sabato 13 marzo 2010

Disoccupati e abbandonati

Maurizio Sacconi

Di Massimo Riva

Oltre due milioni di italiani sono già senza lavoro mentre, ogni giorno che passa, la fila dei disoccupati si allunga di ulteriori migliaia di sventurati. Licenziano le imprese che non ce la fanno più a stare sul mercato, ma licenziano pure quelle che per reggere la competizione non riescono a fare di meglio se non liberarsi di manodopera. In una situazione così drammatica tutto ci si dovrebbe aspettare da chi ha responsabilità di governo fuorché provvedimenti mirati a rendere più facili e spedite le procedure per disfarsi dei lavoratori.

Purtroppo così non la pensa Maurizio Sacconi, un ministro che non perde occasione per andare controcorrente. Già ai suoi esordi si era distinto per una cantonata davvero sconcertante: la detassazione dei redditi da lavoro straordinario, varata in una fase nella quale la maggior parte delle imprese già faticava a far fare ai propri dipendenti il normale orario di lavoro. Ora che il problema cruciale del Paese è diventato quella della perdita dei posti di lavoro, ecco l'infaticabile Sacconi andare all'attacco delle garanzie contro i licenziamenti previste nel ben noto articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Presto potrà essere un arbitro e non più un giudice a dirimere le cause sui licenziamenti contestati. Ciò significa che le controversie saranno decise più sulla base di criteri equitativi che non in forza delle disposizioni di legge. Novità dal forte olezzo classista perché comporta un evidente e non lieve spostamento di potere fra le parti contendenti in favore dell'impresa e a danno del lavoratore.

Nel 2002 il precedente governo Berlusconi aveva tentato un attacco frontale al già richiamato art. 18 ed era stato costretto a una precipitosa marcia indietro dopo la straordinaria mobilitazione promossa dalla Cgil di Sergio Cofferati , che aveva portato in piazza a Roma circa tre milioni di persone. Stavolta il ministro Sacconi è stato più abile: non ha preso la questione di petto, ma ha effettuato una manovra di aggiramento che punta comunque al medesimo obiettivo di indebolire la parte già più debole nel rapporto di lavoro.

Tattica indubbiamente efficace, visto che né i partiti di opposizione né gli stessi sindacati hanno saputo muoversi in tempo per scongiurare il successo dell'operazione. Soltanto ora la Cgil s'è svegliata proclamando uno sciopero di protesta, mentre le altre due più pavide confederazioni si nascondono dietro il fatto che la nuova disciplina potrà diventare esecutiva solo dopo il suo recepimento nei contratti collettivi. Un alibi risibile dato che, trascorsi 12 mesi, le modalità del ricorso all'arbitrato saranno fissate d'autorità con proprio decreto dal ministro (si fa per dire) del Lavoro.

Che Cisl e Uil si mostrino così arrendevoli non stupisce più. Ormai è da un pezzo che i loro leader fanno finta di abbaiare mentre scodinzolano in attesa di ricevere qualche carezza di favore dal governo. Ciò che risulta, viceversa, non spiegabile è la tardiva reazione da parte della Cgil e la distratta negligenza con la quale i partiti della sinistra hanno seguito il cammino parlamentare di questa porcheria compiuta alle spalle dei lavoratori.

Fonte:L'Espresso
.
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Maurizio Sacconi

Di Massimo Riva

Oltre due milioni di italiani sono già senza lavoro mentre, ogni giorno che passa, la fila dei disoccupati si allunga di ulteriori migliaia di sventurati. Licenziano le imprese che non ce la fanno più a stare sul mercato, ma licenziano pure quelle che per reggere la competizione non riescono a fare di meglio se non liberarsi di manodopera. In una situazione così drammatica tutto ci si dovrebbe aspettare da chi ha responsabilità di governo fuorché provvedimenti mirati a rendere più facili e spedite le procedure per disfarsi dei lavoratori.

Purtroppo così non la pensa Maurizio Sacconi, un ministro che non perde occasione per andare controcorrente. Già ai suoi esordi si era distinto per una cantonata davvero sconcertante: la detassazione dei redditi da lavoro straordinario, varata in una fase nella quale la maggior parte delle imprese già faticava a far fare ai propri dipendenti il normale orario di lavoro. Ora che il problema cruciale del Paese è diventato quella della perdita dei posti di lavoro, ecco l'infaticabile Sacconi andare all'attacco delle garanzie contro i licenziamenti previste nel ben noto articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Presto potrà essere un arbitro e non più un giudice a dirimere le cause sui licenziamenti contestati. Ciò significa che le controversie saranno decise più sulla base di criteri equitativi che non in forza delle disposizioni di legge. Novità dal forte olezzo classista perché comporta un evidente e non lieve spostamento di potere fra le parti contendenti in favore dell'impresa e a danno del lavoratore.

Nel 2002 il precedente governo Berlusconi aveva tentato un attacco frontale al già richiamato art. 18 ed era stato costretto a una precipitosa marcia indietro dopo la straordinaria mobilitazione promossa dalla Cgil di Sergio Cofferati , che aveva portato in piazza a Roma circa tre milioni di persone. Stavolta il ministro Sacconi è stato più abile: non ha preso la questione di petto, ma ha effettuato una manovra di aggiramento che punta comunque al medesimo obiettivo di indebolire la parte già più debole nel rapporto di lavoro.

Tattica indubbiamente efficace, visto che né i partiti di opposizione né gli stessi sindacati hanno saputo muoversi in tempo per scongiurare il successo dell'operazione. Soltanto ora la Cgil s'è svegliata proclamando uno sciopero di protesta, mentre le altre due più pavide confederazioni si nascondono dietro il fatto che la nuova disciplina potrà diventare esecutiva solo dopo il suo recepimento nei contratti collettivi. Un alibi risibile dato che, trascorsi 12 mesi, le modalità del ricorso all'arbitrato saranno fissate d'autorità con proprio decreto dal ministro (si fa per dire) del Lavoro.

Che Cisl e Uil si mostrino così arrendevoli non stupisce più. Ormai è da un pezzo che i loro leader fanno finta di abbaiare mentre scodinzolano in attesa di ricevere qualche carezza di favore dal governo. Ciò che risulta, viceversa, non spiegabile è la tardiva reazione da parte della Cgil e la distratta negligenza con la quale i partiti della sinistra hanno seguito il cammino parlamentare di questa porcheria compiuta alle spalle dei lavoratori.

Fonte:L'Espresso
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