lunedì 14 maggio 2012

Le nostre tasse inumane e folli le descriveva già Einaudi


David Bidussa
La nostra tassazione folle, e l’esistenza di un’evasione fiscale necessaria solo alla sussistenza, nelle parole di Luigi Einaudi. Che spiegava come, nei paesi di cultura anglosassone, la conoscenza della nostra pressione fiscale reale avrebbe procurato, semplicemente, terrore.
Luigi Einaudi
Luigi Einaudi

Da queste poche considerazioni di Luigi Einaudi stese nel 1950, possiamo capire meglio quanto lo scenario odierno sia ancora identico ad allora (fatta salva la differenza di redditi calcolata, all'epoca, in dollari). Ma è la sostanza quella che rimane. E la sostanza, per dirla sempre con parole di Einaudi, è presto detta ed è la seguente: «La distribuzione del carico – scrive nel novembre 1952, ovvero due anni dopo la nota che è riportata qui sotto – è sperequata a danno dei consumatori, ossia della generalità dei cittadini, ed a favore degli agiati e dei ricchi. Le statistiche ci dicono che le imposte dirette hanno fruttato negli ultimi esercizi dal 14 al 16% e quelle indirette circa l’80% delle entrate totali».
Si potrebbe dire: è cambiato qualcosa da allora? Sarebbe un’osservazione troppo facile e che lascerebbe il tempo che trova. Io preferisco concludere diversamente e dire, invece, che in queste poche righe sta una lezione intellettuale che ci riguarda: una lezione che le persone di studio e di azione – senza escludere nessuno, e dunque anche compreso me che scrivo – dovrebbero meditare per apprendere che il progresso di un paese non si fonda sulle “dottrine” precostituite, ma sulla critica di quanto è frutto di quelle dottrine e delle credenze, nate fallaci o col tempo diventate tali.
Chi paga le imposte in Italia? - Luigi Einaudi.
La riforma fiscale darà anche alla lunga risultati buoni, ma importa protestare nel modo più reciso contro l’opinione corrente negli Stati Uniti e nell’Inghilterra che in Italia si paghino poche imposte. Il paragone con gli altri paesi dimostra che il contribuente italiano sopporta un carico d’imposta di gran lunga superiore a quello del contribuente inglese e del contribuente americano. (…)
Se il sacrificio del contribuente italiano è certamente maggiore di quello inglese od americano, è esso forse peggio distribuito? Certamente la distribuzione del carico tributario potrà e dovrà mutare in Italia, diminuendo la quota gravante sui consumi e crescendo la quota gravante sui redditi e sui patrimoni. Anche a questo riguardo le cifre che comunemente si ricordano danno tuttavia un’impressione falsa a scapito dell’Italia.
Tra le imposte le quali gravitano sui capitali ve ne sono infatti di quelle che sono in Italia catalogate fra le tasse ed imposte indirette sugli affari, ed altre poste fra le miscellanee. Grosso modo si può dire che, oggi in Italia forse il 33% colpisce i redditi ed i capitali ed il 66% i consumi. La proporzione dovrà essere cambiata. (…)
E’ lecito ricordare che, sotto taluni aspetti, la legislazione tributaria italiana è più avanzata di quella sia dell’Inghilterra, come degli Stati Uniti. La distinzione, ad esempio, fra redditi guadagnati e redditi non guadagnati che in Inghilterra fu introdotta soltanto, se non si va errati, nel 1896, in Italia era stata introdotta, in forma assai più perfetta, sin dal 1864.
Ed è anche lecito ricordare che la distribuzione dell’imposta sui redditi della terra ha qualcosa da insegnare a tutti i paesi stranieri.
Se è difficile fare accertamenti esatti dei redditi in Italia non dimentichiamo che la tassazione comincia assai più dal basso e si innalza presto ad aliquote alte, prima che in altri paesi. Spesso si dimentica che le imposte sullo stesso reddito sono parecchie in Italia. Se si sommano anche solo le imposte reali (terreni, fabbricati e ricchezza mobile), le relative sovrimposte locali, l’imposta complementare progressiva sul reddito e l’imposta di famiglia, il medio contribuente americano rimarrebbe a sentire certe cifre nostrane terrorizzato, lui che, se è padre di famiglia ed ha due figli, sino a millecinquecento dollari circa non paga imposta federale sul reddito. In Italia, costui se denunciasse il vero, dovrebbe morir di fame. Un contribuente italiano professionista o commerciante, con seimila dollari di reddito, dovrebbe pagare, se denunciasse il vero, il 75% almeno del reddito a titolo di imposte varie.
La riforma tributaria non avrà mai alcun successo se non si ridurranno le tassazioni a limiti più umani.
tratto da: Luigi Einaudi, Lo scrittorio del Presidente (1948-1955), Giulio Einaudi Editore, Torino 1956, pp. 282-285.


Fonte: http://www.linkiesta.it/einaudi-attualita#ixzz1up92We2J
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David Bidussa
La nostra tassazione folle, e l’esistenza di un’evasione fiscale necessaria solo alla sussistenza, nelle parole di Luigi Einaudi. Che spiegava come, nei paesi di cultura anglosassone, la conoscenza della nostra pressione fiscale reale avrebbe procurato, semplicemente, terrore.
Luigi Einaudi
Luigi Einaudi

Da queste poche considerazioni di Luigi Einaudi stese nel 1950, possiamo capire meglio quanto lo scenario odierno sia ancora identico ad allora (fatta salva la differenza di redditi calcolata, all'epoca, in dollari). Ma è la sostanza quella che rimane. E la sostanza, per dirla sempre con parole di Einaudi, è presto detta ed è la seguente: «La distribuzione del carico – scrive nel novembre 1952, ovvero due anni dopo la nota che è riportata qui sotto – è sperequata a danno dei consumatori, ossia della generalità dei cittadini, ed a favore degli agiati e dei ricchi. Le statistiche ci dicono che le imposte dirette hanno fruttato negli ultimi esercizi dal 14 al 16% e quelle indirette circa l’80% delle entrate totali».
Si potrebbe dire: è cambiato qualcosa da allora? Sarebbe un’osservazione troppo facile e che lascerebbe il tempo che trova. Io preferisco concludere diversamente e dire, invece, che in queste poche righe sta una lezione intellettuale che ci riguarda: una lezione che le persone di studio e di azione – senza escludere nessuno, e dunque anche compreso me che scrivo – dovrebbero meditare per apprendere che il progresso di un paese non si fonda sulle “dottrine” precostituite, ma sulla critica di quanto è frutto di quelle dottrine e delle credenze, nate fallaci o col tempo diventate tali.
Chi paga le imposte in Italia? - Luigi Einaudi.
La riforma fiscale darà anche alla lunga risultati buoni, ma importa protestare nel modo più reciso contro l’opinione corrente negli Stati Uniti e nell’Inghilterra che in Italia si paghino poche imposte. Il paragone con gli altri paesi dimostra che il contribuente italiano sopporta un carico d’imposta di gran lunga superiore a quello del contribuente inglese e del contribuente americano. (…)
Se il sacrificio del contribuente italiano è certamente maggiore di quello inglese od americano, è esso forse peggio distribuito? Certamente la distribuzione del carico tributario potrà e dovrà mutare in Italia, diminuendo la quota gravante sui consumi e crescendo la quota gravante sui redditi e sui patrimoni. Anche a questo riguardo le cifre che comunemente si ricordano danno tuttavia un’impressione falsa a scapito dell’Italia.
Tra le imposte le quali gravitano sui capitali ve ne sono infatti di quelle che sono in Italia catalogate fra le tasse ed imposte indirette sugli affari, ed altre poste fra le miscellanee. Grosso modo si può dire che, oggi in Italia forse il 33% colpisce i redditi ed i capitali ed il 66% i consumi. La proporzione dovrà essere cambiata. (…)
E’ lecito ricordare che, sotto taluni aspetti, la legislazione tributaria italiana è più avanzata di quella sia dell’Inghilterra, come degli Stati Uniti. La distinzione, ad esempio, fra redditi guadagnati e redditi non guadagnati che in Inghilterra fu introdotta soltanto, se non si va errati, nel 1896, in Italia era stata introdotta, in forma assai più perfetta, sin dal 1864.
Ed è anche lecito ricordare che la distribuzione dell’imposta sui redditi della terra ha qualcosa da insegnare a tutti i paesi stranieri.
Se è difficile fare accertamenti esatti dei redditi in Italia non dimentichiamo che la tassazione comincia assai più dal basso e si innalza presto ad aliquote alte, prima che in altri paesi. Spesso si dimentica che le imposte sullo stesso reddito sono parecchie in Italia. Se si sommano anche solo le imposte reali (terreni, fabbricati e ricchezza mobile), le relative sovrimposte locali, l’imposta complementare progressiva sul reddito e l’imposta di famiglia, il medio contribuente americano rimarrebbe a sentire certe cifre nostrane terrorizzato, lui che, se è padre di famiglia ed ha due figli, sino a millecinquecento dollari circa non paga imposta federale sul reddito. In Italia, costui se denunciasse il vero, dovrebbe morir di fame. Un contribuente italiano professionista o commerciante, con seimila dollari di reddito, dovrebbe pagare, se denunciasse il vero, il 75% almeno del reddito a titolo di imposte varie.
La riforma tributaria non avrà mai alcun successo se non si ridurranno le tassazioni a limiti più umani.
tratto da: Luigi Einaudi, Lo scrittorio del Presidente (1948-1955), Giulio Einaudi Editore, Torino 1956, pp. 282-285.


Fonte: http://www.linkiesta.it/einaudi-attualita#ixzz1up92We2J

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