle dichiarazioni di principio (solo due brevi periodi nei primi del Novecento e nel secondo dopoguerra).
Ma a scuola, dalle elementari all'università, hanno continuato a proprinarci la fiabetta del biondo eroe che con i suoi Mille abbatte in tre mesi un Paese di nove milioni di abitanti e oltre centomila soldati ben addestrati (come si vide sul Volturno). Chi doveva farci sapere come stavano davvero le cose non lo ha fatto. E, per legge fisica, i vuoti sono stati riempiti da altri: da Carlo Alianello a Nicola Zitara, da don Capobianco ad Angelo Manna. Con gli ultimi due, Antonio Ciano si incontrava a Gaeta.
E da dove, se non dalla città che fino all'ultimo difese l'onore del Sud, poteva partire la riconquista di quella parte di verità che dovevamo continuare a non sapere? Le biografie di questi cacciatori di documenti sono diversissime: un prete, don Capobianco, figlio dell'ultimo nato duosiciliano, prima dell'annessione di Gaeta all'Italia piemontese; Angelo Manna, giornalista di raro talento, eletto deputato con il Movimento sociale di Almirante; Antonio Ciano, ex ufficiale di Marina, comunista gramsciano.
Antonio è di carattere irruente, generoso, onestissimo; la veemenza con cui racconta le storie taciute, ricostruite con i documenti che trova, lo rendono inconfondibile. Una passione che il tempo non attenua, né sfiancano le giornate passate a scavare negli archi nazionali, parrocchiali, comunali, nelle librerie. I suoi libri sui massacri compiuti al Sud dalle truppe dei Savoia venute a liberare il Sud (da chi, se non era occupato da nessuno?), specie sulla spaventosa mattanza dei bersaglieri a Pontelandolfo e Casalduni, sono stati un pugno nello stomaco e restano un punto di riferimento per chiunque voglia dedicarsi a queste ricerche.
Curiosamente, gli storici di professione, invece di giustificarsi per il loro ultrasecolare silenzio sul massacro del Sud, hanno avviato un fuoco di sbarramento contro chi, privo della targhetta accademica, si permette di raccontare quello che loro hanno deciso di tacere. Antonio Ciano ha dovuto difendere il suo lavoro anche in tribunale, persino da chi riteneva di veder diffamati i propri avi. Ma alla divulgazione di quanto via via scopriva e conseguenti iniziative politiche, ormai Ciano aveva deciso di dedicare la vita; da questo deriva la creazione di una televisione da strada, la prima in Italia, Telemonteorlando, che alimentava di contenuti praticamente da solo, armato di videocamera; da questo deriva la fondazione del Partito del Sud e poi la sua candidatura alle elezioni comunali, vinte contro centrodestra e centrosinistra: Gaeta fu l'unica città sopra i 20mila abitanti, non governata da uno dei due poli.
A quel punto, la politica “grossa” si rese conto del pericolo e, in un Paese che paga ogni giorno dell'anno una salata multa all'Unione Europea, per lo scandalo di una rete nazionale (ma appartenente a noto piduista, puttaniere e presidente del Consiglio), Rete4, che trasmette su una frequenza assegnata ad altri, i controllori dell'etere mettono sotto attacco Telemonteorlando, sino a che, esausto e privo di risorse, Ciano deve chiuderla. E alle elezioni successive, contro la lista dei poveri ma belli di Ciano e del sindaco uscente, il centrosinistra e il centrodestra schierano forze e mezzi sproporzionati alla posta in gioco; e il Comune va al centrodestra, che il centrosinistra, di fatto, preferisce alla lista civica del gramsciano Ciano.
Non è uno che cerca di compiacere gli interlocutori, Antonio: dice quello che c'è da dire e lo dice con il suo carattere. Quando andammo insieme in Canada, per un convegno con la comunità meridionale di Toronto, la veemenza con espose i suoi argomenti fu tale (ogni volta, è come se scoprisse per la prima volta le violenze subite dal Sud, per la conquista e l'annessione), che i traduttori ebbero qualche difficoltà a stargli dietro.
Un premio chiamato “Radici”, è coerente con l'assegnazione a chi, quelle radici, ha portato alla luce.
“Radici” merita Ciano e viceversa. Vorrei che questo premio fosse inteso come il segno di quanto dobbiamo, ad Antonio Ciano, tutti noi che ci dedichiamo a quest'opera di ricostruzione e divulgazione. Il direttivo di "Radici" e l sua Presidentessa, Francesca Gallello, hanno avuto il merito di premiare Antonio Ciano.Un premio internazionale, addirittura. Ciano lo merita tutto. Ha dedicato la sua vita alle radici del male che ha distrutto economicamente e fisicamente il Sud: il Risorgimento piemontese.
Il premio sarà ritirato a Cirò Marina il 24 di agosto. Sarà dedicato allo storico gaetano una intera serata.Molti saranno gli ospiti.
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Noi del Partito del Sud non possiamo che condividere ogni singola parola usata nel post dall'autore di "Terroni" e ringraziare.
Grazie Pino, grazie Antonio.
Di Pino Aprile
Non poteva essere attribuito un premio più meritato ed evocativo ad Antonio Ciano: “Radici”.
Averle riscoperte, nella riacquisizione di verità taciute su come fu unificata l'Italia, a spese del Sud, è stato un lavoro collettivo, ancora in corso, che ha visto all'opera dei solitari, poi lievitate in piccole pattuglie di pionieri, poi dilagato in una fame di consapevolezza, di conoscenza di sé, che stanno dando vita a un movimento di massa, un popolo in marcia verso la riconquista della propria storia e della propria dignità, all'interno di quella storia. Ed era una storia negata, per negarne la dignità conseguente; perché quella del vinto, spesso, è più nobile di quella del vincitore.
Il percorso a cui Ciano ha dato un contributo così alto non è stato lineare: nel secolo e mezzo di creazione, a mano armata, della Questione Meridionale e del suo mantenimento con un governo del Paese teso a favorire solo una sua parte, a danno dell'altra (infatti le autostrade, gli aeroporti, le ferrovie si fanno sono a Centronord, ma anche con i soldi del Sud), molte voci si sono levate per raccontare come le cose andarono veramente, nel Risorgimento e per pretendere equità, nel trattamento degli italiani e dei loro territori. Ci sono stati momenti in cui a queste voci se ne sono aggiunte altre e, insieme, sono riuscite a farsi ascoltare; anche se di rado si sono avute azioni coerenti con quelle dichiarazioni di principio (solo due brevi periodi nei primi del Novecento e nel secondo dopoguerra).
Ma a scuola, dalle elementari all'università, hanno continuato a proprinarci la fiabetta del biondo eroe che con i suoi Mille abbatte in tre mesi un Paese di nove milioni di abitanti e oltre centomila soldati ben addestrati (come si vide sul Volturno). Chi doveva farci sapere come stavano davvero le cose non lo ha fatto. E, per legge fisica, i vuoti sono stati riempiti da altri: da Carlo Alianello a Nicola Zitara, da don Capobianco ad Angelo Manna. Con gli ultimi due, Antonio Ciano si incontrava a Gaeta.
E da dove, se non dalla città che fino all'ultimo difese l'onore del Sud, poteva partire la riconquista di quella parte di verità che dovevamo continuare a non sapere? Le biografie di questi cacciatori di documenti sono diversissime: un prete, don Capobianco, figlio dell'ultimo nato duosiciliano, prima dell'annessione di Gaeta all'Italia piemontese; Angelo Manna, giornalista di raro talento, eletto deputato con il Movimento sociale di Almirante; Antonio Ciano, ex ufficiale di Marina, comunista gramsciano.
Antonio è di carattere irruente, generoso, onestissimo; la veemenza con cui racconta le storie taciute, ricostruite con i documenti che trova, lo rendono inconfondibile. Una passione che il tempo non attenua, né sfiancano le giornate passate a scavare negli archi nazionali, parrocchiali, comunali, nelle librerie. I suoi libri sui massacri compiuti al Sud dalle truppe dei Savoia venute a liberare il Sud (da chi, se non era occupato da nessuno?), specie sulla spaventosa mattanza dei bersaglieri a Pontelandolfo e Casalduni, sono stati un pugno nello stomaco e restano un punto di riferimento per chiunque voglia dedicarsi a queste ricerche.
Curiosamente, gli storici di professione, invece di giustificarsi per il loro ultrasecolare silenzio sul massacro del Sud, hanno avviato un fuoco di sbarramento contro chi, privo della targhetta accademica, si permette di raccontare quello che loro hanno deciso di tacere. Antonio Ciano ha dovuto difendere il suo lavoro anche in tribunale, persino da chi riteneva di veder diffamati i propri avi. Ma alla divulgazione di quanto via via scopriva e conseguenti iniziative politiche, ormai Ciano aveva deciso di dedicare la vita; da questo deriva la creazione di una televisione da strada, la prima in Italia, Telemonteorlando, che alimentava di contenuti praticamente da solo, armato di videocamera; da questo deriva la fondazione del Partito del Sud e poi la sua candidatura alle elezioni comunali, vinte contro centrodestra e centrosinistra: Gaeta fu l'unica città sopra i 20mila abitanti, non governata da uno dei due poli.
A quel punto, la politica “grossa” si rese conto del pericolo e, in un Paese che paga ogni giorno dell'anno una salata multa all'Unione Europea, per lo scandalo di una rete nazionale (ma appartenente a noto piduista, puttaniere e presidente del Consiglio), Rete4, che trasmette su una frequenza assegnata ad altri, i controllori dell'etere mettono sotto attacco Telemonteorlando, sino a che, esausto e privo di risorse, Ciano deve chiuderla. E alle elezioni successive, contro la lista dei poveri ma belli di Ciano e del sindaco uscente, il centrosinistra e il centrodestra schierano forze e mezzi sproporzionati alla posta in gioco; e il Comune va al centrodestra, che il centrosinistra, di fatto, preferisce alla lista civica del gramsciano Ciano.
Non è uno che cerca di compiacere gli interlocutori, Antonio: dice quello che c'è da dire e lo dice con il suo carattere. Quando andammo insieme in Canada, per un convegno con la comunità meridionale di Toronto, la veemenza con espose i suoi argomenti fu tale (ogni volta, è come se scoprisse per la prima volta le violenze subite dal Sud, per la conquista e l'annessione), che i traduttori ebbero qualche difficoltà a stargli dietro.
Un premio chiamato “Radici”, è coerente con l'assegnazione a chi, quelle radici, ha portato alla luce.
“Radici” merita Ciano e viceversa. Vorrei che questo premio fosse inteso come il segno di quanto dobbiamo, ad Antonio Ciano, tutti noi che ci dedichiamo a quest'opera di ricostruzione e divulgazione. Il direttivo di "Radici" e l sua Presidentessa, Francesca Gallello, hanno avuto il merito di premiare Antonio Ciano.Un premio internazionale, addirittura. Ciano lo merita tutto. Ha dedicato la sua vita alle radici del male che ha distrutto economicamente e fisicamente il Sud: il Risorgimento piemontese.
Il premio sarà ritirato a Cirò Marina il 24 di agosto. Sarà dedicato allo storico gaetano una intera serata.Molti saranno gli ospiti.
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