di LINO PATRUNO
Ricomincio da Sud. Ci sono almeno tre ragioni per cui se l’Italia vuol crescere può farlo solo a Sud. Prima lo si capisce meglio è. Come meglio è se la si smette quanto prima di considerare il Sud un danno e non una salvezza per tutti.
Prima ragione. Non ci vogliono trattati di economia per capire una banalità. Resteremo nell’incubo di questa crisi se si continua ad andare avanti con un sistema (gli intellettuali dicono “modello di sviluppo”) per cui il Nord deve fare da locomotiva e il Sud, se va bene, seguirlo come bagaglio appresso. Il risultato è una crescita dello zero virgola qualcosa, anzi ora andiamo indietro. E’ come se avessi una Porsche e la facessi andare come una Panda.
Non solo è uno spreco, ma prima o poi imballi il motore.
Il Nord dovrebbe crescere al 10 per cento come una Cina per far crescere in media l’Italia almeno al 3 per cento, quota minima per riprendere a creare lavoro.
Ma oggi solo la Cina è Cina. E poi il Nord è al limite, saturo, sfiatato, non può crescere più di tanto: devi avere anche lo spazio per altri capannoni. Se dai a un riccone altri cento euro, non ti ringrazierà neanche, se li dai a un poveraccio gli hai cambiato la giornata. Riesce a lavorare al Sud un venti per cento in meno rispetto al Nord: se potessero spaccherebbero le pietre. Si dovrebbero cambiare le condizioni, investire al Sud quei soldi destinati al Sud ma invece utilizzati per tante altre cose, dalle multe dei vaccari bergamaschi ai traghetti del lago Maggiore. E i treni, al Sud, si dovrebbe darglieli non toglierglieli.
Seconda ragione (per cui bisognerebbe ricominciare da Sud). La conferma viene proprio in questi giorni dalla Banca d’Italia, non da qualche irriducibile terrone mezzo piagnone mezzo cialtrone. Nel Paese che i signorini dalle mani sporche della Lega Nord vogliono tagliare in due, se non ci fosse il Sud che acquista non ci sarebbe il Nord che vende. Altro che secessione, altro che ce ne andiamo per conto nostro: dove vanno?
L’integrazione fra le due Italie è tale che dovrebbe far ricredere anche il Luca Ricolfi del “Sacco” (saccheggio) del Nord. Insomma la bibbia che il Salvini sbandiera sempre come dimostrazione del Sud parassita. La Banca d’Italia dice che è vero che ogni anno 50 mila miliardi di tasse del Nord vengono spesi anche nel resto del Paese. Ma è vero pure che ritornano con gli interessi (oltre 60 miliardi) in acquisto di prodotti del Nord da parte del Sud. E aumentano ancòra se ci aggiungiamo, mettiamo, i ricoveri di meridionali al Nord (pagati dalle Regioni del Sud). E se ci aggiungiamo i giovani meridionali che vanno a lavorare al Nord ma la cui istruzione l’hanno pagata i loro genitori al Sud (a parte le tasse che versano lì).
Questi conticini li aveva già fatti da tempo Paolo Savona, economista, ex ministro, banchiere. Ma chi volete che gli desse retta visto che smentiva un pregiudizio sul Sud? Piagnone anche lui. Così si scopre anche (Luca Bianchi direttore della Svimez) che un quarto della ricchezza annuale della Lombardia proviene dalle vendite al Sud. Ma invece che di Sud creditore si continua a parlare di Sud debitore. E invece che, magari, di “Sacco” del Sud, si continua a parlare di “Sacco” del Nord.
Si è meridionali anche nei sacchi. Senza dimenticare la ciliegina che, nonostante tutto, la spesa dello Stato è maggiore al Nord che sta meglio rispetto al Sud che sta peggio.
Ma c’è la terza ragione (per cui bisognerebbe ricominciare da Sud). Buona parte dell’attuale crisi del Nord è dovuta al fatto che è in crisi anche il Sud che compra meno. E che se dalla crisi si esce solo col rilancio dei consumi (e quindi della produzione, del lavoro ecc. ecc.), o il Sud si muove o la barca affonda. Il Nord dipende dal Sud, una bestemmia. E’ sbagliato allora non solo il sopraddetto “modello di sviluppo” della locomotiva, ma anche quello conseguente del Nord che vende e del Sud che acquista.
Pensiamo a cosa avverrebbe se tutti i Nicola Cassano e le Carmela Palumbo del Sud decidessero un giorno il CompraSud, acquistare solo prodotti meridionali (e ce ne sono): il panico.
Conclusione: nessun Paese può reggersi su un Nord e su un Sud come in Italia. Nessun Paese almeno che voglia restare fra i primi dieci al mondo. Né si può tenere inutilizzato mezzo motore senza perdere velocità, anzi bruciando la testata. E con l’aggiunta che un altro “modello di sviluppo” (rieccolo) converrebbe anche al Nord perché la crescita del Sud lo farebbe sfiatare meno. Tranne che non si voglia lasciare tutto così perché fa comodo: la chiamiamo sottomissione?
Ma se occorre ricominciare da Sud, anche il Sud deve ricominciare da se stesso. C’è al Sud una prateria di cose da fare (oltre che di cose fatte). Il Sud s’arrabbi di brutto per i treni tolti, ma poi metta in campo al più presto la propria locomotiva. Il futuro è a Sud.
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno
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sabato 5 maggio 2012
Caro Nord ma dove vai se il Sud non ce l’hai?
di LINO PATRUNO
Ricomincio da Sud. Ci sono almeno tre ragioni per cui se l’Italia vuol crescere può farlo solo a Sud. Prima lo si capisce meglio è. Come meglio è se la si smette quanto prima di considerare il Sud un danno e non una salvezza per tutti. Prima ragione. Non ci vogliono trattati di economia per capire una banalità. Resteremo nell’incubo di questa crisi se si continua ad andare avanti con un sistema (gli intellettuali dicono “modello di sviluppo”) per cui il Nord deve fare da locomotiva e il Sud, se va bene, seguirlo come bagaglio appresso. Il risultato è una crescita dello zero virgola qualcosa, anzi ora andiamo indietro. E’ come se avessi una Porsche e la facessi andare come una Panda.
Non solo è uno spreco, ma prima o poi imballi il motore. Il Nord dovrebbe crescere al 10 per cento come una Cina per far crescere in media l’Italia almeno al 3 per cento, quota minima per riprendere a creare lavoro. Ma oggi solo la Cina è Cina. E poi il Nord è al limite, saturo, sfiatato, non può crescere più di tanto: devi avere anche lo spazio per altri capannoni. Se dai a un riccone altri cento euro, non ti ringrazierà neanche, se li dai a un poveraccio gli hai cambiato la giornata. Riesce a lavorare al Sud un venti per cento in meno rispetto al Nord: se potessero spaccherebbero le pietre. Si dovrebbero cambiare le condizioni, investire al Sud quei soldi destinati al Sud ma invece utilizzati per tante altre cose, dalle multe dei vaccari bergamaschi ai traghetti del lago Maggiore. E i treni, al Sud, si dovrebbe darglieli non toglierglieli. Seconda ragione (per cui bisognerebbe ricominciare da Sud). La conferma viene proprio in questi giorni dalla Banca d’Italia, non da qualche irriducibile terrone mezzo piagnone mezzo cialtrone. Nel Paese che i signorini dalle mani sporche della Lega Nord vogliono tagliare in due, se non ci fosse il Sud che acquista non ci sarebbe il Nord che vende. Altro che secessione, altro che ce ne andiamo per conto nostro: dove vanno?
L’integrazione fra le due Italie è tale che dovrebbe far ricredere anche il Luca Ricolfi del “Sacco” (saccheggio) del Nord. Insomma la bibbia che il Salvini sbandiera sempre come dimostrazione del Sud parassita. La Banca d’Italia dice che è vero che ogni anno 50 mila miliardi di tasse del Nord vengono spesi anche nel resto del Paese. Ma è vero pure che ritornano con gli interessi (oltre 60 miliardi) in acquisto di prodotti del Nord da parte del Sud. E aumentano ancòra se ci aggiungiamo, mettiamo, i ricoveri di meridionali al Nord (pagati dalle Regioni del Sud). E se ci aggiungiamo i giovani meridionali che vanno a lavorare al Nord ma la cui istruzione l’hanno pagata i loro genitori al Sud (a parte le tasse che versano lì). Questi conticini li aveva già fatti da tempo Paolo Savona, economista, ex ministro, banchiere. Ma chi volete che gli desse retta visto che smentiva un pregiudizio sul Sud? Piagnone anche lui. Così si scopre anche (Luca Bianchi direttore della Svimez) che un quarto della ricchezza annuale della Lombardia proviene dalle vendite al Sud. Ma invece che di Sud creditore si continua a parlare di Sud debitore. E invece che, magari, di “Sacco” del Sud, si continua a parlare di “Sacco” del Nord.
Si è meridionali anche nei sacchi. Senza dimenticare la ciliegina che, nonostante tutto, la spesa dello Stato è maggiore al Nord che sta meglio rispetto al Sud che sta peggio. Ma c’è la terza ragione (per cui bisognerebbe ricominciare da Sud). Buona parte dell’attuale crisi del Nord è dovuta al fatto che è in crisi anche il Sud che compra meno. E che se dalla crisi si esce solo col rilancio dei consumi (e quindi della produzione, del lavoro ecc. ecc.), o il Sud si muove o la barca affonda. Il Nord dipende dal Sud, una bestemmia. E’ sbagliato allora non solo il sopraddetto “modello di sviluppo” della locomotiva, ma anche quello conseguente del Nord che vende e del Sud che acquista.
Pensiamo a cosa avverrebbe se tutti i Nicola Cassano e le Carmela Palumbo del Sud decidessero un giorno il CompraSud, acquistare solo prodotti meridionali (e ce ne sono): il panico. Conclusione: nessun Paese può reggersi su un Nord e su un Sud come in Italia. Nessun Paese almeno che voglia restare fra i primi dieci al mondo. Né si può tenere inutilizzato mezzo motore senza perdere velocità, anzi bruciando la testata. E con l’aggiunta che un altro “modello di sviluppo” (rieccolo) converrebbe anche al Nord perché la crescita del Sud lo farebbe sfiatare meno. Tranne che non si voglia lasciare tutto così perché fa comodo: la chiamiamo sottomissione? Ma se occorre ricominciare da Sud, anche il Sud deve ricominciare da se stesso. C’è al Sud una prateria di cose da fare (oltre che di cose fatte). Il Sud s’arrabbi di brutto per i treni tolti, ma poi metta in campo al più presto la propria locomotiva. Il futuro è a Sud.
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno
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Ricomincio da Sud. Ci sono almeno tre ragioni per cui se l’Italia vuol crescere può farlo solo a Sud. Prima lo si capisce meglio è. Come meglio è se la si smette quanto prima di considerare il Sud un danno e non una salvezza per tutti. Prima ragione. Non ci vogliono trattati di economia per capire una banalità. Resteremo nell’incubo di questa crisi se si continua ad andare avanti con un sistema (gli intellettuali dicono “modello di sviluppo”) per cui il Nord deve fare da locomotiva e il Sud, se va bene, seguirlo come bagaglio appresso. Il risultato è una crescita dello zero virgola qualcosa, anzi ora andiamo indietro. E’ come se avessi una Porsche e la facessi andare come una Panda.
Non solo è uno spreco, ma prima o poi imballi il motore. Il Nord dovrebbe crescere al 10 per cento come una Cina per far crescere in media l’Italia almeno al 3 per cento, quota minima per riprendere a creare lavoro. Ma oggi solo la Cina è Cina. E poi il Nord è al limite, saturo, sfiatato, non può crescere più di tanto: devi avere anche lo spazio per altri capannoni. Se dai a un riccone altri cento euro, non ti ringrazierà neanche, se li dai a un poveraccio gli hai cambiato la giornata. Riesce a lavorare al Sud un venti per cento in meno rispetto al Nord: se potessero spaccherebbero le pietre. Si dovrebbero cambiare le condizioni, investire al Sud quei soldi destinati al Sud ma invece utilizzati per tante altre cose, dalle multe dei vaccari bergamaschi ai traghetti del lago Maggiore. E i treni, al Sud, si dovrebbe darglieli non toglierglieli. Seconda ragione (per cui bisognerebbe ricominciare da Sud). La conferma viene proprio in questi giorni dalla Banca d’Italia, non da qualche irriducibile terrone mezzo piagnone mezzo cialtrone. Nel Paese che i signorini dalle mani sporche della Lega Nord vogliono tagliare in due, se non ci fosse il Sud che acquista non ci sarebbe il Nord che vende. Altro che secessione, altro che ce ne andiamo per conto nostro: dove vanno?
L’integrazione fra le due Italie è tale che dovrebbe far ricredere anche il Luca Ricolfi del “Sacco” (saccheggio) del Nord. Insomma la bibbia che il Salvini sbandiera sempre come dimostrazione del Sud parassita. La Banca d’Italia dice che è vero che ogni anno 50 mila miliardi di tasse del Nord vengono spesi anche nel resto del Paese. Ma è vero pure che ritornano con gli interessi (oltre 60 miliardi) in acquisto di prodotti del Nord da parte del Sud. E aumentano ancòra se ci aggiungiamo, mettiamo, i ricoveri di meridionali al Nord (pagati dalle Regioni del Sud). E se ci aggiungiamo i giovani meridionali che vanno a lavorare al Nord ma la cui istruzione l’hanno pagata i loro genitori al Sud (a parte le tasse che versano lì). Questi conticini li aveva già fatti da tempo Paolo Savona, economista, ex ministro, banchiere. Ma chi volete che gli desse retta visto che smentiva un pregiudizio sul Sud? Piagnone anche lui. Così si scopre anche (Luca Bianchi direttore della Svimez) che un quarto della ricchezza annuale della Lombardia proviene dalle vendite al Sud. Ma invece che di Sud creditore si continua a parlare di Sud debitore. E invece che, magari, di “Sacco” del Sud, si continua a parlare di “Sacco” del Nord.
Si è meridionali anche nei sacchi. Senza dimenticare la ciliegina che, nonostante tutto, la spesa dello Stato è maggiore al Nord che sta meglio rispetto al Sud che sta peggio. Ma c’è la terza ragione (per cui bisognerebbe ricominciare da Sud). Buona parte dell’attuale crisi del Nord è dovuta al fatto che è in crisi anche il Sud che compra meno. E che se dalla crisi si esce solo col rilancio dei consumi (e quindi della produzione, del lavoro ecc. ecc.), o il Sud si muove o la barca affonda. Il Nord dipende dal Sud, una bestemmia. E’ sbagliato allora non solo il sopraddetto “modello di sviluppo” della locomotiva, ma anche quello conseguente del Nord che vende e del Sud che acquista.
Pensiamo a cosa avverrebbe se tutti i Nicola Cassano e le Carmela Palumbo del Sud decidessero un giorno il CompraSud, acquistare solo prodotti meridionali (e ce ne sono): il panico. Conclusione: nessun Paese può reggersi su un Nord e su un Sud come in Italia. Nessun Paese almeno che voglia restare fra i primi dieci al mondo. Né si può tenere inutilizzato mezzo motore senza perdere velocità, anzi bruciando la testata. E con l’aggiunta che un altro “modello di sviluppo” (rieccolo) converrebbe anche al Nord perché la crescita del Sud lo farebbe sfiatare meno. Tranne che non si voglia lasciare tutto così perché fa comodo: la chiamiamo sottomissione? Ma se occorre ricominciare da Sud, anche il Sud deve ricominciare da se stesso. C’è al Sud una prateria di cose da fare (oltre che di cose fatte). Il Sud s’arrabbi di brutto per i treni tolti, ma poi metta in campo al più presto la propria locomotiva. Il futuro è a Sud.
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno
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