lunedì 8 luglio 2019

“Assemblea Nazionale contro ogni Autonomia Differenziata"- Per "la Sinistra" interviene Natale Cuccurese, Presidente nazionale del Partito del Sud-Meridionalisti Progressisti [Video]



La Lega sta per raggiungere dopo decenni il suo obiettivo storico : la secessione.
C'è il rischio che l'Italia vada in frantumi a causa dell'autonomia differenziata: un processo decisivo per le sorti del Paese che si sta avviando in maniera caotica, localistica e sottotraccia, mentre le televisioni ignorano appositamente il tema.

Un federalismo iniquo, che divide l'Italia e penalizza il Sud, ma anche il Nord, aprendo alle privatizzazioni a partire da temi fondamentali quali scuola e salute.
Una pessima riforma, voluta nel 2001 dalla Lega, con l’insperato avallo del centrosinistra, che ha portato alla riforma del titolo V della Costituzione, rischia ora di portare alla rottura dell’unità nazionale.
Le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno preso l’iniziativa per realizzare «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia
» secondo il dettato del terzo comma de
ll’art. 116 della Costituzione, inserito appunto nel 2001.
Si tratta di procedure inedite e complesse, mai applicate prima, interpretate in modo diverso dalle tre Regioni che le hanno finora utilizzate. Da allora e grazie alla nascita del governo a trazione leghista, il Regionalismo differenziato ha preso un rapido avvio a tappe forzate.

Un tema che riguarda tutti gli italiani, ma che la Lega ha praticamente sequestrato, recintando accuratamente ogni possibilità di dibattito e di discussione, visto che il progetto una volta approvato, non potrà essere modificato per 10 anni, senza l’assenso delle regioni interessate.

La «secessione dei ricchi» si baserebbe, in realtà, su un equivoco consistente nel ritenere effettivamente esistente nelle pieghe del bilancio dello Stato un residuo fiscale a favore di alcune Regioni "virtuose". Il residuo fiscale, cioè la differenza tra l’ammontare di risorse che lo Stato centrale riceve dai territori e l’entità della spesa pubblica che lo stesso eroga a favore dei cittadini degli stessi territori. 

Saremmo di fronte a un equivoco perché in uno Stato unitario non ci sono residui fiscali dal momento che il rapporto fiscale si svolge tra il cittadino e lo Stato. Inoltre, anche ammettendo l’ipotesi dell’esistenza di un residuo fiscale, vi sarebbe un palese errore di calcolo in quanto non si terrebbe conto del fatto che una parte della differenza di quanto versato all’erario rispetto a quanto trasferito dallo Stato alle Regioni ritornerebbe sul territorio regionale in forma di pagamento degli interessi sui titoli del debito pubblico posseduti dai soggetti residenti in quelle regioni.

Scomputando il pagamento dei relativi interessi, assisteremmo infatti a un’enorme riduzione del presunto residuo fiscale delle Regioni interessate.

In più, visto che nè i Lep né il Fondo Perequativo, previsti entrambi dagli articoli 117 e 119 della Costituzione, sono stati mai realizzati, si è consentito in modo a dir poco miope che andasse avanti un regionalismo fortemente sbilanciato a favore delle zone ricche del paese. 

In uno Stato unitario bisogna assicurare gli stessi servizi in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.
Lo Stato dovrebbe infatti impiegare i residui fiscali per portare i servizi nelle Regioni deficitarie ai livelli essenziali delle Regioni più efficienti e non per rafforzare quelli delle Regioni più ricche.

Il regionalismo differenziato è costruito su indicatori palesemente sperequati su base territoriale. 
Il cittadino che non risiede in aree ricche, come nel Mezzogiorno, si appresta a ricevere meno servizi, avere meno opportunità, soprattutto in ambito scolastico e sanitario e a diventare così nei fatti un cittadino di serie B, in spregio a Costituzione e decenza. Senza dimenticare gli effetti negativi che avrà comunque anche nel Nord, tramite la destrutturazione neoliberista dei servizi, dei contratti di lavor
o, con la definitiva affermazione della presenza e del ruolo del privato nel pubblico.

La secessione dei ricchi impatterà molto su scuola e sull’università. Tramite la “regionalizzazione” della scuola, a cominciare dal personale, con contratti collettivi regionali, ai programmi scolastici e alle dotazioni. Altrettanto viene previsto per i “fondi statali all’università”. L’obiettivo non è tanto e non è solo quello di introdurre istanze regionalistiche nell’organizzazione e nella stessa didattica, ma anche quello di aumentare lo stipendio del proprio personale, possibilmente autoctone. Chi insegna in una scuola al centro di Milano o di Treviso potrebbe essere pagato di più di chi lavora, con difficoltà molto maggiori, nelle periferie di Roma o di Napoli, in base al principio che i suoi studenti sono più ricchi.

Considerando che il Sud, già attualmente, è afflitto da una serie di drammatiche problematiche ed emergenze, ad esempio: per l’8% delle famiglie curarsi è un lusso, bassi livelli d’investimenti e scarsità di infrastrutture rispetto al nord, una disoccupazione tripla rispetto al Nord, povertà assoluta e relativa che affligge ormai quasi il 50% della popolazione, emigrazione a livelli record e si potrebbe continuare a lungo... 

Domanda: cosa accadrà non appena l’opinione pubblica del Mezzogiorno, che già ribolle come un vulcano pronto ad esplodere, verrà finalmente a conoscenza (visto il mutismo assoluto delle televisioni sull’argomento) della truffa ordita a suo danno e si inizieranno ad avvertire le conseguenze reali nei prossimi mesi del calo di risorse disponibili ? Sicuramente nulla di buono, a essere cauti.

E’ ovvio che questo processo non potrà che peggiorare le già fortissime disuguaglianze sociali che esistono nel Paese. Ai tagli ai servizi pubblici, alle privatizzazioni, alla mancanza di lavoro soprattutto per i giovani, alla precarizzazione dello stesso e al contenimento dei salari che hanno attraversato in questi anni tutto il Paese, ispirati dalle politiche neoliberiste di Bruxelles, si aggiungerà questo “ Regionalismo” come detonatore del malcontento di gran parte del paese, accrescendo le disparità, preparando così un periodo di tensioni e scontri sociali come mai prima d’ora nella storia repubblicana. 

Non esistono forme buone, o attenuate, di autonomia differenziata. Nemmeno nella formula emiliano-romagnola.

A conferma di quanto fin qui detto seppur schematicamente, pochi giorni fa è stato diffuso da alcuni giornali anche il dossier riservato, un appunto, per il Presidente del Consiglio dei Ministri a firma del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi che stronca gli schemi di intesa delle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna che sarebbero dovuti arrivare in Consiglio dei Ministri. “Collisione con il dettato costituzionale”, “determinazione di fatto di nuove Regioni a statuto speciale”, “dubbi di costituzionalità”, “presenza di materie strutturalmente non devolvibili”, “ambiti potenzialmente suscettibili di creare disparità di trattamento tra regioni nella libera circolazione di persone e cose”, “limitazioni dell’esercizio del diritto al lavoro”, “ingiustificato trasferimento di risorse verso le regioni ad autonomia differenziata, con conseguente deprivazione delle altre”.

Chi volge il capo dall’altra parte oggi, o addirittura governa insieme o è complice delle mire leghiste, domani porterà la responsabilità della possibile “balcanizzazione” del Paese. Ci chiediamo a questo punto, come lista “la Sinistra”, che cosa ci sia di logico nelle egoistiche richieste portate avanti a spron battuto dal governo su questo tema e preannunciamo sin da oggi la nostra totale opposizione a tali politiche e a tali richieste!




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La Lega sta per raggiungere dopo decenni il suo obiettivo storico : la secessione.
C'è il rischio che l'Italia vada in frantumi a causa dell'autonomia differenziata: un processo decisivo per le sorti del Paese che si sta avviando in maniera caotica, localistica e sottotraccia, mentre le televisioni ignorano appositamente il tema.

Un federalismo iniquo, che divide l'Italia e penalizza il Sud, ma anche il Nord, aprendo alle privatizzazioni a partire da temi fondamentali quali scuola e salute.
Una pessima riforma, voluta nel 2001 dalla Lega, con l’insperato avallo del centrosinistra, che ha portato alla riforma del titolo V della Costituzione, rischia ora di portare alla rottura dell’unità nazionale.
Le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno preso l’iniziativa per realizzare «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia
» secondo il dettato del terzo comma de
ll’art. 116 della Costituzione, inserito appunto nel 2001.
Si tratta di procedure inedite e complesse, mai applicate prima, interpretate in modo diverso dalle tre Regioni che le hanno finora utilizzate. Da allora e grazie alla nascita del governo a trazione leghista, il Regionalismo differenziato ha preso un rapido avvio a tappe forzate.

Un tema che riguarda tutti gli italiani, ma che la Lega ha praticamente sequestrato, recintando accuratamente ogni possibilità di dibattito e di discussione, visto che il progetto una volta approvato, non potrà essere modificato per 10 anni, senza l’assenso delle regioni interessate.

La «secessione dei ricchi» si baserebbe, in realtà, su un equivoco consistente nel ritenere effettivamente esistente nelle pieghe del bilancio dello Stato un residuo fiscale a favore di alcune Regioni "virtuose". Il residuo fiscale, cioè la differenza tra l’ammontare di risorse che lo Stato centrale riceve dai territori e l’entità della spesa pubblica che lo stesso eroga a favore dei cittadini degli stessi territori. 

Saremmo di fronte a un equivoco perché in uno Stato unitario non ci sono residui fiscali dal momento che il rapporto fiscale si svolge tra il cittadino e lo Stato. Inoltre, anche ammettendo l’ipotesi dell’esistenza di un residuo fiscale, vi sarebbe un palese errore di calcolo in quanto non si terrebbe conto del fatto che una parte della differenza di quanto versato all’erario rispetto a quanto trasferito dallo Stato alle Regioni ritornerebbe sul territorio regionale in forma di pagamento degli interessi sui titoli del debito pubblico posseduti dai soggetti residenti in quelle regioni.

Scomputando il pagamento dei relativi interessi, assisteremmo infatti a un’enorme riduzione del presunto residuo fiscale delle Regioni interessate.

In più, visto che nè i Lep né il Fondo Perequativo, previsti entrambi dagli articoli 117 e 119 della Costituzione, sono stati mai realizzati, si è consentito in modo a dir poco miope che andasse avanti un regionalismo fortemente sbilanciato a favore delle zone ricche del paese. 

In uno Stato unitario bisogna assicurare gli stessi servizi in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.
Lo Stato dovrebbe infatti impiegare i residui fiscali per portare i servizi nelle Regioni deficitarie ai livelli essenziali delle Regioni più efficienti e non per rafforzare quelli delle Regioni più ricche.

Il regionalismo differenziato è costruito su indicatori palesemente sperequati su base territoriale. 
Il cittadino che non risiede in aree ricche, come nel Mezzogiorno, si appresta a ricevere meno servizi, avere meno opportunità, soprattutto in ambito scolastico e sanitario e a diventare così nei fatti un cittadino di serie B, in spregio a Costituzione e decenza. Senza dimenticare gli effetti negativi che avrà comunque anche nel Nord, tramite la destrutturazione neoliberista dei servizi, dei contratti di lavor
o, con la definitiva affermazione della presenza e del ruolo del privato nel pubblico.

La secessione dei ricchi impatterà molto su scuola e sull’università. Tramite la “regionalizzazione” della scuola, a cominciare dal personale, con contratti collettivi regionali, ai programmi scolastici e alle dotazioni. Altrettanto viene previsto per i “fondi statali all’università”. L’obiettivo non è tanto e non è solo quello di introdurre istanze regionalistiche nell’organizzazione e nella stessa didattica, ma anche quello di aumentare lo stipendio del proprio personale, possibilmente autoctone. Chi insegna in una scuola al centro di Milano o di Treviso potrebbe essere pagato di più di chi lavora, con difficoltà molto maggiori, nelle periferie di Roma o di Napoli, in base al principio che i suoi studenti sono più ricchi.

Considerando che il Sud, già attualmente, è afflitto da una serie di drammatiche problematiche ed emergenze, ad esempio: per l’8% delle famiglie curarsi è un lusso, bassi livelli d’investimenti e scarsità di infrastrutture rispetto al nord, una disoccupazione tripla rispetto al Nord, povertà assoluta e relativa che affligge ormai quasi il 50% della popolazione, emigrazione a livelli record e si potrebbe continuare a lungo... 

Domanda: cosa accadrà non appena l’opinione pubblica del Mezzogiorno, che già ribolle come un vulcano pronto ad esplodere, verrà finalmente a conoscenza (visto il mutismo assoluto delle televisioni sull’argomento) della truffa ordita a suo danno e si inizieranno ad avvertire le conseguenze reali nei prossimi mesi del calo di risorse disponibili ? Sicuramente nulla di buono, a essere cauti.

E’ ovvio che questo processo non potrà che peggiorare le già fortissime disuguaglianze sociali che esistono nel Paese. Ai tagli ai servizi pubblici, alle privatizzazioni, alla mancanza di lavoro soprattutto per i giovani, alla precarizzazione dello stesso e al contenimento dei salari che hanno attraversato in questi anni tutto il Paese, ispirati dalle politiche neoliberiste di Bruxelles, si aggiungerà questo “ Regionalismo” come detonatore del malcontento di gran parte del paese, accrescendo le disparità, preparando così un periodo di tensioni e scontri sociali come mai prima d’ora nella storia repubblicana. 

Non esistono forme buone, o attenuate, di autonomia differenziata. Nemmeno nella formula emiliano-romagnola.

A conferma di quanto fin qui detto seppur schematicamente, pochi giorni fa è stato diffuso da alcuni giornali anche il dossier riservato, un appunto, per il Presidente del Consiglio dei Ministri a firma del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi che stronca gli schemi di intesa delle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna che sarebbero dovuti arrivare in Consiglio dei Ministri. “Collisione con il dettato costituzionale”, “determinazione di fatto di nuove Regioni a statuto speciale”, “dubbi di costituzionalità”, “presenza di materie strutturalmente non devolvibili”, “ambiti potenzialmente suscettibili di creare disparità di trattamento tra regioni nella libera circolazione di persone e cose”, “limitazioni dell’esercizio del diritto al lavoro”, “ingiustificato trasferimento di risorse verso le regioni ad autonomia differenziata, con conseguente deprivazione delle altre”.

Chi volge il capo dall’altra parte oggi, o addirittura governa insieme o è complice delle mire leghiste, domani porterà la responsabilità della possibile “balcanizzazione” del Paese. Ci chiediamo a questo punto, come lista “la Sinistra”, che cosa ci sia di logico nelle egoistiche richieste portate avanti a spron battuto dal governo su questo tema e preannunciamo sin da oggi la nostra totale opposizione a tali politiche e a tali richieste!




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