giovedì 20 ottobre 2011

De Magistris: serve un partito che dia voce agli indignati

di Corrado Zunino

Sindaco De Magistris, è riuscito a partecipare al corteo di sabato?
«Ci sono stato tre ore. Ero insieme alla Fiom, poi ho iniziato a muovermi. Volevo capire. A metà pomeriggio ho intuito che c’erano incidenti, vedevo fumogeni lontani. Dovevo rientrare a Napoli, solo al ritorno ho compreso la gravità della situazione».
Lei cosa ha visto?
«Una grande manifestazione e un grande orgoglio politico. Persone allegre, ragionamenti di economia e di società. “Siamo qui per dignità e non per odio”. C’erano tutti quelli che hanno contestato in piazza per un anno: gli studenti, il Popolo viola, le donne, gli operai, i precari. Ecco, il movimento. Negli ultimi minuti ho visto venti incappucciati e ho sentito la bordata di fischi: “Fuori,fuori”».
Si rischia un nuovo terrorismo?
«Se nel paese non c’è uno sbocco politico, se passa l’idea dell’antipolitica più deleteria, quei cinquecento violenti possono aumentare».
Ha detto che la polizia non aveva un quadro di quello che poteva accadere.
«Con i tagli del governo è difficile investigare. Ho perplessità sulla gestione preventiva dell’evento, il sentore degli incidenti era crescente in molti ambienti, i black bloc erano individuabili alla partenza e nel corteo. Alla fine i violenti hanno cancellato il contenuto politico fortemente alternativo di quella piazza e realizzato la saldatura di fatto tra la loro violenza e le fasce più retrive del paese. Tra violenti e governo Berlusconi ci sono convergenze parallele».
Dica meglio.
«Settori economici, pezzi di maggioranza, magistrati infedeli, servizi, faccendieri e forze che della trama hanno fatto la storia del paese, le P2, le P3, le P4, hanno in orrore l’energia che sta arrivando dai movimenti. Temo episodi torbidi che mutino gli equilibri politici del paese».
Gli indignati dicono molte cose: acqua pubblica, Tobin Tax. Ma anche diritto all’insolvenza. Che cosa può diventare programma politico?
«È venuto il momento di un manifesto, una rivoluzione culturale. Dal devastante modello berlusconiano dell’avere e dell’apparire, universalmente fallito, bisogna passare al modello dell’essere, dei diritti delle persone: diventa quel che sei e non quello che gli altri vogliono che tu sia. Partiamo dai beni comuni: la natura, il paesaggio, la cultura, il sapere, internet non sono delle multinazionali né dello Stato».
Crede nella democrazia diretta.
«L’abbiamo sperimentata nella nostra campagna elettorale: la piazza è stata determinante. Oggi a Napoli abbiamo creato le assisi del popolo. A Roma ci sono laboratori di democrazia come il Teatro Valle e il Cinema Palazzo. Questo movimento, se disposto a perdere un po’ di autonomia per proporsi come alternativa, potrebbe entrare nelle amministrazioni, i municipi, le Regioni. E, perché no?, un giorno in un nuovo Parlamento».
De Magistris, si candida a fondare il partito del movimento?
«Non cerco opzioni personali, dico che insieme ad altri vorrei esserci, contribuire a unire il movimento, diventare un riferimento. E non parlerei di un partito, oggi l’energia politica è quasi tutti fuori dai partiti».
La infastidisce la definizione di sindaco antagonista?
«Per nulla. Sono antagonista a questo modello ingiusto, uno che va in direzione ostinata e contraria. Ma sono un uomo delle istituzioni».
E un politico che sta per uscire dall’Idv.
«L’Italia dei valori è un partito importante, ha forte vivacità e istanze di cambiamento, ma nei prossimi mesi bisognerà andare molto oltre».


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di Corrado Zunino

Sindaco De Magistris, è riuscito a partecipare al corteo di sabato?
«Ci sono stato tre ore. Ero insieme alla Fiom, poi ho iniziato a muovermi. Volevo capire. A metà pomeriggio ho intuito che c’erano incidenti, vedevo fumogeni lontani. Dovevo rientrare a Napoli, solo al ritorno ho compreso la gravità della situazione».
Lei cosa ha visto?
«Una grande manifestazione e un grande orgoglio politico. Persone allegre, ragionamenti di economia e di società. “Siamo qui per dignità e non per odio”. C’erano tutti quelli che hanno contestato in piazza per un anno: gli studenti, il Popolo viola, le donne, gli operai, i precari. Ecco, il movimento. Negli ultimi minuti ho visto venti incappucciati e ho sentito la bordata di fischi: “Fuori,fuori”».
Si rischia un nuovo terrorismo?
«Se nel paese non c’è uno sbocco politico, se passa l’idea dell’antipolitica più deleteria, quei cinquecento violenti possono aumentare».
Ha detto che la polizia non aveva un quadro di quello che poteva accadere.
«Con i tagli del governo è difficile investigare. Ho perplessità sulla gestione preventiva dell’evento, il sentore degli incidenti era crescente in molti ambienti, i black bloc erano individuabili alla partenza e nel corteo. Alla fine i violenti hanno cancellato il contenuto politico fortemente alternativo di quella piazza e realizzato la saldatura di fatto tra la loro violenza e le fasce più retrive del paese. Tra violenti e governo Berlusconi ci sono convergenze parallele».
Dica meglio.
«Settori economici, pezzi di maggioranza, magistrati infedeli, servizi, faccendieri e forze che della trama hanno fatto la storia del paese, le P2, le P3, le P4, hanno in orrore l’energia che sta arrivando dai movimenti. Temo episodi torbidi che mutino gli equilibri politici del paese».
Gli indignati dicono molte cose: acqua pubblica, Tobin Tax. Ma anche diritto all’insolvenza. Che cosa può diventare programma politico?
«È venuto il momento di un manifesto, una rivoluzione culturale. Dal devastante modello berlusconiano dell’avere e dell’apparire, universalmente fallito, bisogna passare al modello dell’essere, dei diritti delle persone: diventa quel che sei e non quello che gli altri vogliono che tu sia. Partiamo dai beni comuni: la natura, il paesaggio, la cultura, il sapere, internet non sono delle multinazionali né dello Stato».
Crede nella democrazia diretta.
«L’abbiamo sperimentata nella nostra campagna elettorale: la piazza è stata determinante. Oggi a Napoli abbiamo creato le assisi del popolo. A Roma ci sono laboratori di democrazia come il Teatro Valle e il Cinema Palazzo. Questo movimento, se disposto a perdere un po’ di autonomia per proporsi come alternativa, potrebbe entrare nelle amministrazioni, i municipi, le Regioni. E, perché no?, un giorno in un nuovo Parlamento».
De Magistris, si candida a fondare il partito del movimento?
«Non cerco opzioni personali, dico che insieme ad altri vorrei esserci, contribuire a unire il movimento, diventare un riferimento. E non parlerei di un partito, oggi l’energia politica è quasi tutti fuori dai partiti».
La infastidisce la definizione di sindaco antagonista?
«Per nulla. Sono antagonista a questo modello ingiusto, uno che va in direzione ostinata e contraria. Ma sono un uomo delle istituzioni».
E un politico che sta per uscire dall’Idv.
«L’Italia dei valori è un partito importante, ha forte vivacità e istanze di cambiamento, ma nei prossimi mesi bisognerà andare molto oltre».


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