mercoledì 27 ottobre 2010

La mia C.A.S.A. nel progetto C.A.S.E.

Di Giusi Pitari

Costata la bellezza di 2700 Euro a metro quadro (più o meno) la mia casa non è affatto di lusso. Non che la volessi, anzi, ma sapere di averne lasciata una, causa terremoto, che ne valeva (prezzo di mercato, non di costo) circa 2000 (sempre a metro quadro), con rifiniture di pregio e tutti i confort, mi rende nervosa. Specie se penso che chi mi legge può prendermi per una che si lagna, che non ha capito la tragedia o, peggio, che non meritava di avere questo appartamento.
Ancora più nervosa divento, quando leggo che qui a L’Aquila si è compiuto un miracolo, quando l’unico miracolo che si è riusciti a fare è stato far credere che ci sia stato veramente.
Oggi pubblico alcune foto che riguardano la mia (????) C.A.S.A.
La prima vi fa vedere come, per entrare a casa si può usare anche il balcone. La scala di legno, infatti, è facilmente “percorribile” e altrettanto lo sono i nostri balconi, assolutamente insicuri se in casa si hanno bambini o … persone depresse [:-))].
Le seconde due riguardano sempre i balconi della mia palazzina che sono tutti di legno, ancorati ai muri esterni con le viti che potete ammirare nella prima foto. Nella seconda foto c’è qualcosa che non va: la piastra di acciaio si sta staccando dal muro. L’ho segnalato, ma nessuno è venuto a controllare.

Segue l’interno della mia (???) C.A.S.A. con le infiltrazioni di acqua all’ingresso e al bagno (le tre foto seguenti). A volte l’acqua gocciola copiosa (per fortuna acqua pulita). Ho segnalato da tempo questo difetto, ma nulla, ancora nulla.

Sempre nel bagno (che è cieco) ho la bellezza di 5 faretti. I due sovrastanti lo specchio non funzionano. A nulla è servito il cambio delle lampadine. Quando ho ricevuto la visita degli elettricisti (rigorosamente non aquilani) mi hanno detto che non c’è nulla da fare: i bagni sono prefabbricati e sono stati calati nella struttura dell’appartamento.

Il quadro elettrico che riguarda quei faretti è stato murato, quindi è inaccessibile.
In cucina, dopo soli 30 giorni, è saltata l’accensione elettrica dei fornelli, anche lì ho segnalato, ma non c’è nulla da fare.

Per evitare di avere odori di cucina in casa devo tenere la cappa aspirante sempre in funzione, persino se non cucino: gli odori dei vicini arrivano dritti dritti nella mia sala-cucina dove, peraltro, dorme mio figlio. In estate ho staccato la spina del frigorifero per sbrinarlo e non sono riuscita a reinserirla: il frigo è attaccato al muro e la spina è parzialmente coperta dal frigo stesso. Mi sono arrangiata con una connessione volante. Alcuni tecnici son venuti, più volte, a casa a rinforzare le viti che tengono appesi al muro i pensili della cucina: in ultimo hanno inchiodato alla base degli stessi una barra di acciaio. In alcuni appartamenti, infatti, i suddetti pensili si sono staccati improvvisamente, il che non è esattamente ciò che ci si aspetta da una cucina nuova e nemmeno da una vecchia.

Riguardo invece l’esterno ho da segnalare che non è stato montato l’impianto fotovoltaico. Avevano cominciato lo scorso anno, poi nevicò e andarono via.
Sulle scale (che sono all’aperto, praticamente) di tutta fretta è stata montata una tettoietta, perchè alla prima gelata, le scale sono divenute uno scivolo di ghiaccio (nella foto la tettoietta, appunto):
In ultimo una chicca: la foto seguente è una sedia [di Silvio :-) )] che sta in balcone. Sui balconi piove perchè sono fatti di stecche di legno con fessure: così a me piove l’acqua dopo che ha lavato i balconi dell’appartamento di sopra. E l’acqua che piove è marrone, come vedete. Immaginate i panni stesi se improvvisamente piove!!
Per informazioni dettagliate leggete qui : vi troverete i costi del progetto C.A.S.E., dettagliati e vi accorgerete che ci hanno persino fornito i portachiavi e che le cassette per le lettere dovrebbero anch’esse essere di lusso (non allego foto per decenza):

Un miracolo, un vero miracolo!!
In ultimo: le mie lamentele riguardano lo sperpero di soldi, la decisione calata dall’alto di dotarci di questi appartamenti ridisegnando il territorio, nostro malgrado. Per il resto devo ritenermi fortunata: ci sono ancora persone senza tetto e migliaia di cittadini che non riescono a rientrare nelle proprie case anche se i danni, causati dal terremoto, non sono stati propriamente ingenti.


Fonte: 6 Aprile.it

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L'Aquila dimenticata

Dopo il sisma dispersione e depressione. Lo psicologo: «Troppi suicidi e psicofarmaci»

Da lunedì 25 ottobre a venerdì 29 ottobre: ogni giorno on line su Corriere.it una puntata del videoreportage su L'Aquila realizzato dal giornalista Ruben H.Oliva. Un viaggio per capire a che punto siamo con la ricostruzione da quel 6 aprile del 2009 che portò morte e distruzione. Un viaggio per cogliere umori, sensazioni, speranze e delusioni.


L'AQUILA - Domenico ti fulmina con lo sguardo mentre cammina sul cumulo di macerie in cui un tempo c’era Tempera, il suo paese. Non si è ancora rassegnato, ma l’esperienza di questi ultimi diciotto mesi gli ha fatto perdere ogni fiducia nello stato italiano. Don Giovanni Gatto, parroco di Tempera, mentre racconta come sia riuscito a salvarsi per miracolo, indica con tristezza la montagna di pietre ed erbacce che ha presso il posto della sua chiesa.

Lungo le statali che avvolgono l’Aquila, i cartelli con i nomi di paesi e borghi fantasmi sono tanti. Basta abbandonare l’asfalto e inoltrarsi lungo strade sterrate per assistere ad uno spettacolo agghiacciante, diventato ormai normale. Poltrone, televisori, resti di bagni e cucine, spuntano tra i detriti per raccontare come un tempo in questi luoghi c’era la vita. Il signor Maurizi, orgoglioso proprietario del albergo ristorante “La cabina” di Castelnuovo, si è dovuto costruire a spese sue una baracca di legno sul bordo della strada. Il nuovo e precario bar si chiama «La cabina 2» e dista pochi passi dai resti della struttura precedente. Ora Maurizi tira a campare immerso nei debiti: il sima ha raso al suolo i sacrifici di tre generazioni d’emigranti in america e in Germania.

Benvenuti ad un Aquila di cui tanto si è parlato e poco si è visto, diventata drammatico bottino della politica. Nel centro storico della città abruzzese, ci si aspetta di vedere o sentire l’assordante rumore di ruspe o il movimento di camion e gru. Invece niente, un silenzio innaturale ti accompagna mentre cammini nei vicoli di quello che rimane del bellissimo centro storico.

Le new town, piccoli quartieri di case nuove, costruite a peso d'oro, stonano con il paesaggio circostante. Chi ha avuto la fortuna di finire in questi quartieri inizia a intuire che ci dovrà rimanere, se tutto va bene, almeno 30 anni. Le case consegnate personalmente dal premier Berlusconi, appena ci si entra, appaiono molto diverse da come le abbiamo viste in televisione. Sono piccole e di mura sottili. Come spiega un terremotato «dopo mesi in tenda pure una baracca ti sarebbe sembrata una reggia».

L’Aquila appare molto diversa da quella mostrata fin ora. Le macerie non sono state rimosse, la gente vive in un clima d’angoscia crescente. Il numero dei morti, dei suicidi, dei divorzi e dell’uso di psicofarmaci è aumentato nel silenzio generale. Il dottor Alessandro Sirolli, direttore del centro psichiatrico diurno dell’Asl 1 dell’Aquila non ha dubbi: «Ci nascondono le cifre del disastro umano» racconta. Gli effetti distruttivi sulla psiche umana, dopo il sisma e lo stato di crisi, sono stati devastanti.

Di ricostruzione non se ne parla più né in consiglio regionale né tra la gente. La speranza è ridotta al lumicino mentre un secondo inverno è alle porte. Un dramma umano che si svolge lontano anni luce dalle aule parlamentari e dalle sedi dei partiti. La sensazione è che l’Aquila, questo pezzo d’Italia, sia stata rimossa dall’immaginario collettivo e che il cartello posto all’ingresso di una delle centinaia di baracche di legno in cui trascorrere quel poco di vita sociale che ancora rimane - dove si legge «questa è l’Italia del si salvi chi può» - non sia frutto del qualunquismo quanto piuttosto la fotografia di una realtà con cui dovremmo fare i conti per molti decenni.

Ruben H Oliva


Fonte:Corriere della Sera


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Di Giusi Pitari

Costata la bellezza di 2700 Euro a metro quadro (più o meno) la mia casa non è affatto di lusso. Non che la volessi, anzi, ma sapere di averne lasciata una, causa terremoto, che ne valeva (prezzo di mercato, non di costo) circa 2000 (sempre a metro quadro), con rifiniture di pregio e tutti i confort, mi rende nervosa. Specie se penso che chi mi legge può prendermi per una che si lagna, che non ha capito la tragedia o, peggio, che non meritava di avere questo appartamento.
Ancora più nervosa divento, quando leggo che qui a L’Aquila si è compiuto un miracolo, quando l’unico miracolo che si è riusciti a fare è stato far credere che ci sia stato veramente.
Oggi pubblico alcune foto che riguardano la mia (????) C.A.S.A.
La prima vi fa vedere come, per entrare a casa si può usare anche il balcone. La scala di legno, infatti, è facilmente “percorribile” e altrettanto lo sono i nostri balconi, assolutamente insicuri se in casa si hanno bambini o … persone depresse [:-))].
Le seconde due riguardano sempre i balconi della mia palazzina che sono tutti di legno, ancorati ai muri esterni con le viti che potete ammirare nella prima foto. Nella seconda foto c’è qualcosa che non va: la piastra di acciaio si sta staccando dal muro. L’ho segnalato, ma nessuno è venuto a controllare.

Segue l’interno della mia (???) C.A.S.A. con le infiltrazioni di acqua all’ingresso e al bagno (le tre foto seguenti). A volte l’acqua gocciola copiosa (per fortuna acqua pulita). Ho segnalato da tempo questo difetto, ma nulla, ancora nulla.

Sempre nel bagno (che è cieco) ho la bellezza di 5 faretti. I due sovrastanti lo specchio non funzionano. A nulla è servito il cambio delle lampadine. Quando ho ricevuto la visita degli elettricisti (rigorosamente non aquilani) mi hanno detto che non c’è nulla da fare: i bagni sono prefabbricati e sono stati calati nella struttura dell’appartamento.

Il quadro elettrico che riguarda quei faretti è stato murato, quindi è inaccessibile.
In cucina, dopo soli 30 giorni, è saltata l’accensione elettrica dei fornelli, anche lì ho segnalato, ma non c’è nulla da fare.

Per evitare di avere odori di cucina in casa devo tenere la cappa aspirante sempre in funzione, persino se non cucino: gli odori dei vicini arrivano dritti dritti nella mia sala-cucina dove, peraltro, dorme mio figlio. In estate ho staccato la spina del frigorifero per sbrinarlo e non sono riuscita a reinserirla: il frigo è attaccato al muro e la spina è parzialmente coperta dal frigo stesso. Mi sono arrangiata con una connessione volante. Alcuni tecnici son venuti, più volte, a casa a rinforzare le viti che tengono appesi al muro i pensili della cucina: in ultimo hanno inchiodato alla base degli stessi una barra di acciaio. In alcuni appartamenti, infatti, i suddetti pensili si sono staccati improvvisamente, il che non è esattamente ciò che ci si aspetta da una cucina nuova e nemmeno da una vecchia.

Riguardo invece l’esterno ho da segnalare che non è stato montato l’impianto fotovoltaico. Avevano cominciato lo scorso anno, poi nevicò e andarono via.
Sulle scale (che sono all’aperto, praticamente) di tutta fretta è stata montata una tettoietta, perchè alla prima gelata, le scale sono divenute uno scivolo di ghiaccio (nella foto la tettoietta, appunto):
In ultimo una chicca: la foto seguente è una sedia [di Silvio :-) )] che sta in balcone. Sui balconi piove perchè sono fatti di stecche di legno con fessure: così a me piove l’acqua dopo che ha lavato i balconi dell’appartamento di sopra. E l’acqua che piove è marrone, come vedete. Immaginate i panni stesi se improvvisamente piove!!
Per informazioni dettagliate leggete qui : vi troverete i costi del progetto C.A.S.E., dettagliati e vi accorgerete che ci hanno persino fornito i portachiavi e che le cassette per le lettere dovrebbero anch’esse essere di lusso (non allego foto per decenza):

Un miracolo, un vero miracolo!!
In ultimo: le mie lamentele riguardano lo sperpero di soldi, la decisione calata dall’alto di dotarci di questi appartamenti ridisegnando il territorio, nostro malgrado. Per il resto devo ritenermi fortunata: ci sono ancora persone senza tetto e migliaia di cittadini che non riescono a rientrare nelle proprie case anche se i danni, causati dal terremoto, non sono stati propriamente ingenti.


Fonte: 6 Aprile.it

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L'Aquila dimenticata

Dopo il sisma dispersione e depressione. Lo psicologo: «Troppi suicidi e psicofarmaci»

Da lunedì 25 ottobre a venerdì 29 ottobre: ogni giorno on line su Corriere.it una puntata del videoreportage su L'Aquila realizzato dal giornalista Ruben H.Oliva. Un viaggio per capire a che punto siamo con la ricostruzione da quel 6 aprile del 2009 che portò morte e distruzione. Un viaggio per cogliere umori, sensazioni, speranze e delusioni.


L'AQUILA - Domenico ti fulmina con lo sguardo mentre cammina sul cumulo di macerie in cui un tempo c’era Tempera, il suo paese. Non si è ancora rassegnato, ma l’esperienza di questi ultimi diciotto mesi gli ha fatto perdere ogni fiducia nello stato italiano. Don Giovanni Gatto, parroco di Tempera, mentre racconta come sia riuscito a salvarsi per miracolo, indica con tristezza la montagna di pietre ed erbacce che ha presso il posto della sua chiesa.

Lungo le statali che avvolgono l’Aquila, i cartelli con i nomi di paesi e borghi fantasmi sono tanti. Basta abbandonare l’asfalto e inoltrarsi lungo strade sterrate per assistere ad uno spettacolo agghiacciante, diventato ormai normale. Poltrone, televisori, resti di bagni e cucine, spuntano tra i detriti per raccontare come un tempo in questi luoghi c’era la vita. Il signor Maurizi, orgoglioso proprietario del albergo ristorante “La cabina” di Castelnuovo, si è dovuto costruire a spese sue una baracca di legno sul bordo della strada. Il nuovo e precario bar si chiama «La cabina 2» e dista pochi passi dai resti della struttura precedente. Ora Maurizi tira a campare immerso nei debiti: il sima ha raso al suolo i sacrifici di tre generazioni d’emigranti in america e in Germania.

Benvenuti ad un Aquila di cui tanto si è parlato e poco si è visto, diventata drammatico bottino della politica. Nel centro storico della città abruzzese, ci si aspetta di vedere o sentire l’assordante rumore di ruspe o il movimento di camion e gru. Invece niente, un silenzio innaturale ti accompagna mentre cammini nei vicoli di quello che rimane del bellissimo centro storico.

Le new town, piccoli quartieri di case nuove, costruite a peso d'oro, stonano con il paesaggio circostante. Chi ha avuto la fortuna di finire in questi quartieri inizia a intuire che ci dovrà rimanere, se tutto va bene, almeno 30 anni. Le case consegnate personalmente dal premier Berlusconi, appena ci si entra, appaiono molto diverse da come le abbiamo viste in televisione. Sono piccole e di mura sottili. Come spiega un terremotato «dopo mesi in tenda pure una baracca ti sarebbe sembrata una reggia».

L’Aquila appare molto diversa da quella mostrata fin ora. Le macerie non sono state rimosse, la gente vive in un clima d’angoscia crescente. Il numero dei morti, dei suicidi, dei divorzi e dell’uso di psicofarmaci è aumentato nel silenzio generale. Il dottor Alessandro Sirolli, direttore del centro psichiatrico diurno dell’Asl 1 dell’Aquila non ha dubbi: «Ci nascondono le cifre del disastro umano» racconta. Gli effetti distruttivi sulla psiche umana, dopo il sisma e lo stato di crisi, sono stati devastanti.

Di ricostruzione non se ne parla più né in consiglio regionale né tra la gente. La speranza è ridotta al lumicino mentre un secondo inverno è alle porte. Un dramma umano che si svolge lontano anni luce dalle aule parlamentari e dalle sedi dei partiti. La sensazione è che l’Aquila, questo pezzo d’Italia, sia stata rimossa dall’immaginario collettivo e che il cartello posto all’ingresso di una delle centinaia di baracche di legno in cui trascorrere quel poco di vita sociale che ancora rimane - dove si legge «questa è l’Italia del si salvi chi può» - non sia frutto del qualunquismo quanto piuttosto la fotografia di una realtà con cui dovremmo fare i conti per molti decenni.

Ruben H Oliva


Fonte:Corriere della Sera


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