mercoledì 19 novembre 2014

COFINANZIAMENTO NAZIONALE FONDI UE, ENNESIMA OCCASIONE PERSA PER IL SUD E PER IL PAESE ?

Di Natale Cuccurese

Abbiamo recentemente analizzato, sull’onda della diffusione delle indagini SVIMEZ, come ci sia assoluta necessità di cominciare a dire con chiarezza  in Europa che il nostro Paese  ha bisogno di una politica come quella concessa alla Germania dopo la riunificazione, con uno sforzo titanico di investimenti pubblici in deroga a tutti i patti per tutto il Mezzogiorno, come quello che è stato appunto concesso alla Germania dopo la caduta del Muro. Se è stato concesso alla Germani perché non deve essere concesso all’Italia, sia pure con 153 anni di ritardo, vista la situazione in cui versa il nostro Meridione?

Ad oggi nei fatti, e in contrasto alla stessa Costituzione, vengono forniti servizi ed investimenti diversi alla popolazione, che pure paga le stesse tasse, solo sulla base di  criteri geografici.
Problemi che si sono acuiti in questi ultimi venti anni grazie ad un politica discriminatoria portata avanti dalla lega, quella stessa lega che ora vuol scendere a sud e che trova anche movimenti sudisti pronta a supportarla. Andando avanti di questo passo sarà realizzata nei fatti un secessione economica della nazione.

A questo si aggiunga che con la legge di stabilità 2015 si realizza solo l’ennesima operazione di facciata all’insegna dell’ottimismo, come da recente prassi, con il Governo che vara una grande azione cosmetica di fiducia collettiva, con forti richiami agli imprenditori e alle multinazionali, per assunzioni precarie ed investimenti, visto che sembra volere favorire soprattutto quest’ultime, dallo Sblocca Italia al Jobs Act.
Il tutto realizzato in spregio dell’ambiente, dei diritti dei lavoratori, della salute dei cittadini ed al welfare.

La crescita così disperatamente cercata nella legge di stabilità, ancora al vaglio della Commissione UE, viene in realtà perseguita nello Sblocca Italia grazie a "grandi opere" con annessi commissari che gestiranno grandi aree urbane in tutto il paese, partendo ad esempio da Bagnoli, espropriando gli enti locali da ogni possibilità d’intervento, anche in maniera autoritaria ed incostituzionale.

Anche il più distratto tra gli italiani avrà poi compreso che la questione relativa dell’articolo 18, la cui cancellazione nei fatti è in queste ore in dirittura d'arrivo, è semplicemente un gioco di potere ed equilibri che si svolge sulla testa dei lavoratori, spostando contemporaneamente l’attenzione dai veri problemi, dai veri responsabili della crisi in corso e soprattutto dalle sue reali possibili soluzioni.
Purtroppo c’è da temere che la questione in ballo non sia solo lo smantellamento di fatto dei diritti minimi dei lavoratori. In altre parole una diga, un’icona quella dell’art. 18, da rompere, un segnale da lanciare per soddisfare la destra liberista italiana ed europea, con cui Renzi ha stipulato un patto, e che porterà la stessa destra in futuro a pretendere sempre di più in termini di riduzione di diritti. Una volta che la diga cede la marea montante, della negazione di ogni diritto di ogni dignità, potrebbe poi travolgere tutto e tutti in un futuro che si presenta con tinte sempre più fosche e di cui già si vedono i risultati nelle piazze italiane. Non è vero che non ci sia più una destra e una sinistra, la prima è ben attiva ed in gran spolvero.

Infine non ultimo il vergognoso balletto che segna l’inizio di un nuovo, devastante, conflitto tra Stato e Regioni, giocato sulla sanità regionale e perciò sulla pelle di tutti i cittadini. In poche parole la sintesi è che le tasse che escono dalla porta rientrano dalla finestra, ed ovviamente le Regioni più povere, quelle del Sud, dovranno aumentare di molto la tassazione rispetto alle più ricche. Un altro strappo alla Costituzione che prevede il principio perequativo. In alte parole chi meno ha più paga, in base ad uno strano principio che appare solo punitivo. Risibile poi la vicenda del mettere nelle buste paga dei lavoratori dipendenti del settore privato il 50% del Tfr maturato a tassazione piena.

In questo panorama che porterà ad una lunga stagnazione il Governo potrebbe seguire l’esempio di altri partner europei, come la Francia, al fine di rilanciare l'economia ed aggirare il fiscal compact per poter investire, iniziando ad abolire il pareggio di bilancio in Costituzione, sforare il limite del 3% nel rapporto deficit/PIL escludendo il cofinanziamento nazionale dal calcolo dello stesso per poter riprendere ad investire e iniziare a considerare di ricontrattare i Trattati UE.

In questo caso, come analizzato dal Andrea Del Monaco, esperto di fondi strutturali europei, la sanzione più importante che Bruxelles potrebbe imporci è un deposito infruttifero presso la Banca Centrale Europea costituito in due parti: una fissa dello 0,2% del PIL, e una variabile, pari allo 0,1% del PIL per ogni punto (o frazione di punto) di sfondamento del 3%. In altre parole se sforiamo al 4% dovremmo pagare meno di 5 miliardi.
La Francia ad esempio sfora il 3% dal 2008 senza tanti drammi. Queste considerazioni nascono anche dal fatto che il Fiscal Compact da gennaio 2013 ha rafforzato le regole dell’austerità. Il deficit strutturale di bilancio non deve superare lo 0,5% del PIL: solo per rispettare questo parametro si dovrebbero trovare 15 miliardi, o in tagli, che però non arrivano e anzi dopo le recenti nomine paiono allontanarsi sempre più, o in tasse, molto più probabile, per non dire quasi certo.

Quindi sforare per far ripartire gli investimenti, con un piano per lo sviluppo e il lavoro, con i fondi Ue.

L’Italia ha 26 miliardi residui del ciclo 2007–2013 e 84 miliardi del ciclo 2014–2020, includendo il cofinanziamento al 50%, di cui al Sud dovrebbero andarne 53. Qui sul cofinanziamento però arriva il tasto dolente per il Sud che, con l’immobilismo acquiescente ai diktat tedeschi del nostro Governo, ancora un volta sarà chiamato a mettere ordine nei disastrati conti italiani, sia subendo una maggiore tassazione percentuale, sia pagando con distruzione di risorse naturali sul suo territorio, inquinamento e quindi salute dei suoi cittadini, sia con una decurtazione dal 50% al 25% del cofinanziamento europeo come proposto questa estate da Delrio, in spregio alla logica e al buon senso .

Lo stesso sottosegretario lo scorso 30 settembre ha in realtà accennato ad una normativa che eviti che le risorse derivanti dal cofinanziamento diventino come già successo per  il Fas, il vecchio Fondo per le aree sottoutilizzate,  un tesoretto per finanziare investimenti anche in altre zone d'Italia, come in un recente passato, dal pagamento delle multe ai contadini padani ( a proposito di Salvini e della sua discesa a sud, quanta poca memoria in tanti meridionali…) all’acquisto di battelli sul lago di Como. Un'ipotesi comunque ad oggi ancora poco chiara, che nasconde la evidente necessità di “tagliare” il cofinanziamento nazionale dal 50% al 25% a scapito del Sud per stare sotto il 3%.

In realtà nell’ipotesi vista prima, con un cofinanziamento nazionale al 50%, il Sud avrebbe 53 miliardi da investire nel ciclo 2014- 2020, mentre nell’attuale ciclo 2007-2013 c’è ancora la necessità di spendere in investimenti sui territori i fondi stanziati per non doverli restituire a Bruxelles! Su questa considerazione si apre un interessante problema visto che non sono in ritardo con l'utilizzo in investimenti solo le Regioni, ma anche il Governo per ben 5 miliardi.
A questo punto Renzi potrebbe anche valutare di sostituirsi ai Governatori nel programmare la spesa globale nei territori, ma solo al fine di non sottrarre le risorse ai cittadini meridionali, con la necessità di spenderli entro il dicembre 2015. Si potrebbe perciò seriamente pensare a programmare e realizzare la bonifica della “Terra dei Fuochi”, ristrutturare gli edifici scolastici che lo necessitano, finire la SA-RC, investire in infrastrutture, investire nella messa in sicurezza dei territori, restauro dei siti archeologici, nella cultura….Certo si potrebbe…

Lo vorrà fare il Governo Renzi ? Vorrà passare dalla parole ai fatti o vorrà ancora una volta dimenticare il Sud  perdendo così l’occasione di far ripartire l’economia dell'intera nazione e non precipitare ulteriormente nell’attuale stagnazione, correndo in più il rischio di dare forza a tutti quei movimenti che fanno di questa crisi volano per le loro rivendicazioni che rischiano di scatenare una guerra fra poveri, da nord a sud, con conflitti sociali che nulla di buono possono portare alla nostra sempre più  traballante democrazia…






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Di Natale Cuccurese

Abbiamo recentemente analizzato, sull’onda della diffusione delle indagini SVIMEZ, come ci sia assoluta necessità di cominciare a dire con chiarezza  in Europa che il nostro Paese  ha bisogno di una politica come quella concessa alla Germania dopo la riunificazione, con uno sforzo titanico di investimenti pubblici in deroga a tutti i patti per tutto il Mezzogiorno, come quello che è stato appunto concesso alla Germania dopo la caduta del Muro. Se è stato concesso alla Germani perché non deve essere concesso all’Italia, sia pure con 153 anni di ritardo, vista la situazione in cui versa il nostro Meridione?

Ad oggi nei fatti, e in contrasto alla stessa Costituzione, vengono forniti servizi ed investimenti diversi alla popolazione, che pure paga le stesse tasse, solo sulla base di  criteri geografici.
Problemi che si sono acuiti in questi ultimi venti anni grazie ad un politica discriminatoria portata avanti dalla lega, quella stessa lega che ora vuol scendere a sud e che trova anche movimenti sudisti pronta a supportarla. Andando avanti di questo passo sarà realizzata nei fatti un secessione economica della nazione.

A questo si aggiunga che con la legge di stabilità 2015 si realizza solo l’ennesima operazione di facciata all’insegna dell’ottimismo, come da recente prassi, con il Governo che vara una grande azione cosmetica di fiducia collettiva, con forti richiami agli imprenditori e alle multinazionali, per assunzioni precarie ed investimenti, visto che sembra volere favorire soprattutto quest’ultime, dallo Sblocca Italia al Jobs Act.
Il tutto realizzato in spregio dell’ambiente, dei diritti dei lavoratori, della salute dei cittadini ed al welfare.

La crescita così disperatamente cercata nella legge di stabilità, ancora al vaglio della Commissione UE, viene in realtà perseguita nello Sblocca Italia grazie a "grandi opere" con annessi commissari che gestiranno grandi aree urbane in tutto il paese, partendo ad esempio da Bagnoli, espropriando gli enti locali da ogni possibilità d’intervento, anche in maniera autoritaria ed incostituzionale.

Anche il più distratto tra gli italiani avrà poi compreso che la questione relativa dell’articolo 18, la cui cancellazione nei fatti è in queste ore in dirittura d'arrivo, è semplicemente un gioco di potere ed equilibri che si svolge sulla testa dei lavoratori, spostando contemporaneamente l’attenzione dai veri problemi, dai veri responsabili della crisi in corso e soprattutto dalle sue reali possibili soluzioni.
Purtroppo c’è da temere che la questione in ballo non sia solo lo smantellamento di fatto dei diritti minimi dei lavoratori. In altre parole una diga, un’icona quella dell’art. 18, da rompere, un segnale da lanciare per soddisfare la destra liberista italiana ed europea, con cui Renzi ha stipulato un patto, e che porterà la stessa destra in futuro a pretendere sempre di più in termini di riduzione di diritti. Una volta che la diga cede la marea montante, della negazione di ogni diritto di ogni dignità, potrebbe poi travolgere tutto e tutti in un futuro che si presenta con tinte sempre più fosche e di cui già si vedono i risultati nelle piazze italiane. Non è vero che non ci sia più una destra e una sinistra, la prima è ben attiva ed in gran spolvero.

Infine non ultimo il vergognoso balletto che segna l’inizio di un nuovo, devastante, conflitto tra Stato e Regioni, giocato sulla sanità regionale e perciò sulla pelle di tutti i cittadini. In poche parole la sintesi è che le tasse che escono dalla porta rientrano dalla finestra, ed ovviamente le Regioni più povere, quelle del Sud, dovranno aumentare di molto la tassazione rispetto alle più ricche. Un altro strappo alla Costituzione che prevede il principio perequativo. In alte parole chi meno ha più paga, in base ad uno strano principio che appare solo punitivo. Risibile poi la vicenda del mettere nelle buste paga dei lavoratori dipendenti del settore privato il 50% del Tfr maturato a tassazione piena.

In questo panorama che porterà ad una lunga stagnazione il Governo potrebbe seguire l’esempio di altri partner europei, come la Francia, al fine di rilanciare l'economia ed aggirare il fiscal compact per poter investire, iniziando ad abolire il pareggio di bilancio in Costituzione, sforare il limite del 3% nel rapporto deficit/PIL escludendo il cofinanziamento nazionale dal calcolo dello stesso per poter riprendere ad investire e iniziare a considerare di ricontrattare i Trattati UE.

In questo caso, come analizzato dal Andrea Del Monaco, esperto di fondi strutturali europei, la sanzione più importante che Bruxelles potrebbe imporci è un deposito infruttifero presso la Banca Centrale Europea costituito in due parti: una fissa dello 0,2% del PIL, e una variabile, pari allo 0,1% del PIL per ogni punto (o frazione di punto) di sfondamento del 3%. In altre parole se sforiamo al 4% dovremmo pagare meno di 5 miliardi.
La Francia ad esempio sfora il 3% dal 2008 senza tanti drammi. Queste considerazioni nascono anche dal fatto che il Fiscal Compact da gennaio 2013 ha rafforzato le regole dell’austerità. Il deficit strutturale di bilancio non deve superare lo 0,5% del PIL: solo per rispettare questo parametro si dovrebbero trovare 15 miliardi, o in tagli, che però non arrivano e anzi dopo le recenti nomine paiono allontanarsi sempre più, o in tasse, molto più probabile, per non dire quasi certo.

Quindi sforare per far ripartire gli investimenti, con un piano per lo sviluppo e il lavoro, con i fondi Ue.

L’Italia ha 26 miliardi residui del ciclo 2007–2013 e 84 miliardi del ciclo 2014–2020, includendo il cofinanziamento al 50%, di cui al Sud dovrebbero andarne 53. Qui sul cofinanziamento però arriva il tasto dolente per il Sud che, con l’immobilismo acquiescente ai diktat tedeschi del nostro Governo, ancora un volta sarà chiamato a mettere ordine nei disastrati conti italiani, sia subendo una maggiore tassazione percentuale, sia pagando con distruzione di risorse naturali sul suo territorio, inquinamento e quindi salute dei suoi cittadini, sia con una decurtazione dal 50% al 25% del cofinanziamento europeo come proposto questa estate da Delrio, in spregio alla logica e al buon senso .

Lo stesso sottosegretario lo scorso 30 settembre ha in realtà accennato ad una normativa che eviti che le risorse derivanti dal cofinanziamento diventino come già successo per  il Fas, il vecchio Fondo per le aree sottoutilizzate,  un tesoretto per finanziare investimenti anche in altre zone d'Italia, come in un recente passato, dal pagamento delle multe ai contadini padani ( a proposito di Salvini e della sua discesa a sud, quanta poca memoria in tanti meridionali…) all’acquisto di battelli sul lago di Como. Un'ipotesi comunque ad oggi ancora poco chiara, che nasconde la evidente necessità di “tagliare” il cofinanziamento nazionale dal 50% al 25% a scapito del Sud per stare sotto il 3%.

In realtà nell’ipotesi vista prima, con un cofinanziamento nazionale al 50%, il Sud avrebbe 53 miliardi da investire nel ciclo 2014- 2020, mentre nell’attuale ciclo 2007-2013 c’è ancora la necessità di spendere in investimenti sui territori i fondi stanziati per non doverli restituire a Bruxelles! Su questa considerazione si apre un interessante problema visto che non sono in ritardo con l'utilizzo in investimenti solo le Regioni, ma anche il Governo per ben 5 miliardi.
A questo punto Renzi potrebbe anche valutare di sostituirsi ai Governatori nel programmare la spesa globale nei territori, ma solo al fine di non sottrarre le risorse ai cittadini meridionali, con la necessità di spenderli entro il dicembre 2015. Si potrebbe perciò seriamente pensare a programmare e realizzare la bonifica della “Terra dei Fuochi”, ristrutturare gli edifici scolastici che lo necessitano, finire la SA-RC, investire in infrastrutture, investire nella messa in sicurezza dei territori, restauro dei siti archeologici, nella cultura….Certo si potrebbe…

Lo vorrà fare il Governo Renzi ? Vorrà passare dalla parole ai fatti o vorrà ancora una volta dimenticare il Sud  perdendo così l’occasione di far ripartire l’economia dell'intera nazione e non precipitare ulteriormente nell’attuale stagnazione, correndo in più il rischio di dare forza a tutti quei movimenti che fanno di questa crisi volano per le loro rivendicazioni che rischiano di scatenare una guerra fra poveri, da nord a sud, con conflitti sociali che nulla di buono possono portare alla nostra sempre più  traballante democrazia…






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