lunedì 23 luglio 2012

La Chiesa Cattolica scannata da Cavour e dal Risorgimento piemontese


Capitolo tratto dal libro di Antonio Ciano " Le stragi e gli eccidi dei Savoia"

Religiosi carcerati o perseguitati da Cavour     
  I religiosi cattolici che conobbero le manette e le mura delle carceri piemontesi furono moltisimi. Farne un elenco dettagliato sembra impossibile dato gli archivi sono polverosi e non sono mai stati visitati dagli storici di regime, e sempre che si siano salvati dall’incuria e dalla mano nascondereccia dei nostri governanti.  Molti monaci e preti furono salvati dalla gente insorta, altri furono torturati,di alcuni non si è mai saputo niente, di altri,  malmenati e torturati non si è mai parlato negli atti ufficiali. Molti monaci e preti furono fucilati: nel Regno delle Due Sicilie, nei soli primi mesi di occupazione, ne furono uccisi una sessantina. Tutto in nome del liberalismo, in nome della legalità, in nome della libertà, in nome dell’Italia una e sotto la tirannide dei Savoia. Diamo qui di seguito un elenco di religiosi arrestati o perseguitati da Cavour nelle  Legazioni Pontificie e nel Granducato di Toscana, subito dopo l’annessione:
L’arcivescovo di Pisa.
Il vescovo di Faenza.
Il vicario generale di Bologna.
Il vescovo di Piacenza e 21 dei 28 canonici del Capitolo della Chiesa Cattedrale.
Il cardinale Baluffi vescovo di Imola.
Un parroco di Chiavari imprigionato il 18 Maggio.
Il vescovo di Carpi imprigionato assieme a sei suoi preti, inoltre fu chiuso il seminario di Piacenza;
Decine di preti furono licenziati dalle scuole piemontesi.
Il vescovo di Parma fu costretto a fuggire.
Un prete di Glielarga in Sardegna viene incarcerato per aver fatto suonare le campane a morto durante la festa dello Statuto.
I Padri Camillini di Ferrara furono imprigionati ed esiliati in Toscana.
Le dame del Sacro Cuore di Milano furono fatte sloggiare ed esiliate.
Il 25 maggio furono imprigionati due gesuiti piemontesi che vivevano a Torino.
A Cuneo furono perquisite quasi tutte le case dei sacerdoti  della diocesi.
Il 26 maggio a Torino fu perquisito l’oratorio di Don Giovanni Bosco, vera istituzione di beneficenza ed assistenza ai ragazzi.
Il 26 maggio, dopo una perquisizione, morì di crepacuore Don Cafasso, vera istituzione a Torino.
Il 23 maggio  fu destituito il sacerdote Manero di Mondovì, reo di non aver cantato il Te Deum alla festa dello Statuto.
Il 25 maggio fu arrestato a Casalmaggiore un prete.
A Modena fu arrestato un religioso non troppo rispettoso di un proclama di Garibaldi.
A Ravenna venne arrestato il parroco dei S.S. Simone e Giuda.
Il 27 Maggio fu arrestato a Forlì don Reginaldo Barbiani per non aver voluto cantare il Te Deum.
A Lodi quasi tutti i preti ebbero guai con la polizia.
A Casalpusterlengo il popolo si ribellò all’arresto del proprio parroco che fu rimesso in libertà.
A Forlì un prete fu destituito per aver negato l’assoluzione ad un volontario piemontese ossia a un mercenario.
Il canonico Ortalda di Torino fu perquisito e arrestato.
Il 28 maggio furono incarcerati i rettori di Bibila e Posara.
A Modena fu arrestato un parroco.
Con le annessioni delle Marche e dell’Umbria alle persecuzioni si aggiungono le fucilazioni. 
(Civiltà Cattolica, Serie IV, Vol. VII, Anno 1860, pp.243-244)
Carolina
Ma chi ordiva  carcerazioni e perquisizioni? Per certo la responsabilità va ascritta per intero al Primo Ministro savoiardo ossia a Camillo Benso di Cavour, ma mente malefica ne era  Farini, ministro della Polizia, medico fallito e massone, divenuto cospiratore(Civ. Cattolica, Serie IV, Vol. VII, Anno 1860, pag. 375) per abbattere i legittimi governi dei Ducati e del Granducato di Toscana. Lui cospiratore vedeva cospiratori dappertutto, specie nel clero. Qualche guascone o burlone toscano, con lettera  anonima, spifferò al superministro della polizia sabauda che i cattolici si erano riuniti in una società segreta denominata Carolina, , una setta segreta  come  quella cui apparteneva lo stesso ministro e tutto l’entourage savoiardo. Da quella denuncia il Farini prese a  perquisire ed incarcerare  vescovi e  preti ad ispezionare e controllare tutta la corrispondenza del regno sabaudo  sottomenttendo il Piemonte e gli Stati recentemente annessi ad una cappa di piombo, e si coprì di ridicolo quando fece arrestare un prete di Modena di nome Colonna, reo di aver ritirato una lettera indirizzata ad una certa signora Carolina Forte. Grande fu il   divertimento dei giocherelloni toscani, ma i religiosi pativano lunghi mesi di prigione.
… e nel Regno delle due Sicilie
Durante la tornata del 14 luglio del 1862, al Parlamento piemontese di Torino, autonominatosi italiano, messe in discussione la resistenza filo-borbonica e le misure di repressione, si dà mano alle statistiche: nei territori dell’ex Regno delle Due Sicilie ben 54 arcivescovi e vescovi su 61, sono messi al bando e processati (Luisa Sangiuolo, Il Brigantaggio nella provincia di Benevento,Tipografia De Martini S.p.A, Benevento,1975).
Dal preziosissimo libro della Sangiuolo apprendiamo che anche nel beneventano vi furono, come in tutta Italia, carcerazioni di preti. Il Conte di Cavour, assertore della formula “libera Chiesa in libero Stato”, di concerto col Ministero dell’Interno,  considerava, in base al decreto del 24 settembre del 1860, sovvertitori della pubblica quiete, quanti, parroci e sacerdoti, rifiutassero di celebrare i propri uffici.. Ed erano quasi la totalità nel Sud.
A Montesarchio, su denuncia del sindaco De Simone, il giudice del circondario rinvia a giudizio don Michele Grassi, reo di “ fatto delittuoso”, per non essere intervenuto al Te Deum e per non aver plaudito al Vittorione. Sempre dal libro della Sangiuolo apprendiamo che l’11 dicembre 1861, nel cerretese, fu arrestata dal delegato di polizia, una suora, Maria Crocefissa, al secolo Emilia Baldari, rea di essersi fermata a parlare col canonico della cattedrale, don Francesco De Carlo, noto borbonico, e di essersi lamentata della inumanità dei piemontesi che, in modo sommario fucilavano i contadini.
Col nuovo anno si punta più in alto, fu arrestato e detenuto nel carcere della Concordia a Napoli  monsignor Luigi Sodo, vescovo di Cerreto. Il processo  nei suoi confronti si concluse con l’assoluzione. Dall’opera della Sangiuolo leggiamo:”...le intimidazioni ai sacerdoti accompagnate da arresti e nel più blando dei casi, dalla perdita dell’emolumento per l’uffizio, sono di ispirazione cavourriana; anche dopo la morte dello statista avvenuta il 6 giugno del 1861, la destra storica continua la sua linea politica: stretta osservanza del decreto del 20 settembre del 1860, controllo poliziesco minuzioso, severissima censura sulla stampa, sequestro dei giornali di opposizione...a Benevento Silvio Spaventa manda una lista di giornali da sequestrare, tra i radicali(allora partito della sinistra, ndr) Lo Zenzero, La Patria di Firenze, Il Diritto di  Torino, Il Movimento di Genova, La Provvidenza del Popolo di Bologna, L’Unità Italiana, Il Lombardo di Milano, Il Patriota di Parma: tra i giornali reazionari: Il Contemporaneo di Firenze, L’Armonia, Il Piemonte, Il Subalpino di Torino, Lo Stendardo Cattolico di Genova, L’Eco di Bologna, Il Difensore Cattolico di Modena, L’Ingenuo di Livorno...”.( Luisa Sangiuolo, Ibidem, pag 52)
Degli ottantotto arcivescovadi che erano sul continente dell’ex Reame ben settantuno erano vacanti. Tutti i loro Pastori scacciati e perseguitati. Le sedi arcivescovili vacanti erano le seguenti: Acerenza,Acerra, Amalfi, Andria, Anglona, Aquino, Altamura, Aquila, Ascoli, Aversa, Avellino, Bari, Bitonto, Bova, Bovino, Brindisi, Caiazzo, Calvi, Capaccio, Caserta, Castellaneto, Castellammare, Catanzaro, Cerreto, Chieti, Crotone, Foggia, Gaeta, Gravina, Ischia, Isernia, Lacedonia, Lauriano, Manfredonia, Marsi, Marsico, Melfi, Mileto, Molfetta, Monopoli, Montevergine, Muro, Napoli, Nicastro, Nicotera, Nola, Oria, Rapolla, Reggio, Rossano,Ruvo, Salerno, Sant’Angelo de’Lombardi, S.Agata de’Goti, Sessa, S.Marco, Sora, Sorrento, Sulmona, Squillace, Taranto, Termoli, Trani, Tricarico, Troia, Tursi, Ugento, Valle Capaccio, Venosa, oltre che Benevento e forse altre ancora.( Giacinto de’Sivo, Storia delle Due Sicilie, Vol.II, pag 465)
Pio IX, con un’allocuzione mise in luce le angherie che la Chiesa subiva nel Reame, denunciò al mondo la soppressione delle libertà operata dalla feccia nordista, la soppressione dei giornali di opposizione, le città eccidiate ed incendiate, la prigionia di vescovi e preti, la fucilazione di migliaia di contadini e, per tutta risposta:”...i giornali compri(venduti al nuovo regime tirannico)accusavanlo di proteggere i briganti, e di avere duro cuore per l’Italia; quasi la fittizia Italia che arde e fucila dovesse meritare l’approvazione del vicario di Dio”( De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Vol. II, pag 465)
Cialdini imprigionò monsignor Maresca, vicario generale di Napoli ed altri cinque sacerdoti, lo scarcerò solo dopo che un mortale morbo, dovuto alla sporcizia del luogo, ebbe colpito il prelato.
La giunta luogotenenziale di Napoli non perse tempo a sequestrare le rendite e le mense degli arcivescovadi e degli istituti di beneficenza: sul territorio continentale delle Due Sicilie ve ne erano ben 8539 con reddito di 2.579.839 ducati lasciati alla Chiesa dai nostri padri ed incamerati dal governo piemontese ( De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Edizioni Brenner, Cosenza,pag 471).
L’immenso Albergo dei Poveri fatto costruire dai Borbone per togliere dalle strade i mendicanti e dar loro un letto ed un lavoro, per dare ai ragazzi un mestiere, diventò luogo di miseria, di rapine,  semenzaio di immoralità. Mandarono fotografi a ritrarre le più belle alunne e poi, riferisce il il De Sivo a pag 417 del citato suo libro, inviarono  l’effigie a Torino, per la scelta! Furono dichiarate brigantesse le maestre e le allieve degli educandati dei Miracoli e San Marcellino che non avevano voluto giurare ai nuovi rigeneratori e non avevano voluto cantare il Te Deum per i colonizzatori sabaudi. I rigeneratori, i nuovi colonizzatori, addossarono la colpa di ciò a monsignor Tipaldi il quale fu multato ed incarcerato. I garibaldini il primo di ottobre stamparono una lettera che fecero circolare per la città e indirizzata alla Guardia Nazionale:” i preti, complici del papa. Sono come lui, vostri nemici; lavatevi di questa sozzura. Ogni volta che sul vostro passaggio si incontra la grottesca figura del figlio del sanfedismo e dell’Inquisizione, dovete come schifosa schiacciarla. Fate sparire dalla luce del sole quei cappelloni multiformi, simbolo per l’Italia di miserie e vergogne di diciotto secoli.”(Giacinto De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Edizioni Brenner, Cosenza, 1985, pag. 472)  Garibaldi non sapeva che a Napoli l’inquisizione non aveva mai messo piede e che i sanfedisti avevano cacciato in mare i bastardi giacobini che al pari dei piemontesi avevano spogliato il popolo di ogni ben di Dio.
Come già si era praticato in Piemonte dal 1847 in poi, si cominciò a dar luogo all’esproprio dei beni della Chiesa. Prima ancora che fosse fatta la cosiddetta unità d’Italia, con decreto del 17 febbraio del 1861, il Carignano dichiarò cessati gli enti morali e le case monastiche di ambo i sessi, le congregazioni regolari: monaci e suore furono scacciati dai loro conventi dopo di che i liberatori fanno a gara nel depredare le ricchezze dei monasteri.
Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù diceva ai suoi discepoli:”Raccogliete le pietre che i vostri persecutori vi lanciano e con le stesse fabbricherete un’altra casa”.( Giuseppe Buttà, Viaggio da Boccadifalco a Gaeta, Bompiani, 1985, pag.243)
Il Garibaldi, pontefice massimo della massoneria nel Regno delle Due Sicilie, da Londra ricevette un ordine preciso:desertificare le coscienze della gente del Sud e distruggere la Chiesa Cattolica, l’unica in grado, col tempo, di stanare dalle fogne gli incappucciati di casa Savoia. I primi ad essere perseguitati ed esiliati dal suo governo dittatoriale  furono il vescovo di Montuoro, di Bovino, il cardinale di Napoli, l’arcivescovo di Reggio e quello di Sorrento; non vollero sottomettersi ai voleri del nizzardo, osannato dalla massoneria come il liberatore nonché come  il portatore dei germi della libertà. La libertà che il nizzardo portava era quella di rubare e  fucilare la classe contadina ed operaia in nome di casa Savoia e smantellare i beni della Chiesa che davano lavoro a migliaia di contadini, assistenza a migliaia di vecchi, di vedove, di orfani, di bambini ed un po’ di dignità ai bisognosi.
Il cardinale di Napoli, primo vescovo del Regno, fu esiliato a Marsiglia il 21 Settembre; lo seguì dopo sei giorni di carcere alla Concordia, l’arcivescovo di Sorrento mons. Francesco Saverio Apuzzo. La Chiesa di Roma fu perseguitata senza sosta dal criminale senza orecchie, (come ce lo ha presentato nel suo libro Vincenzo Gulì, Il saccheggio del Sud)1,(inserire foto di garibaldi con il lobo dell’orecchio sinistro mozzato) il fanatico giacobino che pensava di distruggere la Fede con l’esilio dei vescovi, con la fucilazione dei preti e dei contadini, con  l’esproprio dei beni ecclesiastici. Costui sapeva bene che nel Regno Felice non vi era praticamente disoccupazione e l’emigrazione era parola sconosciuta, che quasi tutti avevano un lavoro dignitoso e le donne procreavano sempre più bambini; società che molti chiamavano socialismo ma che i cattolici chiamavano “ Società di Cristo” ossia  una società solidale con i più deboli,una società ove i  parassiti erano tutti liberali.  I propugnatori di quella società di uguali, da sempre, sono stati i Gesuiti. L’ 11 Settembre il carognone abolì la benemerita Compagnia di Gesù; 400 padri Gesuiti furono espulsi dai conventi e buttati sulla strada. La massoneria “... perseguita la Compagnia di Gesù perché essa è il martello che stritola gli empii, essendo la più dotta difensrice dei diritti di Santa Romana Chiesa” ( Giuseppe Buttà, Viaggio da Boccadifalco a Gaeta, pag. 243) I beni dei Gesuiti furono incamerati dai savoiardi. A tal fine si costituì una apposita giunta per legalizzare il furto. Viva l’Italia!
Nel 1818 l’alleanza sanfedista e controrivoluzionaria tra il papato ed i Borbone fu suggellata con un concordato. Il clero fu messo in una posizione privilegiata nel contesto della società civile e subalterna rispetto ai poteri dello Stato. ( Franco Molfese, Storia del brigantaggio dopo l’Unità,Giangiacono Feltrinelli Editore, Milano, 1983, pag 63) Ciò fu fatto per combattere lo strapotere dei latifondisti e dare alla gente più potere, giacchè, solo la Chiesa era in grado di temperare la potenza dei capitalisti del tempo.
La Chiesa, secondo una statistica del 1848, nella sola parte continentale del Regno delle Due Sicilie era influente, economicamente potentissima.                                                                                                Gli ordini monastici erano 39 e contavano più di 12000 membri; possedevano 848 case madri, terreni e conventi, un patrimonio stimato in quasi 40 milioni di lire dell’epoca( mille lire di allora equivalevano a circa 6 milioni di lire del 1977)
Gli ordini Religiosi femminili erano 13 con 250 case e 5000 componenti mentre l’Episcopato era formato da 20 arcivescovi e settantasette vescovi, il cui patrimonio si aggirava sui 39 milioni di lire del 1848.( Franco Molfese, Ibidem, pag 63) Insomma, 79 milioni di lire, a tanto ammontavano i beni della Chiesa e Cavour lo sapeva, un vero tesoro, una montagna di denaro fresco incamerato dal Piemonte e dal Nord. Da considerare che, nel 1861 il Piemonte contribuì al Tesoro italiano con soli 27 milioni di lire. I savoiardi saccheggiarono quelle ricchezze per eliminare il loro debito pubblico di 1,150,000,000 di lire del 1860, una vera voragine debitoria, e per dare luogo alla industrializzazione della Padania, oggi  terminata. Questo  Stato oggi sta vendendo ancora beni demaniali del Sud, sempre per alleggerire il debito pubblico.
... la protesta di Padre Beckx
A pagina  XII del suo libro “ Erinnnerungen” ( Ricordanze) mai tradotto in italiano, Ludwig Richard Zimmerman, che aveva militato da partigiano nella brigata di Luigi Alonzi detto  Memmo Chiavone, ci fa sapere che secondo i dati ufficiali dei primi nove mesi del 1861 nell’ex Regno delle Due Sicilie furono uccisi 19.572  briganti efiancheggiatori, dei quali 10.604 in combattimento, 1841 fucilati subito sul posto dove erano stati arrestati,” ohne  Urteil “(senza sentenza, quindi senza giudizio) ( vedi pure  Michele Topa a pag. 26 de I Briganti di Sua Maestà) e 7127 passati per le armi poche ore dopo la cattura. Nello stesso periodo ne furono incarcerati, come sospetti 13.629, furono distrutti 14 paesi e centinaia di fattorie agricole. Secondo lo storico Giacinto De Sivo  “ ... a mezzo agosto del 1861 i giornali stamparono la statistica delle vittime nel Napoletano in nove mesi, noverano 8.968 fucilati,10.604 feriti; 6112 prigionieri; 64 sacerdoti fucilati e 22 frati, 918 case arse, sei paesi dati a fuoco, 2903 famiglie perquisite, 12 chiese saccheggiate,60 ragazzi e 48 donne uccise, 13.629 arrestati, 1428 comuni sollevati. ( Giacinto De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Edizioni Brenner, Cosenza, 1985, pag.447)  

 ...39.000 dei quali parte scannati, parte sepolti nelle rovine, parte arsi...
Nel 1861 venne pure pubblicato, anonimo, un opuscolo dal titolo Fatti ed argomenti, nel quale troviamo scritto che:...da Cialdini e Pinelli furono fatti bruciare e assolutamente distruggere, sino ad ora, tredici paesi in ringraziamento al suffragio universale[...]Auletta, abitanti 3548. Casalduni, 4949 abitanti. Montefalcone nel Principato Ulteriore, 3192 abitanti. San Marco in Calabria Ulteriore. Rignano in Capitanata, 1.807 abitanti. Viesti, 6000 abitanti. Vico di Palma, 500 abitanti. Barile, in Basilicata. Campochiaro, nel Molise, 2000 abitanti e Guardiaregia pure nel Molise con 2.300 abitanti. A questi aggiungi Spinelli e Cotronei ( l’anonimo scrittore dimenticò di aggiungere Pontelandolfo e Gaeta distrutta da oltre 160 mila bombe) e ne avrai una popolazione di oltre trentanovemila abitanti, dei quali parte furono scannati, parte sepolti nelle rovine, o arsi dalle fiamme; il rimanente che potè sottrarsi all’eccidio è costretto a vagare qua e là...>>.


1 Vincenzo Gulì, Il saccheggio del Sud, Campania Bella, 1998, Cercola (Napoli)

Capitolo tratto dal libro di Antonio Ciano " Le stragi e gli eccidi dei Savoia"

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Capitolo tratto dal libro di Antonio Ciano " Le stragi e gli eccidi dei Savoia"

Religiosi carcerati o perseguitati da Cavour     
  I religiosi cattolici che conobbero le manette e le mura delle carceri piemontesi furono moltisimi. Farne un elenco dettagliato sembra impossibile dato gli archivi sono polverosi e non sono mai stati visitati dagli storici di regime, e sempre che si siano salvati dall’incuria e dalla mano nascondereccia dei nostri governanti.  Molti monaci e preti furono salvati dalla gente insorta, altri furono torturati,di alcuni non si è mai saputo niente, di altri,  malmenati e torturati non si è mai parlato negli atti ufficiali. Molti monaci e preti furono fucilati: nel Regno delle Due Sicilie, nei soli primi mesi di occupazione, ne furono uccisi una sessantina. Tutto in nome del liberalismo, in nome della legalità, in nome della libertà, in nome dell’Italia una e sotto la tirannide dei Savoia. Diamo qui di seguito un elenco di religiosi arrestati o perseguitati da Cavour nelle  Legazioni Pontificie e nel Granducato di Toscana, subito dopo l’annessione:
L’arcivescovo di Pisa.
Il vescovo di Faenza.
Il vicario generale di Bologna.
Il vescovo di Piacenza e 21 dei 28 canonici del Capitolo della Chiesa Cattedrale.
Il cardinale Baluffi vescovo di Imola.
Un parroco di Chiavari imprigionato il 18 Maggio.
Il vescovo di Carpi imprigionato assieme a sei suoi preti, inoltre fu chiuso il seminario di Piacenza;
Decine di preti furono licenziati dalle scuole piemontesi.
Il vescovo di Parma fu costretto a fuggire.
Un prete di Glielarga in Sardegna viene incarcerato per aver fatto suonare le campane a morto durante la festa dello Statuto.
I Padri Camillini di Ferrara furono imprigionati ed esiliati in Toscana.
Le dame del Sacro Cuore di Milano furono fatte sloggiare ed esiliate.
Il 25 maggio furono imprigionati due gesuiti piemontesi che vivevano a Torino.
A Cuneo furono perquisite quasi tutte le case dei sacerdoti  della diocesi.
Il 26 maggio a Torino fu perquisito l’oratorio di Don Giovanni Bosco, vera istituzione di beneficenza ed assistenza ai ragazzi.
Il 26 maggio, dopo una perquisizione, morì di crepacuore Don Cafasso, vera istituzione a Torino.
Il 23 maggio  fu destituito il sacerdote Manero di Mondovì, reo di non aver cantato il Te Deum alla festa dello Statuto.
Il 25 maggio fu arrestato a Casalmaggiore un prete.
A Modena fu arrestato un religioso non troppo rispettoso di un proclama di Garibaldi.
A Ravenna venne arrestato il parroco dei S.S. Simone e Giuda.
Il 27 Maggio fu arrestato a Forlì don Reginaldo Barbiani per non aver voluto cantare il Te Deum.
A Lodi quasi tutti i preti ebbero guai con la polizia.
A Casalpusterlengo il popolo si ribellò all’arresto del proprio parroco che fu rimesso in libertà.
A Forlì un prete fu destituito per aver negato l’assoluzione ad un volontario piemontese ossia a un mercenario.
Il canonico Ortalda di Torino fu perquisito e arrestato.
Il 28 maggio furono incarcerati i rettori di Bibila e Posara.
A Modena fu arrestato un parroco.
Con le annessioni delle Marche e dell’Umbria alle persecuzioni si aggiungono le fucilazioni. 
(Civiltà Cattolica, Serie IV, Vol. VII, Anno 1860, pp.243-244)
Carolina
Ma chi ordiva  carcerazioni e perquisizioni? Per certo la responsabilità va ascritta per intero al Primo Ministro savoiardo ossia a Camillo Benso di Cavour, ma mente malefica ne era  Farini, ministro della Polizia, medico fallito e massone, divenuto cospiratore(Civ. Cattolica, Serie IV, Vol. VII, Anno 1860, pag. 375) per abbattere i legittimi governi dei Ducati e del Granducato di Toscana. Lui cospiratore vedeva cospiratori dappertutto, specie nel clero. Qualche guascone o burlone toscano, con lettera  anonima, spifferò al superministro della polizia sabauda che i cattolici si erano riuniti in una società segreta denominata Carolina, , una setta segreta  come  quella cui apparteneva lo stesso ministro e tutto l’entourage savoiardo. Da quella denuncia il Farini prese a  perquisire ed incarcerare  vescovi e  preti ad ispezionare e controllare tutta la corrispondenza del regno sabaudo  sottomenttendo il Piemonte e gli Stati recentemente annessi ad una cappa di piombo, e si coprì di ridicolo quando fece arrestare un prete di Modena di nome Colonna, reo di aver ritirato una lettera indirizzata ad una certa signora Carolina Forte. Grande fu il   divertimento dei giocherelloni toscani, ma i religiosi pativano lunghi mesi di prigione.
… e nel Regno delle due Sicilie
Durante la tornata del 14 luglio del 1862, al Parlamento piemontese di Torino, autonominatosi italiano, messe in discussione la resistenza filo-borbonica e le misure di repressione, si dà mano alle statistiche: nei territori dell’ex Regno delle Due Sicilie ben 54 arcivescovi e vescovi su 61, sono messi al bando e processati (Luisa Sangiuolo, Il Brigantaggio nella provincia di Benevento,Tipografia De Martini S.p.A, Benevento,1975).
Dal preziosissimo libro della Sangiuolo apprendiamo che anche nel beneventano vi furono, come in tutta Italia, carcerazioni di preti. Il Conte di Cavour, assertore della formula “libera Chiesa in libero Stato”, di concerto col Ministero dell’Interno,  considerava, in base al decreto del 24 settembre del 1860, sovvertitori della pubblica quiete, quanti, parroci e sacerdoti, rifiutassero di celebrare i propri uffici.. Ed erano quasi la totalità nel Sud.
A Montesarchio, su denuncia del sindaco De Simone, il giudice del circondario rinvia a giudizio don Michele Grassi, reo di “ fatto delittuoso”, per non essere intervenuto al Te Deum e per non aver plaudito al Vittorione. Sempre dal libro della Sangiuolo apprendiamo che l’11 dicembre 1861, nel cerretese, fu arrestata dal delegato di polizia, una suora, Maria Crocefissa, al secolo Emilia Baldari, rea di essersi fermata a parlare col canonico della cattedrale, don Francesco De Carlo, noto borbonico, e di essersi lamentata della inumanità dei piemontesi che, in modo sommario fucilavano i contadini.
Col nuovo anno si punta più in alto, fu arrestato e detenuto nel carcere della Concordia a Napoli  monsignor Luigi Sodo, vescovo di Cerreto. Il processo  nei suoi confronti si concluse con l’assoluzione. Dall’opera della Sangiuolo leggiamo:”...le intimidazioni ai sacerdoti accompagnate da arresti e nel più blando dei casi, dalla perdita dell’emolumento per l’uffizio, sono di ispirazione cavourriana; anche dopo la morte dello statista avvenuta il 6 giugno del 1861, la destra storica continua la sua linea politica: stretta osservanza del decreto del 20 settembre del 1860, controllo poliziesco minuzioso, severissima censura sulla stampa, sequestro dei giornali di opposizione...a Benevento Silvio Spaventa manda una lista di giornali da sequestrare, tra i radicali(allora partito della sinistra, ndr) Lo Zenzero, La Patria di Firenze, Il Diritto di  Torino, Il Movimento di Genova, La Provvidenza del Popolo di Bologna, L’Unità Italiana, Il Lombardo di Milano, Il Patriota di Parma: tra i giornali reazionari: Il Contemporaneo di Firenze, L’Armonia, Il Piemonte, Il Subalpino di Torino, Lo Stendardo Cattolico di Genova, L’Eco di Bologna, Il Difensore Cattolico di Modena, L’Ingenuo di Livorno...”.( Luisa Sangiuolo, Ibidem, pag 52)
Degli ottantotto arcivescovadi che erano sul continente dell’ex Reame ben settantuno erano vacanti. Tutti i loro Pastori scacciati e perseguitati. Le sedi arcivescovili vacanti erano le seguenti: Acerenza,Acerra, Amalfi, Andria, Anglona, Aquino, Altamura, Aquila, Ascoli, Aversa, Avellino, Bari, Bitonto, Bova, Bovino, Brindisi, Caiazzo, Calvi, Capaccio, Caserta, Castellaneto, Castellammare, Catanzaro, Cerreto, Chieti, Crotone, Foggia, Gaeta, Gravina, Ischia, Isernia, Lacedonia, Lauriano, Manfredonia, Marsi, Marsico, Melfi, Mileto, Molfetta, Monopoli, Montevergine, Muro, Napoli, Nicastro, Nicotera, Nola, Oria, Rapolla, Reggio, Rossano,Ruvo, Salerno, Sant’Angelo de’Lombardi, S.Agata de’Goti, Sessa, S.Marco, Sora, Sorrento, Sulmona, Squillace, Taranto, Termoli, Trani, Tricarico, Troia, Tursi, Ugento, Valle Capaccio, Venosa, oltre che Benevento e forse altre ancora.( Giacinto de’Sivo, Storia delle Due Sicilie, Vol.II, pag 465)
Pio IX, con un’allocuzione mise in luce le angherie che la Chiesa subiva nel Reame, denunciò al mondo la soppressione delle libertà operata dalla feccia nordista, la soppressione dei giornali di opposizione, le città eccidiate ed incendiate, la prigionia di vescovi e preti, la fucilazione di migliaia di contadini e, per tutta risposta:”...i giornali compri(venduti al nuovo regime tirannico)accusavanlo di proteggere i briganti, e di avere duro cuore per l’Italia; quasi la fittizia Italia che arde e fucila dovesse meritare l’approvazione del vicario di Dio”( De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Vol. II, pag 465)
Cialdini imprigionò monsignor Maresca, vicario generale di Napoli ed altri cinque sacerdoti, lo scarcerò solo dopo che un mortale morbo, dovuto alla sporcizia del luogo, ebbe colpito il prelato.
La giunta luogotenenziale di Napoli non perse tempo a sequestrare le rendite e le mense degli arcivescovadi e degli istituti di beneficenza: sul territorio continentale delle Due Sicilie ve ne erano ben 8539 con reddito di 2.579.839 ducati lasciati alla Chiesa dai nostri padri ed incamerati dal governo piemontese ( De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Edizioni Brenner, Cosenza,pag 471).
L’immenso Albergo dei Poveri fatto costruire dai Borbone per togliere dalle strade i mendicanti e dar loro un letto ed un lavoro, per dare ai ragazzi un mestiere, diventò luogo di miseria, di rapine,  semenzaio di immoralità. Mandarono fotografi a ritrarre le più belle alunne e poi, riferisce il il De Sivo a pag 417 del citato suo libro, inviarono  l’effigie a Torino, per la scelta! Furono dichiarate brigantesse le maestre e le allieve degli educandati dei Miracoli e San Marcellino che non avevano voluto giurare ai nuovi rigeneratori e non avevano voluto cantare il Te Deum per i colonizzatori sabaudi. I rigeneratori, i nuovi colonizzatori, addossarono la colpa di ciò a monsignor Tipaldi il quale fu multato ed incarcerato. I garibaldini il primo di ottobre stamparono una lettera che fecero circolare per la città e indirizzata alla Guardia Nazionale:” i preti, complici del papa. Sono come lui, vostri nemici; lavatevi di questa sozzura. Ogni volta che sul vostro passaggio si incontra la grottesca figura del figlio del sanfedismo e dell’Inquisizione, dovete come schifosa schiacciarla. Fate sparire dalla luce del sole quei cappelloni multiformi, simbolo per l’Italia di miserie e vergogne di diciotto secoli.”(Giacinto De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Edizioni Brenner, Cosenza, 1985, pag. 472)  Garibaldi non sapeva che a Napoli l’inquisizione non aveva mai messo piede e che i sanfedisti avevano cacciato in mare i bastardi giacobini che al pari dei piemontesi avevano spogliato il popolo di ogni ben di Dio.
Come già si era praticato in Piemonte dal 1847 in poi, si cominciò a dar luogo all’esproprio dei beni della Chiesa. Prima ancora che fosse fatta la cosiddetta unità d’Italia, con decreto del 17 febbraio del 1861, il Carignano dichiarò cessati gli enti morali e le case monastiche di ambo i sessi, le congregazioni regolari: monaci e suore furono scacciati dai loro conventi dopo di che i liberatori fanno a gara nel depredare le ricchezze dei monasteri.
Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù diceva ai suoi discepoli:”Raccogliete le pietre che i vostri persecutori vi lanciano e con le stesse fabbricherete un’altra casa”.( Giuseppe Buttà, Viaggio da Boccadifalco a Gaeta, Bompiani, 1985, pag.243)
Il Garibaldi, pontefice massimo della massoneria nel Regno delle Due Sicilie, da Londra ricevette un ordine preciso:desertificare le coscienze della gente del Sud e distruggere la Chiesa Cattolica, l’unica in grado, col tempo, di stanare dalle fogne gli incappucciati di casa Savoia. I primi ad essere perseguitati ed esiliati dal suo governo dittatoriale  furono il vescovo di Montuoro, di Bovino, il cardinale di Napoli, l’arcivescovo di Reggio e quello di Sorrento; non vollero sottomettersi ai voleri del nizzardo, osannato dalla massoneria come il liberatore nonché come  il portatore dei germi della libertà. La libertà che il nizzardo portava era quella di rubare e  fucilare la classe contadina ed operaia in nome di casa Savoia e smantellare i beni della Chiesa che davano lavoro a migliaia di contadini, assistenza a migliaia di vecchi, di vedove, di orfani, di bambini ed un po’ di dignità ai bisognosi.
Il cardinale di Napoli, primo vescovo del Regno, fu esiliato a Marsiglia il 21 Settembre; lo seguì dopo sei giorni di carcere alla Concordia, l’arcivescovo di Sorrento mons. Francesco Saverio Apuzzo. La Chiesa di Roma fu perseguitata senza sosta dal criminale senza orecchie, (come ce lo ha presentato nel suo libro Vincenzo Gulì, Il saccheggio del Sud)1,(inserire foto di garibaldi con il lobo dell’orecchio sinistro mozzato) il fanatico giacobino che pensava di distruggere la Fede con l’esilio dei vescovi, con la fucilazione dei preti e dei contadini, con  l’esproprio dei beni ecclesiastici. Costui sapeva bene che nel Regno Felice non vi era praticamente disoccupazione e l’emigrazione era parola sconosciuta, che quasi tutti avevano un lavoro dignitoso e le donne procreavano sempre più bambini; società che molti chiamavano socialismo ma che i cattolici chiamavano “ Società di Cristo” ossia  una società solidale con i più deboli,una società ove i  parassiti erano tutti liberali.  I propugnatori di quella società di uguali, da sempre, sono stati i Gesuiti. L’ 11 Settembre il carognone abolì la benemerita Compagnia di Gesù; 400 padri Gesuiti furono espulsi dai conventi e buttati sulla strada. La massoneria “... perseguita la Compagnia di Gesù perché essa è il martello che stritola gli empii, essendo la più dotta difensrice dei diritti di Santa Romana Chiesa” ( Giuseppe Buttà, Viaggio da Boccadifalco a Gaeta, pag. 243) I beni dei Gesuiti furono incamerati dai savoiardi. A tal fine si costituì una apposita giunta per legalizzare il furto. Viva l’Italia!
Nel 1818 l’alleanza sanfedista e controrivoluzionaria tra il papato ed i Borbone fu suggellata con un concordato. Il clero fu messo in una posizione privilegiata nel contesto della società civile e subalterna rispetto ai poteri dello Stato. ( Franco Molfese, Storia del brigantaggio dopo l’Unità,Giangiacono Feltrinelli Editore, Milano, 1983, pag 63) Ciò fu fatto per combattere lo strapotere dei latifondisti e dare alla gente più potere, giacchè, solo la Chiesa era in grado di temperare la potenza dei capitalisti del tempo.
La Chiesa, secondo una statistica del 1848, nella sola parte continentale del Regno delle Due Sicilie era influente, economicamente potentissima.                                                                                                Gli ordini monastici erano 39 e contavano più di 12000 membri; possedevano 848 case madri, terreni e conventi, un patrimonio stimato in quasi 40 milioni di lire dell’epoca( mille lire di allora equivalevano a circa 6 milioni di lire del 1977)
Gli ordini Religiosi femminili erano 13 con 250 case e 5000 componenti mentre l’Episcopato era formato da 20 arcivescovi e settantasette vescovi, il cui patrimonio si aggirava sui 39 milioni di lire del 1848.( Franco Molfese, Ibidem, pag 63) Insomma, 79 milioni di lire, a tanto ammontavano i beni della Chiesa e Cavour lo sapeva, un vero tesoro, una montagna di denaro fresco incamerato dal Piemonte e dal Nord. Da considerare che, nel 1861 il Piemonte contribuì al Tesoro italiano con soli 27 milioni di lire. I savoiardi saccheggiarono quelle ricchezze per eliminare il loro debito pubblico di 1,150,000,000 di lire del 1860, una vera voragine debitoria, e per dare luogo alla industrializzazione della Padania, oggi  terminata. Questo  Stato oggi sta vendendo ancora beni demaniali del Sud, sempre per alleggerire il debito pubblico.
... la protesta di Padre Beckx
A pagina  XII del suo libro “ Erinnnerungen” ( Ricordanze) mai tradotto in italiano, Ludwig Richard Zimmerman, che aveva militato da partigiano nella brigata di Luigi Alonzi detto  Memmo Chiavone, ci fa sapere che secondo i dati ufficiali dei primi nove mesi del 1861 nell’ex Regno delle Due Sicilie furono uccisi 19.572  briganti efiancheggiatori, dei quali 10.604 in combattimento, 1841 fucilati subito sul posto dove erano stati arrestati,” ohne  Urteil “(senza sentenza, quindi senza giudizio) ( vedi pure  Michele Topa a pag. 26 de I Briganti di Sua Maestà) e 7127 passati per le armi poche ore dopo la cattura. Nello stesso periodo ne furono incarcerati, come sospetti 13.629, furono distrutti 14 paesi e centinaia di fattorie agricole. Secondo lo storico Giacinto De Sivo  “ ... a mezzo agosto del 1861 i giornali stamparono la statistica delle vittime nel Napoletano in nove mesi, noverano 8.968 fucilati,10.604 feriti; 6112 prigionieri; 64 sacerdoti fucilati e 22 frati, 918 case arse, sei paesi dati a fuoco, 2903 famiglie perquisite, 12 chiese saccheggiate,60 ragazzi e 48 donne uccise, 13.629 arrestati, 1428 comuni sollevati. ( Giacinto De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Edizioni Brenner, Cosenza, 1985, pag.447)  

 ...39.000 dei quali parte scannati, parte sepolti nelle rovine, parte arsi...
Nel 1861 venne pure pubblicato, anonimo, un opuscolo dal titolo Fatti ed argomenti, nel quale troviamo scritto che:...da Cialdini e Pinelli furono fatti bruciare e assolutamente distruggere, sino ad ora, tredici paesi in ringraziamento al suffragio universale[...]Auletta, abitanti 3548. Casalduni, 4949 abitanti. Montefalcone nel Principato Ulteriore, 3192 abitanti. San Marco in Calabria Ulteriore. Rignano in Capitanata, 1.807 abitanti. Viesti, 6000 abitanti. Vico di Palma, 500 abitanti. Barile, in Basilicata. Campochiaro, nel Molise, 2000 abitanti e Guardiaregia pure nel Molise con 2.300 abitanti. A questi aggiungi Spinelli e Cotronei ( l’anonimo scrittore dimenticò di aggiungere Pontelandolfo e Gaeta distrutta da oltre 160 mila bombe) e ne avrai una popolazione di oltre trentanovemila abitanti, dei quali parte furono scannati, parte sepolti nelle rovine, o arsi dalle fiamme; il rimanente che potè sottrarsi all’eccidio è costretto a vagare qua e là...>>.


1 Vincenzo Gulì, Il saccheggio del Sud, Campania Bella, 1998, Cercola (Napoli)

Capitolo tratto dal libro di Antonio Ciano " Le stragi e gli eccidi dei Savoia"

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1 commento:

Carmine Colacino ha detto...

Quello che dice Ciano è sicuramente vero, ma a noi come meridionali che ci importa della perdita di potere della chiesa cattolica? Quello se l'è già ripreso con gli interessi, e da tempo. Lo Stato italiano versa ogni anno al Vaticano svariati miliardi (e di questo solo una minima parte vanno in assistenza ai bisognosi).
Se il Sud avesse avuto i soldi che riceve il Vaticano ogni anno, altro che sviluppo...
Lasciamo al Vaticano fare la sua lotta di retroguardia da sola... è ovvio che intende sostituire alla menzogna risorgimentale un'altra menzogna nella quale le vittime non sono piú i meridionali, ma la chiesa... e poi la chiesa ha avuto spazio incontrastato al sud per secoli, con il risultato di diffondere solo superstizione ed ignoranza (qualcuno ricorderà quei lazzari napoletani del 1799 che credevano di essere invulnerabili alle palle francesi perché cosí gli aveva assicurato il prete).
La fine del potere temporale della chiesa cattolica è stato un sottoprodotto del risorgimento, forse l'unica cosa positiva di valenza generale (è ovvio che, nello specifico, al nord è andata meglio che al sud)...
Guardiamo avanti, al futuro, non c'è bisogno di farsi portavoci - in particolare come PdSUD - del vittimismo dei cattolici...

 
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