venerdì 16 marzo 2012

Il Muro che non fa passare il Sud


di LINO PATRUNO
L’inviato del giornale del Nord scrive per il suo pubblico: e il suo pubblico forse non vuol sentire nulla di buono sul Sud. Magari neanche per specularci, anzitutto per non essere disturbato nelle sue convinzioni. Detto e fatto: l’inviato scende nelle tre principali città del Sud e la missione è compiuta. Napoli, Palermo e Bari come le descriviamo? Con lo stesso meccanismo col quale si dice, per esempio, che il freddo al Nord è secco e al Sud è umido, che quaggiù la “o” è chiusa e lassù aperta, che i sudisti sanno divertirsi e loro no (perché, ovvio, hanno da lavorare). Certezze, ci vogliono.

Allora Napoli. La città dell’impiego pubblico ha più dipendenti dell’Unione Europea.

Vero, ma serve a poco senza aggiungere le responsabilità degli sciagurati politici locali ma anche di una politica nazionale che ha voluto creare, in cambio di voti, più posti pubblici che posti per farci le fabbriche. Al Cardarelli c’è un reparto di barelle: vero, ma serve a poco senza dire che i Pronto soccorso sono più o meno una sciagura ovunque (vedi Roma) e che a Milano ci sono stati un paio di cosine come il San Raffaele e la clinica dove amputavano i sani. L’assistenza sociale è data in appalto alla malavita: vero, ma serve a nulla senza dire che altrove (guarda guarda, Lombardia) c’è una malavita dei colletti bianchi che ci fa un Paese fra i più corrotti del mondo. E poi, di notte sulla “volante” della polizia, l’ora in cui, come si diceva un tempo, lavorano solo prostitute e giornalisti: più facile che ci trovi malavita organizzata che buonavita organizzata.

Così Palermo. I siciliani stessi lamentano che in parte è ciò che il Sud non dovrebbe mai essere: ed è bene che l’inviato lo dica. Forse dovrebbe dire anche che le regioni a statuto speciale un po’ si somigliano in tutt’Italia. E’ bene che l’inviato ricordi la mafia, anche perché scrive giustamente che i turisti per primi vanno per viverne il brivido strisciando lungo i muri. Ed è bene che la città sia descritta di commovente bellezza, senza citare però alcun barbaglio di commovente futuro tranne i “forconi” che paiono purtroppo commovente passato.

Infine Bari. Ci vuole fortuna nella vita, perché dopo la discesa dell’inviato è esploso l’affaraccio del Petruzzelli, come dire la bandiera non solo locale. Una indegnità. (Poi è esplosa anche una storia di tangenti, ma qui Milano è appunto maestra). Continuare però a ripetere “Bari degli scandali”, della “cocaina”, delle “notti brave” in discoteca non sembra un approfondimento (come l’articolo si presenta) su una città che in materia ha già ampiamente dato alla patria. Schifo, non ci sono dubbi. Senza dire della lentezza esasperante della giustizia e dei caporioni difesi dal sistema. Come uno schifo che la squadra della città abbia avuto nel seno tipini tanto schiappe e super pagati quanto propensi a vendersi le partite come respiravano. E anche qui, giro finale sulla “volante” nelle tenebre: qualche malamente è inevitabile che lo trovi.

Ora, parliamoci chiaro, l’inviato potrebbe obiettare: ecco il solito “benaltrismo”, non parlate di noi perché c’è “ben altro”. D’accordo. E poi si sa che i giornalisti lavorano sulle eccezioni, quindi è ovvio che ci sia la tradizionale “parte sana” del Sud che è la grande maggioranza e non appare eccetera eccetera. E la verità è anche che non si dovrebbe lasciare in appalto ad altri i propri mali, benché la stampa del Sud non si faccia certo pregare a spiattellare il florilegio quotidiano dei panni sporchi domestici. Né infine discutere con chi esprime altre opinioni sul Sud dovrebbe significare essere automaticamente intruppati in qualche fantomatica Lega Sud, che non esiste per la semplice ragione che anche a fare una Lega è più bravo (per sfortuna loro) il Nord.

Conclusione. E’ una vita che, di fronte a ciò che scrivono al Nord, il Sud si divide. Chi plaude, meno male che le cose le vengono a dire loro. Chi si ribella, vengono a descriverci sempre come munnezza, ladri, sprechi. Però sarebbe ora che anzitutto il Sud se ne rendesse conto: al di là della sua voglia delegata di sfogarsi, c’è un Muro peggio di quello di Berlino che gli impedisce di passare al di là con una immagine diversa da quella che fa comodo. Legata al peggio. E immagine negativa legata purtroppo anche alle intenzioni nascoste di una politica nazionale che verso il Sud è indifferente e ostile quanto la politica locale è troppo spesso incapace e impresentabile.

Poi, l’unica cosa chiara è che senza il Sud, ovviamente quello che meno che mai appare sui giornali del Nord, l’Italia non starebbe fra i dieci Paesi più ricchi del mondo. Come è chiaro che, se un Dio (forse terrone) deve dare una mano al Sud, l’altra mano il Sud se la deve dare inesorabilmente da solo.

Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno

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di LINO PATRUNO
L’inviato del giornale del Nord scrive per il suo pubblico: e il suo pubblico forse non vuol sentire nulla di buono sul Sud. Magari neanche per specularci, anzitutto per non essere disturbato nelle sue convinzioni. Detto e fatto: l’inviato scende nelle tre principali città del Sud e la missione è compiuta. Napoli, Palermo e Bari come le descriviamo? Con lo stesso meccanismo col quale si dice, per esempio, che il freddo al Nord è secco e al Sud è umido, che quaggiù la “o” è chiusa e lassù aperta, che i sudisti sanno divertirsi e loro no (perché, ovvio, hanno da lavorare). Certezze, ci vogliono.

Allora Napoli. La città dell’impiego pubblico ha più dipendenti dell’Unione Europea.

Vero, ma serve a poco senza aggiungere le responsabilità degli sciagurati politici locali ma anche di una politica nazionale che ha voluto creare, in cambio di voti, più posti pubblici che posti per farci le fabbriche. Al Cardarelli c’è un reparto di barelle: vero, ma serve a poco senza dire che i Pronto soccorso sono più o meno una sciagura ovunque (vedi Roma) e che a Milano ci sono stati un paio di cosine come il San Raffaele e la clinica dove amputavano i sani. L’assistenza sociale è data in appalto alla malavita: vero, ma serve a nulla senza dire che altrove (guarda guarda, Lombardia) c’è una malavita dei colletti bianchi che ci fa un Paese fra i più corrotti del mondo. E poi, di notte sulla “volante” della polizia, l’ora in cui, come si diceva un tempo, lavorano solo prostitute e giornalisti: più facile che ci trovi malavita organizzata che buonavita organizzata.

Così Palermo. I siciliani stessi lamentano che in parte è ciò che il Sud non dovrebbe mai essere: ed è bene che l’inviato lo dica. Forse dovrebbe dire anche che le regioni a statuto speciale un po’ si somigliano in tutt’Italia. E’ bene che l’inviato ricordi la mafia, anche perché scrive giustamente che i turisti per primi vanno per viverne il brivido strisciando lungo i muri. Ed è bene che la città sia descritta di commovente bellezza, senza citare però alcun barbaglio di commovente futuro tranne i “forconi” che paiono purtroppo commovente passato.

Infine Bari. Ci vuole fortuna nella vita, perché dopo la discesa dell’inviato è esploso l’affaraccio del Petruzzelli, come dire la bandiera non solo locale. Una indegnità. (Poi è esplosa anche una storia di tangenti, ma qui Milano è appunto maestra). Continuare però a ripetere “Bari degli scandali”, della “cocaina”, delle “notti brave” in discoteca non sembra un approfondimento (come l’articolo si presenta) su una città che in materia ha già ampiamente dato alla patria. Schifo, non ci sono dubbi. Senza dire della lentezza esasperante della giustizia e dei caporioni difesi dal sistema. Come uno schifo che la squadra della città abbia avuto nel seno tipini tanto schiappe e super pagati quanto propensi a vendersi le partite come respiravano. E anche qui, giro finale sulla “volante” nelle tenebre: qualche malamente è inevitabile che lo trovi.

Ora, parliamoci chiaro, l’inviato potrebbe obiettare: ecco il solito “benaltrismo”, non parlate di noi perché c’è “ben altro”. D’accordo. E poi si sa che i giornalisti lavorano sulle eccezioni, quindi è ovvio che ci sia la tradizionale “parte sana” del Sud che è la grande maggioranza e non appare eccetera eccetera. E la verità è anche che non si dovrebbe lasciare in appalto ad altri i propri mali, benché la stampa del Sud non si faccia certo pregare a spiattellare il florilegio quotidiano dei panni sporchi domestici. Né infine discutere con chi esprime altre opinioni sul Sud dovrebbe significare essere automaticamente intruppati in qualche fantomatica Lega Sud, che non esiste per la semplice ragione che anche a fare una Lega è più bravo (per sfortuna loro) il Nord.

Conclusione. E’ una vita che, di fronte a ciò che scrivono al Nord, il Sud si divide. Chi plaude, meno male che le cose le vengono a dire loro. Chi si ribella, vengono a descriverci sempre come munnezza, ladri, sprechi. Però sarebbe ora che anzitutto il Sud se ne rendesse conto: al di là della sua voglia delegata di sfogarsi, c’è un Muro peggio di quello di Berlino che gli impedisce di passare al di là con una immagine diversa da quella che fa comodo. Legata al peggio. E immagine negativa legata purtroppo anche alle intenzioni nascoste di una politica nazionale che verso il Sud è indifferente e ostile quanto la politica locale è troppo spesso incapace e impresentabile.

Poi, l’unica cosa chiara è che senza il Sud, ovviamente quello che meno che mai appare sui giornali del Nord, l’Italia non starebbe fra i dieci Paesi più ricchi del mondo. Come è chiaro che, se un Dio (forse terrone) deve dare una mano al Sud, l’altra mano il Sud se la deve dare inesorabilmente da solo.

Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno

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