sabato 16 ottobre 2010

Federalismo: stangata possibile con la nuova addizionale IRPEF


L’ipotesi contemplata nello schema di decreto per il federalismo fiscale regionale, approvato dal Governo, che modifica le attuali Addizionali Regionali IRPEF, potrebbe comportare a regime (nel 2015), probabili e possibili aumenti dell’Addizionale Regionale IRPEF di 226 euro medi annui per ogni contribuente (+82,8%), passando per gli attuali 273 euro medi pro capite ai 499 euro nel 2015. In particolare per quanto riguarda i lavoratori dipendenti e pensionati l’aumento è mediamente di 218 euro, passando dagli attuali 280 euro ai 498 euro. E’ quanto emerge, analizzando il gettito attuale dell’IRPEF regionale, da una simulazione dalla UIL nel caso in cui tutte le Regioni si avvalessero della facoltà, prevista dalla bozza di Decreto, di aumentare l’aliquota fino al 3% (per i lavoratori e pensionati l’aliquota all’1,4% per i redditi fino ai 28 mila euro), gradualmente fino al 2015. Secondo questa ipotesi, commenta Loy, un lavoratore dipendente, rientrante nello scaglione di reddito fino a 15 mila euro pagherebbe mediamente 129 euro l’anno pro capite con un aumento del 16,4%; un pensionato pagherebbe mediamente 156 euro pro capite con un aumento del 17,3%; mentre un lavoratore autonomo pagherebbe mediamente 155 euro pro capite con un aumento del 150%. Per i redditi compresi tra i 15 mila ed i 28 mila euro, ad un lavoratore dipendente, l’Addizionale peserà mediamente 287 euro con un aumento del 16,7%; ad un reddito da pensione 276 euro (più 16,5%); mentre ad un lavoratore autonomo 445 euro (più 150%). Per i redditi al di sopra dei 28 mila euro i lavoratori dipendenti verserebbero pro capite, mediamente, ben 1440 euro l’anno con un aumento di 864 euro l’anno; un pensionato verserà mediamente 1410 euro l’anno (più 846 euro); un lavoratore autonomo verserà 1.512 euro (più 907 euro). Attualmente le Regioni incassano con l’Addizionale 8,5 miliardi di euro, di cui 7,9 Miliardi di euro dai redditi dei lavoratori dipendenti e pensionati (il 93,7% del totale del gettito dell’imposta). Secondo la nostra simulazione, continua Loy, il gettito passerebbe a 15,5 Miliardi di euro, di cui ben 14,1 Miliardi di euro a carico dai lavoratori e pensionati (il 91,3% del totale del gettito dell’imposta). Al momento, a fianco delle 6 Regioni alle prese con l’extradeficit sanitario e per le quali è obbligatoria l’aliquota massima dell’addizionale, ve ne sono altre 6 che si sono avvalse, anche se non costrette, della facoltà di deliberare la maggiorazione dell’aliquota. Nel nostro Paese i contribuenti soggetti al versamento dell’Addizionale IPERF sono oltre 30,9 milioni, di cui oltre 28,3 milioni (il 91,5%) sono lavoratori dipendenti e pensionati e l’8,5% (2,6 Milioni) hanno un reddito da lavoro autonomo. Il 33% dei contribuenti percepisce un reddito fino ai 15 mila euro di cui l’86,1% sono lavoratori dipendenti e pensionati ed il 13,9% lavoratori autonomi; il 44,6% dichiara un reddito compreso tra i 15 mila ed i 28 mila euro (il 95,3% lavoratori dipendenti e pensionati e 4,7% lavoratori autonomi); il 22,4% dichiara redditi al di sopra dei 28 mila euro (il 92,1% lavoratori dipendenti e pensionati ed il 7,9% lavoratori autonomi). Il 77,4% dei lavoratori dipendenti e pensionati percepisce un reddito fino ai 28 mila euro, a fronte del 78% dei lavoratori autonomi. Questi dati devono indurre la politica tutta ad una profonda riflessione sull’attuazione del federalismo fiscale, che per la UIL è un processo necessario ed ineludibile a patto, però, che si parta dalla razionalizzazione della spesa pubblica improduttiva e si combattano gli sprechi, e, non, al contrario, partendo dalla previsione di un aumento del peso del fisco locale. Anche perché le addizionali Regionali IRPEF sono soltanto la “punta dell’Iceberg” del nuovo fisco federale, dal momento che le Regioni possono introdurre anche nuovi tributi e le Province possono aumentare a loro volta le imposte ed i tributi di loro competenza. Né è di consolazione la previsione che le Regioni possono manovrare “in alto” l’IRPEF soltanto se abbassa conseguentemente l’IRAP, in quanto da questa operazione non derivano certamente risparmi per chi vive di redditi fissi. Come UIL, conclude Loy, abbiamo sempre sostenuto che il federalismo fiscale non dovesse comportare aumenti della pressione fiscale a carico dei redditi fissi e, prima di procedere con la leva fiscale, era necessario quantificare con i “veri numeri” il costo di tale operazione. Mentre con la svolta impressa dal Governo siamo entrati nella fase attuativa senza che ad oggi ci sia una analisi vera e compiuta dei reali costi del fisco federale ed il loro impatto sui standard dei servizi nei diversi territori. La ricetta che sembra delinearsi è la più semplice: dare la facoltà di aumentare l’Addizionale IRPEF. Nota: Secondo l’europarlamentare Gianni Pittella, in quota PD, in alcune regioni come Lazio, Molise, Campania e Calabria le addizionali Irpef potrebbero salire enormemente. “E’ una tassa sulla miseria perché si rifiuta di considerare, oltre ai costi standard, anche le prestazioni standard, che nel Mezzogiorno sono drammaticamente sotto la media nazionale ed europea“.


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L’ipotesi contemplata nello schema di decreto per il federalismo fiscale regionale, approvato dal Governo, che modifica le attuali Addizionali Regionali IRPEF, potrebbe comportare a regime (nel 2015), probabili e possibili aumenti dell’Addizionale Regionale IRPEF di 226 euro medi annui per ogni contribuente (+82,8%), passando per gli attuali 273 euro medi pro capite ai 499 euro nel 2015. In particolare per quanto riguarda i lavoratori dipendenti e pensionati l’aumento è mediamente di 218 euro, passando dagli attuali 280 euro ai 498 euro. E’ quanto emerge, analizzando il gettito attuale dell’IRPEF regionale, da una simulazione dalla UIL nel caso in cui tutte le Regioni si avvalessero della facoltà, prevista dalla bozza di Decreto, di aumentare l’aliquota fino al 3% (per i lavoratori e pensionati l’aliquota all’1,4% per i redditi fino ai 28 mila euro), gradualmente fino al 2015. Secondo questa ipotesi, commenta Loy, un lavoratore dipendente, rientrante nello scaglione di reddito fino a 15 mila euro pagherebbe mediamente 129 euro l’anno pro capite con un aumento del 16,4%; un pensionato pagherebbe mediamente 156 euro pro capite con un aumento del 17,3%; mentre un lavoratore autonomo pagherebbe mediamente 155 euro pro capite con un aumento del 150%. Per i redditi compresi tra i 15 mila ed i 28 mila euro, ad un lavoratore dipendente, l’Addizionale peserà mediamente 287 euro con un aumento del 16,7%; ad un reddito da pensione 276 euro (più 16,5%); mentre ad un lavoratore autonomo 445 euro (più 150%). Per i redditi al di sopra dei 28 mila euro i lavoratori dipendenti verserebbero pro capite, mediamente, ben 1440 euro l’anno con un aumento di 864 euro l’anno; un pensionato verserà mediamente 1410 euro l’anno (più 846 euro); un lavoratore autonomo verserà 1.512 euro (più 907 euro). Attualmente le Regioni incassano con l’Addizionale 8,5 miliardi di euro, di cui 7,9 Miliardi di euro dai redditi dei lavoratori dipendenti e pensionati (il 93,7% del totale del gettito dell’imposta). Secondo la nostra simulazione, continua Loy, il gettito passerebbe a 15,5 Miliardi di euro, di cui ben 14,1 Miliardi di euro a carico dai lavoratori e pensionati (il 91,3% del totale del gettito dell’imposta). Al momento, a fianco delle 6 Regioni alle prese con l’extradeficit sanitario e per le quali è obbligatoria l’aliquota massima dell’addizionale, ve ne sono altre 6 che si sono avvalse, anche se non costrette, della facoltà di deliberare la maggiorazione dell’aliquota. Nel nostro Paese i contribuenti soggetti al versamento dell’Addizionale IPERF sono oltre 30,9 milioni, di cui oltre 28,3 milioni (il 91,5%) sono lavoratori dipendenti e pensionati e l’8,5% (2,6 Milioni) hanno un reddito da lavoro autonomo. Il 33% dei contribuenti percepisce un reddito fino ai 15 mila euro di cui l’86,1% sono lavoratori dipendenti e pensionati ed il 13,9% lavoratori autonomi; il 44,6% dichiara un reddito compreso tra i 15 mila ed i 28 mila euro (il 95,3% lavoratori dipendenti e pensionati e 4,7% lavoratori autonomi); il 22,4% dichiara redditi al di sopra dei 28 mila euro (il 92,1% lavoratori dipendenti e pensionati ed il 7,9% lavoratori autonomi). Il 77,4% dei lavoratori dipendenti e pensionati percepisce un reddito fino ai 28 mila euro, a fronte del 78% dei lavoratori autonomi. Questi dati devono indurre la politica tutta ad una profonda riflessione sull’attuazione del federalismo fiscale, che per la UIL è un processo necessario ed ineludibile a patto, però, che si parta dalla razionalizzazione della spesa pubblica improduttiva e si combattano gli sprechi, e, non, al contrario, partendo dalla previsione di un aumento del peso del fisco locale. Anche perché le addizionali Regionali IRPEF sono soltanto la “punta dell’Iceberg” del nuovo fisco federale, dal momento che le Regioni possono introdurre anche nuovi tributi e le Province possono aumentare a loro volta le imposte ed i tributi di loro competenza. Né è di consolazione la previsione che le Regioni possono manovrare “in alto” l’IRPEF soltanto se abbassa conseguentemente l’IRAP, in quanto da questa operazione non derivano certamente risparmi per chi vive di redditi fissi. Come UIL, conclude Loy, abbiamo sempre sostenuto che il federalismo fiscale non dovesse comportare aumenti della pressione fiscale a carico dei redditi fissi e, prima di procedere con la leva fiscale, era necessario quantificare con i “veri numeri” il costo di tale operazione. Mentre con la svolta impressa dal Governo siamo entrati nella fase attuativa senza che ad oggi ci sia una analisi vera e compiuta dei reali costi del fisco federale ed il loro impatto sui standard dei servizi nei diversi territori. La ricetta che sembra delinearsi è la più semplice: dare la facoltà di aumentare l’Addizionale IRPEF. Nota: Secondo l’europarlamentare Gianni Pittella, in quota PD, in alcune regioni come Lazio, Molise, Campania e Calabria le addizionali Irpef potrebbero salire enormemente. “E’ una tassa sulla miseria perché si rifiuta di considerare, oltre ai costi standard, anche le prestazioni standard, che nel Mezzogiorno sono drammaticamente sotto la media nazionale ed europea“.


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