Di Lino Patruno
Poi dice che uno vuole sempre stare a difendere il Sud, mentre l’Italia affonda. Ma per esempio, questa storia dei dipendenti pubblici meridionali che, per non fare affondare l’Italia, dovrebbero guadagnare meno di quelli del Nord perché lì la vita costa di più.Gabbie salariali, rieccole. Strano, perché si riteneva che uno stesso stipendio compensasse la stessa quantità di lavoro a Bari come a Milano. Una legge di civiltà. E che non è compito dello Stato andare a vedere se a Bari si possa comprare un chilo di pane e a Milano 750 grammi. E se uno non è consumatore nel senso che vive d’aria o qualcuno lo sfama, quindi destina ciò che prende al risparmio, deve essere lo Stato a spiare in casa sua e decidere per lui?
Lasciamo stare i criteri per stabilire il costo della vita: magari a Bari si beve acqua di rubinetto, a Milano bevono minerale e dicono che l’acqua costa di più a Milano. E se il barese ha famiglia numerosa, e il milanese è solo, chi deve guadagnare di più? E se il barese ha un figlio che non lavora, mentre il figlio del collega di Milano lavora ed è autonomo, chi deve guadagnare di più? E se il barese per fare una Tac deve andare dal privato perché per quella pubblica servono sei mesi, mentre il collega di Milano paga solo il ticket perché tutto funziona, chi deve guadagnare di più? E il bus? E gli asili? Più che il costo della vita, bisognerebbe conteggiare il costo dell’esistenza.
Tutto questo senza dire che il collega di Milano, se il lavoro pubblico non gli conviene, può trovarne un altro con molta minore difficoltà (a parte il fatto che nessuno l’ha obbligato a fare lo statale). Anche per questo ci sono più dipendenti pubblici al Sud che al Nord: perché il lavoro pubblico è un ammortizzatore sociale rispetto a condizioni che non consentono di creare agevolmente altro lavoro. Bisognerebbe dirlo a tutti i leghisti alla Salvini che fanno i guappi in tv pontificando sempre sul Sud, parassiti qua parassiti là.
E poi. Il collega di Milano vive in una città (e in una zona del Paese) in cui la maggiore ricchezza del Comune gli consente addirittura di avere servizi pubblici migliori pagando meno tasse. E mentre si propone di far guadagnare a lui più del barese, Tremonti taglia invece fondi al Comune di Bari nello stesso modo in cui li taglia a Milano. Tagli lineari, uguali per tutti. Senza tener conto che già il Comune di Bari è meno ricco di uno del Nord perché, essendo meno ricchi i cittadini, ricava meno dalle tasse. E che proprio questo Comune avrebbe bisogno di maggiori fondi per far funzionare bus e asili come a Milano. Come dire: tra stipendi e fondi ai Comuni, figli e figliastri sempre a danno di chi?
Altrettanto scontato che nessun politico difenda il Sud, quasi se ne vergognano. Come nessuno difende il Sud dal taglio dei treni. Ora via due dalla linea adriatica, quando proprio il Sud ne avrebbe più bisogno essendo peggio collegato dagli aerei che nel bilancio di un meridionale pesano più che in quello di un settentrionale. Ma dicono che sono rami secchi, come viene considerato un po’ tutto il Sud. Innescando il meccanismo automatico non dello sviluppo ma del sottosviluppo. Non si mettono i treni perché non ci sarebbe traffico. Ma se non ci sono i treni non può esserci traffico. Come l’uovo e la gallina. Ignorando che c’è un diritto costituzionale ad avere allo stesso modo i treni prima di stabilire che non servono. E perché l’alta velocità c’è solo al Nord? Forse che il Sud gode ad andare più lento?
Ovvio che al Sud nessuno investa, deve essere uno che vuol farsi del male. Nessuno verrebbe a investire dove uno stesso meridionale vuole scappare. Ma ora l’autocritica meridionale dovrebbe farsi più sofisticata. Essendo sempre più i censori i quali sollecitano il Sud a cercare in se stesso il suo sviluppo più che attenderlo sempre da fuori. Insomma il divario sarebbe più sociale che economico. Il Sud dovrebbe avere più capacità di cooperazione che individualismo, più responsabilità e meno disprezzo per la legalità, più cura per i beni pubblici che per i propri interessi. Dovrebbe avere un senso della comunità che fa osservare le regole nell’interesse di tutti. Civismo.
Ma un meridionale, che è civilissimo al Nord, lo è meno al Sud. Dove butta la carta per terra e passa col rosso in spregio allo Stato che non dimostra di aver cura di lui. Uno rispetta le regole dello Stato se lo Stato gli dà rispetto non facendolo vivere in condizioni economiche indegne. Uno rispetta le regole dello Stato (e in fondo le sue) se lo Stato non gli toglie i treni, se gli dà le strade, se non affama il suo Comune, se combatte efficacemente la criminalità. Il meridionale è un buon figlio se lo Stato non gli fa il patrigno.
Ecco tornare al solito interrogativo sul Sud: è nato prima l’uovo o la gallina?
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno del 4 novembre 2011
Lasciamo stare i criteri per stabilire il costo della vita: magari a Bari si beve acqua di rubinetto, a Milano bevono minerale e dicono che l’acqua costa di più a Milano. E se il barese ha famiglia numerosa, e il milanese è solo, chi deve guadagnare di più? E se il barese ha un figlio che non lavora, mentre il figlio del collega di Milano lavora ed è autonomo, chi deve guadagnare di più? E se il barese per fare una Tac deve andare dal privato perché per quella pubblica servono sei mesi, mentre il collega di Milano paga solo il ticket perché tutto funziona, chi deve guadagnare di più? E il bus? E gli asili? Più che il costo della vita, bisognerebbe conteggiare il costo dell’esistenza.
Tutto questo senza dire che il collega di Milano, se il lavoro pubblico non gli conviene, può trovarne un altro con molta minore difficoltà (a parte il fatto che nessuno l’ha obbligato a fare lo statale). Anche per questo ci sono più dipendenti pubblici al Sud che al Nord: perché il lavoro pubblico è un ammortizzatore sociale rispetto a condizioni che non consentono di creare agevolmente altro lavoro. Bisognerebbe dirlo a tutti i leghisti alla Salvini che fanno i guappi in tv pontificando sempre sul Sud, parassiti qua parassiti là.
E poi. Il collega di Milano vive in una città (e in una zona del Paese) in cui la maggiore ricchezza del Comune gli consente addirittura di avere servizi pubblici migliori pagando meno tasse. E mentre si propone di far guadagnare a lui più del barese, Tremonti taglia invece fondi al Comune di Bari nello stesso modo in cui li taglia a Milano. Tagli lineari, uguali per tutti. Senza tener conto che già il Comune di Bari è meno ricco di uno del Nord perché, essendo meno ricchi i cittadini, ricava meno dalle tasse. E che proprio questo Comune avrebbe bisogno di maggiori fondi per far funzionare bus e asili come a Milano. Come dire: tra stipendi e fondi ai Comuni, figli e figliastri sempre a danno di chi?
Altrettanto scontato che nessun politico difenda il Sud, quasi se ne vergognano. Come nessuno difende il Sud dal taglio dei treni. Ora via due dalla linea adriatica, quando proprio il Sud ne avrebbe più bisogno essendo peggio collegato dagli aerei che nel bilancio di un meridionale pesano più che in quello di un settentrionale. Ma dicono che sono rami secchi, come viene considerato un po’ tutto il Sud. Innescando il meccanismo automatico non dello sviluppo ma del sottosviluppo. Non si mettono i treni perché non ci sarebbe traffico. Ma se non ci sono i treni non può esserci traffico. Come l’uovo e la gallina. Ignorando che c’è un diritto costituzionale ad avere allo stesso modo i treni prima di stabilire che non servono. E perché l’alta velocità c’è solo al Nord? Forse che il Sud gode ad andare più lento?
Ovvio che al Sud nessuno investa, deve essere uno che vuol farsi del male. Nessuno verrebbe a investire dove uno stesso meridionale vuole scappare. Ma ora l’autocritica meridionale dovrebbe farsi più sofisticata. Essendo sempre più i censori i quali sollecitano il Sud a cercare in se stesso il suo sviluppo più che attenderlo sempre da fuori. Insomma il divario sarebbe più sociale che economico. Il Sud dovrebbe avere più capacità di cooperazione che individualismo, più responsabilità e meno disprezzo per la legalità, più cura per i beni pubblici che per i propri interessi. Dovrebbe avere un senso della comunità che fa osservare le regole nell’interesse di tutti. Civismo.
Ma un meridionale, che è civilissimo al Nord, lo è meno al Sud. Dove butta la carta per terra e passa col rosso in spregio allo Stato che non dimostra di aver cura di lui. Uno rispetta le regole dello Stato se lo Stato gli dà rispetto non facendolo vivere in condizioni economiche indegne. Uno rispetta le regole dello Stato (e in fondo le sue) se lo Stato non gli toglie i treni, se gli dà le strade, se non affama il suo Comune, se combatte efficacemente la criminalità. Il meridionale è un buon figlio se lo Stato non gli fa il patrigno.
Ecco tornare al solito interrogativo sul Sud: è nato prima l’uovo o la gallina?
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno del 4 novembre 2011
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