mercoledì 24 aprile 2013

Il 25 aprile, le donne "liberate" in Ciociaria e la denuncia di Maria Maddalena Rossi


di Gigi Di Fiore



Fonte: Il Mattino

 Liberazione dai pregiudizi, dai preconcetti, dalle chiusure culturali. Da chi divide la realtà in bianco e nero, senza considerarne anche le sfumature di grigio. Chi guarda la storia da una sola parte e non apre le finestre della propria conoscenza su altri angoli, altri punti di vista.

Arriva di nuovo il 25 aprile, stavolta in un momento di confusione istituzionale, con la necessità di rigenerazione per tutti. Di sicuro, per l'anniversario storico abbonderanno riferimenti, simbologie, richiami a quel giorno di 68 anni fa.

Ci sono sempre aspetti oscuri, scomodi, rimossi su ogni esperienza e vicenda della storia. Anche sulla nostra Liberazione dal nazi-fascismo, al Sud favorita soprattutto dalle truppe anglo-americane, furono versate lacrime di inaspettato dolore, ricordate assai meno di altre.

La Liberazione costò sofferenza anche a soldati senza divisa: i civili. Al Sud, furono scritte pagine ignobili di quella guerra, per le quali non c'è mai stata piena giustizia. Le pagine dei 60mila stupri sulle donne ciociare. Per primo, lo raccontò al grande pubblico Alberto Moravia; dal suo libro fu girato un bellissimo film di De Sica, con premio Oscar alla Loren. Sì, il dramma delle migliaia di donne stuprate in Ciociaria dalle truppe coloniali francesi fu incancellabile. In quelle terre e oltre. Su quelle vicende, la Francia non ha ancora rimosso il segreto di Stato, molti storici francesi continuano a negare o minimizzare l'accaduto. Le ragioni di Stato, costrinsero l'Italia in ginocchio a ridimensionare l'accaduto per farsi accettare dalla comunità internazionale e riconquistare credibilità.

"Lu diavulu passò su noi" raccontarono quelle donne. E per prima fu proprio una donna come loro, comunista coraggiosa eletta nell'Assemblea Costituente, a difenderle: Maria Maddalena Rossi. Fu lei a portare nell'aula parlamentare il dramma di donne offese, umiliate, a volte uccise. Fu lei a dar voce ufficiale alle loro sofferenze, che significarono anni dopo malattie, emarginazioni, suicidi. Denunciò, rivendicò, urlò.

E disse perchè tutti ricordassero, tutti chiedessero conto: "So che vi è chi si finge scandalizzato perché noi prendiamo nel Parlamento e nel Paese la difesa di queste donne. Credo che piuttosto ci si debba scandalizzare perché fra noi vi è chi vorrebbe coprire questa piaga, questo delitto orrendo che fu commesso contro donne inermi, contro giovinette".

Era l'altra faccia della Liberazione, che solo un presidente della Repubblica come Carlo Azeglio Ciampi volle ufficialmente riconoscere nel 2004, assegnando le medaglie d'oro al valor civile a quei comuni devastati dalla furia delle truppe coloniali francesi. Come Esperia, dove in una sola notte le donne stuprate furono 900, come si ricorda nell'atto del capo dello Stato.

Donne come prede in quella come in tutte le guerre. Donne alla mercé dei soldati vincitori. Solo nel 2008 le Nazioni unite riconobbero lo stupro, compiuto dai militari vittoriosi, un "crimine di guerra". Brucia quel ricordo nelle terre ciociare. E anche altrove. Che celebrare la Liberazione sia finalmente occasione di rispetto per tutte le sofferenze di quegli anni e momento di vera riconciliazione nazionale. Difficile, ma sperarlo si può.

Fonte: Il Mattino


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di Gigi Di Fiore



Fonte: Il Mattino

 Liberazione dai pregiudizi, dai preconcetti, dalle chiusure culturali. Da chi divide la realtà in bianco e nero, senza considerarne anche le sfumature di grigio. Chi guarda la storia da una sola parte e non apre le finestre della propria conoscenza su altri angoli, altri punti di vista.

Arriva di nuovo il 25 aprile, stavolta in un momento di confusione istituzionale, con la necessità di rigenerazione per tutti. Di sicuro, per l'anniversario storico abbonderanno riferimenti, simbologie, richiami a quel giorno di 68 anni fa.

Ci sono sempre aspetti oscuri, scomodi, rimossi su ogni esperienza e vicenda della storia. Anche sulla nostra Liberazione dal nazi-fascismo, al Sud favorita soprattutto dalle truppe anglo-americane, furono versate lacrime di inaspettato dolore, ricordate assai meno di altre.

La Liberazione costò sofferenza anche a soldati senza divisa: i civili. Al Sud, furono scritte pagine ignobili di quella guerra, per le quali non c'è mai stata piena giustizia. Le pagine dei 60mila stupri sulle donne ciociare. Per primo, lo raccontò al grande pubblico Alberto Moravia; dal suo libro fu girato un bellissimo film di De Sica, con premio Oscar alla Loren. Sì, il dramma delle migliaia di donne stuprate in Ciociaria dalle truppe coloniali francesi fu incancellabile. In quelle terre e oltre. Su quelle vicende, la Francia non ha ancora rimosso il segreto di Stato, molti storici francesi continuano a negare o minimizzare l'accaduto. Le ragioni di Stato, costrinsero l'Italia in ginocchio a ridimensionare l'accaduto per farsi accettare dalla comunità internazionale e riconquistare credibilità.

"Lu diavulu passò su noi" raccontarono quelle donne. E per prima fu proprio una donna come loro, comunista coraggiosa eletta nell'Assemblea Costituente, a difenderle: Maria Maddalena Rossi. Fu lei a portare nell'aula parlamentare il dramma di donne offese, umiliate, a volte uccise. Fu lei a dar voce ufficiale alle loro sofferenze, che significarono anni dopo malattie, emarginazioni, suicidi. Denunciò, rivendicò, urlò.

E disse perchè tutti ricordassero, tutti chiedessero conto: "So che vi è chi si finge scandalizzato perché noi prendiamo nel Parlamento e nel Paese la difesa di queste donne. Credo che piuttosto ci si debba scandalizzare perché fra noi vi è chi vorrebbe coprire questa piaga, questo delitto orrendo che fu commesso contro donne inermi, contro giovinette".

Era l'altra faccia della Liberazione, che solo un presidente della Repubblica come Carlo Azeglio Ciampi volle ufficialmente riconoscere nel 2004, assegnando le medaglie d'oro al valor civile a quei comuni devastati dalla furia delle truppe coloniali francesi. Come Esperia, dove in una sola notte le donne stuprate furono 900, come si ricorda nell'atto del capo dello Stato.

Donne come prede in quella come in tutte le guerre. Donne alla mercé dei soldati vincitori. Solo nel 2008 le Nazioni unite riconobbero lo stupro, compiuto dai militari vittoriosi, un "crimine di guerra". Brucia quel ricordo nelle terre ciociare. E anche altrove. Che celebrare la Liberazione sia finalmente occasione di rispetto per tutte le sofferenze di quegli anni e momento di vera riconciliazione nazionale. Difficile, ma sperarlo si può.

Fonte: Il Mattino


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