lunedì 29 settembre 2008

Immondizia


Di Vincenzo Cerami


Parola in voga e nauseabonda quella di oggi: «Immondizia». Immaginiamo una scolaresca della scuola elementare «San Francesco» a Crotone.
Ma potremmo immaginare anche altre scuole della zona.
I bambini sono meridionali e fra poco dovranno indossare il grembiulino di marca dozzinale, mentre in regioni più fortunate i bimbi vestiranno zinali Armani o Benetton, cifrati e con fiocchi fru fru.Li vediamo nei banchi scalcagnati tra pareti costruite con i rifiuti tossici destinati alle discariche.
I piccoli respirano arsenico, zinco, piombo, e mercurio. Tutte sostanze cancerogene. Non solo, ma tornando a casa cammineranno su strade fatte sempre di rifiuti mescolati e compressi.
Le immondizie, infatti, da quelle parti vengono riciclate in forma di pareti, tetti, strade, cortili e aule scolastiche: un bouquet di veleni che se non ammazza ingrassa.
Poi, al suono della campanella, questi innocenti ragazzini tornano a casa scansando i cassonetti rigonfi che sanno di pesce marcio.
Per fortuna la nuova legge della Gelmini risparmia loro il ritorno pomeridiano a scuola, e i piccoli fegati possono riprendere fiato.
Fatti i compiti, guardano la televisione.
Ed ecco riversarsi in casa una cascata di altra immondizia: ore e ore di uomini e donne che fanno finta di piangere davanti alla telecamera perché abbandonati dal loro amore, che si rattristano per non aver indovinato il quiz, che cercano fortuna perché non ce la fanno ad andare avanti con il misero stipendio o perché da sempre sognano un viaggio alle Canarie.
I genitori di questi bambini, altrettanto ignari dell’immondizia che li circonda e che respirano, si sentono privilegiati nel vedere che gli immigrati stanno peggio di loro perché non sono italiani.
La mattina dopo, fieri di sé, accompagnano i figli a scuola, in quella scuola costruita da poco, nuova di zecca, con le pareti intonse e verniciate di fresco. Portano i figli nel braccio della morte e non lo sanno.
Non sanno che qualcuno li avvelena, sanno solo quello che dice la televisione.

Fonte: l'Unità del 28/09/2008
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Di Vincenzo Cerami


Parola in voga e nauseabonda quella di oggi: «Immondizia». Immaginiamo una scolaresca della scuola elementare «San Francesco» a Crotone.
Ma potremmo immaginare anche altre scuole della zona.
I bambini sono meridionali e fra poco dovranno indossare il grembiulino di marca dozzinale, mentre in regioni più fortunate i bimbi vestiranno zinali Armani o Benetton, cifrati e con fiocchi fru fru.Li vediamo nei banchi scalcagnati tra pareti costruite con i rifiuti tossici destinati alle discariche.
I piccoli respirano arsenico, zinco, piombo, e mercurio. Tutte sostanze cancerogene. Non solo, ma tornando a casa cammineranno su strade fatte sempre di rifiuti mescolati e compressi.
Le immondizie, infatti, da quelle parti vengono riciclate in forma di pareti, tetti, strade, cortili e aule scolastiche: un bouquet di veleni che se non ammazza ingrassa.
Poi, al suono della campanella, questi innocenti ragazzini tornano a casa scansando i cassonetti rigonfi che sanno di pesce marcio.
Per fortuna la nuova legge della Gelmini risparmia loro il ritorno pomeridiano a scuola, e i piccoli fegati possono riprendere fiato.
Fatti i compiti, guardano la televisione.
Ed ecco riversarsi in casa una cascata di altra immondizia: ore e ore di uomini e donne che fanno finta di piangere davanti alla telecamera perché abbandonati dal loro amore, che si rattristano per non aver indovinato il quiz, che cercano fortuna perché non ce la fanno ad andare avanti con il misero stipendio o perché da sempre sognano un viaggio alle Canarie.
I genitori di questi bambini, altrettanto ignari dell’immondizia che li circonda e che respirano, si sentono privilegiati nel vedere che gli immigrati stanno peggio di loro perché non sono italiani.
La mattina dopo, fieri di sé, accompagnano i figli a scuola, in quella scuola costruita da poco, nuova di zecca, con le pareti intonse e verniciate di fresco. Portano i figli nel braccio della morte e non lo sanno.
Non sanno che qualcuno li avvelena, sanno solo quello che dice la televisione.

Fonte: l'Unità del 28/09/2008

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