martedì 28 luglio 2009

L’influenza A e i conflitti d’interesse di un governo in ritardo sull’emergenza


Di Alessandro D'Amato


Non tantissimi: soltanto 15 milioni di italiani a partire da gennaio 2010 verranno vaccinati contro la febbre suina, o influenza A che dir si voglia. Lo ha annunciato il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, che ancora mantiene la delega per la sanità in attesa di cederla, al primo rimpasto utile, a quel Ferruccio Fazio che voleva rinviare l’apertura delle scuole per fronteggiare un’emergenza talmente clamorosa da aver avuto finora ben 258 casi in Italia o di italiani ammalati, mentre “in Europa in 30 Paesi finora sono stati diagnosticati 17.189 casi di influenza A/H1N1 con 29 decessi nel Regno Unito e 4 in Spagna. I casi diagnosticati extra-Europa sono stati 149.364 con 810 decessi“. Un’incidenza rispettivamente dello 0,19 e dello 0,54%.


Sacconi, il ministro del Welfare con delega alla Sanità, annuncia quindi l’acquisto di 48 milioni di dosi di vaccino pandemico, e lo fa con la serenità di chi ha la coscienza a posto. Anche perché nello scegliere come spendere quei soldi pubblici potrebbe, volendo, vantare un consulente d’eccezione: la moglie, Enrica Giorgetti, direttore generale della Farmindustria, associazione che rappresenta – legittimamente – gli interessi delle industrie farmaceutiche. All’epoca della formazione del governo, quei noiosoni di Nature - il giornale internazionale delle scienze – avevano sollevato qualche dubbio sull’opportunità della nomina: “In fact, Berlusconi’s government has shown unsettling tendencies to allow industrial interests to gain influence over state agencies“, dicevano quei malpensanti. E dire che quando parlò Fazio di grandi pericoli, dalla maggioranza qualche voce contrariata si levò, come ad esempio quella di Roberto Calderoli: “Un problema di salute non può diventare lo strumento per campagne mediatiche o peggio ancora…”. Poi fu più esplicito Maurizio Gasparri: “Ricordate le avventate campagne allarmiste per l’emergenza aviaria, che sparì dopo l’inutile ma ingente spesa per vaccini. Mi piacerebbe sapere che fine abbiano fatto. Non vorrei che ora si facesse il bis e mi auguro che le autorità internazionali e nazionali diano i giusti avvertimenti senza alimentare psicosi“. Ma si vede che il problema era che lo all’emergenza gridasse il povero Fazio: se lo dice Sacconi non si leva una foglia.


Tutto a posto, quindi. Anche perché l’emergenza tira: “Una delle maggiori banche d’investimento mondiali, J. P. Morgan, ha calcolato che i governi dei vari paesi abbiano già prenotato, presso le 3-4 aziende in grado di produrre il vaccino su larga scala, almeno 600 milioni di dosi, per un valore di circa 4,3 miliardi di dollari. Nei giorni scorsi, si è aggiunta la Francia, con un ordine per 94 milioni di dosi e un assegno da 1 miliardo di euro. J. P. Morgan stima che, alla fine, ai 600 milioni di dosi già prenotate se ne sommeranno altri 350 milioni, per un’ulteriore fattura di oltre 2 miliardi e mezzo di dollari. A spartirsi questo imponente business dell’influenza suina è un ristretto gruppo di giganti dell’industria farmaceutica: GlaxoSmithKline, Sanofi Aventis, Novartis, Astra Zeneca. Accanto ai vaccini antinfluenza ci sono, però, anche le medicine per chi, l’influenza, l’ha già presa. Anche qui, è Big Pharma a dominare il mercato. Il Tamiflu è della Roche, il Relenza ancora di GlaxoSmithKline. Secondo J. P. Morgan, Tamiflu e Relenza porteranno, rispettivamente a Roche e Glaxo vendite per 1,8 miliardi di dollari nei paesi ricchi, più 1,2 miliardi di dollari nei paesi in via di sviluppo. Complessivamente, altri 3 miliardi di dollari. Fra vaccini e medicine, il rischio pandemia vale, per Big Pharma, circa 10 miliardi di dollari“. Tutto a posto, tutto a posto. Rimane solo un piccolo, trascurabile dettaglio: ci vogliono all’incirca da quattro a sei mesi, finora, per produrre il vaccino. A meno che non si utilizzi una procedura più rapida, l’ordine del ministro Sacconi rischia di essere arrivato fuori tempo massimo per rispettare la scadenza di gennaio prossimo, visto che siamo in luglio. Insomma, se anche alla fine tutto questo non fosse un enorme bluff – come pareva adombrare non Beppe Grillo stavolta, ma nientepopodimenoché Maurizio Gasparri – saremmo riusciti ad arrivare in ritardo persino sull’emergenza. Il colmo, per un ministro con la moglie che lavora in Farmindustria.


Fonte:Giornalettismo

Leggi tutto »

Di Alessandro D'Amato


Non tantissimi: soltanto 15 milioni di italiani a partire da gennaio 2010 verranno vaccinati contro la febbre suina, o influenza A che dir si voglia. Lo ha annunciato il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, che ancora mantiene la delega per la sanità in attesa di cederla, al primo rimpasto utile, a quel Ferruccio Fazio che voleva rinviare l’apertura delle scuole per fronteggiare un’emergenza talmente clamorosa da aver avuto finora ben 258 casi in Italia o di italiani ammalati, mentre “in Europa in 30 Paesi finora sono stati diagnosticati 17.189 casi di influenza A/H1N1 con 29 decessi nel Regno Unito e 4 in Spagna. I casi diagnosticati extra-Europa sono stati 149.364 con 810 decessi“. Un’incidenza rispettivamente dello 0,19 e dello 0,54%.


Sacconi, il ministro del Welfare con delega alla Sanità, annuncia quindi l’acquisto di 48 milioni di dosi di vaccino pandemico, e lo fa con la serenità di chi ha la coscienza a posto. Anche perché nello scegliere come spendere quei soldi pubblici potrebbe, volendo, vantare un consulente d’eccezione: la moglie, Enrica Giorgetti, direttore generale della Farmindustria, associazione che rappresenta – legittimamente – gli interessi delle industrie farmaceutiche. All’epoca della formazione del governo, quei noiosoni di Nature - il giornale internazionale delle scienze – avevano sollevato qualche dubbio sull’opportunità della nomina: “In fact, Berlusconi’s government has shown unsettling tendencies to allow industrial interests to gain influence over state agencies“, dicevano quei malpensanti. E dire che quando parlò Fazio di grandi pericoli, dalla maggioranza qualche voce contrariata si levò, come ad esempio quella di Roberto Calderoli: “Un problema di salute non può diventare lo strumento per campagne mediatiche o peggio ancora…”. Poi fu più esplicito Maurizio Gasparri: “Ricordate le avventate campagne allarmiste per l’emergenza aviaria, che sparì dopo l’inutile ma ingente spesa per vaccini. Mi piacerebbe sapere che fine abbiano fatto. Non vorrei che ora si facesse il bis e mi auguro che le autorità internazionali e nazionali diano i giusti avvertimenti senza alimentare psicosi“. Ma si vede che il problema era che lo all’emergenza gridasse il povero Fazio: se lo dice Sacconi non si leva una foglia.


Tutto a posto, quindi. Anche perché l’emergenza tira: “Una delle maggiori banche d’investimento mondiali, J. P. Morgan, ha calcolato che i governi dei vari paesi abbiano già prenotato, presso le 3-4 aziende in grado di produrre il vaccino su larga scala, almeno 600 milioni di dosi, per un valore di circa 4,3 miliardi di dollari. Nei giorni scorsi, si è aggiunta la Francia, con un ordine per 94 milioni di dosi e un assegno da 1 miliardo di euro. J. P. Morgan stima che, alla fine, ai 600 milioni di dosi già prenotate se ne sommeranno altri 350 milioni, per un’ulteriore fattura di oltre 2 miliardi e mezzo di dollari. A spartirsi questo imponente business dell’influenza suina è un ristretto gruppo di giganti dell’industria farmaceutica: GlaxoSmithKline, Sanofi Aventis, Novartis, Astra Zeneca. Accanto ai vaccini antinfluenza ci sono, però, anche le medicine per chi, l’influenza, l’ha già presa. Anche qui, è Big Pharma a dominare il mercato. Il Tamiflu è della Roche, il Relenza ancora di GlaxoSmithKline. Secondo J. P. Morgan, Tamiflu e Relenza porteranno, rispettivamente a Roche e Glaxo vendite per 1,8 miliardi di dollari nei paesi ricchi, più 1,2 miliardi di dollari nei paesi in via di sviluppo. Complessivamente, altri 3 miliardi di dollari. Fra vaccini e medicine, il rischio pandemia vale, per Big Pharma, circa 10 miliardi di dollari“. Tutto a posto, tutto a posto. Rimane solo un piccolo, trascurabile dettaglio: ci vogliono all’incirca da quattro a sei mesi, finora, per produrre il vaccino. A meno che non si utilizzi una procedura più rapida, l’ordine del ministro Sacconi rischia di essere arrivato fuori tempo massimo per rispettare la scadenza di gennaio prossimo, visto che siamo in luglio. Insomma, se anche alla fine tutto questo non fosse un enorme bluff – come pareva adombrare non Beppe Grillo stavolta, ma nientepopodimenoché Maurizio Gasparri – saremmo riusciti ad arrivare in ritardo persino sull’emergenza. Il colmo, per un ministro con la moglie che lavora in Farmindustria.


Fonte:Giornalettismo

Nessun commento:

 
[Privacy]
Design by Free WordPress Themes | Bloggerized by Lasantha - Premium Blogger Themes | Hot Sonakshi Sinha, Car Price in India