domenica 14 marzo 2010

Dossier Calabria: cosa bolle in pentola?


Di Vincenzo Mulè

Terranews.it


Un filo invisibile sembra collegare la vicenda delle navi dei veleni con le indagini sull’attentato che nel gennaio scorso colpì la procura di Reggio Calabria. In mezzo, i tentativi della ‘ndrangheta di influenzare le elezioni.

calabria-satellite
Sono giorni molto caldi quelli che sta vivendo la Calabria. Terra alla quale, con pieno merito oramai, potrebbe essere affibbiata l’etichetta di “Regione laboratorio”. Appellativo non proprio lusinghiero se analizziamo lo scorrere degli eventi. Ai quali le imminenti elezioni hanno dato una decisa accelerata. Il fermento delle cosche è dimostrato dai ripetuti segnali intimidatori: a Reggio, con le minacce ai pm Lombardo e De Bernardo, a Vibo Valentia (con i murales contro il procuratore Spagnuolo) passando per Crotone, dove i clan farebbero carte false per togliere di mezzo il pm Bruni). Un quadro che porta al centro dell’attenzione gli accordi e i legami tra la politica e le ‘ndrine. Uno scenario in cui si registrano anche coinvolgimenti di esponenti della magistratura e che è stato messo a soqquadro dal recente disegno di legge che impedisce ai pregiudicati per mafia di svolgere la campagna elettorale.

Angela Napoli è stata tra i politici più attivi nel promuovere questo provvedimento. Secondo quanto raccontato dal pentito Gerardo D’Urzo, esisteva un progetto delle cosche della Piana di Gioia Tauro per uccidere la donna componente, tra l’altro, della Commissione parlamentare antimafia. Da esperta delle cose di Calabria, la Napoli ha riconosciuto in questo disegno «interessi un po’ più ampi che toccherebbero la zona grigia tra politica, imprenditoria e massoneria deviata». Diventa, allora, una diretta conseguenza che l’attentato avrebbe dovuto essere un «favore ad un politico di un’altra corrente». Veleni. Dal mare. Nella politica.

In questi giorni si sta celebrando il processo “Cent’anni di storia”. Gli atti del procedimento offrono uno spaccato degli affari delle cosche della Piana di Gioia Tauro, nella quale i Piromalli e i Molé, alleati da «cent’anni» ora sono in lotta tra di loro. Hanno in mano tutto i Piromalli, la politica, gli affari del Porto e i business internazionali. Tra i loro referenti privilegiti c’è Aldo Micciché, 72 anni, ex segretario della Dc di Reggio negli anni Ottanta, poi consigliere provinciale a Roma. Per i pm, «è il simbolo del perfetto strumento a disposizione della cosca mafiosa». Un personaggio intorno al quale ruotano una serie di personaggi che, consapevoli o meno, «divengono funzionali allo scopo principale che l’indagato si prefigge: quello di incrementare la forza e la efficacia del sodalizio di cui fa parte integrante». Tra questi Marcello Dell’Utri che il 12 dicembre 2007, 28 minuti dopo le nove di sera, lo chiama. Il vecchio Aldo gli dice che presto ci saranno le elezioni, «ci dobbiamo preparare». Poi gli chiede una e-mail di Berlusconi, «gli devo mandare delle cose della gente di là, importanti per lui». Poi i due parlano di politica, della collocazione dell’onorevole Armando Veneto (avvocato storico del «casato» dei Piromalli, e deputato con più partiti), forse c’è una trattativa con lui per le prossime elezioni. Micciché ne è sicuro e dice che lui può garantire 40mila voti in tutta la provincia di Reggio. «Questo è importante», commenta Dell’Utri soddisfatto.

Ma i veleni, in Calabria, arrivano anche nella magistratura. La prima commissione del Csm ha aperto nei confronti del sostituto procuratore generale Francesco Neri la procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale. La Commissione sarebbe giunta alle sue conclusioni dopo avere esaminato più casi in cui il magistrato si sarebbe visto respingere dai collegi giudicanti richieste di patteggiamento, per pene giudicate troppo basse. Al pg Neri sarebbe contestato, tra l’altro, di avere avuto come difensore, nei procedimenti disciplinari avviati a suo carico, lo stesso avvocato che assisteva uno degli imputati per l’omicidio della guardia giurata Luigi Rende, uccisa il primo agosto del 2007 nel corso di una rapina. Nel processo per l’assassinio di Rende, Neri rappresentava la pubblica accusa e fu sostituito per decisione del procuratore generale Salvatore Di Landro. Neri ha avuto anche contestata l’avocazione del procedimento penale a carico del consigliere regionale della Calabria del Pdl Alberto Sarra, avocazione poi annullata dalla Corte di Cassazione.

Francesco Neri è il magistrato che si occupato delle rogatorie internazionali per la strage di Duisburg. In passato è stato anche titolare di inchieste sulle navi dei veleni. Una circostanza non da poco. Che rischia di scombinare di nuovo le carte su un’inchiesta che la Dda di Catanzaro sembra aver dimenticato. Sulla vicenda, la Commissione ecomafia ha ascoltato l’assessore regionale all’Ambiente della Calabria, Silvio Greco, che ha segnalato che nel golfo di Lamezia Terme ci sarebbe una nave affondata che, secondo il presidente Gaetano Pecorella, «potrebbe corrispondere ad una di quelle descritte dal pentito Francesco Fonti».

Fonte:Reportonline
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Di Vincenzo Mulè

Terranews.it


Un filo invisibile sembra collegare la vicenda delle navi dei veleni con le indagini sull’attentato che nel gennaio scorso colpì la procura di Reggio Calabria. In mezzo, i tentativi della ‘ndrangheta di influenzare le elezioni.

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Sono giorni molto caldi quelli che sta vivendo la Calabria. Terra alla quale, con pieno merito oramai, potrebbe essere affibbiata l’etichetta di “Regione laboratorio”. Appellativo non proprio lusinghiero se analizziamo lo scorrere degli eventi. Ai quali le imminenti elezioni hanno dato una decisa accelerata. Il fermento delle cosche è dimostrato dai ripetuti segnali intimidatori: a Reggio, con le minacce ai pm Lombardo e De Bernardo, a Vibo Valentia (con i murales contro il procuratore Spagnuolo) passando per Crotone, dove i clan farebbero carte false per togliere di mezzo il pm Bruni). Un quadro che porta al centro dell’attenzione gli accordi e i legami tra la politica e le ‘ndrine. Uno scenario in cui si registrano anche coinvolgimenti di esponenti della magistratura e che è stato messo a soqquadro dal recente disegno di legge che impedisce ai pregiudicati per mafia di svolgere la campagna elettorale.

Angela Napoli è stata tra i politici più attivi nel promuovere questo provvedimento. Secondo quanto raccontato dal pentito Gerardo D’Urzo, esisteva un progetto delle cosche della Piana di Gioia Tauro per uccidere la donna componente, tra l’altro, della Commissione parlamentare antimafia. Da esperta delle cose di Calabria, la Napoli ha riconosciuto in questo disegno «interessi un po’ più ampi che toccherebbero la zona grigia tra politica, imprenditoria e massoneria deviata». Diventa, allora, una diretta conseguenza che l’attentato avrebbe dovuto essere un «favore ad un politico di un’altra corrente». Veleni. Dal mare. Nella politica.

In questi giorni si sta celebrando il processo “Cent’anni di storia”. Gli atti del procedimento offrono uno spaccato degli affari delle cosche della Piana di Gioia Tauro, nella quale i Piromalli e i Molé, alleati da «cent’anni» ora sono in lotta tra di loro. Hanno in mano tutto i Piromalli, la politica, gli affari del Porto e i business internazionali. Tra i loro referenti privilegiti c’è Aldo Micciché, 72 anni, ex segretario della Dc di Reggio negli anni Ottanta, poi consigliere provinciale a Roma. Per i pm, «è il simbolo del perfetto strumento a disposizione della cosca mafiosa». Un personaggio intorno al quale ruotano una serie di personaggi che, consapevoli o meno, «divengono funzionali allo scopo principale che l’indagato si prefigge: quello di incrementare la forza e la efficacia del sodalizio di cui fa parte integrante». Tra questi Marcello Dell’Utri che il 12 dicembre 2007, 28 minuti dopo le nove di sera, lo chiama. Il vecchio Aldo gli dice che presto ci saranno le elezioni, «ci dobbiamo preparare». Poi gli chiede una e-mail di Berlusconi, «gli devo mandare delle cose della gente di là, importanti per lui». Poi i due parlano di politica, della collocazione dell’onorevole Armando Veneto (avvocato storico del «casato» dei Piromalli, e deputato con più partiti), forse c’è una trattativa con lui per le prossime elezioni. Micciché ne è sicuro e dice che lui può garantire 40mila voti in tutta la provincia di Reggio. «Questo è importante», commenta Dell’Utri soddisfatto.

Ma i veleni, in Calabria, arrivano anche nella magistratura. La prima commissione del Csm ha aperto nei confronti del sostituto procuratore generale Francesco Neri la procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale. La Commissione sarebbe giunta alle sue conclusioni dopo avere esaminato più casi in cui il magistrato si sarebbe visto respingere dai collegi giudicanti richieste di patteggiamento, per pene giudicate troppo basse. Al pg Neri sarebbe contestato, tra l’altro, di avere avuto come difensore, nei procedimenti disciplinari avviati a suo carico, lo stesso avvocato che assisteva uno degli imputati per l’omicidio della guardia giurata Luigi Rende, uccisa il primo agosto del 2007 nel corso di una rapina. Nel processo per l’assassinio di Rende, Neri rappresentava la pubblica accusa e fu sostituito per decisione del procuratore generale Salvatore Di Landro. Neri ha avuto anche contestata l’avocazione del procedimento penale a carico del consigliere regionale della Calabria del Pdl Alberto Sarra, avocazione poi annullata dalla Corte di Cassazione.

Francesco Neri è il magistrato che si occupato delle rogatorie internazionali per la strage di Duisburg. In passato è stato anche titolare di inchieste sulle navi dei veleni. Una circostanza non da poco. Che rischia di scombinare di nuovo le carte su un’inchiesta che la Dda di Catanzaro sembra aver dimenticato. Sulla vicenda, la Commissione ecomafia ha ascoltato l’assessore regionale all’Ambiente della Calabria, Silvio Greco, che ha segnalato che nel golfo di Lamezia Terme ci sarebbe una nave affondata che, secondo il presidente Gaetano Pecorella, «potrebbe corrispondere ad una di quelle descritte dal pentito Francesco Fonti».

Fonte:Reportonline
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