martedì 15 settembre 2009

Lo scandalo dei rifiuti passa da Reggio Emilia. Enzo Ciconte: «E’ attendibile. Quei veleni provengono dal Nord Italia»



La nave coi bidoni radioattivi ritrovata grazie al pentito Fonti, che abitò a Scandiano e S. Martino in Rio

Di Luca Soliani

" E'quella.La nave dei veleniritrovata al largo di Cetraro è stata ritrovata proprio grazie alle rivelazioni del pentito calabrese Francesco Fonti che,secondo quanto lui stesso ha confessato, partecipava al traffico illegale dei rifiuti tossici anche dal territorio reggiano dove risiedeva».

Ne è sicuroil professor Enzo Ciconte, tra i massimi esperti in Italia delle dinamiche delle grandi associazioni mafiose:lo scandalo dei rifiuti che sta scuotendo il Paesepassava anche dal nostro territorio.
I particolari dell’agghiacciante vicenda emergono del memoriale del collaboratore di giustizia, dal quale è iniziata la lunga indagine che ha portato all’imbarcazione Cunsky,inabissata nel Tirreno a 14 miglia dalla costa di Cetraro col suo carico mortale.E dal quale si comprende ancora una volta quanto il nostro territorio sia strategicamente cruciale per i business
della ’ndrangheta.

«...di quelle questioni (lo smaltimento di rifiuti tossici e radioattivi,ndr) non ci occupammo fino all’ottobre del 1986,quando vivevo a Reggio Emilia per gestire il traffico di droga della famiglia di San Luca in Emilia Romagna e Lombardia»,testimonia il pentito di alto rango Francesco Fonti nel lungo
memoriale consegnato ai giudici dell’Antimafia di Reggio Calabria e pubblicato nei mesi scorsi da L’Espresso.«In questo contesto facevo affari con la famiglia Musitano di Platì,il cui capo era Domenico (...).Mi chiese un incontro e mi disse che c’erano da far sparire 600 bidoni contenenti rifiuti tossici e radioattivi,chiedendo se io e la mia famiglia potessimo interessarci per le varie fasi di trasporto e collocazione.Prima di tutto gli domandai quanto ci avremmo guadagnato,e chi gli aveva prospettato questo lavoro (...)».
«Francesco Fonti è giudicato un pentito attendibile» sottolinea il professor Ciconte,del quale ha scritto dettagliatamente nell’interessante volume Mafia,Camorra e ’Ndranghetain Emilia-Romagna.E a conferma della sua attendibilità vi è il fatto che «la nave di cui ha parlato così dettagliatamente è lì.
E questa è una evidenza».L’ex ’ndranghetista «è un personaggio di primo piano.Ha vissuto diversi anni nel reggiano,mandato a metà degli anni ’80 per mettere in piedi sul territorio il traffico di droga».Ma poi si sarebbe“ dilettato”anche con lo «smaltimento illegale di rifiuti tossici e radioattivi.Sicuramente provenienti dal Nord Italia,probabilmente anche dall’Emilia e dalla provincia di Reggio.Ma su questo saranno gli inquirenti a fare luce».
Nella testimonianza di Fonti non c’è solo il mercantile che avrebbe ammesso di aver affondato nel ’92 con una carica di esplosivo montata sulla prua – nel ventre della nave in carico di 120 fusti.Ad ascoltare le parole del pentito che ha risieduto prima a Scandiano e poi a San Martino in Rio proprio negli anni in cui avrebbe gestito il traffico di rifiuti tossici e radioattivi,sarebbero almeno quattro le “navi dei veleni”affondate volontariamente nei mari della Calabria.A partire dalla Jolly Rosso,che si è arenata ad Amantea il 14 dicembre 1990,e dalle “Voriais
Sparadis”e“Yvonne A”considerate ancora fantasmi.Ma l’appello è ancora lungo.
«Io stesso - ammette l’ex boss - mi sono occupato di affondare navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi».E poi cita il caso della nave Lynx:«Secondo i nostri calcoli,nella stiva dell’imbarcazione ci sarebbero stati solo 500 bidoni,e dunque si poneva il problema di dove smaltire gli altri 100.Fu così che decidemmo
di procedere con un doppio piano: 500 fusti sarebbero partiti per la Somalia,
mentre i rimanenti 100 sarebbero stati nascosti in Basilicata (...).Partecipai direttamente all’operazione,che si svolse tra il 10 e l’11 di gennaio 1987».Tutto il lavoro «ci costò 260 milioni,che furono aggiunti al compenso».E “whisky”era il nome del conto criptato della Banca Svizzera italiana di Lugano sul quale vennero versati i 660 milioni concordati per inabissare nel mare i veleni mortali.

Fonte:
L'informazione di Reggio del 15/09/2009
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La nave coi bidoni radioattivi ritrovata grazie al pentito Fonti, che abitò a Scandiano e S. Martino in Rio

Di Luca Soliani

" E'quella.La nave dei veleniritrovata al largo di Cetraro è stata ritrovata proprio grazie alle rivelazioni del pentito calabrese Francesco Fonti che,secondo quanto lui stesso ha confessato, partecipava al traffico illegale dei rifiuti tossici anche dal territorio reggiano dove risiedeva».

Ne è sicuroil professor Enzo Ciconte, tra i massimi esperti in Italia delle dinamiche delle grandi associazioni mafiose:lo scandalo dei rifiuti che sta scuotendo il Paesepassava anche dal nostro territorio.
I particolari dell’agghiacciante vicenda emergono del memoriale del collaboratore di giustizia, dal quale è iniziata la lunga indagine che ha portato all’imbarcazione Cunsky,inabissata nel Tirreno a 14 miglia dalla costa di Cetraro col suo carico mortale.E dal quale si comprende ancora una volta quanto il nostro territorio sia strategicamente cruciale per i business
della ’ndrangheta.

«...di quelle questioni (lo smaltimento di rifiuti tossici e radioattivi,ndr) non ci occupammo fino all’ottobre del 1986,quando vivevo a Reggio Emilia per gestire il traffico di droga della famiglia di San Luca in Emilia Romagna e Lombardia»,testimonia il pentito di alto rango Francesco Fonti nel lungo
memoriale consegnato ai giudici dell’Antimafia di Reggio Calabria e pubblicato nei mesi scorsi da L’Espresso.«In questo contesto facevo affari con la famiglia Musitano di Platì,il cui capo era Domenico (...).Mi chiese un incontro e mi disse che c’erano da far sparire 600 bidoni contenenti rifiuti tossici e radioattivi,chiedendo se io e la mia famiglia potessimo interessarci per le varie fasi di trasporto e collocazione.Prima di tutto gli domandai quanto ci avremmo guadagnato,e chi gli aveva prospettato questo lavoro (...)».
«Francesco Fonti è giudicato un pentito attendibile» sottolinea il professor Ciconte,del quale ha scritto dettagliatamente nell’interessante volume Mafia,Camorra e ’Ndranghetain Emilia-Romagna.E a conferma della sua attendibilità vi è il fatto che «la nave di cui ha parlato così dettagliatamente è lì.
E questa è una evidenza».L’ex ’ndranghetista «è un personaggio di primo piano.Ha vissuto diversi anni nel reggiano,mandato a metà degli anni ’80 per mettere in piedi sul territorio il traffico di droga».Ma poi si sarebbe“ dilettato”anche con lo «smaltimento illegale di rifiuti tossici e radioattivi.Sicuramente provenienti dal Nord Italia,probabilmente anche dall’Emilia e dalla provincia di Reggio.Ma su questo saranno gli inquirenti a fare luce».
Nella testimonianza di Fonti non c’è solo il mercantile che avrebbe ammesso di aver affondato nel ’92 con una carica di esplosivo montata sulla prua – nel ventre della nave in carico di 120 fusti.Ad ascoltare le parole del pentito che ha risieduto prima a Scandiano e poi a San Martino in Rio proprio negli anni in cui avrebbe gestito il traffico di rifiuti tossici e radioattivi,sarebbero almeno quattro le “navi dei veleni”affondate volontariamente nei mari della Calabria.A partire dalla Jolly Rosso,che si è arenata ad Amantea il 14 dicembre 1990,e dalle “Voriais
Sparadis”e“Yvonne A”considerate ancora fantasmi.Ma l’appello è ancora lungo.
«Io stesso - ammette l’ex boss - mi sono occupato di affondare navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi».E poi cita il caso della nave Lynx:«Secondo i nostri calcoli,nella stiva dell’imbarcazione ci sarebbero stati solo 500 bidoni,e dunque si poneva il problema di dove smaltire gli altri 100.Fu così che decidemmo
di procedere con un doppio piano: 500 fusti sarebbero partiti per la Somalia,
mentre i rimanenti 100 sarebbero stati nascosti in Basilicata (...).Partecipai direttamente all’operazione,che si svolse tra il 10 e l’11 di gennaio 1987».Tutto il lavoro «ci costò 260 milioni,che furono aggiunti al compenso».E “whisky”era il nome del conto criptato della Banca Svizzera italiana di Lugano sul quale vennero versati i 660 milioni concordati per inabissare nel mare i veleni mortali.

Fonte:
L'informazione di Reggio del 15/09/2009

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