sabato 22 agosto 2015

AL SERVIZIO DEL PADRONE


Di Antonio Rosato

Credevo che il telegiornale mi informasse su ciò che accade in Italia e nel mondo. 
Credevo che i grassetti e le foto che leggo e vedo in edicola servissero a dare al lettore un flash su notizie vere e libere che avrei trovato negli approfondimenti all’interno. 
Credevo che la stampa fosse la massima espressione di libertà e democrazia per un paese civile. 
Credevo di leggere nei primi posti nella classifica annuale mondiale sulla “libertà di stampa” il nostro paese. Credevo che ci fossero testate giornalistiche di destra e di sinistra. 
Credevo che ci fossero anche testate giornalistiche indipendenti. 
Credevo che avrei trovato sempre la verità nei quotidiani. 
Credevo che l’appuntamento davanti alla tele alle otto di sera fosse il modo più attivo e uniforme per informare il paese su questioni economiche politiche e culturali in modo reale. 
Credevo che la mia fiducia posta nella comunicazione italiana fosse ripagata dalla correttezza e dalla veridicità delle notizie. 
Credevo che la RAI fosse nata per unire il paese da nord a sud con l’intendo di allevare e puntare sull’accrescimento culturale uniforme con programmi, notiziari, approfondimenti, imprese sportive come quelle impresse nella mente di tutti di Bartali e Coppi o degli sconosciuti fratelli campani Abbagnale che portano il tricolore sul gradino più alto del podio sotto gli occhi di tutto il mondo, o delle mitiche imprese e i record mondiali del brindisino Mennea. 
Credevo che servisse quotidianamente  ad unire in tutte le circostanze la nazione e non solo quando l’Italia del calcio vince i mondiali. 
Credevo che nella comunicazione nazionale ci fosse spazio per tutti e non  sempre per i soliti noti. 
Credevo che i reporter in giro nel mondo che ci raccontano di guerre e la politica ci riportino la verità e non quello che i potenti vogliono che si dica. 
Credevo nella libertà di stampa, e non nella stampa corrotta al soldo dei potenti. 
Credevo in un giornalismo caparbio e cocciuto che non avesse paura di raccontare la verità, e non in un giornalismo timoroso e ricattato da sovvenzioni pubbliche o da cambio dei vertici della testata perché scomodi. 
Credevo in un garante imparziale e laborioso. 
Credevo in un ordine dei giornalisti distaccato dai poteri, autoritario vigile e indipendente. 
Credevo che i giornali vivessero con le vendite quotidiane e le pubblicità stampate a tutta pagina. 
Credevo che le tirature servissero per la vita e traguardi del giornale e che fossero veicolo di qualità e competenza verso il cittadino. 
Credevo che i soldi pubblici servissero per fare strade nuove o riparare quelle dissestate, mettere in sicurezza edifici scolastici, investimenti sul lavoro etc etc, e non a sovvenzionare testate giornalistiche che mai ho trovato in edicola. 
Credevo di trovare riportato trascrizioni di intercettazioni per gravi fatti di mafia, o intercettazioni che hanno permesso arresti importanti, e non trascrizioni di intercettazioni del figlio di Moggi che vuole passare momenti di tenerezza con una velina a Parigi, o ancora più grave, intercettazioni dubbie che spesso servono a destabilizzare un politico o una politica scomoda. 
Credevo che il giornalismo fosse una sorta di caccia alla notizia e non il creare la notizia sulla mafia piuttosto che sulla camorra in un’ufficio a Milano senza mai aver messo neanche piede una sola volta in Sicilia o a Napoli. 
Credevo che un reporter di guerra riportasse su carta o in video quello che vede o sente sul campo, e non riportare quello che la NATO o quei governi specifici vogliono che si dica. 
Credevo che carta stampata o TV avessero anche il compito, oltre che l’obbligo morale, di coadiuvare alla crescita del paese, in maniera più particolare la dove questo è più in difficoltà, e non parlare di Sud solo quando c’è emergenza rifiuti in Campania o quando un’autobomba esplode a Capaci. 
Credevo in un giornalismo che andasse a vedere e riportare il divario strutturale tra nord e sud, e non un giornalismo capace di trasformare L’EXPO in un grande successo o i vari scandali nordici come fossero quasi eventi folkloristici riusciti male. 
Credevo che la censura fosse una pratica di altri tempi, di altri regimi politici. 
Credevo, credevo, credevo. 
Credevo questo e tante altre cose. 

Quando giri un po’ per lo stivale, quando parli con la gente, quando il mondo oramai e più vicino a noi grazie a internet e anche ai voli a prezzi orami talmente bassi che permettono alla persona di spostarsi all’estero con una facilità impensabile pochi decenni fa, beh ti accorgi che la realtà e molto diversa da quella che ti dicono in TV o che trovi scritta sui giornali. 
Non posso accettare che guerre in piena Europa vengano strumentalizzate o non raccontate. 
Non posso accettare che il canone RAI serva per conoscere quante volte il figlio di Belen ha mangiato oggi e non conosciamo del perché il petrolio diminuisce il suo costo al barile, il cambio euro dollaro sempre più favorevole e la benzina veste sempre un prezzo al cartellone troppo “incomprensibile”, pur avendo tra l’altro, i pozzi continentali più grandi d’Europa. 
Mi duole pensare alle sovvenzioni pubbliche che prendono alcune testate possano far mutare o essere la causa dell’appiattimento della notizia che spesso e volentieri viene guidata verso la distorsione forzata. 
Mi domando quanti di vuoi hanno mai trovato in edicola “IL CAMPANILE”. Eppure questo giornale ha ricevuto un barca di soldi pubblici. 
Mi chiedo se sia giusto che il Consiglio di Amministrazione della RAI venga cambiato e nominato dal Presidente del Consiglio in carica al momento. 
La Rai dovrebbe o no essere degli italiani? E se viene nominato un nuovo direttore questi secondo voi può mai essere neutrale? 
Non è più la RAI degli italiani, ma è una televisione politicizzata al servizio della politica. 
Parlando di Televisione prendo a prestito da Lubrano la mitica frase “la domanda nasce spontanea”:  “e perché dovrei pagare il canone allora?” Si ok il canone adesso è camuffato come tassa di proprietà e bla bla bla. Ma tutti sappiamo, no? Mi duole anche digitare su google “classifica annuale sulla libertà di stampa”. 

Mi duole e mi fa vergognare trovare l’Italia dietro paesi come la Mongolia, il Burkina Faso (con tutto il massimo rispetto per questi paesi ovviamente)  e scovare il bel paese dozzine e dozzine di posizioni dietro molti paesi, posizionandosi nell’ultimo quarto della classifica mondiale. Mi chiedo se questa stampa meriti o no i nostri soldi, oppure se questi soldi sarebbe più utile destinarli ai libri gratuiti per le scuole dell’obbligo, o a quei padri separati messi al lastrico che dormono in macchina tanto per citarne ingenuamente un paio di esempi a caso fra tanti. 

Stanno facendo un gioco davvero sporco inculcandoci nella testa quello che vogliono, non quello che è. Questa tortura culturale, la stiamo pagando apparenterete senza dolore. Come una forma mediatica di eutanasia che ci toglie la vita senza farci sentire dolore. 
Noi vogliamo notizie vere, cronaca sul campo imparziale e non strumentale. Crediamo ancora nella libertà di stampa e non vogliamo più un giornalismo AL SERVIZIO DEL PADRONE .



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Di Antonio Rosato

Credevo che il telegiornale mi informasse su ciò che accade in Italia e nel mondo. 
Credevo che i grassetti e le foto che leggo e vedo in edicola servissero a dare al lettore un flash su notizie vere e libere che avrei trovato negli approfondimenti all’interno. 
Credevo che la stampa fosse la massima espressione di libertà e democrazia per un paese civile. 
Credevo di leggere nei primi posti nella classifica annuale mondiale sulla “libertà di stampa” il nostro paese. Credevo che ci fossero testate giornalistiche di destra e di sinistra. 
Credevo che ci fossero anche testate giornalistiche indipendenti. 
Credevo che avrei trovato sempre la verità nei quotidiani. 
Credevo che l’appuntamento davanti alla tele alle otto di sera fosse il modo più attivo e uniforme per informare il paese su questioni economiche politiche e culturali in modo reale. 
Credevo che la mia fiducia posta nella comunicazione italiana fosse ripagata dalla correttezza e dalla veridicità delle notizie. 
Credevo che la RAI fosse nata per unire il paese da nord a sud con l’intendo di allevare e puntare sull’accrescimento culturale uniforme con programmi, notiziari, approfondimenti, imprese sportive come quelle impresse nella mente di tutti di Bartali e Coppi o degli sconosciuti fratelli campani Abbagnale che portano il tricolore sul gradino più alto del podio sotto gli occhi di tutto il mondo, o delle mitiche imprese e i record mondiali del brindisino Mennea. 
Credevo che servisse quotidianamente  ad unire in tutte le circostanze la nazione e non solo quando l’Italia del calcio vince i mondiali. 
Credevo che nella comunicazione nazionale ci fosse spazio per tutti e non  sempre per i soliti noti. 
Credevo che i reporter in giro nel mondo che ci raccontano di guerre e la politica ci riportino la verità e non quello che i potenti vogliono che si dica. 
Credevo nella libertà di stampa, e non nella stampa corrotta al soldo dei potenti. 
Credevo in un giornalismo caparbio e cocciuto che non avesse paura di raccontare la verità, e non in un giornalismo timoroso e ricattato da sovvenzioni pubbliche o da cambio dei vertici della testata perché scomodi. 
Credevo in un garante imparziale e laborioso. 
Credevo in un ordine dei giornalisti distaccato dai poteri, autoritario vigile e indipendente. 
Credevo che i giornali vivessero con le vendite quotidiane e le pubblicità stampate a tutta pagina. 
Credevo che le tirature servissero per la vita e traguardi del giornale e che fossero veicolo di qualità e competenza verso il cittadino. 
Credevo che i soldi pubblici servissero per fare strade nuove o riparare quelle dissestate, mettere in sicurezza edifici scolastici, investimenti sul lavoro etc etc, e non a sovvenzionare testate giornalistiche che mai ho trovato in edicola. 
Credevo di trovare riportato trascrizioni di intercettazioni per gravi fatti di mafia, o intercettazioni che hanno permesso arresti importanti, e non trascrizioni di intercettazioni del figlio di Moggi che vuole passare momenti di tenerezza con una velina a Parigi, o ancora più grave, intercettazioni dubbie che spesso servono a destabilizzare un politico o una politica scomoda. 
Credevo che il giornalismo fosse una sorta di caccia alla notizia e non il creare la notizia sulla mafia piuttosto che sulla camorra in un’ufficio a Milano senza mai aver messo neanche piede una sola volta in Sicilia o a Napoli. 
Credevo che un reporter di guerra riportasse su carta o in video quello che vede o sente sul campo, e non riportare quello che la NATO o quei governi specifici vogliono che si dica. 
Credevo che carta stampata o TV avessero anche il compito, oltre che l’obbligo morale, di coadiuvare alla crescita del paese, in maniera più particolare la dove questo è più in difficoltà, e non parlare di Sud solo quando c’è emergenza rifiuti in Campania o quando un’autobomba esplode a Capaci. 
Credevo in un giornalismo che andasse a vedere e riportare il divario strutturale tra nord e sud, e non un giornalismo capace di trasformare L’EXPO in un grande successo o i vari scandali nordici come fossero quasi eventi folkloristici riusciti male. 
Credevo che la censura fosse una pratica di altri tempi, di altri regimi politici. 
Credevo, credevo, credevo. 
Credevo questo e tante altre cose. 

Quando giri un po’ per lo stivale, quando parli con la gente, quando il mondo oramai e più vicino a noi grazie a internet e anche ai voli a prezzi orami talmente bassi che permettono alla persona di spostarsi all’estero con una facilità impensabile pochi decenni fa, beh ti accorgi che la realtà e molto diversa da quella che ti dicono in TV o che trovi scritta sui giornali. 
Non posso accettare che guerre in piena Europa vengano strumentalizzate o non raccontate. 
Non posso accettare che il canone RAI serva per conoscere quante volte il figlio di Belen ha mangiato oggi e non conosciamo del perché il petrolio diminuisce il suo costo al barile, il cambio euro dollaro sempre più favorevole e la benzina veste sempre un prezzo al cartellone troppo “incomprensibile”, pur avendo tra l’altro, i pozzi continentali più grandi d’Europa. 
Mi duole pensare alle sovvenzioni pubbliche che prendono alcune testate possano far mutare o essere la causa dell’appiattimento della notizia che spesso e volentieri viene guidata verso la distorsione forzata. 
Mi domando quanti di vuoi hanno mai trovato in edicola “IL CAMPANILE”. Eppure questo giornale ha ricevuto un barca di soldi pubblici. 
Mi chiedo se sia giusto che il Consiglio di Amministrazione della RAI venga cambiato e nominato dal Presidente del Consiglio in carica al momento. 
La Rai dovrebbe o no essere degli italiani? E se viene nominato un nuovo direttore questi secondo voi può mai essere neutrale? 
Non è più la RAI degli italiani, ma è una televisione politicizzata al servizio della politica. 
Parlando di Televisione prendo a prestito da Lubrano la mitica frase “la domanda nasce spontanea”:  “e perché dovrei pagare il canone allora?” Si ok il canone adesso è camuffato come tassa di proprietà e bla bla bla. Ma tutti sappiamo, no? Mi duole anche digitare su google “classifica annuale sulla libertà di stampa”. 

Mi duole e mi fa vergognare trovare l’Italia dietro paesi come la Mongolia, il Burkina Faso (con tutto il massimo rispetto per questi paesi ovviamente)  e scovare il bel paese dozzine e dozzine di posizioni dietro molti paesi, posizionandosi nell’ultimo quarto della classifica mondiale. Mi chiedo se questa stampa meriti o no i nostri soldi, oppure se questi soldi sarebbe più utile destinarli ai libri gratuiti per le scuole dell’obbligo, o a quei padri separati messi al lastrico che dormono in macchina tanto per citarne ingenuamente un paio di esempi a caso fra tanti. 

Stanno facendo un gioco davvero sporco inculcandoci nella testa quello che vogliono, non quello che è. Questa tortura culturale, la stiamo pagando apparenterete senza dolore. Come una forma mediatica di eutanasia che ci toglie la vita senza farci sentire dolore. 
Noi vogliamo notizie vere, cronaca sul campo imparziale e non strumentale. Crediamo ancora nella libertà di stampa e non vogliamo più un giornalismo AL SERVIZIO DEL PADRONE .



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1 commento:

bla78 ha detto...

Grazie per la lettura, ho letto con piacere. Vorrei chiedere a qualcuno se sa qualcosa di SES Astra. Secondo questo articolo ci sono 350 canali gratuiti, di cui 40 in HD e serve soltanto una parabola da 60 cm... http://www.dday.it/redazione/16988/astra-orizzonte-aperto-su-centinaia-di-canali-tv-gratuiti-via-satellite

 
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