giovedì 9 maggio 2013

SUD, SVIMEZ: IN CINQUE ANNI PERSI OLTRE 300MILA POSTI DI LAVORO




Fonte : Svimez

Le Slides


Nel Mezzogiorno il 27% degli occupati totali ma quasi il 60% delle perdite 
La crisi al Nord iniziata ben prima del 2008 
Giannola: “Partire dal Sud per frenare il declino nazionale, l’Europa cresce tre volte più di noi” 

È il Sud a pagare ancora una volta il prezzo più pesante della crisi, in termini di occupazione e
di rischio desertificazione industriale.
Secondo elaborazioni SVIMEZ su dati Istat in quattro anni, dal 2008 al 2012, al Sud sono andati in fumo 301.270 posti di lavoro; il 59,5% delle perdite, in un’area che concentra il 27% degli occupati nazionali. Dei posti di lavoro persi, 141mila solo nell’industria. Mentre secondo altre elaborazioni SVIMEZ su dati EUROSTAT anche le regioni del Nord in termini di produzione della ricchezza perdono posizioni in Europa, e da ben prima del 2008, anno di inizio della recessione globale. È quanto emerge dalla relazione del Presidente della SVIMEZ Adriano Giannola oggi a Napoli al convegno “Il rilancio 
dell’economia meridionale”. 

Dal 2008 al 2012 persi in Italia 505.961 posti di lavoro - Secondo elaborazioni SVIMEZ su dati
Istat in quattro anni, dal 2008 al 2012, in Italia sono andati in fumo 505.961 posti di lavoro, di cui
204.691 al Centro-Nord e 301.270 al Sud. Qui in fatti si concentrano le perdite; a fronte del 27%
degli occupati nazionali, i posti di lavoro persi sono il 59,5% del totale nazionale.

La crisi dell’industria, i giovani e le donne - La metà circa è andata persa nell’industria: dal 2007
al 2012 il Sud ha perso oltre 141mila occupati industriali, passando dai 951mila occupati del 2007 a
809mila del 2012, con una riduzione del 15%. Il doppio del Centro-Nord, che in valori assoluti ha
perso 315mila occupati industriali, -7,7% in cinque anni. A farne le spese soprattutto giovani e donne. L’anno scorso, infatti, solo poco più di un giovane su tre under 34 ha lavorato al Sud (37,9%), e
poco più di una giovane donna su cinque (23,6%).

La crisi della ricchezza: un declino che unisce Nord e Sud – Se il Sud resta un’emergenza nazionale, la situazione critica del Centro-Nord risale a ben prima del fatidico 2008, anno di inizio della
recessione globale. Basta fare un passo indietro al 2000 – 2007 e confrontare i dati italiani con le
dinamiche europee. Secondo elaborazioni SVIMEZ si dati EUROSTAT, la variazione cumulata del
reddito pro capite in sette anni, dal 2000 al 2007, nel Sud è del 17,6%, a fronte del 15% del CentroNord, ma circa la metà della dinamica della Ue a 27 (31,6%). Il deterioramento della posizione italiana non risparmia quasi nessuna regione: nella classifica delle regioni NUTS2 dei 27 paesi europei la Lombardia scivola dal 17° posto del 2000 al 29° del 2007, l’Emilia Romagna dal 19° al
38°, per diventare 44° nel 2010, il Veneto dal 28° del 2000 al 46° del 2007, che diventa 55° tre
anni dopo; il Piemonte sprofonda dal 40° al 62° e arriva nel 2010 all’84°. In discesa anche le regioni meridionali. L’Abruzzo passa dal 127° posto del 2000 al 167° sette anni dopo, per poi risalire, si fa per dire, nel 2010 a 164°; il Molise passa in dieci anni dal 157° al 185°, la Basilicata dal
183° al 201°, la Puglia dal 188° al 214°, la Sicilia dal 196° al 217°, la Sardegna dal 174° al 189°,
la Calabria dal 201° al 222°. In coda la Campania, dal 200° al 224°.

Il 20% del Pil dal manifatturiero: chi ha centrato e chi no l’obiettivo di Confindustria - In dieci anni, sempre dal 2000 al 2010, la quota nazionale del manifatturiero sul valore aggiunto totale è
scesa dal 19 al 16,6%, mentre nel Centro-Nord è passata da 21,5% al 18,8%. A livello regionale alcune regioni già superano l’obiettivo del peso del 20% del manifatturiero sul valore aggiunto totale
indicato da Confindustria alle forze politiche in campagna elettorale nel Documento programmatico: il Veneto nel 2010 era al 24,5%, le Marche al 24,2%, l’Emilia Romagna al 23,2%, la Lombardia
al 22,6%, il Piemonte poco sopra la soglia indicata, 20,5%, la Toscana al 16,1%, la Liguria al 10% e
il Lazio al 6,4%.

Decisamente più basse le cifre al Sud. Se l’Abruzzo è in linea con l’obiettivo indicato, con il 20,2%,
il Molise si ferma al 15%, la Basilicata al 13%, la Puglia al 10,6%, la Campania all’8,8%, la Sardegna al 7,5%, per finire con la Calabria, fanalino di coda, ferma al 5,5%, il dato più basso a livello nazionale, distante quattro volte dall’obiettivo del 20%.

Una strategia – Paese centrata sul Sud - “I dati sulla crisi dell’occupazione industriale al Sud e
sulla quota di ricchezza prodotta dal manifatturiero a livello regionale segnalano come il Sud sia
terra dell’emergenza ma anche delle maggiori opportunità e margini di crescita, ha dichiarato il
Presidente della SVIMEZ Adriano Giannola. In questo senso occorre un piano di primo intervento
che sappia fronteggiare l’emergenza sociale sotto gli occhi di tutti ma anche avviare una strategia
di medio e lungo termine centrata su alcuni fattori basilari per attivare lo sviluppo, in primis politica industriale ed energetica, logistica e filiere territoriali, fiscalità di vantaggio, intervento
sull’Irap”.

Fonte : Svimez

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Fonte : Svimez

Le Slides


Nel Mezzogiorno il 27% degli occupati totali ma quasi il 60% delle perdite 
La crisi al Nord iniziata ben prima del 2008 
Giannola: “Partire dal Sud per frenare il declino nazionale, l’Europa cresce tre volte più di noi” 

È il Sud a pagare ancora una volta il prezzo più pesante della crisi, in termini di occupazione e
di rischio desertificazione industriale.
Secondo elaborazioni SVIMEZ su dati Istat in quattro anni, dal 2008 al 2012, al Sud sono andati in fumo 301.270 posti di lavoro; il 59,5% delle perdite, in un’area che concentra il 27% degli occupati nazionali. Dei posti di lavoro persi, 141mila solo nell’industria. Mentre secondo altre elaborazioni SVIMEZ su dati EUROSTAT anche le regioni del Nord in termini di produzione della ricchezza perdono posizioni in Europa, e da ben prima del 2008, anno di inizio della recessione globale. È quanto emerge dalla relazione del Presidente della SVIMEZ Adriano Giannola oggi a Napoli al convegno “Il rilancio 
dell’economia meridionale”. 

Dal 2008 al 2012 persi in Italia 505.961 posti di lavoro - Secondo elaborazioni SVIMEZ su dati
Istat in quattro anni, dal 2008 al 2012, in Italia sono andati in fumo 505.961 posti di lavoro, di cui
204.691 al Centro-Nord e 301.270 al Sud. Qui in fatti si concentrano le perdite; a fronte del 27%
degli occupati nazionali, i posti di lavoro persi sono il 59,5% del totale nazionale.

La crisi dell’industria, i giovani e le donne - La metà circa è andata persa nell’industria: dal 2007
al 2012 il Sud ha perso oltre 141mila occupati industriali, passando dai 951mila occupati del 2007 a
809mila del 2012, con una riduzione del 15%. Il doppio del Centro-Nord, che in valori assoluti ha
perso 315mila occupati industriali, -7,7% in cinque anni. A farne le spese soprattutto giovani e donne. L’anno scorso, infatti, solo poco più di un giovane su tre under 34 ha lavorato al Sud (37,9%), e
poco più di una giovane donna su cinque (23,6%).

La crisi della ricchezza: un declino che unisce Nord e Sud – Se il Sud resta un’emergenza nazionale, la situazione critica del Centro-Nord risale a ben prima del fatidico 2008, anno di inizio della
recessione globale. Basta fare un passo indietro al 2000 – 2007 e confrontare i dati italiani con le
dinamiche europee. Secondo elaborazioni SVIMEZ si dati EUROSTAT, la variazione cumulata del
reddito pro capite in sette anni, dal 2000 al 2007, nel Sud è del 17,6%, a fronte del 15% del CentroNord, ma circa la metà della dinamica della Ue a 27 (31,6%). Il deterioramento della posizione italiana non risparmia quasi nessuna regione: nella classifica delle regioni NUTS2 dei 27 paesi europei la Lombardia scivola dal 17° posto del 2000 al 29° del 2007, l’Emilia Romagna dal 19° al
38°, per diventare 44° nel 2010, il Veneto dal 28° del 2000 al 46° del 2007, che diventa 55° tre
anni dopo; il Piemonte sprofonda dal 40° al 62° e arriva nel 2010 all’84°. In discesa anche le regioni meridionali. L’Abruzzo passa dal 127° posto del 2000 al 167° sette anni dopo, per poi risalire, si fa per dire, nel 2010 a 164°; il Molise passa in dieci anni dal 157° al 185°, la Basilicata dal
183° al 201°, la Puglia dal 188° al 214°, la Sicilia dal 196° al 217°, la Sardegna dal 174° al 189°,
la Calabria dal 201° al 222°. In coda la Campania, dal 200° al 224°.

Il 20% del Pil dal manifatturiero: chi ha centrato e chi no l’obiettivo di Confindustria - In dieci anni, sempre dal 2000 al 2010, la quota nazionale del manifatturiero sul valore aggiunto totale è
scesa dal 19 al 16,6%, mentre nel Centro-Nord è passata da 21,5% al 18,8%. A livello regionale alcune regioni già superano l’obiettivo del peso del 20% del manifatturiero sul valore aggiunto totale
indicato da Confindustria alle forze politiche in campagna elettorale nel Documento programmatico: il Veneto nel 2010 era al 24,5%, le Marche al 24,2%, l’Emilia Romagna al 23,2%, la Lombardia
al 22,6%, il Piemonte poco sopra la soglia indicata, 20,5%, la Toscana al 16,1%, la Liguria al 10% e
il Lazio al 6,4%.

Decisamente più basse le cifre al Sud. Se l’Abruzzo è in linea con l’obiettivo indicato, con il 20,2%,
il Molise si ferma al 15%, la Basilicata al 13%, la Puglia al 10,6%, la Campania all’8,8%, la Sardegna al 7,5%, per finire con la Calabria, fanalino di coda, ferma al 5,5%, il dato più basso a livello nazionale, distante quattro volte dall’obiettivo del 20%.

Una strategia – Paese centrata sul Sud - “I dati sulla crisi dell’occupazione industriale al Sud e
sulla quota di ricchezza prodotta dal manifatturiero a livello regionale segnalano come il Sud sia
terra dell’emergenza ma anche delle maggiori opportunità e margini di crescita, ha dichiarato il
Presidente della SVIMEZ Adriano Giannola. In questo senso occorre un piano di primo intervento
che sappia fronteggiare l’emergenza sociale sotto gli occhi di tutti ma anche avviare una strategia
di medio e lungo termine centrata su alcuni fattori basilari per attivare lo sviluppo, in primis politica industriale ed energetica, logistica e filiere territoriali, fiscalità di vantaggio, intervento
sull’Irap”.

Fonte : Svimez

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